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3 1 La problematica dell’esperienza religiosa

3.2. La teologia della storia

Accanto alle problematiche dell’esperienza religiosa e dell’esistenza cristiana vi sono quelle, fra loro profonda- mente interconnesse, della teologia della storia e del rapporto Chiesa-civiltà, affrontate da Balducci in un tempo coevo o di poco successivo. Il ripensamento della teologia della storia era ritenuto il necessario presupposto per un adeguato modo di intendere il rapporto Chiesa-civiltà. Il problema di Balducci era quello di trovare le categorie di una visione della storia capace di rendere possibile la comprensione della singolarità dei suoi eventi64. Essa non può che essere profondamente diversa rispetto a quella delle filosofie della storia dell’Ottocento (da Hegel a Spen- cer), caratterizzate da un’impostazione deduttivistica e dal miraggio della “riduzione degli avvenimenti ai concetti, dall’ordine reale all’ordine ideale”65. Questa visione ha tra i suoi evidenti limiti quello di rendere impossibile la

58 Ibidem, p. 245. 59 Ibidem.

60 Cfr. ibidem, p. 246. Nella Biblioteca la Summa di San Tommaso d’Aquino è presente nel testo latino (Summa theologica, 4 voll., Roma, Forzani, 1922) e, soltanto parzialmente, in una versione francese: Somme théologique. Dieu, traduction française par A. D. Sertillanges, Paris, Tournai, Rome, Editions du cerf, 1958.

61 J. Maritain, Da Bergson a Tommaso D’Aquino, Milano, 1947, p.445 (non presente nella Biblioteca), cit. in E. Balducci L’anima e l’esperienza religiosa, cit., p. 246 e p. 244 per la critica, da Balducci condivisa, rivolta nei confronti della “grave insufficienza meta- fisica” che caratterizzerebbe “l’esaltazione commossa” della mistica cattolica operata da Bergson.

62 E. Balducci, L’anima e l’esperienza religiosa, cit., p. 249, dove si cita J. Maritain, Les degrés du savoir, Paris, 1940, presente nella Biblioteca in un’edizione ulteriore (Bruges, Desclée de Brouwer, 1959, però intonsa. Per la problematica inerente alla lettura del tema della conoscenza di Dio in S. Tommaso v. anche l’opera dell’amico di J. Maritain, C. Journet, Conoscenza e inconoscenza di Dio, Milano, Massimo, 1947 (non presente nella Biblioteca), cit. in E. Balducci, L’esperienza della vita divina, cit., p. 295. È a queste due opere che Balducci deve con tutta probabilità l’individuazione dei brani di San Tommaso citati in L’anima e l’esperienza religiosa,cit.

63 Dei brani citati di questi autori Balducci offre soltanto i titoli dell’opera da cui sono stati tratti, senza però precisarne gli estremi bibliografici. Sia di Angela da Foligno che di G. Ruysbroeck soltanto un’opera si trova presente nella Biblioteca, dove vi sono anche alcune opere antologiche dedicate ai mistici.

64 Sul rilievo e sullo svolgimento di questa problematica cfr. il cap. III, ‘La laicità nella profezia’ in Ernesto Balducci, in L. Martini, La laicità nella profezia. Cultura e fede in Ernesto Balducci, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2002, pp. 73-112.

65 E. Balducci, Cristianesimo e cristianità, Brescia, Morcelliana, 1964, pp. 13-14. Di G.F. Hegel sono presenti nella Biblioteca due antologie e l’Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio, Bari, Laterza, 1971; di H. Spencer non vi è alcuna opera.

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comprensione del cristianesimo, in quanto ne rifiuta il carattere soprannaturale e miracoloso. Per un’elaborazione soddisfacente di una visione alternativa era giudicata del tutto insufficiente la concezione della storia propria di autori cattolici del XIX secolo, come Vincenzo Gioberti o Vito Fornari, condizionati anch’essi da un’impostazione metafisica e da un deduttivismo teologico astratti66. Più adeguata appariva invece a Balducci la visione della storia resa possibile dalla teologia di alcuni autori protestanti. Fra essi soprattutto S. Kierkegaard, nel secolo scorso, e O. Cullmann nel nostro. Al filosofo danese e all’esistenzialismo è attribuito il merito “di aver restituito valore fonda- mentale al tempo inteso come categoria della libertà, del libero atto dell’uomo, e, quando resti nelle prospettive cristiane, di Dio”67; all’esegeta francese il merito “d’aver messo in suggestivo rilievo la nozione biblica del tempo” e la connessa tematica dei kairòi (momenti decisivi)68. Ma alle correnti teologiche protestanti da Kierkegaard ad A. Schweitzer, da K. Barth a R. Bultmann, è attribuito un pessimismo per il quale la “storia profana non apporta nessun concreto valore alla storia sacra”69. Solo Cullmann si distacca parzialmente da esso in quanto riconosce che Cristo “regna già nel presente” e che “il tempo che sta tra la Pasqua e la Fine non è un tempo vuoto, né un tempo dannato”. Egli si avvicina così, secondo Balducci, alla posizione della Chiesa cattolica, dalla quale però rimane di- stante imputando ad essa la convinzione ritenuta erronea secondo la quale “Cristo è reso presente al cristiano per mezzo del sacramento eucaristico e della continuità della tradizione”70. Rispetto alle posizioni protestanti Balducci rivendica invece la giustezza di quella cattolica:

Senza venir meno alla verità che Cristo è la pienezza dei tempi, la Chiesa salva, per dir così, lo spessore ontologico del tempo e si rifiuta di non vedervi altro che la decisione di Dio e la decisione dell’uomo. Il tempo non è solo un’occasione per l’atto di fede, ha un suo contenuto di valori redimibili, è insomma una stagione di civiltà terrene non estranee al Regno di Dio71.

Inoltre evidenzia come, fatta salva la valorizzazione delle peculiarità del tempo biblico, la posizione protestante venisse corretta dalla riflessione intorno alla teologia della storia portata avanti, proprio nei primi anni del secondo dopoguerra, dai teologi cattolici ascrivibili alla cosiddetta théologie nouvelle, fra i quali Balducci ricorda i nomi di J. Daniélou, G. Thils, H. De Lubac, L. Bouyer, P. Teilhard de Chardin, J. Pieper, M. Schmaus, K. e H. Rahner, H. U. Von Balthasar. Essi, pur partendo da interessi e metodi diversi, tutti “concorrono, in concorde discordia, alla formazione di una cultura cattolica caratterizzata da un vivo senso della storia”72. Ciò che appare comune nella loro posizione è sintetizzato da Balducci con le parole di J. Daniélou:

L’interpretazione biblica della storia non è una teologia di più che verrebbe ad aggiungersi alle altre. Essa è la denuncia di ogni teoria umana della storia. Essa dimostra che la storia trova il suo significato solo nel mistero dell’uomo al quale ci introduce la rivelazione73.

66 Cfr. E. Balducci, Cristianesimo e cristianità, cit., pp. 13-14, dove però di V. Gioberti e V. Fornari sono citati solo i nomi, senza rife- rimento agli scritti. Nella Biblioteca di V. Gioberti sono presenti soltanto tre antologie; non vi è invece alcuna opera di V. Fornari 67 E. Balducci, Cristianesimo e cristianità, cit., p. 16. È però da notare che in queste pagine di Kierkegaard non si cita alcuna opera

specifica. Di questo autore sono presenti nella Biblioteca: Il concetto dell’angoscia, traduzione, note e riduzione a cura di E. Paci, Torino, Paravia, 1956; Diario, a cura di C. Fabro, I vol. (1834-l848) e II vol. (1848-1852), Brescia, Morcelliana, 1948-1949; Preghiere, a cura di C. Fabro, Brescia, Morcelliana, 1951.

68 E. Balducci, Cristianesimo e cristianità, cit., pp. 16-17, dove di O. Cullmann si cita Christus und die Zeit, presente nella Biblioteca in ed. francese (Christ et le temps. Temps et histoire dans le christianisme primitif, Paris, Delachaux et Niestlé, 1957) e in ed. italiana posteriore alla pubblicazione di Cristianesimo e cristianità, (Cristo e il tempo. La concezione del tempo e della storia nel cristianesimo primitivo, Bologna, Il Mulino, 1965).

69 E. Balducci, Cristianesimo e cristianità,cit., p. 19. 70 Ibidem, p.18.

71 Ibidem, p.19.

72 Ibidem, p.20. È da notare che dei teologi ivi citati non vi sono riferimenti a opere specifiche. Di ciascuno di essi però alcune opere sono presenti nella Biblioteca. Sono inoltre presenti anche altre opere inerenti alla tematica della teologia della storia, fra le quali sono da segnalare L. Sartori, Teologia della storia, Padova, Gregoriana, 1956 e T.G. Chifflot, Approches d’une théologie de l’histoire, Paris, Les Editions du Cerf, 1960.

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Balducci aveva però ben presenti le caratterizzazioni e le diversità del contributo di questi autori. Sui già menzio- nati ‘segnalibri’ della Messa degli Artisti, a proposito delle tematiche inerenti alla teologia della storia, si possono leggere alcune sue brevi e sintetiche segnalazioni dedicate alle opere di taluni di essi, fra i quali J. Daniélou74, Josef Pieper75. Accanto ad esse vorrei infine segnalare l’opera di Romano Guardini dedicata alla conversione di Sant’Agostino, non perché essa si occupi direttamente di queste tematiche ma per lo spunto che a Balducci offre, nel recensirla, di chiarire i termini della polemica contro lo storicismo e i suoi metodi storiografici76.

Ma più di questi autori appena citati a influenzare la riflessione balducciana sono stati Von Balthasar e Teilhard de Chardin, due personalità fra loro profondamente diverse e di pensiero per molti aspetti opposto, come mostrano anche le aspre critiche rivolte dal primo nei confronti del secondo. Pur rendendosi perfettamente conto di tali diversità Balducci tentava di valorizzare il loro contributo riportandolo ad una sintesi unitaria. Di Von Balthasar Balducci teneva soprattutto presente la Teologia della storia (un testo posseduto e letto nella traduzione in lingua francese77), grazie alla sua teologia esistenziale e alla sua cristologia che presenta il Cristo come l’analogia entis, divenuta l’avvenimento unico che ha tuttavia valore di norma per tutto ciò che è nel mondo, ovvero come ‘uni- versale concreto’. Si tratta “di una cristologia come metodologia della comprensione cristiana della storia” che è giudicata “quanto di più vivo e sorprendente si possa leggere in questo campo”78. Essa permetteva al teologo sviz- zero di raccordare la teologia della storia degli autori protestanti appena ricordati alla tradizione patristica. Ma in essa è anche ravvisata un’insufficienza analoga a quella da Balducci riscontrata nella teologia protestante, quella di “prospettare la sintesi conoscitiva come accostamento tra l’evento cristiano e la situazione umana, senza dar peso sufficiente alla mediazione razionale”, svelando così “il limite proprio dell’escatologismo, e cioè, l’incomprensione del valore che ha, in sé e per sé, la valutazione filosofica della realtà temporale”79. Il ricorso all’opera di Teilhard

74 Nel ‘segnalibro’ del 27 novembre 1955 dedicato alla I Domenica di Avvento Balducci segnala di J. Daniélou Il mistero della salvezza delle nazioni, Brescia, Morcelliana, 1954, dove “l’ansia di tutti i popoli, scoperta e rispettata dietro le singole conforma- zioni culturali, emerge in modo suggestivo entro l’unica e universale prospettiva della Storia Sacra”. Il volume di Daniélou è di nuovo presentato in una recensione non firmata, ma da attribuirsi sempre a Balducci, nel ‘segnalibro’ della Domenica tra l’Ottava dell’Ascensione del 13 maggio 1956, dove fra l’altro si osserva: “Il mistero della salvezza è universale ed esige pertanto che nessuno lo congeli in identificazioni arbitrarie, nemmeno con questa e quella civiltà, destinato com’è a tutte le genti”. Si tratta di un volume non presente nella Biblioteca, dove non vi è neppure un’altra importante opera del gesuita francese sulla tematica della teologia della storia, che ricordo però ben presente a Balducci, Saggio sul mistero della storia, ed. it., Brescia, Morcelliana, 1954. Sulla me- desima tematica è invece presente di Daniélou Il mistero dell’Avvento, Brescia, Morcelliana, 1953. Si deve inoltre ricordare che il gesuita francese era legato al mondo cattolico fiorentino per la partecipazione ai Convegni della Pace e civiltà cristiana promossi da Giorgio La Pira, ed era anche amico personale di Balducci.

75 Nel ‘segnalibro’ dedicato alla III domenica d’Avvento dell’11 dicembre 1955 Balducci recensisce J. Pieper, Sulla speranza, Brescia, Morcelliana, 1954, rispetto al quale annota: “Nel tempo della speranza cristiana non è inutile prendere coscienza di quella speran- za umana che emerge dal fondo del nostro essere come alternativa all’angoscia”, una problematica che secondo Balducci “il grande saggista tedesco sa cogliere nel suo processo psicologico, nei suoi postulati logici e nel suo supremo coronamento teologale”. Il volume non è presente nella Biblioteca, mentre vi è invece un’altra sua opera di tema analogo ma assai posteriore, Speranza e storia, Brescia, Morcelliana, 1969.

76 R. Guardini, La conversione di Sant’ Agostino, Brescia, Morcelliana, 1957, recensito in “Testimonianze”, 3, 1958, pp. 79-80. Il vo- lume è presente nella Biblioteca. Esso era caro a Balducci per la stima che aveva nei confronti dell’autore, e certamente ha influito anche sulle sue lezioni dedicate al vescovo di Ippona (v. Le Confessioni di Sant’Agostino, Lezioni tenute in Casa Trigona, ed. Pro manuscripto, 1957). Nella recensione Balducci segnala in particolare il fatto che nell’opera di Guardini fosse espressa una sorta di “indifferenza per tutte le ricostruzioni storicistiche di cui si è fatto ricco l’archivio della cultura ufficiale, sondaggi periferici sulla personalità presa in esame, scoperta e valutazione della struttura esistenziale, interpretazione della vita e delle opere secondo quella struttura”. Manifestando il suo forte consenso verso questa posizione metodologica Balducci osserva: “Si ha subito l’impressione di una onestà estrema, di un rispetto per la storia che, mentre elude le grettezze positivistiche, si astiene anche dalle violentazioni pro- prie dello storicismo”. Interessante è anche l’apprezzamento nei confronti della personalità dell’autore, al quale Balducci riconosce il merito di avere “educato, soprattutto in Germania ma un po’ in tutta Europa, un’aristocrazia culturale che, mentre arricchisce la Chiesa cattolica, sta ricomponendo lungo la trama della philosophia perennis la tradizione spiritualistica occidentale”.

77 H.U. Von Balthasar, Théologie de l’histoire, Paris, Plon, 1955. Questa opera è presente nella Biblioteca. Sull’atteggiamento di Balducci verso Von Balthasar cfr. anche E. Balducci, Tempo e Sacra Scrittura, ed. pro manuscripto, a cura del Cenacolo, 1957, III lezione, pp. 3 e ss., dove Balducci osserva, fra l’altro, come l’opera balthasariana sia un libro “che nelle mie letture un pochino estemporanee e vaghe, ha significato un incontro fruttuoso per me”. Cfr anche ibidem, VII-VIII lezione, p. 1.

78 E. Balducci, Cristianesimo e cristianità, cit., p. 25. 79 Ibidem.

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de Chardin serviva allora a integrare, e in parte correggere, questi limiti ravvisati nell’impostazione balthasariana Della sua riflessione Balducci sottolinea “il tentativo di assumere, nel cuore stesso di un discorso teologico, la prospettiva della storia umana e della storia del cosmo in genere offerta dall’evoluzionismo”, definendolo “singo- larissimo e, in qualche modo, almeno al primo incontro, scandaloso”80.

Più in generale si deve qui osservare che l’esigenza di Balducci, messa già in evidenza a proposito delle analisi in- torno all’esperienza religiosa, di ricercare una sintesi e una saldatura tra la dimensione esperienziale ed esistenziale da un lato e quella razionale dall’altro, si ripropone anche di fronte alle problematiche del rapporto cristianesimo- storia, e alle istanze della théologie nouvelle. Di quest’ultima egli assumeva, come si è visto, le impostazioni inno- vative con aperta convinzione. Nondimeno non le considerava alternative alla positiva valorizzazione degli argo- menti di ragione propri del tomismo. Ciò anche nell’intento di corrispondere, per quanto possibile, alle istanze positive dell’enciclica Humani generis di Pio XII81.

Questa impostazione appare particolarmente evidente nel modo in cui Balducci tratta la tematica del rapporto Cristianesimo-cristianità, per affrontare la quale, oltre agli esponenti della théologie nouvelle sopra citati, si riferiva principalmente a tre autori: il card. E. Suhard, vescovo di Parigi, e i tomisti C. Journet e J. Maritain. Del vescovo di Parigi Balducci accoglieva soprattutto l’istanza, formulata nella sua Lettera pastorale del 1947, Essor ou déclin de l’Eglise (tradotta dalla rivista dossettiana “Cronache sociali” con il titolo di Agonia della Chiesa?), di ricercare una strada che evitasse i due opposti errori: l’errore del ‘conservatorismo’, che difende la perennità della chiesa e la sua trascendenza ma non ne accetta la contingenza delle sue manifestazioni storiche; e l’errore del ‘progressismo a oltranza’, che “per assicurare lo sviluppo delle sue forme terrene dimentica la sua essenza eterna”82. Secondo Suhard invece occorreva non solo affermare la non riducibilità della Chiesa a ciò che se ne scorge dal di fuori, ma anche legittimare e valorizzare le sue “incarnazioni successive (le cristianità appunto)” sapendo che “non rompono la continuità della Chiesa, non essendo che i diversi momenti del suo divenire umano”83. In Journet e Maritain84

80 E. Balducci, Tempo e Sacra Scrittura, cit., VII-VIII lezione, p. 1. Nella Biblioteca sono presenti sedici opere di Teilhard de Chardin, in edizioni che vanno dal 1955 (Le phénomène humain, Paris, Les Editions du Seuil, 1955) al 1981, a testimonianza di un interesse e di una predilezione costante da parte di Balducci verso l’opera del gesuita francese.

81 V. in proposito E. Balducci, Per una nuova cristianità, Roma, AVE, 1964, pp. 105-117, dove, a garanzia che la nuova teologia, a differenza del modernismo, non avrebbe intrapreso i percorsi devianti paventati e denunciati dall’Humani Generis, e per dimostra- re che esistono “teologi attenti e cauti che, dominati dal problema dell’incontro tra Cristianesimo e tempo moderno, cercano di realizzarlo senza portare pregiudizio alcuno alla teologia tradizionale, ma semmai svegliandola dalle sue sistemazioni troppo pigre e sorde” (ibidem, p. 106) egli pone a confronto il San Tommaso d’Aquino e la teologia del domenicano M.D. Chenu e Teologia e Kerygma del gesuita H. Rahner (Brescia, Morcelliana, 1958), giudicandole opere “esemplari per chi volesse documentarsi sulle forme più ineccepibili del rinnovamento culturale cattolico” (ibidem, p. 107). Del primo autore Balducci sottolinea l’affermazione dell’esigenza “tutta moderna di dare il giusto peso, teorico e pratico, all’importanza della causalità materiale nel divenire storico”; del secondo il senso vivissimo “della mutata psicologia dell’uomo moderno, che ha tonalità meno speculative e più esistenziali” (ibidem, p. 113). L’opera citata di H. Rahner è presente nella Biblioteca. Lo è anche, in ed. francese, quella di M.D. Chenu : St. Thomas d’Aquin et la théologie, Paris, Aux Editions du Seuil, 1959. Dello stesso autore, amico di Balducci che di Chenu ha co- stantemente apprezzato la lezione, sono inoltre presenti nella Biblioteca altri cinque volumi. Per l’atteggiamento di Balducci nei confronti dell’enciclica di Pio XII v. anche E. Balducci, Insegnamenti della “Humani generis”, Roma, Gioventù Italiana A.C., 1951, opera presente nella Biblioteca.

82 Cfr. E. Suhard, Agonia della chiesa?, Primo quaderno di “Cronache sociali”, 1948, pp. 31-32, cit. in E. Balducci, Cristianesimo e cristianità, in “L’Ultima”, 85-86-87, 1957-1958, p. 151. Questo scritto di Balducci è stato poi riprodotto in E. Balducci, Cristia- nesimo e cristianità, Brescia, Morcelliana, 1964, pp. 27-49, ma omettendo le note e numerosi riferimenti bibliografici. Per questa ragione si preferisce ora citare dallo scritto pubblicato su “L’Ultima”. La Lettera pastorale di Suhard non è presente nella Biblioteca di Balducci, dove si trova invece del Vescovo di Parigi Le prêtre dans la cité, Paris, Editions A. Lahure, 1949. Il pensiero espresso nelle Lettere pastorali di Suhard è stato molto significativo per tutto il gruppo dei fondatori di “Testimonianze”. È da notare anche che il fascicolo de “L’Ultima”, all’interno del quale è pubblicato il saggio citato di Balducci, è interamente dedicato al tema “Unità nella diversità” in preparazione del VI dei Convegni per la pace Civiltà cristiana promossi da La Pira, sindaco di Firenze, che poi non si tenne. È anche nell’ambito di questi convegni che matura l’interesse di Balducci per la tematica dei rapporti fra cristianesi- mo e cristianità. Per il significato che per Balducci ha avuto il rapporto con La Pira v. soprattutto E. Balducci, Giorgio La Pira, San Domenico di Fiesole, ECP, 1986. Nella Biblioteca di Balducci vi è uno scaffale di circa sessanta volumi di La Pira e a lui dedicati. 83 E. Suhard, Agonia della Chiesa?, cit, p. 29, cit. in E. Balducci, Cristianesimo e cristianità, in “L’Ultima”, 85-86-87, 1957-1958,

p. 138.

84 In Cristianesimo e cristianità, in “L’Ultima”, 85-86-87, 1957-1958, Balducci cita di C. Journet L’essence de la civilisation chrétienne, relazione tenuta al primo Convegno della pace e Civiltà cristiana e pubblicata in Civiltà e pace. Atti del primo convegno interna-

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Balducci trovava ulteriori indicazioni per articolare il rapporto fra la Chiesa e le sue incarnazioni storiche, e per formulare un giudizio qualitativo intorno ad esse e soprattutto in ordine al loro futuro: si pensi al giudizio dato nei confronti della “singolarità irrepetibile” della civiltà sacrale medievale e del suo ideale di res publica christiana, “che assorbiva nelle categorie del sacro anche i momenti più terrestri dell’esistenza, perfino la guerra contro gli infedeli”85, e alle prospettive “sulle cristianità possibili”, improntate, più che al modello della civiltà cristiana, a “quello di una civiltà degna dell’uomo e, appunto per questo, degna del cristianesimo”86.

Inoltre è importante osservare come la prospettiva in questo modo aperta dalla teologia trovasse, agli occhi di Balducci, una significativa conferma sul terreno della storiografia positiva in uno storico come A. Toynbee, de- finito “uno dei più grandi storici del nostro tempo”, il cui metodo gli appariva contrassegnato da un “cauto positivismo”87. Delle tesi di Toynbee egli accoglieva soprattutto quella secondo cui l’attuale civiltà occidentale, per quanto laicizzata, può aprire la strada a una sua futura incidenza sulle altre civiltà, analoga a quella consentita dall’Impero romano; un’incidenza che potrà risultare estremamente feconda: basti pensare alla mediazione che il cristianesimo potrebbe realizzare fra Oriente e Occidente, altrimenti destinati a sfociare in un disastroso scontro di civiltà. A partire dalla fine degli anni Cinquanta la presenza di Toynbee, per la sua visione della storia incentrata sui processi di incontro/scontro fra le civiltà e le culture, considerati nella loro dimensione planetaria, costituirà

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