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Il terzo e ultimo soggiorno (1603-1604)

Ottenuto il permesso di rientrare nei domini pontifici, Federico fu per oltre un anno impegnato nella commissione affidatagli dal suo protettore nella cappella ducale a Loreto379. Tornato definitivamente a Roma, egli si divise tra i lavori per la cappella Paolina e altri incarichi ottenuti nelle Marche, non solo dal duca, ma anche da altre famiglie patrizie.

Tuttavia poco dopo accettò un altro prestigioso incarico lontano dalla famiglia, intraprendendo, alla fine del 1585, un nuovo viaggio, questa volta in Spagna, dove lo aveva chiamato il re Filippo II. Avviate le trattative già nel 1582, Zuccari raggiunse Madrid nel dicembre di quell‟anno e si dedicò immediatamente alla realizzazione delle tele per alcuni altari della chiesa di San Lorenzo all‟Escorial. Per la stessa impresa avevano lavorato molti artisti famosi, tra cui lo stesso Tiziano, le cui opere però non avevano convinto l‟esigente committente. Agli occhi di quest‟ultimo, Federico si presentava come il candidato ideale per realizzare alcune pitture contraddistinte da grazia e decoro e, nel contempo, ubbidienti ai dettami post-tridentini380.

Dopo aver portato a compimento le tele per gli altari dell‟Annunciazione, di San Girolamo e per il retablo mayor (fig. 79), lasciò la Spagna nel 1588, forte di una cospicua somma di denaro e del prestigio che gli incarichi spagnoli gli avevano procurato381.

Al suo ritorno a Roma, ricevette vari riconoscimenti e onorificenze: nel 1591 ottenne la cittadinanza romana e il titolo di patrizio per sé e i membri della sua famiglia e nel 1593 fu elevato alla carica di principe della nuova Accademia del Disegno romana, l‟Accademia di San Luca. La parabola della sua carriera sembrava aver raggiunto l‟apice. Grazie alla disponibilità di denaro e in virtù del nuovo ruolo assunto a Roma, mise in atto l‟ambizioso progetto di erigere una casa-studio sul Pincio, che nelle intenzioni dell‟artista doveva ispirarsi a quella di Giorgio Vasari e contemporaneamente superarla in grandiosità382. L‟ultimo decennio del Cinquecento fu dunque perlopiù dedicato alla costruzione e alla decorazione della sua abitazione, nella quale dovevano coesistere una funzione privata e

379 Sulla commissione lauretana cfr. Santarelli 1993, pp. 109-118; Tombari 1997, pp. 45-51; Acidini Luchiat 1999, II, pp. 137-148; Massa 2001, pp. 189-198.

380 Sulle opere compiute da Federico nel cantiere escurialense si vedano Mulchay 1992, pp. 113-124, 143-168; Ead. 1995, pp. 102-199; Zuccari 1997, pp. 29-44.

381 In realtà pare che l‟opera di Zuccari non abbia soddisfatto Filippo II, tanto che le sue tele furono rimosse o ampiamente ritoccate dal pittore Jan Gomez; cfr. Mulchay 1992, pp. 114-117, 158-164.

382 Come il Vasari egli si trovava a possedere due case-studio, la prima a Firenze, dove comprò quella che era stata l‟abitazione di Andrea del Sarto in via del Mandorlo, la seconda a Roma.

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una funzione pubblica e che, secondo le sue disposizioni testamentarie, doveva essere in parte destinata a ospitare giovani e indigenti artisti forestieri383. L‟impresa tuttavia fu interessata da parecchie difficoltà e comportò l‟accumulo di numerosi debiti. Inoltre l‟impegno in essa profuso l‟aveva tenuto lontano da prestigiose committenze, anche a causa del mutamento di gusto che a Roma aveva favorito nuovi artisti emergenti, quali i Carracci e il Domenichino. Fu così che fu sostanzialmente escluso dai lavori avviati in preparazione del Giubileo del 1600 e il numero degli incarichi si ridusse progressivamente. La stella di Federico Zuccari era ormai giunta al tramonto. Oppresso dai debiti, dopo la morte della moglie avvenuta il 22 dicembre 1601, non c‟era più nulla che lo trattenesse a Roma. Prese perciò la decisione di intraprendere un nuovo viaggio, l‟ultimo della sua vita, nelle regioni del Settentrione, dove la benevolenza dei governi o di alcuni personaggi gli avrebbe assicurato una maggiore fortuna. La capitale della Serenissima fu scelta come prima tappa.

Dopo aver fatto una sosta di tre mesi nella terra natale e aver testato il 12 ottobre 1603, partì alla volta di Venezia dove, come scrisse in una lettera del 6 febbraio 1606 a Pierleone Casella, portò a compimento l‟opera di palazzo Ducale iniziata diciannove anni prima384. Risulta difficile stabilire l‟entità delle modifiche e delle aggiunte apportate al dipinto in tale occasione. Tra esse va sicuramente considerata l‟iscrizione, che recita: “FEDERICVS ZVCCARVS/ F. SN. SAL. 1582/ PERFECIT AN. 1603” (fig. 80); nella medesima occasione l‟artista forse inserì il baldacchino e il suo autoritratto, posto in ombra, in basso a destra, che per la sua incongruenza con la scena raffigurata, appare come un‟aggiunta successiva (fig. 81).

L‟opera, nel suo risultato finale, fu apprezzata dal Consiglio della Repubblica, almeno a quanto riferisce, nella medesima lettera al Casella, l‟artista stesso. La soddisfazione dimostrata dalla Signoria si sarebbe concretizzata, oltre che nel pagamento di un‟ingente somma (mille scudi), in tributi di riconoscenza, ossia nel dono di una collana d‟oro con il

383 Gli intenti lodevoli dello Zuccari, se non furono rispettati nell‟immediato, trovarono pieno compimento in in tempi successivi, quando la sua casa divenne la sede della Biblioteca Hertziana di Roma, dedicata agli studiosi di storia dell‟arte.

384 La lettera fu pubblicata con il titolo Diporto per l‟Italia, data alle stampe a Torino nel 1607: “Mi soviene che di Venezia la salutai già duoi anni sono, dandole aviso di quel mio quadro di Alessandro III e Federico Barbarossa posto nel Gran Conseglio” (Zuccari 1607 ed. 2007, pp. 7-8); “Spirata l‟Estate e quei gran caldi, a tanti di Ottobre, seguendo il mio viaggio, gionsi in Venezia a dar fine, come feci, a quel mio quadro già detto ch‟era rimasto imperfetto già molti anni prima (com‟ella sa) dove che in sei mesi mi spedii di quel poco che vi restava, a sodisfazzione di quei Serenissimi Signori” (Ivi, p. 10).

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leone di San Marco e nel conferimento del titolo di Cavaliere della Repubblica385. La collana andava ad aggiungersi a quella offertagli da Filippo II ed è visibile nel ritratto che gli fece la pittrice milanese Fede Galizia (Uffizi, fig. 82).

In realtà quanto narrato da Zuccari corrisponde più al desiderio di autoglorificazione che alla realtà dei fatti: sul compenso dovutogli per il “telero” di palazzo Ducale l‟artista e la Signoria avevano idee divergenti (quest‟ultima non intendeva superare i seicento ducati, mentre Federico chiedeva una somma ancora più alta rispetto a quella infine corrispostagli) e per giungere a un‟intesa si rese necessario l‟intervento dell‟agente urbinate Giulio Brunetti386. La collana infine era tutto sommato un dono assai modesto387.

Durante quest‟ultimo soggiorno Federico ebbe modo di apprendere come si erano concluse le vicende del Paradiso di palazzo Ducale. Come detto, il concorso del 1582 aveva visto vincitori Francesco Bassano e Paolo Veronese, uno degli artisti che più stimava. Ma durante la sua assenza da Venezia le cose erano cambiate: la realizzazione del grande “telero” non era ancora incominciata nel 1587 e quando ci si apprestava a darle principio, i lavori ebbero una battuta d‟arresto, con la morte del Caliari avvenuta l‟anno successivo. Il Bassano non riuscì a sostenere la pressione e ad affrontare da solo l‟impresa; morì nel 1592 in seguito a un tentativo di suicidio condotto nel novembre dell‟anno precedente.

La Signoria si affidò dunque a Jacopo Tintoretto, che poteva garantire un buon risultato in tempi brevi. Ormai vecchio e malato, egli si occupò solo della fase progettuale, mentre l‟esecuzione pittorica fu quasi interamente portata avanti dal figlio Domenico388 (fig. 83). Constatare che al Robusti era stato affidato l‟incarico per cui egli stesso aveva profuso tante energie, non poteva che irritare Zuccari, il quale nutriva verso di lui un profondo risentimento fin dalla sua prima esperienza veneziana. Parole di disprezzo sarebbero state di lì a poco spese nei confronti del Paradiso e consegnate a imperitura memoria con la stampa del poemetto letterario Il lamento della Pittura sù l‟onde Venete, edito a Mantova nel 1605: “Chi Dissegno non hà, non hà valore; / Doue gratia non è, non è bellezza;/ e doue non è sal, non è sapore./ […] Faccia ciascun gli suoi dissegni in carte,/ […] Mè faccia cosa,

385 “e la sodisfazzione data e ricevuta da quella Serenissima Republica, che, oltre di una recognizione onorevole di mille scudi et una collana d‟oro con titolo di Cavaliere di quella Republica, fui onoratamente riconosciuto” (Ivi, p. 8).

386 cfr. Gronau 1936, pp. 229-230, nn. CCCLVI e CCCLVII.

387 Sempre il Brunetti, in una lettera al duca, si lamenta di aver dovuto svolgere un difficoltoso ruolo di intermediario tra la Repubblica e Zuccari; riferendosi poi alla collana d‟oro, la dice talmente modesta da poter entrare “in uno scatolino assai piccolo” (Ivi, p. 230, n. CCCLVII).

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ch‟altri moua à riso, / E imiti ben con l‟arte la Natura./ Non facia come quel che un Paradiso,/ Pinse presso quest‟acque sì confuso,/ Che men l‟intende, chi più il mira fiso./ E i fece i cittadini di là suso,/ Come la plebe posta in un mercato; onde meritamente egli è deluso”389.

L‟ultimo soggiorno veneziano si rivelò comunque molto piacevole, come scrisse in una lettera indirizzata al Giambologna il 18 aprile 1608: “Prima in Vinezia lascio di dire molte cose con gran piacere vedute stando sopra il Canal Grande, come a dire il populato comercio di varia gente et il continuo transito di gondole che andavano avanti et a dietro, coperte e scoperte, piene di Dame, Gentiluomini e di Sugnori; e la diverstità e moltitudine delle nazioni che più che in altra parte d‟Italia si veggono; et il dì e la notte musiche per il Canal Grande, barche, barcone, marsiliane, levantine, navi, galere armate far vela, tornare in porto, e talora a ragatta galere con galere, gondole e gondolieri, e simili altre cose di molto gusto, come fabricare navi, galere, galioni e altri vasselli, avendo la vista di detto bel luogo sin a San Nicolò, chè stando sopra gli miei balconi il tutto vedeva con prospettiva avanti della Zuecca San Giorgio, le Colonne et il sontuoso Palazzo di San Marco”390. Quest‟ultima veduta sembra coincidere con quella rappresentata nel dipinto con la

Sottomissione: forse già nel 1582, quando fu sicuramente elaborata l‟ambientazione del dipinto, egli ebbe modo di registrare fedelmente uno scorcio che poteva vedere con i propri occhi, magari dai balconi di un palazzo. La descrizione è molto interessante, dal momento che permette di individuare l‟alloggio di Federico in uno dei tanti palazzi che si affacciavano sul Canal Grande e, dato che da lì poteva vedere sia la chiesa di San Nicolò sia piazza San Marco, con la basilica, la zecca, le colonne, sia addirittura l‟isola di San Giorgio, doveva essere presumibilmente ubicato nell‟ultimo tratto del canale, forse nel sestiere di San Marco.

Federico si trattenne a Venezia sei mesi, cioè fino al marzo del 1604, quando fu chiamato a Milano dal cardinale Borromeo, con il quale era in contatto già da alcuni anni391. Prima di giungere a destinazione, Federico si attardò in un “diporto” durante in quale sostò “ove

389 Zuccari 1605, ed. 1961, p. 128.

390 Id. 1608, ed. 2007, p. 76.

391 Federico Borromeo fu protettore dell‟Accademia di San Luca di cui fu principe, come s‟è detto, lo Zuccari dal 1593. Grazie all‟appoggio del cardinale, egli realizzò tra 1597 e 1600 un dipinto raffigurante Sant‟Agata visitata in carcere da san Pietro per il capitolo del duomo di Milano (cfr. Acidini Luchinat 1999, II, pp. 198-199)

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uno, ove duoi giorni”, a Padova, Vicenza e Verona, incontrando vecchi amici e facendosene di nuovi. Si fermò anche a “Mantova a rivedere quella città e le belle opere di Giulio Romano et altri…” e a Cremona, dove potè ammirare “le opere del Pordenone, de i Campi et altri”392.

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Figura 80. Federico Zuccari, Sottomissione dell’imperatore Federico Barbarossa a papa Alessandro III, particolare, Venezia, palazzo Ducale, sala del Maggior Consiglio

Figura 81. Federico Zuccari, Sottomissione dell’imperatore Federico Barbarossa a papa Alessandro III, particolare,

Venezia, palazzo Ducale, sala del Maggior Consiglio

Figura 82. Fede Galizia, Ritratto di Federico Zuccari, Firenze, Uffizi

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