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CAPITOLO 6. L’ESPERIENZA DEL TELEMONITORAGGIO: CAMBIAMENT

6.1 Telemonitoraggio

In letteratura sono stati già evidenziati i vantaggi dell’utilizzo della telemedicina nella gestione della malattia cardiaca. Tuttavia, scarseggiano indagini centrate sull’impatto che la telecardiologia può avere rispetto a variabili psicologiche specifiche, all’atteggiamento nei confronti della malattia o alla complessiva percezione di benessere soggettivo. Alcuni autori si sono occupati principalmente di valutare gli effetti di servizi di telemedicina, basati sull’utilizzo di Internet, in adulti con malattie croniche . In particolare, gli autori hanno focalizzato la loro attenzione sullo sviluppo e sulla successiva valutazione del “Comprehensive Health Enhancement Support System” (CHESS), un sistema computerizzato utilizzabile presso il proprio domicilio, che fornisce una molteplicità di servizi interattivi agli utenti, i quali beneficiano della possibilità di sfruttare diverse risorse offerte dal sistema in questione:

1) fare domande e ottenere risposte da esperti qualificati; 2) leggere articoli informativi circa le loro condizioni di salute; 3) monitorare il loro stato di salute;

4) ricevere informazioni sulle tecniche di coping;

5) partecipare a forum e chat con chi condivide le medesime preoccupazioni in merito alle proprie condizioni di salute.

Soggetti con diagnosi positiva di HIV, a seguito di due mesi di utilizzo del CHESS, presentavano un miglior funzionamento cognitivo, meno emozioni negative, uno stile di vita più attivo e un maggior supporto sociale rispetto al gruppo di controllo. Ai follow-up a cinque e nove mesi i partecipanti del gruppo sperimentale confermavano il mantenimento della migliore qualità di vita (Temesgen, Knappe-Langworthy, St. Marie, Smith, & Dierkhising, 2006).

I risultati preliminari di un progetto di McKay e colleghi, centrato su interventi psicoeducazionali che prevedevano l’utilizzo di Internet con pazienti affetti da diabete di tipo 2, rafforzano l’idea dell’impatto positivo di un tale servizio sulla promozione di comportamenti che promuovano la salute (McKay, Glasgow, Feil, Boles, & Barrera, 2002). È utile notare che il campione considerato in questa ricerca non aveva alcuna esperienza con Internet, suggerendo così l’idea che questi interventi potrebbero davvero raggiungere una vasta fascia di popolazione, anche quella che non possiede alcuna familiarità con la tecnologia.

La rassegna di Miller si focalizza sui risultati degli studi che hanno indagato la qualità della comunicazione medico-paziente in situazioni di consulto a distanza, mediato da link video di alta qualità (Miller, 2002). I risultati hanno mostrato che il servizio offerto risultava essere particolarmente “centrato sul paziente”, il quale si sentiva tranquillizzato dalla possibilità di accedere in maniera rapida e semplice a un alto livello di sapere specialistico. Inoltre, è emerso che l’introduzione della telemedicina potrebbe favorire la confidenza fra paziente e medico grazie alla possibilità di contatto, continuo ma non invasivo, garantita dai sistemi di comunicazione a distanza. Una tale dimensione di confidenza renderebbe più efficace e positiva la relazione paziente-sanitario e, di riflesso, il processo di cura. Mair e Whitten hanno analizzato studi sulla soddisfazione degli utenti di teleconsulti che utilizzavano sistemi video interattivi, rilevando una generale positiva valutazione del servizio da parte dei pazienti stessi (Mair & Whitten, 2000).

Gli studi esaminati forniscono risultati incoraggianti circa gli aspetti psicologici della telemedicina: essi si focalizzano principalmente sul senso di sicurezza provato dal paziente che dopo essere stato dimesso può mantenere il contatto con la struttura attraverso una sorta di “cordone ombelicale”. D’altra parte, tutte le rassegne sottolineano la necessità di effettuare ricerche con campioni più numerosi e che abbiano maggiore validità statistica al fine di sostenere i dati ottenuti.

Per quanto riguarda specificatamente l’utilizzo della telecardiologia, alcuni autori hanno messo in evidenza l’associazione tra telemonitoraggio (ad esempio, video-conferenza con infermieri specializzati, monitoraggio dei segni vitali a casa e trasmissione dell’ECG) e miglioramento della qualità di vita nei pazienti con insufficienza cardiaca (de Lusignan, Wells, Johnson, Meredith, & Leatham, 2001; Hudson et al., 2005; Jennett et al., 2003). Bondmass e colleghi, in uno studio nel quale venivano messe a confronto due modalità di cura nella gestione dell’insufficienza cardiaca cronica (telemonitoraggio vs visite domiciliari effettuate da paramedici), hanno riscontrato una riduzione delle percentuali di riospedalizzazione nei pazienti assegnati al programma di telemonitoraggio, insieme ad una riduzione della durata dei ricoveri e a un miglioramento nella qualità di vita (Bondmass, Bolger, Castro, & Avitall, 2000). Anche Roth e colleghi hanno incluso il parametro della valutazione della qualità di vita come outcome dell’efficacia dell’intervento proposto (Roth et al., 2004). In particolare, ai pazienti veniva somministrato telefonicamente un questionario che investigava le seguenti aree:

1) Come il paziente descriverebbe generalmente la sua qualità di vita; 2) Desiderio di stare solo a casa;

3) Desiderio di avere il permesso di stare solo a casa; 4) Desiderio di andare a lavorare;

5) Qualità delle relazioni con i membri della famiglia; 6) Qualità delle relazioni con gli amici stretti;

7) Valutazione della propria efficienza a lavoro; 8) Situazione economica in generale.

Un soggettivo e significativo miglioramento nella qualità di vita è stato riportato dalla maggior parte dei partecipanti allo studio indipendentemente dall’aver subito un’ospedalizzazione durante il periodo dello studio. In particolare, il 50% dei soggetti ha riportato di avere percepito una migliore qualità di vita già nei primi quattro mesi della ricerca, mentre il 36% riferiva di non avere avvertito cambiamenti e il 14% rilevava invece un peggioramento nella propria qualità di vita. Dopo otto mesi, il 71% dei soggetti riportava un significativo miglioramento rispetto ai livelli di baseline, mentre il 29% riportava un peggioramento. Infine, al

termine dello studio (12 mesi dopo), il 91% dei soggetti sopravvissuti segnalava la percezione di una maggiore qualità di vita, e solo il 9% riportava un peggioramento. Gli autori sottolineano che l’area più significativa dell’eventuale miglioramento della qualità di vita dei pazienti è quella riguardante il “volere e sentirsi sicuri di stare a casa da soli”.

Questo risultato sembra essere coerente con uno dei potenziali vantaggi che possono derivare dall’uso della tecnologia nell’ambito della cardiologia. Infatti, la possibilità di limitare le “interferenze” della malattia, di poter continuare a svolgere le proprie attività di vita quotidiana - senza vivere nella costante paura di andare incontro ad eventuali crisi - e di percepire che la situazione sia almeno in parte sotto controllo, garantisce alla persona la sicurezza di potersi percepire soggetto attivo, in grado di contribuire alla gestione della propria malattia, con importanti implicazioni per la rappresentazione di sé e per la qualità di vita.

In uno studio pilota è stata misurata la qualità di vita attraverso il Minnesota Living with Heart Failure Questionnaire (Scalvini & Giordano, 2002). La ricerca prevedeva che pazienti con insufficienza cardiaca cronica avessero un monitor portatile attraverso il quale poter inviare un elettrocardiogramma a una derivazione utilizzando la normale linea fissa del telefono di casa. Il tracciato arrivava a un centro remoto nel quale un infermiere, in tempo reale e per ventiquattr’ore al giorno, poteva interpretarlo ed agire così sulla base delle evidenze. Il progetto prevedeva inoltre due differenti tipologie di teleconsultazioni:

1) programmate (nello specifico, settimanali per i pazienti con grave insufficienza cardiaca e quindicinnali per coloro che presentavano invece una moderata insufficienza cardiaca)

2) non programmate (quando era il paziente a richiedere l’intervento dell’operatore).

Durante le consultazioni programmate, il paziente trasmetteva il suo ECG e rispondeva ad alcune domande volte al monitoraggio di alcuni parametri, tra cui:

• abitudini alimentari • abitudini di vita

• compliance al trattamento farmacologico.

Nel caso delle teleconsultazioni estemporanee, in cui era il paziente a richiedere il consulto, il paramedico conduceva un’intervista analoga a quella svolta durante gli appuntamenti programmati ma focalizzandosi maggiormente sui sintomi riportati dal paziente in quello specifico frangente.

I pazienti compilavano il questionario Minnesota Living with Heart Failure Questionnaire al momento dell’arruolamento e al completamento dello studio durante il follow-up. I risultati hanno mostrato il verificarsi di un miglioramento nella qualità di vita dei pazienti e una riduzione nelle ospedalizzazioni. Gli autori hanno sottolineato che la teleconsultazione è in grado di aumentare il contatto tra il paziente e il medico, facilitando così l’alleanza e l’aderenza terapeutica .