Profili ricostrutt
PUBBLICO 3 Premessa.
3.2.4. La tensione tra le istanze di flessibilità e la tutela della parità di trattamento in relazione all’istituto del dialogo tecnico.
Oltre agli ambiti applicativi fino ad ora analizzati, il problema del rispetto della parità di trattamento è emerso in modo evidente negli ultimi anni in relazione ad istituti c.d. di “flessibilità”, quali il dialogo tecnico ed il dialogo competitivo, rispettivamente previsti, il primo, dall’8° considerando della Direttiva 2004/18/CE e dal 15° considerando della Direttiva 2004/17/CE ed il secondo dall’art. 29 della Direttiva 2004/18/CE e 58 del codice dei contratti pubblici.
In linea generale, i due istituti, pur accomunati dall’esigenza di valorizzare l’apporto dei privati in relazione alla attività amministrativa di espletamento di lavori e produzione di beni e servizi, divergono profondamente dal punto di vista ontologico, in quanto il dialogo competitivo è una tipologia di scelta del contraente introdotta dalla Direttiva 2004/18/CE per l’aggiudicazione di opere particolarmente complesse in relazione alle quali l’amministrazione abbisogni di soluzioni progettuali innovative, mentre il dialogo tecnico rappresenta un preliminare momento di confronto tra la stazione appaltante e gli
187 Tribunale di Primo grado, 17 marzo 2005, T-160/03, in Foro Amm., C.d.S., 2005, 659; Corte di
Giustizia CE, 29 aprile 2004, C-496/99, Commissione/Cas Succhi di frutta, in Racc. I-0000, punto 108.
188 Art. 84, comma 1, del Decreto legislativo n.163 del 2006, recante: “Quando la scelta della migliore
offerta avviene con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa la valutazione è demandata ad una commissione giudicatrice che opera secondo le norme stabilite dal regolamento”.
operatori economici, adattabile a qualsiasi procedura di gara e volto a determinare ex ante elementi di carattere tecnico, progettuale, scientifico che definiranno l’oggetto dell’affidamento.
Tuttavia, in entrambi i casi si riscontra la difficoltà di ricondurre le modalità di partecipazione al privato alla attività amministrativa progettuale in un’ottica rispettosa della parità di trattamento e della concorrenzialità degli affidamenti, non derogabili a fronte dell’utilizzo di strumenti di flessibilità.
Partendo dal dialogo tecnico, va detto preliminarmente che l’esigenza di prevedere strumenti di cooperazione dei privati in vista del miglioramento dell’offerta di beni e servizi da parte del soggetto pubblico veniva già sottolineata dalla Commissione UE nel Libro Verde sugli appalti pubblici nell’Unione Europea189, in cui le amministrazioni
venivano invitate, da un lato, a sollecitare la proposta di soluzioni progettuali da parte delle imprese in relazione alla realizzazione di opere di particolare complessità e, dall’altro, ad evitare l’accettazione o l’utilizzo delle informazioni così acquisite in modo restrittivo per la concorrenza, per non frustrare gli obiettivi propri dell’instaurazione del dialogo tecnico.
Così, le direttive di ultima generazione, nell’ottica di potenziamento di tali strumenti, contemplano l’utilizzo della fattispecie sottoponendola, contemporaneamente, al limite del rispetto della concorrenza.
Nella prassi applicativa non sono tardati ad emergere dubbi di
189Commissione UE, 27 novembre 1996, COM (96), 583, in
www.europa.eu.int/comm/internal_market/publicprocurement, nella parte in cui si dice che: “Nel timore di una
potenziale violazione del principio della parità di trattamento, il settore privato ha manifestato la propria reticenza ad impegnarsi in qualsiasi tipo di studio o di discussione prima della pubblicazione del bando di gara, senza avere la garanzia di non essere successivamente escluso dalle procedure di aggiudicazione. La Commissione riconosce che, data la complessità della maggior parte dei progetti - alcuni dei quali possono richiedere soluzioni mai prima prospettate - anteriormente alla pubblicazione dei bandi di gara può rivelarsi necessario un dialogo tecnico fra amministrazioni aggiudicatrici e partners privati interessati. Il principio della parità di trattamento non sarà infranto se, mediante la predisposizione di specifiche garanzie - riguardanti tanto il merito quanto la procedura - le amministrazioni aggiudicatrici eviteranno di sollecitare o di accettare informazioni che avrebbero l'effetto di restringere la concorrenza”.
compatibilità delle concrete modalità attuative dell’istituto con il principio della parità di trattamento, in relazione alla possibilità di contemporanea partecipazione di un operatore economico alla fase preparatoria della procedura di gara ed alla fase di svolgimento della medesima.
Nel caso Fabricom SA c. Stato Belga, sono emerse, in seno alla Corte di Giustizia, diverse soluzioni interpretative che riflettono la difficoltà di trovare un punto di equilibrio tra le ragioni della trasparenza e le esigenze insite nell’utilizzo di strumenti di flessibilità190.
Da un lato, le conclusioni rassegnate dall’Avvocato Generale affermano la legittimità di una normativa nazionale che stabilisca ex ante l’incompatibilità della duplice partecipazione alla fase progettuale dell’appalto ed al concreto svolgimento del medesimo, in nome del principio della parità di trattamento e dell’impossibilità di impedire che l’offerente utilizzi a proprio vantaggio le informazioni acquisite durante i lavori di preparazione della gara d’appalto.
In base al rispetto della parità di trattamento, viene altresì affermato che l’operatore economico dovrebbe scegliere in anticipo se partecipare all’una o all’altra fase, in conformità con l’esigenza di rendere edotti gli offerenti circa le modalità di partecipazione alla gara, dando così al principio in esame una interpretazione rigorosa intesa come massima tutela dell’uguaglianza delle posizioni vantate dagli offerenti, che l’apporto proveniente dai privati in termini di innovazione tecnologica non può vanificare.
In senso opposto, la pronuncia del giudice comunitario fa propria un’interpretazione della parità di trattamento più conforme all’obiettivo di apertura del mercato, statuendo l’incompatibilità col diritto comunitario di una previsione normativa che escluda ex ante le imprese incaricate di attività di studio, ricerca o sperimentazione inerenti ad un
determinato appalto, senza consentire alle medesime la possibilità di presentare offerte e di provare nel contesto di svolgimento della procedura l’insussistenza di un conflitto di interessi.
Una previsione del genere viene, infatti, ritenuta lesiva della concorrenza effettiva, avendo l’effetto di restringere la platea dei partecipanti e del principio di proporzionalità, conseguendo un risultato eccessivo rispetto alla salvaguardia della parità di trattamento.
Viene statuito inoltre che la decisione con cui l’amministrazione addivenga ad un provvedimento di esclusione debba essere, oltre che adeguatamente motivata, adottata in fase anteriore alla aggiudicazione dell’appalto pubblico per consentire all’impresa vincolata di poter chiedere in sede giurisdizionale l’annullamento della procedura di gara, a garanzia dell’effettività della tutela giurisdizionale tutelata dalle direttive ricorsi 89/665/CEE e 92/13/CEE, che verrebbe frustrata qualora il ricorrente potesse fruire esclusivamente della tutela risarcitoria dovuta alla tardività del provvedimento di esclusione.
La lettura del dialogo tecnico proposta dal giudice comunitario, oltre che maggiormente rispettosa del principio di concorrenza effettiva, consente di potenziare l’utilità dello strumento previsto dalla direttiva nei confronti degli operatori privati, i quali potrebbero essere disincentivati ad investire le proprie risorse nella partecipazione ad un dialogo con l’amministrazione nella consapevolezza di non potere ottenere l’assegnazione dell’affidamento.
Tale interpretazione, peraltro, si conforma maggiormente all’obiettivo di migliorare la risposta amministrativa ai bisogni della collettività e di accrescere il livello di competizione delle imprese sul mercato.
Per quanto interessa in questa sede, la pronuncia chiarisce come il principio della parità di trattamento non vada intesa in senso formale ma in chiave strettamente sostanziale imponendo, in questo caso, un divieto di esclusione aprioristica delle imprese vincolate da parte
dell’amministrazione per poter consentire alle stesse di dimostrare l’insussistenza di un effettiva lesione della concorrenza derivante dallo svolgimento della previa attività progettuale.
Tale tecnica normativa, come è agevole rilevare, accomuna la disciplina del dialogo tecnico a quella delle specifiche tecniche dei requisiti di selezione dei concorrenti, sotto il profilo del potenziamento degli strumenti di prova a disposizione delle imprese per la dimostrazione del possesso dei necessari requisiti, contenute nella Direttiva 2004/18/CE e nel codice dei contratti.
Ciò, peraltro, permette di aggiungere un limite ulteriore alla discrezionalità amministrativa esercitata in sede di esclusione delle offerte contrattuali, ponendosi in armonia con i canoni di proporzionalità, imparzialità ed efficacia già indicati dal giudice amministrativo come parametri che devono guidare l’amministrazione in tale ambito.
In una prospettiva più generale, l’orientamento giurisprudenziale analizzato contribuisce a chiarire altresì il significato del divieto di cumulo tra progettazione di una prestazione contrattuale ed esecuzione della medesima da parte di un operatore economico, quale derivato della parità di trattamento.
E’ noto che, sulla base di tale principio, l’art. 23 del D.lgs. n. 157 del 1995 sanciva in relazione agli appalti di servizi, l’illegittimità dell’aggiudicazione dell’appalto in modo esclusivo al soggetto individuato dall’amministrazione per la progettazione e, nel settore dei lavori pubblici la legge Merloni aveva introdotto consistenti limiti a tale possibilità volti ad evitare i fenomeni distorsivi derivanti dalla aggiudicazione dell’opera al soggetto responsabile della progettazione.
Una lettura attenta del dettato normativo comunitario dimostra come tale divieto vada più correttamente inteso come necessità di evitare che il contratto venga affidato senza formalità al soggetto che abbia preso parte alla fase progettuale, imponendo dunque, nel rispetto dei principi
concorrenziali, una netta separazione tra la fase di individuazione delle soluzioni progettuali e la fase di selezione delle offerte che non implica, tuttavia, una assoluta incompatibilità tra progettazione ed esecuzione.
A ben guardare, a tale soluzione interpretativa accede il codice dei contratti attraverso la disciplina dell’appalto integrato, prevista – ex art. 53- come modalità di realizzazione dei lavori pubblici in cui è ammissibile l’espletamento della procedura concorsuale in relazione al profilo progettuale ed esecutivo dell’opera, e mediante l’espunzione dall’ordinamento della figura dell’appalto concorso, propria della normativa di contabilità di stato, che appariva caratterizzato dalla effettuazione del confronto concorrenziale sotto il profilo della redazione del progetto dell’opera da realizzare, con conseguente stipulazione del contratto a trattativa privata col soggetto prescelto da parte dell’amministrazione.
Si noti, però, come già in relazione all’appalto-concorso, l’interpretazione giurisprudenziale aveva messo in luce le possibilità di contrasto con la par condicio, da prevenirsi, secondo la ricostruzione del giudice amministrativo, mediante il principio della previa determinazione dei criteri di valutazione dell’offerta prima dell’apertura delle buste da parte della commissione giudicatrice.
Tale riflessione costituisce uno spunto utile per comprendere se il recepimento del dialogo tecnico possa avvenire nell’ordinamento interno mediante strumenti, normativi o interpretativi propri della tradizione nazionale, che non si pongano in antitesi con le esigenze di derivazione comunitaria e valorizzino il valore aggiunto della figura.
In chiave generale, la dottrina sottolinea che l’istituto, unitamente alla più complessa figura del dialogo competitivo, comporta il definitivo superamento della tesi dell’onniscienza della stazione appaltante, propria della normativa di contabilità di Stato, basata sulla fictio di un’amministrazione in grado di fare fronte tout court ai bisogni
amministrativi e di definire autonomamente ogni profilo della prestazione oggetto della procedura di gara.
La tesi in questione, già minata tramite la previsione del metodo di scelta del contraente dell’appalto-concorso e le disposizioni comunitarie ampliative del metodo dell’offerta economicamente più vantaggiosa, appare obsoleta nel contesto normativo attuale, in considerazione della rilevata funzionalità della cooperazione del settore privato alla ricerca di soluzioni progettuali innovative per la produzione di beni o servizi, talvolta del tutto sconosciute all’amministrazione procedente.
Analogicamente, si consideri che l’ordinamento ha ormai acquisito l’importanza dell’apporto qualitativo proveniente dal mondo imprenditoriale privato nella gestione dei servizi pubblici locali, a cui non è attribuito rilievo soltanto in termini economici191.
Il rilievo dell’istituto in esame sotto il profilo di attuazione della parità di trattamento si coglie altresì in relazione al fatto che, attraverso il confronto tra amministrazione ed imprese in fase preliminare all’avvio delle procedure di gara, i contatti tra tali soggetti vengono sottratti ad una sfera non regolamentata, finora sindacabile, nell’ipotesi di emersione, in sede giurisdizionale amministrativa, sub specie di vizio della procedura di gara riflettentesi sul contratto già concluso, ovvero penale, nel caso di integrazione degli estremi del reato di turbata libertà dei pubblici incanti previsto dall’art. 353 c.p.
Viene così introdotta una soluzione positiva al problema delle asimmetrie informative che caratterizzano il rapporto tra pubblica amministrazione ed operatori economici in sede precontrattuale, evitando fenomeni collusivi e di distorsione della concorrenza192.
191 Consiglio di Stato, V, 19 febbraio 1998, n. 192, in Giurisprudenza italiana, 1998, n. 6, pag. 1257 con
nota di ACQUARONE G., La scelta del socio privato di minoranza nelle società miste di gestione dei servizi pubblici
locali, e in Rass. Giur. En. Elettrica, 1998, 2-3, pag. 525 e ss., con nota di COLOMBARI S., La gestione dei servizi pubblici a mezzo di società partecipate dall’ente locale: situazione attuale e prospettive.
192 Sul tema, CAFAGNO M., Lo stato banditore, cit., 147 e ss.; LEONE V.M., Le procedure di gara rivisitate,
D’altra parte, la dottrina sottolinea come l’introduzione di momenti di “flessibilità” nell’ambito delle procedure di aggiudicazione dei contratti pubblici non sia una tematica del tutto sconosciuta alla tradizione propria dell’ordinamento nazionale, in quanto le esigenze sostanziali alla base della figura del dialogo tecnico non si discostano eccessivamente da quelle di buon andamento, imparzialità, completa istruttoria ed efficacia dell’azione amministrativa di cui sono espressione gli articoli 1 e 6 della legge n. 241 del 1990 e l’art. 97 Cost.193.
Attraverso il bilanciamento di tali strumenti può, invero, tentarsi di conciliare l’effettività del confronto tra amministrazione ed imprese ed il rispetto della par condicio all’interno del dialogo e della successiva gara.
Tale aspetto, sotto altro angolo visuale, costituisce riprova del fatto che dall’innesto degli istituti di derivazione comunitaria nel tessuto dell’ordinamento nazionale non debbano necessariamente trarsi soluzioni interpretative che abdichino all’applicazione di principi e regole propri del contesto nazionale, ove si possa dare ai medesimi una lettura conforme alle finalità ed agli obiettivi indicati dalla normativa comunitaria.
193 INVERNIZZI R., Il dialogo competitivo e tecnico, in AA.VV., Il nuovo diritto degli appalti pubblici, cit., 319, il
quale rileva che, in ambito interno, un accorto utilizzo degli strumenti citati poteva, già prima del recepimento delle direttive comunitarie, permettere la gestione di un procedimento dalle finalità e dai contenuti analoghi a quelli del dialogo tecnico.