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Territorio e comunità come progetto identitario, narrazione, con divisione delle risorse e della conoscenza L’apprendimento di mod

di Paolo Angelin

3. Territorio e comunità come progetto identitario, narrazione, con divisione delle risorse e della conoscenza L’apprendimento di mod

diversi per stare insieme e collaborare viene assunto come presupposto istitutivo per la maturazione di una “coscienza di luogo” (Becattini, 2015) che consenta lo sviluppo locale attraverso la valorizzazione del patrimonio ambientale, paesaggistico, storico e culturale. L’unicità dell’Oltrepò ha bi- sogno di interpretazioni e declinazioni, costruite nell’interazione dialogica dei suoi attori, orientandosi a obiettivi di crescita economica riconciliati con istanze di fruizione di beni comuni, benessere sociale, riduzione delle diseguaglianze, sostenibilità e più in generale libertà positive (Sen, 2003, 2006; Rullani, 2010).

Coerentemente con gli approcci all’educazione “place-based” (Smith, Sobel, 2010; Wattchow, Brown, 2011) e nell’ottica di una pedagogia legata alla terra (Simpson, 2014), territorio e comunità sono intesi per il mon- do della scuola come l’opportunità di esprimere un ruolo sociale diverso, sollecitando i ragazzi ad avventurarsi creativamente nella comprensione e risoluzione di problemi concreti e invitando gli insegnanti a rinvigorire i percorsi curricolari con una visione integrata alla dimensione locale, con- nessa alle distintività, dialogante con altri attori.

Il gioco si fa strumento di narrazione del valore delle risorse e dell’in- novazione, incontrare produttori locali, artigiani o commercianti aiuta a comprendere le loro storie, interrogarsi sui modi della relazione veicola abilità collaborative e negoziali. Ogni esercitazione negli stage allude, in fondo, a come il mondo non si esaurisca in ciò che si vede o già si co- nosce, ma quanto altro ci sia da “portarsi a casa” nel momento in cui lo sguardo si apre alla bellezza e all’invenzione.

Alla domanda sullo spirito con cui l’Oltrepò entra negli stage, così ri- sponde uno fra i conduttori di gruppo con maggiore esperienza, Alberto degli Antoni:

Il Lara è un progetto politico, un modo di leggere queste zone attraverso la rela- zione. Cerchiamo di promuovere e stimolare i diversi sensi, dallo sguardo sul pa- norama, le montagne e i confini del territorio, a ciò che è avvenuto di trasforma- tivo in questi ultimi anni. Com’era l’ambiente a inizio ’900 o come poteva essere tremila anni fa, cercando di produrre racconti piacevoli – come ad esempio favole legate al medioevo – presentate in modo da poter essere diffuse, oltre che a garan- tire al gruppo un’esperienza significativa di questi luoghi. La narrazione per i più piccoli sembra quella di un “fantabosco”, riadattata alle esigenze di ogni età per diventare, di volta in volta, climax metaforico del gruppo, luogo di scoperta delle proprie emozioni o dei processi decisionali, spazio per sperimentarsi nell’avven- tura. Basti pensare a una dinamica di gruppo sui processi decisionali, nella quale ragazzini di prima media si ritrovano a dover scegliere in gruppo dove andare, orientandosi in modo sicuro.

Frequentemente il Lara viene declinato su contenuti specifici, co-co- struiti con la scuola:

Il nostro territorio ha racconti enormi legati alla democrazia, quelli della resisten- za. Ci sono questioni importanti riemerse solo dopo cinquant’anni che vanno ri- proposte: abbiamo sviluppato progetti, su richiesta degli insegnanti, nei quali fos- se possibile ripercorrere sentieri partigiani raccontando vicende, gruppi di ragazzi che nel ’44 decisero di attraversare le colline. (…) Il sistema museale delle quattro province di Romagnese, per fare un altro esempio, racconta la storia del territorio, le sue trasformazioni che possono riguardare le migrazioni, il lavoro o il mondo agricolo e le sue tecnologie. Quando lo visitiamo, i ragazzi ascoltano un racconto che arriva da lontano e, pur avendo radici nella collina, molti non ne hanno mai sentito parlare. Giocano con quegli oggetti o con materiale povero che si trova all’esterno del museo, esportano conoscenze ed emozioni che appartengono al territorio, ne parlano con i familiari o con gli amici. Con il tempo è l’immagine stessa del luogo che si modifica.

Ancora più affascinanti sono le piccole narrazioni, gli incontri occasio- nali con gli abitanti e le loro speranze, il confronto con i valori, le pratiche, i modi per dare vita all’accoglienza. Prosegue Alberto:

Promuovere il territorio significa innalzare l’autostima di chi ci abita, creare dei feedback costruttivi positivi, nei quali il gruppo classe benefici di un luogo che ha valore e il luogo entri con loro in relazione. Spesso ci fermiamo a parlare con agricoltori della zona: alcuni ci regalano i loro prodotti, formaggi o mele autoc- tone, altri ci raccontano del lavoro nel bosco per come avveniva in passato, altri ancora ci raccontano dei propri progetti. Rappresentiamo la speranza per alcune persone che sentono riconosciuta la loro vita in quei luoghi e la possibilità di ri- lanciarla. Noi li consideriamo una sorta di angeli custodi: ricordo molte situazioni, durante le esplorazioni con i ragazzi, con qualche imprevisto, come il classico nubifragio primaverile o estivo, e di vedere l’arrivo di qualche agricoltore con un trattore o un fuoristrada ad aprire una baita di alta collina per procurarci un ripa- ro. La gente sa dove siamo, sa dove stiamo andando. Le persone che non ci vedo- no per un po’ di tempo, chiedono di noi, ci aspettano. Quest’attesa vale soprattutto per le persone più fragili, gli anziani in particolare, ma anche per molte famiglie che sperano di creare un futuro diverso per sé e per i propri figli o per i piccoli commercianti.

Le strutture stesse che la Fondazione gestisce, costruite in precedenza con destinazioni d’uso non precise, ricollocati all’interno della progettualità Adolescere, hanno assunto un ruolo riconosciuto, di connessione e rilancio all’interno del territorio, ciascuno con la propria specificità: i Setteborghi con il cavallo, inteso come “strumento di relazione”, Pietragavina con il bosco e gli orienteering, la Penicina con la formazione superiore.

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