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Il tentativo dello schiavo Clemente

Sommario 3.1 Il matrimonio con Germanico – 3.2 Una coppia modello: i figli – 3.3 Sul

3.3 Sul fronte del Reno

3.6.1 Il tentativo dello schiavo Clemente

I disordini scoppiati presso le legioni renane non furono l’unico pro- blema che Tiberio dovette affrontare nelle primissime fasi del suo principato. Svetonio individua tre elementi che nel 14 d.C. avrebbe- ro potuto impedire una pacifica presa di potere da parte di Tiberio: la manovra messa in atto da Clemente, le res novae progettate da Li- bone e, infine, la rivolta delle legioni.559

Tacito, Svetonio e Cassio Dione ricordano il tentativo posto in es- sere da uno schiavo, Clemente, di liberare Agrippa Postumo, relega- to in insulam.560

Mettendo in atto un piano che riproponeva nelle sue linee generali il progetto elaborato alcuni anni prima da L. Audasio e Asinio Epica- do, lo schiavo, alla notizia della morte del principe, si recò a Plana-

sia per liberare il padrone, arrivando, però, troppo tardi.561 L’obiet-

tivo di questa manovra era il medesimo:

fraude aut vi raptum Agrippam ferre ad exercitus Germanicos.562

Il piano fallì nella sua prima parte a causa della morte di Agrippa, ma Clemente, impadronitosi delle ceneri del padrone, fuggì a Cosa do- ve, fatti crescere barba e capelli, assunse l’identità di Agrippa. Cas- sio Dione afferma, invece, che l’intenzione dello pseudo Agrippa sa- rebbe stata quella di recarsi in Gallia:

558 Sull’identificazione del personaggio femminile che la congiura contava di libera- re insieme ad Agrippa Postumo cf. Levick 1999, 61 e Cogitore 2002, 178-81.

559 Vd. Suet. Tib. 25.

560 Vd. Tac. Ann. II 39, 1-2. Vd. anche Suet. Tib. 25 e Dio LVII 16.

561 Il forte parallelo tra la vicenda di Clemente e quella di Audasio ed Epicado può essere chiarito con la necessità di agire tempestivamente non appena si era diffusa la notizia della morte di Augusto. Non si spiegherebbe altrimenti, infatti, la necessità di riproporre un progetto che già al primo tentativo era fallito. Sulla comunicazione del- la morte di Agrippa Postumo in senato e sulla responsabilità dell’ordine impartito di uccidere il figlio di Giulia vd. Tac. Ann. I 6 e cf. Lewis 1970, 165-84; Woodman 1995, 257-73; Chaplin 2008, 408-25.

562 Tac. Ann. II 39, 1: «Rapire Agrippa con la forza o con qualche stratagemma e con- durlo agli eserciti della Germania».

κἀν τῷ αὐτῷ ἔτει Κλήμης τις, δοῦλός τε τοῦ Ἀγρίππου γεγονὼς καί πῃ καὶ προσεοικὼς αὐτῷ, ἐπλάσατο αὐτὸς ἐκεῖνος εἶναι, καὶ ἐς τὴν Γαλατίαν ἐλθὼν πολλοὺς μὲν ἐνταῦθα πολλοὺς δὲ καὶ ἐν τῇ Ἰταλίᾳ ὕστερον προσεποιήσατο, καὶ τέλος καὶ ἐπὶ τὴν Ῥώμην

ὥρμησεν ὡς καὶ τὴν παππῴαν μοναρχίαν ἀποληψόμενος.563

In una tradizione pressoché concorde sullo svolgimento della vicen- da, l’individuazione dei luoghi in cui si recò (o avrebbe inteso recar- si) Clemente rappresenta l’unico elemento di divergenza: secondo I. Cogitore tale disaccordo risulta facilmente sanabile se si considera Cosa come una tappa del percorso compiuto dallo pseudo Agrippa verso la Gallia, area fondamentale per il ruolo chiave giocato come

retrovie degli eserciti stanziati sul limes renano.564

Servendosi di socii, attraverso contatti clandestini, lo schiavo fe- ce diffondere la notizia che il nipote di Augusto era ancora vivo, sal-

vato da un intervento divino.565 Al rientro a Roma, lo pseudo Agrippa

trovò ad attenderlo una folla di sostenitori guadagnati attraverso ri-

unioni clandestine.566 L’avventura dello schiavo fu interrotta dall’in-

tervento di Sallustio Crispo, incaricato da Tiberio, il quale, avvici- nato Clemente attraverso due suoi clienti infiltrati tra i sostenitori dello schiavo, fece catturare il giovane che, pur sotto tortura, non ri- velò i nomi dei suoi complici.

Nec Tiberius poenam eius palam ausus, in secreta Palatii parte interfici iussit corpusque clam auferri. Et quamquam multi e domo principis equitesque ac senatores sustentasse opibus, iuvisse consiliis dicerentur, haud quaesitum.567

Il tentativo posto in essere da Clemente dovette svilupparsi crono-

logicamente dall’agosto del 14 d.C. fino al 16 d.C.568 La tradizione

antica non è concorde sugli obiettivi perseguiti dallo pseudo Agrip- pa: Tacito passa sotto silenzio questo aspetto; Svetonio afferma che lo schiavo agiva in ultionem domini; secondo Cassio Dione lo scopo

563 Dio LVII 16, 3: «Durante lo stesso anno un certo Clemente, che era stato schiavo di Agrippa, finse di essere Agrippa medesimo: dopo essersi recato in Gallia, si guada- gnò l’appoggio di molti uomini sia sul luogo che, più tardi, in Italia, e alla fine marciò su Roma con l’intenzione di riprendere il dominio del nonno».

564 Cf. Cogitore 1990, 130.

565 Vd. Tac. Ann. II 40, 1 e Dio LVII 16, 3.

566 Vd. Tac. Ann. II 40, 1.

567 Tac. Ann. II 40, 3: «Tiberio non osò farlo giustiziare pubblicamente: ordinò di ucci- derlo in un’ala appartata del palazzo e di far sparire il corpo senza dare nell’occhio. Non ci fu nessuna inchiesta, anche se si diceva che molti nella famiglia imperiale, nonché senatori e cavalieri, lo avevano aiutato finanziariamente e sostenuto coi loro consigli».

di Clemente era quello di rivendicare il potere imperiale marciando

su Roma.569 Secondo la critica moderna la discrezione con cui Tibe-

rio fece eliminare Clemente sarebbe legata al fatto che lo schiavo aveva guadagnato un imponente seguito: i suoi sostenitori proveni- vano non solo dalle fila del senato e dei cavalieri, ma anche dalla stessa domus Augusta. L’azione eversiva faceva capo, infatti, a per- sonaggi influenti della famiglia imperiale, dell’aristocrazia senato- ria e dell’ordine equestre: di questi, che furono ispiratori e finanzia- tori della sua azione, non si conoscono le identità dal momento che a seguito della cattura di Clemente il nuovo principe non procedette

a un processo pubblico ma giustiziò l’usurpatore in secreta Palatii.570

Comprendere chi fossero i personaggi coinvolti in questi due tenta- tivi risulta difficile dal momento che la tradizione serba pochissimi dati. Due elementi permettono di ipotizzare una partecipazione atti- va da parte di Agrippina Maggiore, in contrasto con le posizioni as- sunte dal marito Germanico. La tradizione menziona come complice di L. Audasio un individuo di origne straniera, Asinio Epicado, uo-

mo di origine straniera, collegato alla gens Asinia.571 Uno dei mem-

bri di questa famiglia era Asinio Gallo, secondo marito di Vipsania, figlia di Agrippa e di Marcella ed ex moglie di Tiberio. A Gallo nel 33 d.C. fu contestato da Tiberio l’adulterio con Agrippina, reato che dovette eventualmente essere commesso prima del 19 a.C.: Germa-

569 Vd. Tac. Ann. II 40-41; Suet. Tib. 25; Dio LVII 16, 3.

570 Tac. Ann. II 40, 7. Cf. Höhl 1935, 350-5; Pappano 1941, 30-45; Allen 1947, 131-9; Mogenet 1954, 321-30; Paladini 1954, 313-29; Detweiler 1970, 289-95; Levick 1972a, 674-97; Jameson 1975, 286-314; Cogitore 1990, 123-35; Bellemore 2000, 93-114; Rohr Vio 2000, 266-9; Cogitore 2002, 178-81; Sordi 2002a, 316-17; Devillers-Hurlet 2005, 136- 44; Marino 2009, 144-6; Salvo 2010, 147-9; Pettinger 2012, 209-13. Bellemore 2000, 93- 114 ipotizza che i dati tramandati da Tacito derivino da una versione ufficiale costru- ita post eventum perché Agrippa Postumo non era morto ma era fuggito dall’isola in cui era relegato. Per nascondere questa circostanza Tiberio avrebbe ordinato di tene- re la vicenda segreta, punendo il colpevole non con un procedimento pubblico ma pri- vato. Tuttavia Tiberio, incarcerando Clemente all’interno della sua domus, operò se- condo quanto previsto dalla legge in relazione ai propri schiavi. Inoltre una notizia in Tac. Ann. I 53, 2 smentirebbe tale interpretazione: in relazione alla morte di Giulia Maggiore lo storico afferma: Imperium adeptus extorrem, infamem et post interfectum

Postumum Agrippam omnis spei egenam inopia ac tabe longa peremit (Quando poi sa-

lì al potere la lasciò in esilio, malfamata e senza speranze dopo l’uccisione di Agrip- pa Postumo, e la fece morire di stenti e di lenta consunzione). Secondo la testimonian- za di Tacito, Giulia morì non prima dell’inizio del 15 d.C., consapevole che l’ultimo dei suoi figli maschi era stato ucciso.

571 Cf. Rogers 1931, 141-68; Jameson 1975, 310-14 e Levick 1999, 61. Braccesi 2012, 185, affermando la contemporaneità dei tentativi di Clemente e L. Audasio e Asinio Epi- cado, ipotizza che il loro piano prevedesse un spartizione dei compiti: lo schiavo avreb- be dovuto recarsi, infatti, a Pianosa per liberare Agrippa Postumo, mentre i due com- plici avrebbero raggiunto Giulia a Reggio. Tale ipotesi non è suffragata, tuttavia, da al- cun dato presente nella tradizione antica che tratta dei due episodi senza accreditar- ne una connessione.

nico, marito di Agrippina morì in quell’anno e Vipsania nel 20 d.C.572

La critica ipotizza che, come di frequente e specificamente nei ca- si delle Giulie, dietro l’accusa di adulterio anche in questo caso si celasse la realtà di un accordo politico fra Agrippina e Asinio Gal- lo. Tale asse doveva essersi prodotto prima del 19 d.C. forse colle- gato appunto al tentativo di liberare Agrippa Postumo da Planasia: di ciò sarebbe testimonianza proprio il coinvolgimento di un liberto

della gens di appartenenza del senatore.573 I due tentativi presenta-

no il medesimo obiettivo: rapire Agrippa Postumo e permettergli di raggiungere gli eserciti. È verosimile che le truppe a cui le testimo- nianze letterarie fanno riferimento fossero proprio quelle che si tro- vavano sotto il comando di Germanico tra 13 e 16 d.C. Presso que- sti eserciti, integrati dopo il 9 d.C. con elementi della plebs urbana, sull’appoggio della quale Agrippa Postumo poteva contare, Agrippi-

na si era recata, per raggiungere il marito.574 La sua presenza pres-

so le truppe, il comportamento da lei tenuto nel corso della rivolta, la strumentalizzazione del figlio e il fatto che la ribellione si smor- zò soltanto dopo che il marito Germanico riuscì ad allontanarla dal campo malgrado le sue proteste permettono di ipotizzare che Cle- mente fosse, così come Audasio ed Epicado, l’esecutore materiale di un piano preparato in precedenza a cui Agrippina non dovette es- sere estranea. Indicativo di ciò risulta il fatto che sia nel racconto di Tacito sia nella testimonianza di Cassio Dione Agrippina fu fatta uscire dall’accampamento soltanto dopo che era giunta l’ambasce- ria senatoria che portava notizie da Roma. In questo frangente do- vette pervenire nel campo la conferma dell’eliminazione di Agrippa Postumo e Agrippina, disperando del sostegno del marito che conti- nuava a restare fedele a Tiberio, si lasciò convincere a lasciare l’ac- campamento. Anche quegli elementi tra le truppe che erano favore- voli al disegno di Agrippina i quali οὐδὲν ἐπέραινον furono persuasi a prestare giuramento a Tiberio.

Le fasi della vicenda di Clemente che fecero seguito all’assassinio di Agrippa confermano la volontà di utilizzare le legioni sotto il co- mando di Germanico per conquistare il potere: assunte le sembianze di Agrippa Postumo, lo schiavo si recò, infatti, anche in Gallia dove

riuscì a raccogliere nuovi sostenitori.575 E’ significativo che nel mo-

mento in cui avviò la propria azione Clemente si recasse nel territo- rio di competenza di Germanico, dove era ancora presente Agrippina: lo schiavo tentò di mettere in atto il piano precedentemente conve-

572 Vd. Tac. Ann. VI 31, 4. Cf. § 4.6.2 «Agrippina e Asinio Gallo».

573 Cf. Sordi 2002a, 315 e Cogitore 1990, 123-35; Pani 1977, 136 e 144 collega, inve- ce, al 24 d.C. l’avvicinamento di Asinio Gallo ad Agrippina.

574 Suet. Caius 8, 4.

nuto e fallito a causa dell’eliminazione del padrone, dimostrando im- plicitamente che il programma eversivo attuato nel 14 d.C. prevede- va proprio l’utilizzo delle legioni al comando di Germanico.

Il tentativo di Clemente nel 14 d.C. coinciderebbe, dunque, con l’at- tività di Agrippina sul fronte renano, luogo in cui lo schiavo avreb- be dovuto far giungere il padrone: allo stesso modo, mentre nel 15 d.C. la nipote di Augusto assumeva i compiti del comandante pres- so Castra Vetera, lo pseudo Agrippa operava clandestinamente nella provincia limitrofa per raccogliere un seguito che sostenesse la sua azione. Tali coincidenze cronologiche consentono, dunque, di mette- re in relazione le due azioni e di ricostruire un quadro più completo in cui il gruppo giulio sembra agire su più fronti.

Secondo I. Cogitore la vicenda dello pseudo Agrippa permette di gettare luce sul problema della legittimità, particolarmente discus- so proprio nel momento del passaggio tra il principato di Augusto e quello di Tiberio. In questo frangente si contrapponevano due con- cezioni: la prima valorizzava il legame di sangue con il principe de- funto; l’altra individuava nell’adozione il mezzo attraverso cui indica- re legittimamente il successore: «La légitimité n’est donc pas encore clairement définie au début du règne de Tibère, puisque celui-ci se fonde sur son adoption par Auguste et sur le cumul des pouvoirs lors de la «co-régence», tandisque pour Clemens et pour tous ceux qui le soutiennent ou le dirigent, la légitimité réside dans le lien de sang avec Auguste. Il apparaît même que cette forme de légitimité sou-

lève plus d’enthousiasme dans le peuple et l’armée».576 La figura di

Agrippa Postumo subì, infatti, una rivalutazione sul piano propagan- distico proprio in virtù del fatto che si trattava dell’ultimo erede ma- schio del principe che potesse vantare un legame diretto con Augu- sto, per questo motivo valorizzato quale candidato alla porpora dai membri dell’entourage giulio. È possibile attribuire a questo grup- po anche l’azione posta in essere da Paullo Fabio Massimo negli ul- timi mesi di vita del principe: Tacito riferisce, infatti, che si era dif- fuso un rumor in base al quale pochi mesi prima di morire Augusto, all’insaputa anche della moglie Livia, si era recato a Planasia per in- contrare Agrippa, accompagnato dal solo Fabio. Quest’ultimo ave- va confidato alla moglie Marcia l’accaduto e questa lo aveva riferi- to a Livia. Augusto era venuto a conoscenza di ciò e poco dopo Fabio

si era suicidato.577 La vicenda mette in evidenza l’importanza politi-

ca di Agrippa Postumo: le testimonianze antiche registrano, infatti, che la questione fu gestita in assoluta segretezza. Tale riservatezza era giustificata dalla preoccupazione che ne derivò a Livia quando fu informata dell’accaduto: ciò che la matrona doveva temere era una

576 Cogitore 1990, 134.

possibile reintegrazione di Agrippa Postumo a seguito della riappa- cificazione con il nonno che avrebbe minato profondamente le pos-

sibilità di successione del figlio Tiberio.578 Sebbene non sia possibile

affermare con certezza la veridicità della vicenda, un elemento appa- re rilevante: la decisione del principe di lasciare il nipote a Planasia non fu revocata, così come non si registrarono ulteriori modifiche in

relazione al nipote nel suo testamento.579 In questa prospettiva si ri-

vela importante la notazione tacitiana che introduce il racconto del- la vicenda negli Annales:

Quippe rumor incesserat paucos ante menses Augustum electis consciis et comite uno Fabio Maximo Planasiam vectum ad

visendum Agrippam.580

Il fatto che si tratti di un rumor consente di ipotizzare che esso fos- se stato creato (o modificato) e diffuso opportunamente per avva- lorare un piano preciso, messo in atto da esponenti della domus

Augusta, che intendeva sfruttare la figura di Agrippa Postumo per

contrastare la successione di Tiberio, accreditando le aspirazioni del giovane, divenute legittime in virtù della riappacificazione con Augusto. In questa prospettiva la notizia del viaggio del vecchio principe presso Pianosa ben si inserisce nel complesso dei proget- ti eversivi messi in atto dal ramo giulio della domus, non solo nel passaggio del potere da Augusto a Tiberio, alla fine del 14 d.C., ma anche nei momenti che immediatamente lo precedettero e duran- te i primi anni del nuovo regno, quando l’autorità del figlio di Livia non era ancora consolidata.