Indagine esplorativa sul Lara, gli apprendimenti e la percezione
3.3. Il cambiamento che si vede: insegnanti e genitor
3.3.2. Tornare a casa: la percezione dei genitor
Il 92% dei ragazzi, al rientro dallo stage ne ha parlato diffusamente con i genitori. I livelli di soddisfazione che i ragazzi esprimono sono elevati (8,9 in media su una scala da 1 a 10), significativamente superiori per le classi prime. Ad accomunare gran parte delle esperienze riportate è l’emozione della prima volta fuori casa, dormendo con i compagni, in un setting caratterizzato dallo scambio e dalla responsabilizzazione. Lo sperimentarsi in autonomia dalle famiglie di origine ma in relazione con i compagni avrebbe rappresentato per molti un’opportunità senza prece- denti per maturare competenze sociali, consapevolezza e nuovi punti di vista.
Nella tabella che segue sono sintetizzati i cambiamenti che i genitori hanno rilevato, nelle settimane successive, relativamente ad alcuni compor- tamenti (“lo fa più di prima”, “uguale” o “meno”).
In seguito all’esperienza Lara, ha notato dei cambiamenti in suo figlio dai seguenti punti di vista?
di più uguale di meno
Oltre la metà degli intervistati dichiara una maggiore propensione dei figli ad “esprimere le proprie opinioni” a casa. Va sottolineato come questo avvenga in misura significativamente superiore fra i maschi (62,7%) che fra le femmine (41,6%): un dato interessante, soprattutto considerando come i genitori di maschi lamentino, secondo i dati, una più limitata apertura alle confidenze. Non emergono differenze, in questo senso, nei cambiamenti rilevati nelle classi prime e seconde (quando invece, nei dati raccolti fra gli studenti, al crescere dell’età sembrerebbe diminuire sensibilmente il dialo- go: “spesso o sempre” passa dal 76,5% al 56,6% dei casi).
Considerata la natura del progetto è importante constatare come il 51,4% degli intervistati rilevi una accresciuta attenzione ai temi della na- tura e dell’ecologia, soprattutto alla luce del modo peculiare in cui viene trattato che, come suggerisce Alberto, spesso allude all’autopoiesi:
Un buon esempio che facciamo è il climax, un termine scientifico che caratterizza il bosco. Si tratta di quel punto di equilibrio nel quale diverse specie botaniche, da quelle erbacee alle legnose, hanno tutte dei vantaggi nel convivere, garanten- dosi la giusta quantità di luce per la fotosintesi clorofilliana. Nessuno ruba spazio all’altro, riescono a vivere integrando le loro peculiarità nello scambio positivo tra punti di forza e bisogni, in una dinamica complessa che include anche le specie faunistiche. Quella specificità interna al bosco, tutto sommato, è la stessa che noi rimandiamo alla classe che poi diventa gruppo, dove ciascuno riconosce se stesso e gli altri nelle abilità, individuando risorse, punti di forza e quant’altro.
Affatto trascurabili appaiono anche altri cambiamenti percepiti: un genitore su tre sostiene che il figlio/a esca maggiormente con i compagni di classe al di fuori della scuola; uno quattro che i figli “parlino di più dei propri sentimenti” e “di cosa succede a scuola”, oltre ad “aiutare nei lavori di casa”; uno su cinque ritiene che sia più “sereno quando va a scuola” e che “si impegni di più a casa nei compiti”.
Risultati che confermano i feedback che i conduttori ricevono dai geni- tori nei colloqui effettuati spesso a conclusione degli stage. Così Alessia li esemplifica:
Negli incontri emerge come siano contenti del fatto che i ragazzi parlano di più con loro, soprattutto delle loro emozioni. Riescono a dire come si sentono… o magari si lamentano del fatto che in famiglia non gli si chieda ‘come stai?’ dando per scontato che stiano bene. Un modo che probabilmente riecheggia il nostro modo di affrontare i giochi nello stage. Alcuni raccontano di piccoli ma impor- tanti cambiamenti sul piano della relazione, di ragazzi che si trovano in disparte e che iniziano ad essere inclusi, di inviti imprevisti a feste di compleanno, uscite il pomeriggio con compagni che prima non li calcolavano. Cose concrete, lo spa- recchiare la tavola, il condividere, farsi sentire nella presenza domestica, l’esserci senza dare per scontato quello che succede.
Esplorando più in profondità come vivano il racconto dei loro figli in seguito al Lara, possono essere individuate tre aree principali, di seguito sintetizzate unitamente ad alcuni estratti provenienti da un focus group realizzato con un gruppo di genitori.
La prima è connessa al tema della “conoscenza di sé e del come mi ve- dono gli altri”:
– È stata una riflessione più profonda rispetto ad altre secondarie (…) la ri- flessione del “come mi vedono” è stata importante perché a quell’età ti vedi diverso, o diverso da quello che è.
– È stata colpita da questo gioco “il mercato della verità” (…) Mi ha spiegato tutto, come funzionava. Il sentire cosa gli altri pensano di te per lei è stato molto forte e anche dire agli altri certe cose che normalmente non si ha il coraggio di dire.
– Quello che l’ha colpito e l’ha fatto riflettere è la conoscenza di sé, come gli altri mi vedono, come mi leggono non solo in una comunità ristretta di amici, ma anche in una comunità allargata, fino ad arrivare al rapporto con il ter- ritorio.
La seconda rimanda all’area “gestione delle emozioni e dell’affettività”:
– I momenti che mi ha raccontato di più sono i momenti finali dello stage quan- do è stato chiesto loro di restituire cosa pensavano, me l’ha raccontato nel dettaglio anche perché per lei è stato un modo per superare la sua paura di parlare davanti agli altri, dire cosa pensava in certe situazioni.
– Fino all’anno scorso c’è stata la “Guerra dei Roses” tra maschi e femmine, continuavano a litigare e anche i professori non sapevano più cosa fare e in- vece da questa esperienza ho proprio notato che vanno d’accordo e anche le professoresse hanno visto che non litigano più tra di loro, si coinvolgono tra maschi e femmine.
– Ha capito cosa succede se vengono equivocati certi atteggiamenti che non sono quelli che volevi esprimere, ma che gli altri leggono… ha aiutato a chia- rire e mettersi nei panni di chi riceve il tuo messaggio, che a volte non è esat- tamente ciò che vuoi trasmettere, in un’età di cui sappiamo gli eccessi e in cui stanno cercando il loro posto nella società.
La terza allude alla conquista di un diverso “sguardo sul gruppo e la classe”:
– Lo stage esterno è stato proprio bello perché ho capito che si sono visti come classe per la prima volta. In quel contesto sembrava trovare i modi per supe- rare dei paletti…
– A me ha colpito molto come si sono salutati quando si sono lasciati. Sembra- vano davvero delle persone che si salutavano per la prima volta in modo dif- ferente, con emozione e, ad esempio, ho notato il mio che salutava anche le ragazze che di solito non saluta perché rivolge di più l’attenzione ai maschi. Erano davvero molto attenti a salutarsi in un bel modo, a lasciarsi bene e per quella che è la mia esperienza è una cosa che si traduce anche in classe.
Una questione aperta rimane legata ai modi attraverso i quali comuni- care il senso di quest’esperienza alle famiglie che non conoscono il proget- to. Come ribadisce Alessia
non è facile per un genitore capire di cosa si tratti, delle ragioni per cui non si tratta di una gita. A volte non è semplice nemmeno per me da trasmettere. Quelli che ci conoscono da tempo o portano i ragazzi anche ai centri estivi hanno un at- teggiamento di fiducia totale “quando è con voi sono tranquillo”. Sono fidelizzati alla Fondazione, diciamo, ci conoscono per questo o per altri progetti. Quando ab- biamo l’opportunità di incontrare “i nuovi” direttamente il problema è rassicurare
sulle apprensioni; alcune possono sembrare eccessive, ma sono assolutamente le- gittime: far dormire i propri figli fuori casa, più che per l’esperienza in sé. Magari raccontano che il figlio è sonnambulo o desidera un pupazzetto o la luce di notte. Piccole cose ma, quando si tratta di scuole medie, hanno il timore di condividerle. Sostanzialmente sperano che i figli riescano a fare cose che pensano non saranno in grado di fare. Per questo servono insegnanti che ne abbiano colto il senso e che lo spieghino, che favoriscano una relazione di ingaggio basata sulla fiducia, se non possiamo farlo direttamente noi.