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Effetti di strutturazione di materiali a base di ossidi inorganici di tipo “aerogel-like” per applicazioni nel campo di catalisi e di isolanti ad alta efficienza.

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(1)

XXII Ciclo della

Scuola di Dottorato di Ricerca in Scienze e Tecnologie Chimiche e Farmaceutiche

Effetti di strutturazione di materiali a base di ossidi inorganici di tipo “aerogel-like” per applicazioni nel campo di catalisi e di isolanti ad alta efficienza.

Settore scientifico-disciplinare: CHIM/03

Dottorando

Elena Padovese

Direttore Scuola di Dottorato di Ricerca

Chiar.mo Prof. Enzo Alessio

Università degli Studi di Trieste

Relatore

Chiar.mo Prof. Jan Kašpar

Università degli Studi di Trieste

Correlatore

Dott.ssa Roberta Di Monte

Università degli Studi di Trieste

ANNO ACCADEMICO 2008-2009

(2)

La scienza non esclude gli errori;

anzi, talora sono proprio questi a portare alla verità.

(Jules Verne)

(3)

Al termine di questo mio entusiasmante percorso di formazione, della durata di tre anni, desidero sinceramente ringraziare tutte le persone che hanno partecipato e mi hanno aiutato:

il Prof. Jan Kašpar, per avermi dato l’opportunità di sviluppare dei progetti molto interessanti e per avermi seguita con costante dedizione durante questi tre anni

la Dr. Roberta Di Monte, per avermi affiancata nei momenti di difficoltà, per la disponibilità concessami fin dall’inizio, per i tanti insegnamenti e consigli

il Dr. Roberto Dario (Serichim S.r.l.), per avermi dato l’opportunità di vivere un’esperienza indimenticabile in azienda chimica

il dott. Andrea Acanfora (Colombin S.p.a.), per aver partecipato al progetto sulla decontaminazione delle acque industriali e per avermi costantemente rifornito di materiale per la sperimentazione

il Prof. Paolo Bevilacqua e la dott.ssa Chiara Campailla, per avermi coinvolto nello studio sulla decontaminazione del percolato di discarica

Desidero ringraziare inoltre tutte le persone che, con la loro allegria e simpatia, mi hanno sempre incoraggiata nei momenti più difficili e mi hanno dimostrato la loro fiducia durante quest’anno di duro lavoro.

(4)
(5)

_______________________________________________________________________

Sommario

1 Introduzione. ... 5

1.1 Ossidi metallici nanostrutturati. ... 5

1.2 Nanomateriali e sicurezza. ... 6

1.3 Metodi di preparazione di materiali nanostrutturati a base di ossidi. ... 8

1.3.1 Metodi ceramici. ... 9

1.3.1.1 Sintesi allo stato solido. ... 9

1.3.1.2 High energy ball milling. ... 9

1.3.2 Metodi termici. ... 10

1.3.2.1 Metodo Pecchini (formazione di resine mediante complessanti organici) ... 10

1.3.3 Metodi termici: flash combustion, flame hydrolysis ... 11

1.3.4 Spray drying ... 11

1.3.5 Sintesi idrotermica ... 11

1.3.6 Metodi di sintesi di ossidi nanostrutturati con utilizzo di “wet chemistry”. ... 12

1.3.6.1 Precipitazione diretta e inversa (step 1). ... 13

1.3.6.2 Sintesi sol-gel (step 1) (23). ... 14

1.3.6.3 Sintesi con microemulsioni (step 1). ... 18

1.3.6.4 Ageing (step 2). ... 19

1.3.6.5 Rimozione del solvente (step 3). ... 20

1.3.6.6 Il trattamento termico (step 4). ... 24

1.4 Applicazioni. ... 25

1.5 Ossidi metallici per isolamento termico: gli aerogel. ... 26

1.5.1 Applicazione degli aerogel come termoisolanti. ... 29

1.5.2 Modalità di assemblaggio e proprietà di materiali nanostrutturati. ... 34

1.5.3 Modelli teorici per il calcolo della conducibilità termica... 36

1.5.4 L’ossido di alluminio. ... 42

1.6 Ossidi metallici per applicazione in campo catalitico: gli Advanced Photochemical Oxidation processes (APOs). ... 46

1.6.1 La fotocatalisi eterogenea. ... 47

1.6.2 Influenza dei parametri di processo... 50

1.6.3 Il diossido di titanio. ... 52

1.6.4 Il percolato di discarica. ... 55

1.6.5 Acque reflue provenienti dall’industria del sughero. ... 56

1.7 Scopo della tesi. ... 58

2 Parte sperimentale: ossidi metallici per isolamento termico. ... 59

2.1 Sintesi di materiali aerogel... 59

2.1.1 Sintesi sol-gel di materiali a base di Al2O3... 59

2.1.2 Sintesi per impregnazione via incipient wetness di materiali a base di Al2O3. ... 60

2.1.3 Sintesi di compositi fibra- aerogel. ... 61

2.2 Caratterizzazione delle polveri (tessitura/struttura). ... 62

2.2.1 Fisiadsorbimento di N2 a 77K. ... 63

2.2.2 Misura dell’area superficiale (BET)... 63

2.2.3 Determinazione della distribuzione dei pori. ... 64

2.2.4 Diffrazione di raggi X di polveri. ... 68

2.3 Determinazione delle proprietà termoisolanti: laser flash method. ... 70

(6)

_______________________________________________________________________

2.3.1 Principio di funzionamento. ... 71

2.3.2 Apparato strumentale. ... 74

2.3.3 Procedura sperimentale. ... 75

2.4 Caratterizzazione del gel. ... 77

2.4.1 Misure reologiche. ... 77

2.4.2 Analisi granulometrica mediante granulometro laser. ... 79

3 Parte sperimentale: ossidi metallici per applicazione in campo catalitico. ... 81

3.1 Materiale. ... 81

3.1.1 Il percolato di discarica. ... 81

3.1.2 Acque industriali provenienti dall’industria del sughero. ... 82

3.1.3 Catalizzatori. ... 82

3.1.3.1 Sintesi di materiali a base di TiO2. ... 82

3.1.3.2 TiO2 commerciali. ... 84

3.1.3.3 Preparazione catalizzatori strutturati. ... 86

3.1.4 Fotoreattore in Plexiglass ®. ... 87

3.1.5 Fotoreattore di acciaio inox. ... 89

3.1.6 Fotoreattori di quarzo e di vetro. ... 90

3.2 Metodologie analitiche. ... 92

3.2.1 Trattamento dei dati sperimentali. ... 92

3.2.2 Il parametro del COD. ... 93

3.2.3 Gas-cromatografia (GC-FID). ... 95

3.2.4 Spettrofotometria UV-VIS. ... 97

3.2.5 Titolazione iodometrica. ... 99

4 Risultati e discussione: ossidi metallici per isolamento termico. ... 105

4.1 Stabilità termica, proprietà strutturali e di tessitura di nanomateriali a base di Al2O3. .. 106

4.1.1 Proprietà di tessitura. ... 106

4.1.2 Proprietà strutturali. ... 111

4.2 Proprietà di termoisolamento delle polveri. ... 113

4.2.1 Standardizzazione della procedura sperimentale di analisi per LFA 447. ... 113

4.2.2 Sequenza sperimentale. ... 117

4.2.3 Effetto delle proprietà di tessitura su diffusività e conducibilità termica. ... 118

4.2.3.1 Effetto del tipo di porosità (macro vs meso) sulle proprietà di termoisolamento di Al2O3. 118 4.2.3.2 Effetto della porosità di tipo meso, a parità di diametro dei pori, sulle proprietà di termoisolamento. ... 123

4.2.3.3 Effetto del diametro dei pori nella regione meso, a parità di porosità, sulle proprietà di termoisolamento. ... 126

4.2.4 Effetto delle proprietà dei grani e di aggregazione su diffusività e conducibilità termica. 127 4.2.4.1 Effetto della dimensione dei grani su diffusività e conducibilità. ... 127

4.2.4.2 Effetto dell’aggregazione di tipo soft vs hard su diffusività e conducibilità termica di Al2O3. 130 4.2.5 Considerazioni conclusive. ... 140

5 Risultati e discussione: compositi fibra-aerogel per applicazioni con termoisolanti. ... 143

(7)

_______________________________________________________________________

5.1.1 Sintesi di Al2O3 nanostrutturate: effetto della velocità di agitazione in fase di

precipitazione. ... 144

5.1.2 Considerazioni riassuntive. ... 151

6 Risultati e discussione: ossidi metallici per applicazioni in catalisi. ... 152

6.1 Il percolato di discarica (in collaborazione con una discarica e con la regione Friuli Venezia Giulia). ... 153

6.1.1 Messa a punto del processo. ... 153

6.1.2 Studi cinetici di foto-decomposizione del percolato di discarica. ... 156

6.1.3 Valutazione del costo del trattamento. ... 167

6.1.4 Considerazioni conclusive. ... 167

6.2 Acque industriali provenienti dall’industria del sughero. ... 168

6.2.1 Studi preliminari. ... 168

6.2.1.1 Effetto del catalizzatore e del pH in assenza di radiazione. ... 169

6.2.1.2 Effetto fotocatalitico. ... 171

6.2.1.3 Effetto della presenza di H2O2 in condizioni di fotocatalisi. ... 172

6.2.1.4 Effetto dell’ossigenazione (aria). ... 173

6.2.1.5 Effetto del dosaggio di TiO2. ... 174

6.2.2 Misure condotte nel reattore pilota in inox. ... 178

6.2.2.1 Effetto della temperatura e della presenza di H2O2, UV e TiO2. ... 181

6.2.2.2 Effetto del dosaggio del catalizzatore. ... 185

6.2.2.3 Effetto del dosaggio di H2O2. ... 186

6.2.2.4 Valutazione di un modello matematico per la parametrizzazione del processo. 190 6.2.3 Considerazioni finali. ... 195

7 Conclusioni generali. ... 199

8 Riferimenti bibliografici ... 201

(8)
(9)

_______________________________________________________________________

1 Introduzione.

1.1 Ossidi metallici nanostrutturati.

Gli ossidi metallici rappresentano una classe di composti di vasto utilizzo e versatile, il cui studio si colloca all’interno dello sviluppo di nuovi materiali innovativi e tecnologicamente avanzati. Grazie alle molteplici proprietà chimico-fisiche e strutturali gli ossidi metallici trovano numerose importanti applicazioni, per esempio nei campi della catalisi eterogenea (i.e. trattamento fotocatalitico dei reflui (1), abbattimento delle emissioni di scarico (2)) e dell’isolamento termico (i.e. edilizia, meccanica ecc.) (3). Da oltre mezzo secolo in campo scientifico domina ormai l’interesse per i nanomateriali e le nanotecnologie. L’interesse nasce dal fatto che molto spesso materiali aventi dimensioni molto piccole dell’ordine dei nanometri possono presentare proprietà chimiche e fisiche molto diverse rispetto a materiali aventi la stessa composizione chimica ma dimensioni micro e/o macro. Le nuove proprietà dei nanomateriali possono essere determinate soprattutto da un aumento del rapporto superficie/volume, che si verifica quando si passa da particelle di dimensioni micrometriche e macrometriche a particelle aventi dimensioni nella nanoscala, con conseguente aumento dell’energia di superficie. Le nanotecnologie raggruppano tutte le attività volte allo studio, progettazione, applicazione di sistemi che richiedono un preciso controllo delle dimensioni e della forma su scala nanometrica.

I nanomateriali, secondo la definizione del Comitato Tecnico ISO 229 “Nanotechnologies”

(4), si articolano in “nano-oggetti” e “materiali nanostrutturati”:

• I nano-oggetti sono materiali che hanno una, due o tre dimensioni nell’ordine dei manometri (circa 1-100 nm), e sono classificati come segue (Figura 1):

1. Materiali con una dimensione nanometrica lamellare, film ultrasottili e superfici di rivestimento;

2. Nanomateriali in due dimensioni: nanofili e nanotubi;

3. Materiali con tre dimensioni nanometriche: nanoparticelle, quantum dots, punti quantici. Di questa categoria fanno parte anche i materiali nanocristallini con grani di dimensioni nanometriche (Figura 1).

• I materiali nanostrutturati sono definiti come materiali aventi struttura interna o superficiale nell’ordine di grandezza della nanoscala.

(10)

_______________________________________________________________________

Figura 1: Classificazione dei nanomateriali secondo le dimensioni.

1.2 Nanomateriali e sicurezza.

La Nanoscienza e la Nanotecnologia rappresentano i pilastri fondamentali della nuova era industriale. La possibilità e la capacità di operare su scala nanometrica o prossima a quella atomica, in modo da modificare drasticamente, e secondo le proprie esigenze, le proprietà di un materiale, la sua morfologia, la crescita, apre le porte ad una nuova rivoluzione industriale.

Recenti indagini di mercato (NSF National Science Foundation, 2009, Nanobusiness Alliance, 2009) evidenziano per le nanotecnologie e i nanomateriali una velocità di crescita annuale globale pari al 15-30% (Figura 2) (5).

Figura 2: Valutazione del mercato globale di nanotecnologie e nanomateriali dal 2001 al 2010. Fonti NSF National Science Foundation (www.nsf.gov), Nanobusiness Alliance (www.nanobusiness.com ).

0 5 10 15 20 25 30

2002 2003 2008

Year

Sales (billions)

Nanomaterials Nanotools Nanodevices Total

2001: € 54 billion 2010: € 220 billion

Nanoparticles and Nanocomposites Ultrathin layers

Measurements & Analysis of Nanostructures

Ultra-precise surface processing Lateral Nanostructures

28%

37%

22%

9% 4%

23%

44%

24%

6%3%

2001: € 54 billion 2010: € 220 billion

Nanoparticles and Nanocomposites Ultrathin layers

Measurements & Analysis of Nanostructures

Ultra-precise surface processing Lateral Nanostructures

Nanoparticles and Nanocomposites Ultrathin layers

Measurements & Analysis of Nanostructures

Ultra-precise surface processing Lateral Nanostructures

Nanoparticles and Nanocomposites Ultrathin layers

Measurements & Analysis of Nanostructures

Ultra-precise surface processing Lateral Nanostructures

28%

37%

22%

9% 4%

28%

37%

22%

9% 4%

23%

44%

24%

6%3%

23%

44%

24%

6%3%

(11)

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La sempre maggiore diffusione dei nanomateriali ormai presenti all'interno di centinaia di prodotti presenti sul mercato, dai cosmetici agli schermi solari, dalle pitture ai componenti per automobili, ha posto la necessità di estendere le conoscenze in merito all’impatto ambientale ed ai loro potenziali effetti tossici sull'uomo, che comunque non sono ancora stati verificati, se non in minima parte. È stato suggerito, per esempio, che alcuni tipi di nanotubi di carbonio abbiano un’azione analoga a quella dell’amianto, conosciuto per i suoi effetti cancerogeni sui polmoni (6) (US National Institute of Occupational Safety &

Health, NIOSH).

I principali fattori che determinano la tossicità dei nanomateriali possono essere così riassunti brevemente (7):

1. L’elevata area superficiale del materiale esposto;

2. La reattività chimica superficiale e la capacità di promuovere reazioni chimiche che portano alla formazione di specie radicaliche o intermedi molto aggressivi;

3. Le dimensioni fisiche delle particelle che le rendono molto insidiose e capaci di penetrare all’interno degli organi;

4. La scarsa solubilità che le rende difficili da espellere prima che si verifichino reazioni tossiche per l’organismo.

Le nanoparticelle, i nanotubi e nano materiali strutturati possono entrare in contatto con l’organismo secondo le tradizionali vie di contatto: inalazione, ingestione, penetrazione cutanea ed esposizione oculare. La probabilità di depositarsi lungo le vie respiratorie e penetrare negli alveoli polmonari è determinata sia delle dimensioni delle particelle che dalla loro forma. L’ingestione e la penetrazione cutanea risultano essere determinanti nel caso che si utilizzano miscele di nanomateriali in sospensioni colloidali (creme) o in soluzioni. Particolare attenzione è volta ai prodotti cosmetici “sunscreens” che utilizzano materiali fotoattivi e fotocatalitici come TiO2 e ZnO nanoparticellare, in grado di produrre radicali liberi (7)( www.swissre.com ).

La valutazione di rischi e dei benefici è una fase molto importante nel processo di sviluppo industriale. Ciò vale per ogni genere di processi e prodotti, sia per quelli “nano”, che per quelli “micro” e “macro”. I problemi legati alla sicurezza sull’uso dei nanomateriali e al loro possibile impatto sulla salute ed ambiente sono quelli relativi ai nano-oggetti, ossia ai materiali disperdibili in singole particelle molto piccole. La maggioranza dei nanomateriali non esiste come particelle singole, ma come aggregati o agglomerati di dimensioni maggiori, o, nel caso di materiali compositi, inglobati in una matrice. Questo richiede tecnologie di studio molto selettive ed influenza in modo considerevole l’impatto che i nanomateriali possono avere sull’ambiente.

La legislazione riguardante il rischio nell’uso dei nanomateriali comprende una vasta serie di nozioni volte a regolamentare il corretto controllo dei prodotti chimici, sia in fase di commercializzazione che già presenti nel mercato (Regolamento (EC) 1907/2006), le misure necessarie per la salvaguardia e protezione dei lavoratori (Direttiva 89/391/CEE) e la qualità dell’aria e delle acque (COM(2008)366, Regulatory aspects of nanomaterials).

Il 1 giugno 2007 è entrato in vigore il Regolamento Europeo REACH n. 1907/2006

(12)

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(Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea L396, 21/12/2006), che concerne la registrazione, valutazione, autorizzazione e/o restrizione all’uso delle sostanze chimiche in quanto tali o contenute in preparati. Tutte le sostanze esistenti o di nuova generazione, prodotte o importate, devono essere inventariate, con l’obiettivo di garantire una più efficace protezione dell’uomo e dell’ambiente. Il continuo sviluppo dei nanomateriali e delle nanotecnologie e la disponibilità di nuovi dati rende continuamente necessario il miglioramento e l’integrazione della legislazione attuale, in particolare per quanto riguarda la standardizzazione di metodi di certificazione e di metodi di attestazione di rischio (Federchimica 2009).

1.3 Metodi di preparazione di materiali nanostrutturati a base di ossidi.

I parametri che definiscono le proprietà di un nanomateriale, e che possono essere modulate in fase di sintesi sono, tipicamente, le caratteristiche strutturali e di tessitura, la cristallinità e la composizione chimica. In campo applicativo molta attenzione è rivolta alla sintesi di ossidi misti. I metodi più comuni sfruttati per la preparazione di solidi nanostrutturati possono essere concettualmente raggruppati in (8):

• metodi ceramici, come la sintesi allo stato solido e high energy milling, che avvengono a partire da precursori solidi e tipicamente vengono sfruttati per la produzione di sistemi sinterizzati, ceramici, tali metodologie, in realtà sono più adatte per sintesi di materiali a strutturazione con dimensione micro.

• metodi termici (flash combustion, flame hydrolysis, metodo Pecchini, spray drying, sintesi idrotermica), che si basano sul concetto di ottenere un precursore distribuito omogeneamente in una soluzione, il quale sia sottoposto ad una rapida decomposizione termica per prevenire fenomeni di segregazione di fase.

• metodi di sintesi in soluzione (precipitazione e coprecipitazione diretta, inversa, omogenea, metodo sol-gel, microemulsioni), che permettono un buon controllo dell’omogeneità del materiale già in fase di precipitazione.

I metodi ceramici e termici, che in genere non assicurano un preciso controllo della tessitura del materiale, verranno brevemente descritti, mentre saranno approfondite le metodologie di sintesi in soluzione, in particolare la sol-gel, che costituisce uno degli argomenti studiati nel presente lavoro di ricerca.

Metodi chimici “umidi”, quali precipitazione e coprecipitazione, sintesi idrotermica o processi sol-gel, sono largamente utilizzati per la preparazione di materiali nanostrutturati, in quanto consentono di ottenere solidi con elevati valori di area superficiale specifica e alta porosità nel campo dei micro-, meso- e dei macropori (9). Il network solido viene formato via idrolisi e condensazione di precursori molecolari in soluzione. E’ importante sottolineare che per ogni singolo metodo di preparazione del materiale, ad esempio la precipitazione, vi sono una serie di parametri che influenzano

(13)

_______________________________________________________________________

soprattutto in fase di scaling up del processo di sintesi. A titolo di esempio la Figura 3 illustra i diversi fattori che possono entrare in gioco durante il processo di precipitazione.

Precipitate

Anion Aging

Precipitating

agent Additives

Super-

saturation Mixing Temperature

sequence

pH Solution

composition

Solvent phase

phase;

purity;

precipitate composition

purity;

crystallinity;

textural properties morphology;

textural properties

phase;

homogeneity

textural properties

textural properties;

crystallinity particle sizes;

rate of precipitation precipitate composition;

homogeneity

phase;

textural properties

Figura 3: Fattori principali che definiscono le caratteristiche di un precipitato.

La scelta del metodo di sintesi deve riflettere diversi aspetti, tra cui disponibilità di precursori, la loro tossicità, scelta del solvente, scelta dell’agente precipitante (tipicamente si precipita i prodotti come ossidi/idrossidi idrati e quindi il precipitante è una base: NaOH, KOH o NH3), e non ultimo, ma primario in processi industriali, è l’aspetto economico dell’intero processo (8).

1.3.1 Metodi ceramici.

1.3.1.1 Sintesi allo stato solido.

Il metodo consiste nel mescolare e macinare insieme le polveri dei precursori, ad esempio gli ossidi di partenza, e di calcinare la polvere ottenuta ad altissime temperature (>1400°C), dove la migrazione dei cationi assume una velocità apprezzabile, permettendo la formazione di soluzioni solide. Tipicamente quindi il metodo è utilizzato per preparare ossidi misti di tipo ceramico. Spesso la cottura delle polveri viene eseguita più volte, con macinazione del prodotto intermedio, per assicurare l’omogeneità di fase (10,11).

1.3.1.2 High energy ball milling.

Utilizzando un mulino ad alta energia, è stato osservato che l’energia trasmessa alle polveri è cosi elevata da favorire la migrazione dei cationi e la formazione di ossidi misti – soluzioni solide più o meno omogenee. Il vantaggio del metodo consiste nella semplicità dell’utilizzo, mentre gli svantaggi sono l’applicabilità su larga scala, l’elevato input

(14)

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energetico ed infine l’inevitabile contaminazione del prodotto dovuta all’attrito con le palle del mulino, che sono fatte tipicamente di zirconie drogate (12).

1.3.2 Metodi termici.

1.3.2.1 Metodo Pecchini (formazione di resine mediante complessanti organici)

La chiave del metodo consiste nel complessare i cationi con dei leganti, come ad esempio acido citrico, ossalico o tartarico. Riscaldando i precursori, sovente in presenza di glicoli, si ottiene la formazione di una resina come descritto in Figura 4, con la formazione di prodotti omogenei ad alta area superficiale mediante una decomposizione termica generalmente piuttosto rapida. Lo svantaggio principale della metodologia è dato dalla difficoltà di controllo delle proprietà di tessitura. Il metodo è facilmente applicabile a ossidi misti, in quanto la formazione della resina favorisce un mescolamento intimo dei diversi cationi. Tuttavia, la fase di calcinazione può essere critica in quanto se la stabilità termica dei sali precursori è molto diversa, si può ottenere una decomposizione sequenziale. Inoltre, poiché vi è un uso di quantità elevate di precursori organici, si presenta il problema dell’infiammabilità del sistema in fase di decomposizione, che rende il processo difficilmente controllabile (13).

Figura 4: Reazioni chimiche nella formazione di precursori per polimerizzazione di

(15)

_______________________________________________________________________

1.3.3 Metodi termici: flash combustion, flame hydrolysis

Idrazina, carboidrazide, ossalidiidrazide (ODH), glicina, ovvero composti reattivi contenenti ossigeno quale comburente, sono utilizzati quali complessanti e quindi carburante del processo di decomposizione termica che avviene con una combustione vera e propria. Ad esempio la preparazione di γ-Al2O3 con ODH (C2H6N2O4) o con glicina (C2H5NO2) avviene con la seguente stechiometria

E’ importante da osservare che vi sono diversi problemi dovuti al fatto che il processo avviene per combustione, mentre la rapidità del processo e le elevate temperature raggiunte (il processo è praticamente istantaneo e adiabatico) in genere assicurano la formazione di composti omogenei e termicamente stabili (14-17).

1.3.4 Spray drying

Il metodo di sintesi spray drying viene spesso utilizzato industrialmente. La soluzione dei precursori, tipicamente sali dei metalli, viene preparata in presenza di un agente complessante come l’acido citrico, o altri additivi necessari per ottenere valori di densità e viscosità della soluzione che siano adeguati allo spray utilizzato. La soluzione viene nebulizzata contro una parete calda, in modo da assicurare un’istantanea evaporazione del solvente e la decomposizione del precursore. E’ un metodo vantaggioso per preparazione di soluzioni solide a causa della decomposizione istantanea del precursore, ma spesso porta a polveri estremamente fini, difficili da maneggiare (18,19).

1.3.5 Sintesi idrotermica

La sintesi per via idrotermica viene spesso utilizzata quale un passaggio di sintesi come ad esempio un trattamento del precipitato per ottenere ulteriori trasformazioni del precursore nel prodotto finale (20), ovvero lo step di ageing del precipitato e/o gel preparato per processi di “wet chemistry” discussi di seguito. Vi sono diversi processi che possono avvenire nel corso del trattamento idrotermico, che viene condotto a temperature elevate (spesso oltre 100°C) in un autoclave. In queste condizioni si forza l’idrolisi degli acquocomplessi, che tendono quindi a polimerizzare, formando dei precipitati cristallini (8). Tipicamente le zeoliti vengono sintetizzate per via idrotermica.

Tabella 1 elenca alcune delle trasformazioni che si verificano nel corso della sintesi idrotermica.

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Tabella 1: Trasformazione nel corso di una sintesi di tipo idrotermico.

From To

Amorphous solid Crystalline solids Small crystals Large crystals Small amorphous particles Large amorphous particles Kinetically favoured phase Thermodynamically favoured phase

High porosity gel Low porosity gel

I fattori che influenzano questo tipo di processo sono pH, temperatura, pressione, tempo e concentrazione delle specie presenti nel sistema. Tutte le trasformazioni di tessitura e strutturali elencate in tabella portano verso l’equilibrio termodinamico e quindi, in generale, trasformano le caratteristiche del prodotto in modo da ottenere una maggiore stabilità termodinamica rispetto al sistema di partenza.

1.3.6 Metodi di sintesi di ossidi nanostrutturati con utilizzo di “wet chemistry”.

In generale, le preparazioni di ossidi nanostrutturati attraverso processi in soluzione, richiedono tipicamente una serie di passaggi, illustrati schematicamente per il processo sol-gel discusso di seguito in Figura 5. Va sottolineata l’importanza critica di ciascuno step sulla qualità e sulle proprietà del prodotto. I vari aspetti del processo sono discussi di seguito, ad esclusione dello step 2 la cui funzione è sostanzialmente quella già discussa in 1.3.5.

Come si evince dalla figura il processo consiste in varie fasi che includono:

1. Step 1, la formazione del gel/sospensione a partire dal/i precursore/i metallico/i in soluzione;

2. Step 2, un ageing che tipicamente può essere realizzato a temperatura ambiente oppure in trattamento idrotermico, come discusso nel paragrafo 1.3.5;

3. Step 3, una fase di rimozione del solvente, che rappresenta uno dei punti critici dell’intero processo ai fini della strutturazione del prodotto, come verrà discusso in seguito;

4. Step 4, un trattamento termico la cui funzione è quella di favorire la cristallizzazione del solido e la definizione della fase cristallina.

(17)

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Figura 5: Schematizzazione dei vari step che caratterizzano il processo sol-gel.

1.3.6.1 Precipitazione diretta e inversa (step 1).

Nell’ambito del quadro generale del processo di sintesi (Figura 5), le precipitazioni dirette ed inverse sono aspetti legati essenzialmente allo step 1 di formazione del precursore e precipitato, industrialmente chiamato “torta” o “cake”.

Due modalità sono più comunemente utilizzate, in base alla natura dei precursori:

l’acquosa, basata su sali inorganici dissolti in acqua, e la metallo-organica, basata su alcossidi dissolti in solventi organici (21). In soluzione acquosa i cationi formano acquo- complessi di tipo [M(OH2)N]Z+, questi vanno soggetti a idrolisi in misura diversa, dipendentemente dalla natura del catione (valenza e dimensione) e dal pH della soluzione, dando origine a specie solvatate variamente deprotonate. Per reazione nucleofila di un gruppo OH coordinato al metallo con un altro catione metallico, questi complessi possono condensare formando degli oligomeri, mediante sostituzione di una molecola d’acqua nella sfera di coordinazione, o per addizione, attraverso le reazioni di olazione e ossolazione (21). Si ha la separazione di una fase solida (ossido o idrossido) quando i precursori che condensano sono elettricamente neutri, e quindi non c’è

step 1

step 2

step 3

step 4

(18)

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repulsione elettrostatica tra essi. Nel caso dei colloidi, le particelle primarie del precipitato possono portare una carica superficiale netta, dipendente dal pH della soluzione, che influenza l’agglomerazione delle particelle (9).

La precipitazione è detta diretta se si aggiunge l’agente precipitante, tipicamente una base, alla soluzione dei precursori, mentre il procedimento opposto è convenzionalmente chiamato precipitazione inversa. Rispetto al metodo diretto, l’inverso ha il vantaggio di essere più adatto alla sintesi di ossidi misti e nanocompositi: infatti, il contatto della soluzione dei precursori con la soluzione fortemente basica provoca l’immediata precipitazione degli idrossidi, che risultano quindi omogeneamente interdispersi. Se invece il pH viene innalzato gradualmente, come avviene con il metodo diretto, si può verificare una precipitazione frazionata favorendo quindi disomogeneità nel prodotto La precipitazione inversa, rispetto alla diretta, presenta lo svantaggio di dare origine ad un precipitato più fine e gelatinoso, con conseguente difficoltà di filtrazione, soprattutto per materiali contenenti idrossido di alluminio, utilizzato nel presente lavoro.

Nel caso di ossidi metallici misti viene utilizzata la coprecipitazione, diretta o inversa, in cui viene preparata una soluzione di tutti i precursori intimamente interdispersi, che con la variazione del pH precipitano simultaneamente, dando origine ad un prodotto omogeneo con una porosità comune dei vari componenti (22).

1.3.6.2 Sintesi sol-gel (step 1) (23).

Con il termine sol-gel si indica una sospensione colloidale in grado di formare un gel. Il prodotto poroso ottenuto viene quindi scaldato ad alte temperature, formando ossidi di elevata purezza. Il gel può anche essere addizionato di sostanze dopanti con lo scopo di conferire particolari proprietà al solido vetroso ottenuto.

Il processo sol-gel viene sfruttato per ottenere materiali vetrosi o ceramici, ossidi misti e soluzioni solide. Questo processo implica il passaggio da una fase liquida di sol a una fase solida di gel. La chimica dei sol-gel rappresenta un approccio notevolmente versatile per la fabbricazione di una vasta gamma di materiali tra cui polveri ultra-fini, ceramiche e vetri monolitici, fibre ceramiche, membrane inorganiche, rivestimenti in film sottile e aerogel (Figura 6).

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Figura 6: Applicazioni del processo sol-gel.

Il processo sol-gel richiede una serie di stadi che è necessario controllare con accuratezza per ottenere prodotti omogenei e riproducibili (Figura 5). Analizziamo quindi brevemente i vari stadi che possono essere riassunti in formazione del gel, invecchiamento dello stesso, rimozione del solvente e trattamento termico.

Idrolisi e condensazione. In un tipico processo sol-gel, a partire da una sospensione colloidale (il sol), una serie di reazioni di idrolisi e di polimerizzazione portano le particelle a una nuova fase gel, in cui in una molecola polimerica solida è inglobato un liquido, generando un sistema a due fasi, liquida e solida, contigue. In particolare, l'idrolisi tende a generare legami -OH mentre tramite polimerizzazione tali legami tendono a trasformarsi in nuovi legami -O- (Figura 7) (24).

Figura 7: Reazioni di idrolisi e condensazione coinvolte nel processo sol-gel.

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La velocità relativa delle due reazioni è una funzione del pH del sistema, dove la condensazione viene favorita a pH elevati (Figura 8). Pertanto il pH svolge un ruolo fondamentale sul processo in quanto determina le proprietà morfologiche del gel che si genera in soluzione – precursore del prodotto finale. In generale, idrolizzando a pH acido si tende ad ottenere sistemi molto reticolati con particelle molto piccole, mentre un pH alto favorisce l’accrescimento delle dimensioni. L’effetto del pH sulla morfologia delle particelle disperse nel mezzo acquoso è illustrato in Figura 9 per silice (23).

Figura 8: Effetto del pH sul processo sol-gel.

Figura 9: Polimerizzazione di silica in soluzione acquosa. Il pH basico favorisce la crescita delle particelle. Un pH acido, o la presenza di sali favoriscono la formazione di gel tridimensionali.

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Storicamente i primi gel inorganici ottenuti sono stati quelli di silica sintetizzati da Ebelmen nel 1846, ma nella realtà esistono anche gel a base organica di origine naturale: per esempio il corpo vitreo degli occhi è un gel naturale (25).

I primi precursori usati nel processo sol-gel sono sali metallici inorganici MXn in cui il metallo M è legato ad n anioni X. In soluzione acquosa il precursore è presente in forma di catione solvatato M(H2O)nZ+ che va incontro ad idrolisi e condensazione con formazione di ponti M-OH-M (olo) oppure M-O-M (oxo) ed eliminazione di H2O secondo i meccanismi proposti da Livage et al. (1 e 2) (24-26). Egli riuscì a sviluppare un modello in grado di predire la tipologia di complessi che si formano in soluzione: Tale modello si basa sugli attacchi nucleofili ed elettrofili che avvengono tra gli atomi in un determinato stato di transizione, che portano ad una ridistribuzione della nube elettronica.

Un secondo approccio nell’utilizzo di sali inorganici quali precursori vede l’uso di un solvente organico (ad esempio un alcol) in cui sia disciolto uno scavenger di protoni come promotore della gelificazione (ad esempio ossido di propilene o un epossido) (25,27). In questo caso il sale metallico, presente nella forma idrata, viene deprotonato dallo scavenger, quindi in forma di catione solvatato M(OH)x(H2O)n-x(Z-x)+ va incontro a condensazione.

La seconda generazione di precursori utilizzati sono gli alcossidi metallici M(OR)n (25). Essi sono generalmente disponibili in forma di piccoli complessi polimerici, spesso in soluzione nell’alcol associato. La reazione sol-gel in questo caso avviene in solvente organico, mentre l’acqua diventa un reattivo aggiunto in modo controllato. L’idrolisi del precursore porta alla sostituzione dei gruppi OR con OH secondo il meccanismo (3), seguita da condensazione come nel caso dei precursori inorganici.

(22)

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1.3.6.3 Sintesi con microemulsioni (step 1).

Uno dei metodi relativi allo step 1, spesso utilizzato nei lavori scientifici, è la sintesi con microemulsioni. Una microemulsione è un sistema ternario di olio, acqua e tensioattivo termodinamicamente stabile, con micelle di dimensioni dell’ordine del micro/nanometro.

Le microemulsioni olio/acqua e acqua/olio (inverse) sono ampiamente utilizzate per la sintesi di particelle aventi dimensioni controllate. Nel caso di microemulsioni inverse i reagenti vengono confinati nella fase acquosa dispersa in micelle di dimensioni controllate, che portano alla formazione del solido per collisione, le une con le altre. La nucleazione che avviene nel mezzo di reazione è un meccanismo cineticamente controllato, che si arresta non appena viene superato il punto critico di supersaturazione del mezzo (28).

Concettualmente i metodi di sintesi per microemulsione possono essere suddivisi in:

1. Doppie microemulsioni inverse;

2. Microemulsioni inverse con agente attivante;

3. Microemulsioni inverse a cui è aggiunto un secondo reagente (Figura 10) (3)

(23)

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Figura 10: Sintesi di nanoparticelle per microemulsione: a) doppia microemulsione inversa;

b) microemulsione inversa con agente attivante; c) microemulsione inversa con aggiunta di un seconde reattivo.

Una delle limitazioni della sintesi per microemulsione è legata alla stabilità delle micelle, che permette la separazione del prodotto finale solo se si verifica la rottura della struttura.

Si può agire in questo senso mediante la centrifugazione, oppure destabilizzando la microemulsione con l’aggiunta di solventi polari ed aprotici, come ad esempio acetone.

La tecnica, inoltre, si può applicare solo a temperatura ambiente, in quanto a temperature superiori (ca. 80°C) l’emulsione va incontro a separazione di fase. È possibile, perciò ottenere solo un prodotto amorfo, che può essere cristallizzato con un successivo trattamento termico, con cui, però, viene perso il controllo della nucleazione ottenuto per via sintetica (29).

1.3.6.4 Ageing (step 2).

Se al termine della condensazione il gel viene mantenuto nel suo solvente madre può andare incontro ad invecchiamento. Durante il processo di ageing si possono verificare i fenomeni di policondensazione, sineresi, aumento delle dimensioni delle particelle e trasformazione di fase: con la policondensazione si ha un aumento delle dimensioni del network; la sineresi rappresenta una spontanea compressione del gel che comporta l’espulsione del liquido dai pori; l’ingrandimento delle particelle è dovuto ad un processo di dissoluzione e riprecipitazione, che si verifica a causa di differenze di solubilità tra

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superfici aventi diversi raggi di curvatura, e che comporta un aumento della dimensione dei pori del gel e una diminuzione dell’area superficiale specifica; la trasformazione di fase include il fenomeno della sineresi, ma si può verificare anche cristallizazione separata delle componenti del gel (23).

In generale la fase di ageing può avvenire a temperatura ambiente, oppure in trattamento idrotermico ad alta temperatura, come discusso nel paragrafo 1.3.5 relativo alla sintesi idrotermica. Tipicamente le zeoliti vengono sintetizzate in questo modo.

1.3.6.5 Rimozione del solvente (step 3).

Le fasi di rimozione del solvente e di stabilizzazione termica sono comuni sia ai metodi di sintesi per precipitazione, che al processo sol-gel, di microemulsione, ecc. La rimozione del solvente, in particolare, rappresenta uno dei punti critici dell’intero processo, la cui importanza ai fini del prodotto finale è spesso sottovalutata, in quanto può causare il collasso delle struttura porosa del gel.

Il processo può essere suddiviso in tre stadi (Figura 11) (23,24):

 Stadio 1: durante il primo step di asciugatura la diminuzione del volume del gel equivale al volume del solvente allontanato per evaporazione. Si verifica una deformazione del network del gel dovuta alle elevate forze capillari, che è accompagnata da una contrazione della struttura porosa. Questa fase è chiamata “il periodo a velocità costante”, poiché la velocità di evaporazione per unità di area superficiale è indipendente dal tempo, e rappresenta lo step in cui avvengono i maggiori cambiamenti di volume, densità, peso e struttura del gel.

 Stadio 2: è denominato anche il “punto critico”, in cui l’aumento della forza della struttura, dovuto ad una maggiore densità di impaccamento della fase solida, è sufficiente per impedire l’ulteriore contrazione del network. Il raggio di curvatura del menisco del solvente si riduce abbastanza da entrare nei pori, e ciò comporta un aumento della pressione capillare secondo la relazione P=−2

γ

LV /r , dove γLV è la tensione all’interfaccia liquido-vapore e r è il raggio di curvatura del menisco (Figura 12). Questo aumenta notevolmente la possibilità che si verifichi il collasso della struttura porosa e la conseguente formazione di uno xerogel, ossia una struttura compatta e microporosa. Una volta oltrepassato il punto critico il poro inizia a vuotarsi, e il liquido, spinto dal gradiente di forza capillare presente, diffonde alla superficie esterna dove continua ad avvenire l’evaporazione, seppure con velocità ridotta (“first falling rate period”). Viene evidenziato il ruolo critico della tensione superficiale del solvente in questi processi.

 Stadio 3: ha inizio nel momento in cui i pori sono sostanzialmente vuotati, mentre il liquido rimanente può allontanarsi unicamente per evaporazione all’interno del poro e diffusione del vapore in superficie. All’inizio di questa fase il gel può

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essere considerato asciutto, non si verificano ulteriori modifiche delle dimensioni del network, ma solo una lenta e progressiva perdita di peso fino al raggiungimento dell’equilibrio (“second falling rate period).

Figura 11: Andamento della velocità di evaporazione del liquido (H2O) nei tre stadi della fase di asciugatura del gel.

Figura 12 : Rappresentazione schematica della superficie del gel all’inizio dello stadio 1 (A) e 2 (B).

Ai fini di minimizzare il collasso dei pori durante la fase di essiccamento si possono adottare diverse strategie, tra cui ad esempio l’uso di solventi organici al posto di H2O.

A B

(26)

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Tabella 2: Valori di tensione superficiale per alcuni comuni solventi.

Solvente Tensione superficiale (dyn/cm)

Acqua 72.8

Ethyl Ether 17.06

Hexane 17.91 (25°C)

Isopropyl Alcohol 21.79 (15°C)

Ethyl Alcohol 22.32

Acetone 23.32

Cyclohexane 24.98

Tetrahydrofuran 26.4 (25°C)

Toluene 28.53

In Tabella 2 sono riportati i valori di tensione superficiale di alcuni solventi tipicamente utilizzati. È evidente come sia possibile ridurre il rischio di densificazione del materiale utilizzando un solvente organico, che presenta una tensione superficiale circa 3,5 volte inferiore rispetto al valore dell’acqua.

Un’altra delle tecniche convenzionalmente utilizzate è il supercritical drying, ossia la rimozione del solvente in condizioni supercritiche di temperatura e pressione, in cui la tensione superficiale del fluido, responsabile del collasso del poro durante l’evaporazione, è nulla. In Tabella 3 sono riportati i valori di temperatura e pressioni del punto triplo di alcuni solventi comunemente usati per il trattamento supercritico.

Tabella 3: Parametri del punto critico di alcuni solventi tipicamente utilizzati nel trattamento supercritico.

In pratica il processo viene effettuato in autoclave trattando il gel bagnato in condizioni di temperatura e pressione superiori ai valori del punto critico del solvente che riempie i pori del materiale (Figura 13). In questo modo, in fase di essiccamento, non vengono esercitate le forze capillari che sono origine del collasso dei pori. Il processo presenta lo svantaggio di necessitare, in generale, di condizioni di trattamento spinte: sostituendo il solvente con CO2 liquida l’evaporazione può avvenire in condizioni relativamente blande, essendo Tc=31°C e Pc=7,3 MPa (25,30).

(27)

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Figura 13: Esempio di trattamento supercritico nel diagramma di fase di CO2, e schematizzazione di autoclave per l’evaporazione di EtOH.

Tali metodologie sono state sfruttate anche commercialmente da Aspen Aerogels (www.aerogel.com ).

Un altro metodo di rimozione del solvente, anche esso sfruttato commercialmente (Nanogel Cabot), utilizza tecniche di modifica superficiale del solido al fine di ridurne l’idrofilia. Un esempio è la silanizzazione che, rendendo la superficie idrofoba, favorisce l’espulsione del solvente acquoso dai pori riducendo la tensione superficiale. Tale processo viene realizzato in condizioni di temperatura e pressione ordinarie, e permette di preservare la struttura porosa tridimensionale e di ottenere un aerogel (le definizioni di xerogel ed aerogel verranno approfondite successivamente) (Figura 14) (31). Mentre il trattamento supercritico presenta costi industriali sia di investimento che di produzione elevati, la modifica superficiale del solido è stata industrializzata da Cabot su scale di impianti di 1000 ton/anno con costi del prodotto di ca. 40 €/kg.

Supercritical drying: no surface tension – no pore collapse:

Aerogel

Ambient pressure drying: surface tension – pore collapse:

Xerogel

Supercritical CO2 Gel Subcritical CO2

Supercritical drying: no surface tension – no pore collapse:

Aerogel

Ambient pressure drying: surface tension – pore collapse:

Xerogel

Supercritical CO2 Gel Subcritical CO2

Figura 14: Effetto del metodo di rimozione del solvente sulla formazione di un aerogel o di uno xerogel.

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1.3.6.6 Il trattamento termico (step 4).

La calcinazione ad elevata temperatura (200-700°C) del solido amorfo ottenuto con l’evaporazione del solvente è necessaria a favorire la cristallizzazione e le trasformazioni di fase del materiale. Nel caso di ossidi il processo spesso comporta la trasformazione dell’idrossido in ossido. Altri fenomeni che in genere accompagnano la cristallizzazione del materiale sono la disidratazione con rimozione dell’acqua adsorbita in superficie (che può essere reversibile), e la rimozione di eventuali residui organici presenti (24). Il trattamento termico a temperature più elevate (>500-700°C) comporta spesso l’addensamento del materiale mediante processi di sinterizzazione. La temperatura di densificazione diminuisce con il diminuire della dimensione dei pori e con l’aumentare della superficie specifica (24). Sono quattro i meccanismi principali responsabili della compattazione del precursore (23): contrazione capillare, condensazione, rilassamento strutturale e sinterizzazione. Alcuni di essi possono avvenire contemporaneamente, come nel casi di condensazione e sinterizzazione. In generale la sinterizzazione è originata dalla tendenza di ogni materiale solido, sia amorfo sia cristallino, a raggiungere la situazione termodinamicamente più stabile, minimizzando l’area dell’interfase solido- vapore. La cinetica della annichilazione dei pori dipende dalla grandezza dei pori stessi e, in secondo luogo, la stabilità di un poro dipende dall’angolo diedro di contatto tra i grani che lo circondano e dal rapporto tra dimensione del grano e dimensione del poro (Figura 15). Il valore dell’angolo diedro è determinato dall’energia delle interfacce solido-solido e solido-vapore; di conseguenza, le superfici del poro possono essere concave o convesse a seconda del numero di grani che lo coordinano. Esiste quindi un valore critico del numero di coordinazione del poro, al di sotto del quale il poro tende a chiudersi per sinterizzazione. Al di sopra del valore critico, il poro tende a crescere.

Figura 15: Schema di pori coordinati da un numero di cristalliti inferiore (a) e superiore (b) al numero di coordinazione critica. Adattato da (23).

Sono stati sviluppati diversi modelli matematici per la descrizione del fenomeno della sinterizzazione. Per esempio il modello di Frenkel (1945) si adatta alla descrizione del primo stadio della sinterizzazione, analizzando il meccanismo di coalescenza uniassiale

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di due sfere. Ma Chenzie e Shuttleworth (1949) ripresero il modello di Frenkel adattandolo alla descrizione degli stadi intermedio e finale della sinterizzazione di un corpo contenente pori sferici. Infine Vasconcelos et al. analizzarono con una serie di modelli l’evoluzione strutturale del gel con la temperatura, facendo uso di alcuni parametri topologici. Tutti questi modelli sono descritti in dettaglio in (24) e (23).

1.4 Applicazioni.

Allo stato attuale, la nanotecnologia è unanimemente riconosciuta come una disciplina rivoluzionaria in termini del possibile impatto sulle applicazioni industriali e di converso sulle ricadute sulla nostra vita quotidiana. Le nanotecnologie offrono delle soluzioni in molti campi tecnologici, e, per la loro innata natura interdisciplinare, coinvolgono settori e ricercatori dei campi di ricerca più svariati.

Tra le attuali applicazioni delle nanotecnologie e dei nanomateriali vanno citate:

1. industria cosmetica (e.g filtri solari): sfruttano le proprietà assorbenti delle nanoparticelle;

2. Nanocompositi: nanocariche, silicati lamellari (clay nanocomposites) e nanotubi di carbonio possono essere utilizzate come rinforzi non solo per aumentare le proprietà meccaniche dei nanocompositi ma anche per impartire nuove proprietà (ottiche, elettroniche, magnetiche) (32);

3. Nanocoating: rivestimenti superficiali di dimensioni nanometriche possono essere utilizzati per migliorare la resistenza all'usura e antigraffio, anche con proprietà ottiche, termoisolanti (18,33,34);

4. Vernici altamente tecnologiche con nanoparticelle metalliche per incrementare ed eventualmente impartire nuove proprietà ottiche ed elettroniche; vernici contenenti aerogel per impartire proprietà di termoisolamento;

5. Celle a combustibile: membrane nanostrutturate che ne incrementino l'efficienza (35);

6. Membrane nanostrutturate per la purificazione delle acque (36,37);

7. Nanoelettronica: miniaturizzazione dei dispositivi nell'obiettivo di realizzare sistemi elettronici sempre più piccoli, più potenti e che necessitino di meno energia per il loro funzionamento (transistor) (38).

8. Drug delivery systems (farmaci a rilascio controllato specifico): farmaci dal rilascio controllato (nel tempo) e che rilascino il principio attivo esattamente dove serve (nelle cellule o organi che ne necessitano), allo scopo di aumentare al massimo la propria efficienza, diminuendo per contro gli effetti indesiderati (25);

9. Dispositivi di diagnostica: l'uso dei quantum dots o di molecole sintetiche traccianti per immagini diagnostiche è già in atto di studio da tempo (39).

Nell’ambito di questa tesi sono stati considerati gli aspetti legati ai nanomateriali applicati nel campo dell’isolamento termico e della catalisi eterogenea per la purificazione delle acque reflue.

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1.5 Ossidi metallici per isolamento termico: gli aerogel.

Un gel può essere descritto come un polimero tridimensionale di particelle contigue di solido mescolato con una fase contigua liquida che riempie i pori del materiale. Tale fase può essere ad esempio acqua nel caso di un idrogel o alcol nel caso di un alcolgel o una miscela dei due. Come evidenziato nel paragrafo 1.3.6.5 la fase di rimozione del solvente da un gel bagnato rappresenta un passo critico nella sintesi di materiali a struttura porosa. A seconda di come il solvente viene allontanato, è possibile ottenere uno xerogel, oppure un aerogel (Figura 16). Le forze di tensione superficiale che si esercitano sulla struttura del gel durante la rimozione del solvente sono tali da aumentare la probabilità che si verifichi il collasso del network. Per cui il gel asciutto può mantenere la porosità di partenza solo se, grazie alla formazione di ponti di legame additivi o all’allontanamento del liquido in condizioni tali da minimizzare la tensione superficiale, la sua struttura è in grado di resistere a queste forze di compressione. Uno xerogel viene definito come un gel dal quale viene rimossa la fase liquida per semplice evaporazione.

In queste condizioni la tensione superficiale che si viene a creare all’interfaccia liquido- vapore provoca un significativo collasso della struttura porosa che tipicamente corrisponde ai 2/3 della porosità originale, ottenendo materiali a bassa porosità, in genere inferiore al 60%.

Figura 16: Rappresentazione schematica dell’effetto delle condizioni di rimozione del solvente sulla porosità del solido finale.

La relazione tra la struttura del gel e dello xerogel ottenuto per evaporazione del solvente in condizioni normali è illustrata in Figura 17. Il gel ottenuto per catalisi acida, in cui la velocità di condensazione è bassa, presenta una struttura lineare e ramificata che collassa facilmente con la rimozione del solvente. In catalisi basica, invece, l’idrolisi è più

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rapida e porta alla formazione di specie discrete di dimensioni ridotte, che con l’evaporazione si contraggono portando alla formazione di una struttura globulare che spesso può presentare in aggiunta alla microporosità residua una frazione di mesopori (23).

Figura 17: Rappresentazione schematica della correlazione tra struttura del gel di partenza e porosità dello xerogel/aerogel ottenuto per evaporazione del solvente. a) Struttura lineare reticolata attenuta per catalisi acida; b) Struttura frattalica ottenuta per catalisi basica.

La rimozione del solvente in condizioni di temperatura e pressione superiori a quelle del punto critico avviene in assenza di forze capillari, in quanto in questa situazione è presente una fase intermedia tra lo stato gassoso e quello liquido. Il solido ottenuto mediante evaporazione supercritica del liquido, quindi, ha una struttura altamente porosa che in genere rispecchia quella del gel di partenza, e viene indicato con il termine aerogel, coniato da S.S. Kistler in US 2,188,007. In generale gli aerogel presentano una densità apparente molto bassa, un’elevata area superficiale e una natura termodinamicamente metastabile, rendendo possibile lo sviluppo di singolari proprietà fisiche e chimiche che fanno degli aerogel dei potenziali candidati per una vasta gamma di applicazioni, che spaziano dal campo edilizio, a quello farmaceutico ed aeronautico. In generale, dal punto di vista chimico, si possono individuare due categorie di composti:

una prima classe di gel monolitici che possono essere asciugati ad aerogel senza che si verifichi la contrazione della struttura; una seconda classe di gel che possono essere convertiti ad aerogel solo mediante trattamento supercritico. Alla prima classe fanno parte la silica e i silicati in cui SiO2 sia la componente maggiore, e gli aerogel organici, in cui siano presenti forti legami covalenti tra catene lineari ramificate lungo le tre direzioni, per dare un’architettura aperta e “casuale”. Alla seconda classe, invece, appartengono ossidi come l’allumina, in cui non esistono legami covalenti continui tra le catene polimeriche, come nel caso della silica, ma è presente una struttura a strati in cui i legami tra particelle avvengono attraverso interazioni deboli (ponti idrogeno) (cfr Figura 29). Questa classe di gel tende a compattarsi facilmente con la rimozione del solvente per evaporazione,

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dando degli xerogel. Gli aerogel ottenuti tramite trattamento supercritico, invece, in genere non hanno la consistenza di un monolita, come per i silicati, ma si presentano come delle polveri molto soffici e leggere. Va sottolineato che con l’introduzione di metodi che modificano le proprietà di superficie dei pori (cfr paragrafo 1.3.6.5), il termine aerogel è stato esteso e generalizzato a materiali con porosità superiore all’80%.

Le tecniche tradizionali sfruttate per la produzione degli aerogel, quali il trattamento supercritico e l’evaporazione del solvente da sistemi modificati (per es. silanizzazione), presentano una serie di svantaggi legati al costo ed alle spinte condizioni di trattamento necessarie, nel caso del supercritical drying. Sono stati perciò sviluppati ulteriori metodi per la produzione di aerogel, in cui non fossero incluse fasi di trattamento in condizioni supercritiche o di modifica superficiale (brevetti WO 2006/07203, Appl.Date 30/12/2005, Pubbl. 6/7/2006; PCT/EP2007/064310 del 20/12/2007). Questi metodi prevedono la sintesi via alcolgel di materiali con proprietà aerogel, mediante aggiunta di H2O2 alla soluzione del precursore metallico, la quale agisce da stabilizzante e promuove la formazione di un’elevata porosità nella regione dei mesopori (2-50 nm) durante la fase di precipitazione. Un trattamento termico a riflusso in solvente alcolico (tipicamente 2- propanolo), stabilizza ulteriormente la struttura mesoporosa e ne impedisce il collasso durante la successiva essiccazione. Il metodo di preparazione di tali materiali è molto flessibile e permette di preparare ossidi metallici con formula generale MxOy quali ad esempio allumina Al2O3, e compositi inorganici con formula generale NxMyOz, quali ad esempio Al0.92La0.08Oz oppure Al0.96Zr0.04Oz.

Grazie alle particolari proprietà possedute tra cui la bassa densità, l’elevato volume dei pori, l’elevata area superficiale specifica e quindi una buona proprietà assorbente, gli aerogel trovano numerose applicazioni, come schematizzato in Figura 18 (40,41).

Figura 18: Esempi di possibili applicazioni degli aerogel (41).

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