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CAPITOLO 1 – Il CARCINOMA DEL COLON-RETTO

1.8 Terapia

La chirurgia è la principale opzione terapeutica con intento curativo delle neoplasie del colon-retto e dovrebbe essere effettuata in tempi ragionevolmente brevi (secondo le linee guida il tempo di attesa tra diagnosi e ricovero non dovrebbe superare le 4 settimane)5.

La terapia chirurgica della patologia oncologica colica segue le comuni regole della moderna chirurgia radicale: exeresi R0 (rimozione del tumore integro in blocco con il segmento intestinale interessato e il relativo mesentere con le stazioni di drenaggio linfatico distrettuale, margini di resezione prossimale e distale liberi da neoplasia), legatura dei vasi all’origine e linfoadenectomia.

Nella pratica clinica si eseguono interventi chirurgici standardizzati con limiti di exeresi ben definiti dettati dalla necessità di legature vascolari all’origine secondo tecnica codificata.

Nei tumori del cieco, del colon ascendente, della flessura epatica e del trasverso prossimale si realizza un’emicolectomia destra che prevede la resezione del colon destro con l’ultima ansa ileale e di parte del trasverso; la continuità intestinale viene ristabilita mediante anastomosi ileo-colica.

Nelle neoplasie del trasverso distale, della flessura splenica, del colon discendente e del sigma l’intervento chirurgico di scelta è l’emicolectomia sinistra, che consiste nell’asportazione della metà distale del trasverso e del colon sinistro fino alla giunzione retto-sigmoidea; la continuità intestinale viene ristabilita mediante anastomosi colo-rettale23.

Quando si parla di chirurgia del tumore del retto bisogna distinguere i tumori del retto intraperitoneale dai tumori del retto extraperitoneale: infatti, mentre l’approccio chirurgico al carcinoma del retto intraperitoneale non si differenzia da quello al carcinoma della giunzione retto-sigmoidea e del sigma, la chirurgia del carcinoma del retto medio-basso (extraperitoneale) presenta

La sola chirurgia è la terapia di scelta in caso di carcinoma del retto in stadio I (T1-T2, N0)26. Nel 60% dei casi il carcinoma del retto extraperitoneale si presenta in forma localmente avanzata (interessamento di parete a tutto spessore e/o coinvolgimento linfonodale: T3-T4, N0 e/o qualunque T, N1-N2): in questi pazienti, poiché il solo trattamento chirurgico è associato a un alto rischio di ripresa di malattia a livello pelvico, è raccomandata la radioterapia preoperatoria associata a chemioterapia concomitante.

La radioterapia viene eseguita con frazionamento convenzionale con 25-28 frazioni da 1,8-2,0 Gy in associazione a chemioterapia concomitante (5-fluorouracile e.v. o per os) con un intervallo di 6-8 settimane (comunque non superiore a 10 settimane) prima della chirurgia. Essa trova la migliore indicazione nei tumori con marcata infiltrazione del grasso perirettale (T3) e nei tumori prossimi all’apparato sfinteriale, avendo dimostrato una riduzione statisticamente significativa dell’incidenza di recidive locali con tassi di risposte patologiche complete del 10-15% e un impatto positivo sulla possibilità di interventi chirurgici conservativi degli sfinteri.

In alternativa la radioterapia può essere eseguita con ipofrazionamento della dose (short course) con 5 frazioni da 5,0 Gy ciascuna, seguite a breve distanza di tempo dalla chirurgia. La radioterapia ipofrazionata (short course), che non prevede l’associazione con la chemioterapia, può essere impiegata in alternativa alla radioterapia con frazionamento convenzionale e chemioterapia concomitante in presenza di comorbilità che controindichino un trattamento preoperatorio radio(chemio)terapico convenzionale o qualora sussistano motivi clinici per accorciare la durata della terapia neoadiuvante limitatamente ai tumori del retto medio e con minima infiltrazione del grasso perirettale (fascia mesorettale e preservazione sfinteriale) e nel trattamento delle neoplasie con metastasi sincrone.

L’uso della terapia adiuvante (chemioradioterapia, chemioterapia sistemica, radioterapia) non è indicato per i tumori del retto in stadio I, essendo limitato il rischio di recidive dopo chirurgia.

I pazienti con tumore del retto in stadio II-III che non abbiano effettuato trattamento preoperatorio, anche se operati radicalmente, sono candidati a chemioterapia adiuvante con regimi di 5-fluorouracile concomitante e sequenziale al trattamento radiante per un totale di circa 6 mesi; tale regime ha infatti dimostrato un vantaggio significativo in termini di riduzione delle recidive locali e/o della sopravvivenza rispetto alla sola chirurgia o alla sola radioterapia o chemioterapia postoperatoria.

I cardini attuali della chirurgia del tumore del retto extraperitoneale sono:

 exeresi R0 (rimozione del tumore integro in blocco con il segmento intestinale interessato)

 escissione totale del mesoretto (TME)

 margini di resezione distale e circonferenziale liberi da neoplasia

 legatura dei vasi all’origine e linfoadenectomia

 conservazione dell’innervazione autonomica (nerve-sparing technique)

 uso di terapie neoadiuvanti nelle forme localmente avanzate (T3-T4 e/o metastasi ai linfonodi loco-regionali)

Gli interventi chirurgici resettivi per il carcinoma del retto medio-basso (extraperitoneale) sono:

 resezione anteriore del retto con escissione totale del mesoretto (TME): il retto viene asportato fino al di sotto del polo caudale della neoplasia con tutto il mesoretto; la continuità digestiva viene ripristinata mediante anastomosi colo-rettale meccanica o anastomosi colo-anale manuale

 amputazione del retto per via addomino-perineale (secondo Miles): vengono asportati in blocco per via combinata addominale e perineale il retto con il mesoretto, il canale anale e l’ano con rimozione degli sfinteri e confezionamento di una colostomia definitiva

L’indicazione ai diversi tipi di interventi chirurgici è data dalla sede del tumore nel retto (cioè dalla distanza del tumore dalla linea dentata), dall’estensione loco-regionale del tumore, dalle condizioni funzionali dello sfintere anale, dalla morfologia del paziente e dall’esperienza del chirurgo.

La resezione del retto per via addomino-perineale secondo Miles, che nella prima metà del XX secolo è stata il trattamento di scelta per la maggior parte dei pazienti con carcinoma rettale, è indicata oggi soltanto in caso di neoplasie che infiltrano il canale anale e l’apparato sfinterico. Un’ulteriore indicazione riguarda quei pazienti in cui ci si aspettano una pessima funzione intestinale e un grado di incontinenza fecale severa (es. pazienti anziani, radio(chemio)trattati, con ipotonia sfinteriale)5.

Attualmente, grazie al miglioramento delle cure perioperatorie e dell’anestesia, ai progressi della tecnica chirurgica, all’introduzione di suturatrici meccaniche affidabili e a una miglior conoscenza della diffusione del tumore rettale, l’intervento di scelta per il tumore del retto medio-basso (extraperitoneale) è la resezione anteriore del retto con tecnica chirurgica mini- invasiva (laparoscopica o robotica) associata all’escissione completa del mesoretto (TME) con anastomosi colo-rettale o colo-anale (permettendo così il salvataggio dello sfintere)27 e talvolta confezionamento di un’ileostomia escludente temporanea a protezione dell’anastomosi1

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Essendo una chirurgia complessa, il volume operatorio del singolo chirurgo e dell’equipe in cui lavora è un fattore collegato alla mortalità chirurgica, alle complicanze peri-operatorie e alla prognosi dei pazienti5.

Un tumore avanzato è definito come un tumore che, alla diagnosi o in occasione della recidiva, si presenta metastatico o talmente esteso localmente da rendere impossibile la realizzazione di un intervento chirurgico con intento curativo.

Circa il 20% dei pazienti con carcinoma colon-rettale presenta una malattia avanzata alla diagnosi e circa il 35% dei pazienti trattati con intento curativo svilupperà una malattia avanzata.

In questi pazienti gli obiettivi terapeutici sono la cura (possibile in realtà solo in un numero limitato di casi), il prolungamento della sopravvivenza, la palliazione dei sintomi, il miglioramento della qualità della vita, il ritardo della

In particolare, nei pazienti con malattia limitata e resecabile si opta per l’intervento chirurgico radicale e/o la terapia medica perioperatoria; nei pazienti con malattia limitata ma non resecabile si usano terapie ad alta percentuale di risposta per “convertire” la malattia a resecabile; nei pazienti sintomatici con qualità di vita e prospettive di sopravvivenza compromesse dalla malattia si usano terapie che consentano un rapida riduzione della massa tumorale (soluzione palliativa); nei pazienti asintomatici si adotta una strategia che preveda un trattamento sequenziale con i vari farmaci a disposizione con attenzione alla tossicità (soluzione palliativa).

Poiché spesso è difficile prevedere fin dall’inizio l’aggressività e la responsività della malattia, nella scelta della strategia terapeutica è fondamentale la valutazione del paziente (performance status, comorbilità, età, eventuale precedente terapia adiuvante e motivazione)5.

CAPITOLO 2 – ANALISI CRITICA DELLA LETTERATURA

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