Capitolo 2: Le alternative al modello for Benefit
2.4 Il Terzo Settore
Il termine Terzo Settore è stato coniato da Amitai Etzioni nel 1973, identificando un “[…] settore alternativo e separato rispetto agli altri due, ma che in qualche misura li bilancia […]”.365 “[…] Se qualcosa non è regolato dalle logiche del mercato né dal canale burocratico, è parte del Terzo Settore […]”.366
La denominazione prescelta serve a distinguerlo e separarlo rispetto al Primo ed al Secondo settore; il Primo settore coincide con lo Stato, il quale eroga beni e servizi pubblici, mentre il Secondo è rappresentato dal settore for profit, o mercato, che produce invece beni privati. Così facendo però si perviene ad un’identificazione di quello che è il Terzo Settore procedendo per esclusione e considerando come facente parte di esso tutto ciò che non è né statale/pubblico né a scopo di lucro. “[…] il termine “Terzo” suggerisce l’idea di un settore inteso come una categoria residuale, in quanto non rientra nelle altre due categorie di “primo” e “secondo” settore [...]”367.
A questa concezione originaria si sono rifatte molte delle interpretazioni successive.
364http://www.agi.it/economia/2016/02/26/news/fondazione_mattei_in_italia_costituite_gia_5_societa_benefit-
563220/
365 Ciessevi, Terzo Settore: contesto d’appartenenza e bisogni formativi, I Quaderni dell’Università del Volontariato in allegato a Vdossier – rivista periodica dei Centri di servizio per il volontariato di Marche, Messina e Milano, dicembre 2013, anno 4, n. 2 (consultabile al link:
https://www.ciessevi.org/sites/default/files/pubblicazioni/universita/Udv_Terzosettore.pdf)
366 Ciessevi, Terzo Settore: contesto d’appartenenza e bisogni formativi, I Quaderni dell’Università del Volontariato in allegato a Vdossier – rivista periodica dei Centri di servizio per il volontariato di Marche, Messina e Milano, dicembre 2013, anno 4, n. 2
367 Ciessevi, Terzo Settore: contesto d’appartenenza e bisogni formativi, I Quaderni dell’Università del Volontariato in allegato a Vdossier – rivista periodica dei Centri di servizio per il volontariato di Marche, Messina e Milano, dicembre 2013, anno 4, n. 2
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Un altro filone di pensiero si esprime al riguardo utilizzando l’espressione “Terzo Sistema” alludendo quindi al fatto che esso sia una forma ibrida, comprendente una molteplicità di forme organizzative “[…] che agiscono in modo ibrido, collegando le diverse risorse e le diverse aree, piuttosto che fissare linee di demarcazione nette intorno a un settore e mapparne le dimensioni […]”368. Questa interpretazione di Terzo Settore o Terzo Sistema, che intravede dei punti di contatto con gli altri due settori, permette di far rientrare al suo interno, assieme a fondazioni, associazioni e a tutti gli altri enti non profit, anche quelle organizzazioni profit che operano ponendosi delle finalità sociali369.
Le definizioni sopra esposte, nonostante siano le più utilizzate, sono comunque limitanti, poiché entrambe fanno riferimento alla relazione che sussiste tra il Terzo e gli altri due settori. Sia che si consideri il Terzo Settore come separato rispetto ai primi due, sia che si prevedano delle “contaminazioni” si perviene comunque ad una definizione di Terzo Settore sulla base del ruolo e delle funzioni che quest’ultimo va a svolgere rispetto a Stato e mercato, andando ad occuparsi di quelle questioni che gli altri due settori non riuscivano ad espletare in maniera adeguata.
In particolare le organizzazioni non governative vengono viste come istituti in grado di colmare le carenze del welfare e le imprese sociali sono considerate come soggetti capaci di sopperire alle inefficienze dell’economia di mercato370.
Secondo una più recente interpretazione, il Terzo Settore avrebbe un ruolo di mediazione permettendo l’interazione ed il dialogo tra diversi settori (tipicamente pubblico e privato), negoziando tra cittadini, Stato ed economia371.
Infine secondo altri non è possibile definire il Terzo Settore in maniera univoca, considerata l’eterogeneità delle forme organizzative nelle quali esso si manifesta ed opera372.
368 Evers A., Part of the welfare mix: The third sector as an intermediate area, Voluntas, 6 (2), 1995 369 Utilizzando tale definizione di Terzo Settore è possibile considerare parte di quest’ultimo ad esempio le imprese cooperative.
370 Ciessevi, Terzo Settore: contesto d’appartenenza e bisogni formativi, I Quaderni dell’Università del Volontariato in allegato a Vdossier – rivista periodica dei Centri di servizio per il volontariato di Marche, Messina e Milano, dicembre 2013, anno 4, n. 2
371 Ciessevi, Terzo Settore: contesto d’appartenenza e bisogni formativi, I Quaderni dell’Università del Volontariato in allegato a Vdossier – rivista periodica dei Centri di servizio per il volontariato di Marche, Messina e Milano, dicembre 2013, anno 4, n. 2
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Considerata la complessità del fenomeno, la Legge Delega ha contribuito a fare maggiore chiarezza al riguardo, specificando che con l’espressione Terzo Settore si fa riferimento al “[…] complesso degli enti privati costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale e che, in attuazione del principio di sussidiarietà e in coerenza con i rispettivi statuti o atti costitutivi, promuovono e realizzano attività di interesse generale mediante forme di azione volontaria e gratuita o di mutualità o di produzione e scambio di beni e servizi”.373
Come sottolineato da Stefano Zamagni, la Legge Delega di Riforma del Terzo Settore ha portato al superamento della contrapposizione e reciproca esclusione tra impresa profit ed impresa non profit374, ricomprendendo all’interno di tale settore gli enti privati non profit, ai quali è concesso svolgere l’attività imprenditoriale di produzione e scambio di beni e servizi al fine di realizzare scopi solidaristici e collettivi. Le organizzazioni che compongono tale settore possono infatti svolgere un’attività economica imprenditoriale che si sostanzia nella produzione di beni e nell’erogazione di servizi a beneficio collettivo, differenziandosi dall’impresa tradizionale, poiché operano senza scopo di lucro, e dalle istituzioni statali pubbliche, dal momento che si tratta di soggetti privati. In sintesi quindi, rientrano nel Terzo Settore anche gli enti che svolgono attività economico-imprenditoriale, purché senza scopo di lucro, motivo per cui restano escluse da tale ambito le Società Benefit. Tipicamente, fanno parte del Terzo Settore associazioni di promozione sociale, fondazioni, imprese sociali, organizzazioni di volontariato, cooperative sociali, ONLUS (organizzazioni non lucrative di utilità sociale) e ONG (organizzazioni non governative).
Al di là delle diverse definizioni che si possono dare, vi è concordanza sul fatto che le organizzazioni del Terzo Settore si prefiggano di trovare delle soluzioni alle problematiche sociali, venendo incontro ai bisogni dei cittadini.
Secondo alcuni studiosi il settore non profit nasce infatti per rispondere a quei bisogni che il pubblico non riesce a soddisfare.
373 Legge del 6/6/2016 n. 106, “Delega al Governo per la riforma del Terzo Settore, dell'impresa sociale e per la disciplina del servizio civile universale”.
374 Castellani G., De Rossi D., Magrassi L., Rampa A., Le Società Benefit (parte II) - In requiem alle imprese sociali, Fondazione Nazionale dei Commercialisti, Roma, 31 luglio 2016
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Tale settore sta assumendo una rilevanza sempre maggiore all’interno del nostro Paese, come testimoniato dai dati Istat 2016, registrando, in quell’anno, 301.191 istituzioni “non profit”375.
La diffusione del non profit in Italia è attribuibile principalmente alle seguenti cause376: - L’espansione e la conseguente crisi del Welfare statale. Lo Stato è intervenuto in
maniera massiccia attraverso interventi pubblici mirati da un lato a sostenere quei soggetti che si trovassero in condizioni di difficoltà e dall’altro a tentare di porre rimedio ai danni provocati dal mercato. Con il passare del tempo però lo Stato è diventato incapace di assicurare il sostegno necessario ai cittadini, non riuscendo più ad erogare i servizi un tempo da esso stesso forniti e garantiti.377 Questi servizi vengono ora offerti dal Terzo Settore.
- La crisi del mercato del lavoro, non più in grado di garantire un’adeguata occupazione. Il Terzo Settore ha quindi inglobato al suo interno parte della forza lavoro che non trovava altro impiego.378
- Una crescente richiesta di impegno nel campo sociale, per rispondersi alle esigenze solidaristiche della società. Il Terzo Settore va quindi ad accollarsi quelle attività che il mercato si rifiuta di svolgere, in quanto non sufficientemente remunerative dal punto di vista economico, colmando, in parte, la generale perdita di fiducia nei confronti dell’economia di mercato.
- La crescente complessità sociale, dovuta ai repentini cambiamenti nel contesto socio- economico.
Andando quindi a rispondere ad esigenze ed aspettative diverse, il settore non profit può essere considerato “la terza via per la realizzazione del generale benessere economico della persona, alternativa sia al mercato, che all’erogazione dello Stato”379.
375 Fonte: Annuario Statistico Italiano 2016.
376 Converso D., Piccardo C., Il profitto dell’empowermewnt. Formazione e sviluppo organizzativo delle imprese non profit, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2003
377 Bertarini B., La società benefit: spunti di riflessione sulle nuove prospettive del settore non profit., Diritto e Giustizia, Giuffrè Editore, 2016 (consultabile al link:
http://www.dirittoegiustizia.it/allegati/PP_SOC_societabenefit_bertarini_n.pdf)
378 In particolare, nel settore non profit “[…] operano 951.580 lavoratori retribuiti, di cui 680.811 addetti (dipendenti) e 270.769 esterni (collaboratori con contratto a progetto, coordinato e continuativo e con contratto occasionale, prestatori d’opera), 5.544 lavoratori temporanei e oltre 4,7 milioni di volontari[...]”. Fonte: Annuario Statistico Italiano 2016.
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