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3.2 Metodologie analitiche

3.2.5 Titolazione iodometrica

Le titolazioni effettuate con iodio si dividono in due gruppi: 1. titolazioni dirette con soluzione standard di I2 (iodimetria)

2. titolazioni indirette che utilizzano una soluzione di tiosolfato di sodio standard (iodometria).

Il metodo iodometrico si basa sulla reazione tra lo iodio prodotto dall’ossidazione di I- da parte della specie ossidante e lo ione tiosolfato (137) .

I2

= 0,5345 V

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Le soluzioni standard di tiosolfato possono essere usate per titolare quasi tutte le sostanze ossidanti. Tuttavia, la titolazione viene generalmente effettuata aggiungendo alla soluzione della sostanza ossidata un grande eccesso (noto solo approssimativamente) di ioduro di potassio. La sostanza ossidante si riduce, mettendo in libertà una quantità equivalente di iodio e, questo, viene titolato con tiosolfato. Poiché una sostanza ossidante mette in libertà una quantità equivalente di iodio, il volume di tiosolfato che viene impegnato per la titolazione dello iodio messo in libertà è, in ogni caso, uguale al volume che verrebbe impegnato se il tiosolfato fosse usato per ridurre direttamente la sostanza alla forma indicata.

campione eq iodio eq tiosolfato eq

n n

n

.

=

.

=

. (53)

Alcune sostanze ossidanti che possono essere deterninate con questo metodo sono riportate in Tabella 8.

Tabella 8: Reazioni di ossidoriduzione per alcune sostanze titolabili con il metodo iodometrico.

Il potenziale della semicoppia I2/2I- è praticamente indipendente dal pH della soluzione se questo ha valore minore di 8, in quanto per valori superiori, lo iodio reagisce con gli ioni ossidrile dando

L’ipoiodito può in parte dismutarsi secondo l’equazione

Queste reazioni possono dare luogo a seri errori nelle titolazioni con lo iodio, in quanto l’uso del sistema I3-/ 3I- come riducente coinvolge spesso anioni ossigenati (MnO4-, Cr2O72-, IO3-, ecc) per i quali solo in ambiente acido è possibile ottenere un elevato potenziale di ossidazione. In questi casi, l’acidità può costituire una sorgente di errore in quanto essa favorisce l’ossidazione dello ione I- da parte dell’O2 dell’aria, secondo la semireazione:

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Il potenziale di riduzione della semicoppia indicata aumenta notevolmente con la concentrazione idrogenionica, per cui, se si vuole contenere il potenziale di questo sistema interferente entro valori uguali o inferiori a quelli del sistema I3-/ 3I-, bisogna operare in ambiente neutro o moderatamente acido, oppure ridurre la concentrazione dell’O2 nella fase gassosa, in equilibrio con la soluzione. Ciò si realizza aggiungendo NaHCO3 che, liberando CO2, sposta l’aria disciolta ed abbassa la pressione parziale di O2 nella fase gassosa. In ambiente neutro, l’O2 dell’aria normalmente disciolto nella soluzione non ha capacità di ossidare lo ione ioduro, a meno che non vi siano presenti dei catalizzatori: luce intensa, cationi e anioni a stato di ossidazione variabile (Cu2+, HNO3, ecc.).

Uno dei vantaggi più rilevanti che caratterizza i metodi iodimetrici e iodometrici è la possibilità di disporre di un indicatore estremamente sensibile a tracce di iodio. Detto indicatore è la salda d’amido costituita da una sospensione acquosa di amido che impartisce un colore blu-violaceo ad una soluzione contenente tracce di triioduro. La specie colorata che si forma si ritiene sia dovuta alla formazione di un complesso in cui lo iodio è trattenuto nell’interno dell’elica del polisaccaride (in particolare il β-amilosio). A 20°C la salda d’amido rivela concentrazioni di iodio pari a 2 · 10-5 M purché I- > 4 · 10-4 M. Le sospensioni acquose di amido si decompongono in pochi giorni soprattutto per attacco batterico. I prodotti di decomposizione possono consumare iodio e alterare le proprietà dell’indicatore. Nelle titolazioni iodometriche la salda d’amido va aggiunta in prossimità dell’equivalenza affinché non si determini un adsorbimento troppo profondo del complesso I3-, che renderebbe il viraggio poco netto.

Vari fattori possono influire negativamente sulla sensibilità dell’indicatore e, fra questi, i più importanti possono essere:

a) la presenza di solventi organici (alcool etilico, ecc.) miscibili in acqua. Ad es. con alcool etilico al 50% non si ha colorazione della salda d’amido; b) l’aumento della temperatura: a 50°C la sensibilità è circa 10 volte minore

di quella a 20°C;

c) l’ambiente estremamente acido determina l’idrolisi dell’indicatore.

Per queste ragioni, le titolazioni vanno eseguite a freddo, in ambiente acquoso relativamente acido. Nel caso in cui l’elevata acidità fosse indispensabile, la presenza di iodio può essere rivelata dibattendo la soluzione con piccole quantità di un solvente immiscibile con acqua (CHCl3 o CCl4) e nel quale lo iodio sia molto solubile.

Anche la stabilità delle soluzioni di tiosolfato dipende dal pH, dalla luce e dall’ossigeno atmosferico. Se pH << 5, può avvenire con velocità apprezzabile la reazione di disproporzionamento seguente

_______________________________________________________________________ La sua velocità aumenta al crescere della concentrazione di idrogenioni e in soluzione fortemente acida si forma molto rapidamente zolfo elementare. L’esposizione alla luce del sole o all’atmosfera ne aumenta la velocità di decomposizione. Il tiosolfato è ossidato dall’O2 dell’aria già in ambiente neutro ma meglio in ambiente piuttosto alcalino e, specie se la soluzione è esposta alla luce diretta, questo comporta una diminuzione del titolo della soluzione.

Infine la più importante causa di instabilità del tiosolfato sono certi batteri capaci di metabolizzare il tiosolfato a solfito, solfato e zolfo elementare. La preparazione delle soluzioni deve avvenire con acqua bollita, oppure aggiungendo sostanze come CHCl3, benzoato di sodio, HgI2 o HgCl2 che inibiscono la crescita dei batteri.

Le soluzioni di tiosolfato devono essere standardizzate con uno standard primario (per es. K2CrO7, KIO3, KMnO4, KBrO3). Il titolo della soluzione di tiosolfato è generalmente effettuato con iodio ottenuto trattando un noto numero di equivalenti di un adatto ossidante, in soluzione acida per acido minerale, con un eccesso di KI. Abbiamo utilizzato KIO3 (M.E. = M.M./ 6 = 35,667) secondo la seguente procedura:

1. Pesare con precisioneil KIO3 e portare a volume con acqua in matraccio tarato 2. Prelevare in beutada titolazione, con pipetta tarata, 10 ml di soluzione KIO3 3. Diluire, aggiungere 1g di KI(esente da iodato) e 1-2ml di HCl conc.

4. La soluzione si colora immediatamente in brunoper la messa in libertà di iodio 5. Titolarecon la soluzione 0,1M approssimata di tiosolfato

6. Alla colorazione giallo paglierino, aggiungere 2 ml di salda d'amido

7. Continuare a titolare fino a che una goccia di tiosolfato decolora completamente la soluzione(da bruna a incolore).

La concentrazione della soluzione di tiosolfato viene calcolata attraverso l’espressione

=

2 3 2 2 3 2O SO S st st

V N V

N

(54)

Nella determinazione quantitativa di H2O2 il perossido di idrogeno reagisce con lo ioduro secondo la reazione

Rispetto alla permanganatometria il metodo iodometrico presenta il vantaggio di non essere sensibile alla presenza di stabilizzanti, che spesso sono addizionati all’acqua ossigenata (acido borico, acido salicilico e glicerolo). Inoltre, non interferisce con le sostanze organiche ed inorganiche del prelievo analizzato, ed è abbastanza specifico per i perossidi (136).

La determinazione quantitativa di H2O2 è stata effettuata diluendo in una beuta 1 ml della soluzione incognita con 10 ml di KI 10%, acidificando con 1-2 ml di HCl concentrato, e

_______________________________________________________________________ titolando con il tiosolfato standardizzato. In prossimità della fine della titolazione (colore giallo paglierino della soluzione), sono state aggiunte 20 gocce di salda d’amido, continuando poi a titolare con tiosolfato fino al viraggio dell’indicatore (decolorazione). La normalità di H2O2 è stata poi calcolata con la (54).

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4 Risultati e discussione: ossidi metallici per

isolamento termico.

Come è noto i materiali aerogel trovano numerose importanti applicazioni, in virtù delle loro peculiari caratteristiche di tessitura, tra cui elevate porosità ed aree superficiali specifiche. Nell’ambito dell’applicazione di nanomateriali nel campo dell’isolamento termico, il lavoro di ricerca e’ stato focalizzato su aspetti fondamentali di strutturazione di ossidi inorganici e/o nanocompositi allo scopo di promuovere le proprietà di termoisolamento e di approfondire la conoscenza di base della dipendenza di tali proprietà dalla tessitura e dalla struttura del materiale. Quindi, in previsione della progettazione di un prodotto finale in forma di composito fibra/aerogel, siamo andati verificare in che modo le condizioni di sintesi potessero influenzare la tessitura del solido finale, nonché la stabilità del precursore sol-gel ai fini della sua sopportazione. La Figura 59 riporta uno schematico outline di questa parte del lavoro di ricerca, in cui sono stati considerati aspetti di nano-strutturazione dell’ossido a base id Al2O3 ed aspetti di sintesi dei precursori degli ossidi aerogel-like, ai fini di uno scale-up del processo di sintesi necessario per la preparazione del prodotto finale, composito fibra-aerogel.

Aerogel ((((Al2O3) Proprietà di tessitura

(volume dei pori, diametro dei pori, dimensione dei grani)

Proprietà termiche

(diffusività, conductività, calore specifico)

γ-Al2O3sol-gel precursore

Parametri di sintesi Proprietà reologiche e granulometriche COMPOSITO FIBRA/AEROGEL PRODOTTO FINALE Isolamento termico Aerogel ((((Al2O3) Proprietà di tessitura

(volume dei pori, diametro dei pori, dimensione dei grani)

Proprietà termiche

(diffusività, conductività, calore specifico)

γ-Al2O3sol-gel precursore

Parametri di sintesi Proprietà reologiche e granulometriche COMPOSITO FIBRA/AEROGEL PRODOTTO FINALE Isolamento termico Isolamento termico

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