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A TENE DEL 1974 E I SUOI P ROTOCOLLI MODIFICAT

In questa seconda parte del lavoro verranno esaminate le disposizioni normative che disciplinano la responsabilità del vettore marittimo internazionale di persone e di cose.

Come già è stato fatto, nella parte I, per il vettore aereo internazionale, anche in queste sede si ritiene di spendere alcune parole introduttive sulla normativa vigente in materia di trasporto marittimo internazionale, al fine di contestualizzare l’analisi delle norme specificamente inerenti la responsabilità vettoriale e gli oneri risarcitori incombenti sul vettore per i danni da questo provocati.

Occorre osservare, in via di principio, che il trasporto marittimo di persone si connota per una dimensione transnazionale147, in quanto i rapporti che da esso sorgono travalicano molto spesso i confini nazionali di ciascun ordinamento giuridico; tuttavia, come è stato osservato in dottrina, in ambito marittimo le convenzioni internazionali sono state adottate tardivamente rispetto ad altri settori del trasporto (in primis quello aereo del quale si è parlato nella parte I di questo elaborato)148. Dette fonti, peraltro, rivestono una significativa importanza nella regolamentazione del settore marittimo del trasporto, posto che le sole regole di diritto internazionale privato sono insufficienti a garantire una effettiva uniformità di disciplina dei rapporti in questione149.

147

Cfr. CARBONE, La disciplina giuridica del traffico marittimo internazionale, Bologna, 1982 e ANTONINI, Corso di diritto dei trasporti, Milano, 2004, i quali hanno evidenziato l’opportunità che il trasporto marittimo internazionale riceva una regolamentazione uniforme e unitaria.

148 In tal senso COMENALE PINTO, Il passaggio marittimo fra codice della navigazione, convenzioni non ratificate e prospettive comunitarie, in Diritto@Storia, n. 4/2005, 2.

Tra le convenzioni internazionali sottoscritte a partire dagli anni Sessanta nel trasporto marittimo di persone, meritano di essere citate la Convenzione di Bruxelles del 1961, la Convenzione di Bruxelles del 1967 sul trasporto marittimo di bagaglio150, la Convenzione di Tokyo del 1969 “per l’unificazione di alcune regole sul trasporto marittimo di passeggeri e loro bagaglio”, e soprattutto la ben nota Convenzione di Atene del 13 dicembre 1974 “per l’unificazione di certe regole in materia di trasporto di persone e per mare”, anche conosciuta come “PAL”, entrata in vigore il 28 aprile 1987 dopo essere stata ratificata da dodici Stati, con i suoi protocolli modificativi di Londra del 1976 e del 2002151.

La Convenzione di Atene ha tratto origine dai lavori di una conferenza dell’IMCO, svoltasi, ad Atene appunto, con l’obiettivo di giungere alla elaborazione e adozione di un testo di portata internazionale che disciplinasse il trasporto marittimo di persone e di loro bagagli; si voleva infatti convogliare in un’unica convenzione, attualizzandole, le disposizioni contenute nelle citate convenzioni del 1961 sul trasporto dei passeggeri e del 1967 relativa al trasporto di bagagli.

Il testo redatto nel 1974 si compone di ventotto articoli e si propone di disciplinare il “trasporto internazionale oggettivo”, e cioè il trasporto nel quale il luogo di partenza e quello di arrivo sono situati in due Stati diversi, oppure in un unico Stato, purché nel tragitto contrattualmente stabilito sia previsto lo scalo in un porto intermedio di altro Stato.

L’art. 2 specifica, al paragrafo 1, che la Convenzione si applica ai contratti di trasporto marittimo internazionale se “a. la nave batte bandiera di uno Stato parte della

presente Convenzione od è immatricolato in tale Stato, o b. il contratto di trasporto è stato concluso in uno Stato parte della presente Convenzione, o c. secondo il contratto di trasporto, il luogo di partenza o di destinazione si trova in uno Stato parte della presente Convenzione”152 e al paragrafo 2 che, in deroga a quanto disposto dal paragrafo

150 Detta convenzione non è mai entrata in vigore.

151 Per il Protocollo del 2002, approvato a Londra, si è deciso che la sua entrata in vigore dovesse intervenire trascorsi dodici mesi dall’adesione di dieci Stati.

152

Si è osservato in dottrina che l’aver adottato, quale luogo discretivo per l’applicazione del testo di diritto uniforme, anche quello della stipulazione del contratto, ha rappresentato una novità di importanza

precedente, “la presente Convenzione non si applica se il trasporto è soggetto ad un

regime di responsabilità civile nel quadro di qualsiasi altra Convenzione internazionale sul trasporto di passeggeri o bagagli mediante altri modi di trasporto, nella misura in cui tali disposizioni siano obbligatoriamente applicabili al trasporto marittimo”153.

Deve rilevarsi che la Convenzione di Atene, quantomeno nella sua versione originaria non ha raggiunto i risultati sperati in punto di uniformità internazionale, tanto che a tutto il 2003 il numero degli Stati contraenti risultava ancora piuttosto ridotto, in tutto trentadue, tra i quali pochi Stati marittimi internazionali.

Non miglior sorte è toccata al Protocollo del 19 novembre 1976154, che ha sostituito il franco Poincarè con il diritto speciale di prelievo, entrato in vigore il 30 aprile 1989, del quale sono parte 25 Stati.

La motivazione dello scarso entusiasmo manifestato nei confronti della Convenzione di Atene, almeno fino alla redazione del Protocollo del 2002, andava individuata nel fatto che la stessa prevedeva limiti di responsabilità per morte e lesioni personali e danni al bagaglio ritenuti eccessivamente bassi155, ed inoltre non prevedeva l’assicurazione obbligatoria della responsabilità del vettore, la quale rappresentava un principio irrinunciabile particolarmente per i Paesi marittimi.

Si riteneva che la Convenzione di Atene, anche a seguito dei miglioramenti apportati con i Protocolli modificativi, non avesse saputo fornire una risposta adeguata alla mutate esigenze del trasporto marittimo di persone e, in particolare, alle accresciute esigenze di tutela del passeggero156.

notevolissima; in tal senso vedi DANI, La Convenzione di Atene, 1974, sul trasporto marittimo di passeggeri e bagaglio, in Trasporti, 1976, 101-112.

153 Detta limitazione è stata motivata sul presupposto per cui nei luoghi dei porti in cui i passeggeri sostano in attesa di imbarcarsi si svolgono attività potenzialmente pericolose per l’incolumità degli stessi, ma che non possono farsi rientrare nella sfera di rischio tipicamente prodotto dal vettore marittimo. 154

All’art. 25 della Convenzione si prevede che la stessa possa essere modificata, e ciò è avvenuto con i Protocolli del 1976 e del 2002, il secondo dei quali, come si dirà in seguito, è stato recepito in misura assai più significativa e adottato anche nell’ambito dell’Unione Europea.

155

E ciò anche a seguito dell’approvazione di un ulteriore Protocollo del 29 marzo 1990, che pure innalzò il limite di responsabilità derivante da morte e lesioni personali o da perdita e danni al bagaglio.

156 Anche nell’ambito del trasporto marittimo si è assistito ad una progressiva evoluzione, nel corso degli ultimi decenni, del concetto di “passeggero”, che progressivamente è andato a coincidere con la qualifica di “consumatore”; sulla questione ha scritto LOPEZ DE GONZALO, Giurisdizione civile e trasporto marittimo, Milano, 2005, 115.

Sui limiti di responsabilità per morte e lesioni personali del viaggiatore sono state introdotte nuove disposizioni con il Protocollo del 1° novembre 2002, che tuttavia, pur essendo stato predisposto con la finalità di colmare le lacune del testo originario della Convenzione del ‘74 , al 1° giugno 2010 era stato ratificato soltanto da quattro Stati di risibile importanza157.

Il Protocollo del 2002, che pure non è ancora vigente, ha emendato un aspetto significativo della Convenzione di Atene, e cioè quello relativo alla prescrizione, introducendo il principio del rinvio alla lex fori per quanto concerne la sospensione ed interruzione dei termini per l’esercizio dell’azione risarcitoria nei confronti del vettore; l’art. 9 del Protocollo, in particolare, stabilisce che il termine entro il quale il passeggero deve promuovere l’azione risarcitoria158 è di cinque anni dalla data dello sbarco, o da quella in cui lo sbarco avrebbe dovuto avvenire, o in tre anni decorrenti dal momento in cui l’attore ha avuto, o ragionevolmente avrebbe dovuto avere, conoscenza della lesione personale, della perdita o dei danni prodotti dall’incidente.

Senza entrare approfonditamente nel merito di argomenti che, per necessità espositiva, non rientrano nell’oggetto della presente trattazione, si evidenzia che il Protocollo del 2002 non ha inciso in misura importante in tema di giurisdizione, tanto che l’impianto originario della Convenzione di Atene, che prevede quattro criteri di collegamento giurisdizionale la cui scelta è rimessa al ricorrente, è rimasto inalterato.

Un appunto merita di essere fatto anche sulla tipologia di azioni esperibili da parte del passeggero, come disciplinate dall’art. 17, il cui testo è stato modificato dal Protocollo di Londra del 2002; il secondo paragrafo dell’art. 17, in un’ottica garantista nei confronti del passeggero, dispone che quest’ultimo abbia la facoltà di esperire la propria azione risarcitoria sia nei confronti del vettore contrattuale che del vettore di fatto (il performing carrier)159 e che inoltre abbia - a seguito di una modifica apportata

157 Albania, Lettonia, Saint Kitts and Nevis e Siria. 158

Cfr. MALTESE, Domanda giudiziale contro il vettore marittimo e carenza di giurisdizione del giudice straniero, in Studi in onore di Gustavo Romanelli, Milano, 1997, 800, ove si puntualizza che la disciplina internazionaluniforme funge da sussidio per gli operatori pratici che si trovano in difficoltà nell’individuare il giudice fornito di giurisdizione.

159

Si è osservato che sussiste un parallelismo tra la figura del “carrier” prevista dalla Convenzione di Atene e quella del “contracting carrier” menzionata dalla Convenzione di Guadalajara, e che, inoltre,

all’art. 17 con il Protocollo del 2002 - anche azione diretta nei confronti dell’assicuratore, il quale potrebbe dunque essere convenuto dal passeggero di fronte ad uno tra i Tribunali che sarebbero competenti per le azioni da lui esperibili nei confronti del vettore contrattuale o di fatto.

Da ultimo, si osserva che il Protocollo di Londra del 2002 disciplina la procedura di revisione dei limiti di responsabilità, con la previsione di una disciplina speciale rispetto alla revisione o modifica delle altre parti dell’accordo: si prevede infatti un processo di modifica dei suddetti limiti molto semplificato, ispirato alla ratio - che permea tutte le norme del Protocollo stesso - di garantire una adeguata tutela dei passeggeri trasportati via mare.

Dalle considerazioni suesposte per sommi capi appare evidente che il Protocollo del 2002 ha inciso su varie questioni affrontate dalla Convenzione di Atene del 1974, e non a caso infatti si parla di Convenzione di Atene 2002 (PAL 2002), sebbene, come detto, la stessa sia stata ratificata da pochi Stati e, soprattutto, non abbia raggiunto il numero di ratifiche minime per la sua entrata in vigore.

4.1.1. LA POSIZIONE DELL’UNIONE EUROPEA RISPETTO ALLA CONVENZIONE DI