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Tolleranza a pH, osmolarità e sali biliar

Al fine di raggiungere il tratto gastrointestinale dell’ospite con un numero di cellule batteriche sufficienti per l’ottenimento di effetti terapeutici, i probiotici devono essere in grado di resistere ai bassi valori di pH presenti a livello gastrico (pH 2), alla ridotta attività dell’acqua (aw equivalente a 0.3 M NaCl) e alla presenza di sali biliari nell’intestino tenue

(5 mM). Gli acidi biliari inibiscono la crescita di diversi organismi probiotici Gram-positivi, quali ceppi appartenenti ai generi Bifidobacterium e Lactobacillus, mentre hanno un effetto decisamente inferiore se non addirittura nullo su organismi Gram-negativi come

E. coli. La resistenza a pH acidi risulta critica anche in campo alimentare, in quanto uno

dei principali fattori responsabili della mortalità di bifidobatteri in cibi fermentati, è proprio l’acidità (Moreno et al., 2006).

Il clonaggio del sistema di uptake della betaina, BetL, di L. monocytogenes in L.

salivarius UCC118 (Sheehan et al., 2006) e B. breve UCC2003 (Sheehan et al., 2007), ha

determinato un significativo miglioramento nella tolleranza dei probiotici a succhi gastrici e a condizioni di elevata osmolarità, che mimano l’ambiente intestinale. Tuttavia, la naturale selezione di probiotici caratterizzati da un’espressione elevata di omologhi BetL appare necessaria per poter ottenere effetti protettivi simili ma senza impiego delle tecnologie del DNA ricombinante.

L’induzione di acido-resistenza in ceppi di B. longum e B. catenulatum ha determinato un incremento nella tolleranza anche ad altre condizioni di stress (sali, bile ed alte temperature), suggerendo lo sviluppo di meccanismi di protezione crociata (Collado e Sanz, 2007). Inoltre, i ceppi acido-resistenti hanno mostrato una maggiore capacità fermentativa ed un aumento in attività enzimatiche presumibilmente coinvolte

nell’utilizzo di glicoproteine umane e di prebiotici, il che incrementa ulteriormente le loro possibilità di sopravvivenza e colonizzazione transiente dell’epitelio intestinale. L’esposizione a condizioni di stress acido può indurre variazioni anche a livello di componenti strutturali, quali acidi grassi della membrana cellulare, con conseguenti modifiche nella permeabilità di membrana e nei pattern di resistenza/sensibilità ad antibiotici (Fozo et al., 2004).

Tecniche di microincapsulazione sono state sviluppate al fine di migliorare la stabilità di organismi probiotici in functional food (Krasaekoopt et al., 2003; Ding e Shah, 2007). Come materiale incapsulante è stato largamente impiegato l’alginato, additivo alimentare non tossico (Prevost e Divies, 1992). Un ulteriore vantaggio è rappresentato dalla solubilità di questo materiale che garantisce la reversibilità della microincapsulazione ed il rilascio delle cellule intrappolate.

Recentemente, Sánchez et al. (2007a) hanno analizzato i meccanismi di risposta e adattamento a stress acido in B. longum. Mediante analisi dei profili proteomici, quantificazione di prodotti metabolici, e determinazione dello stato redox cellulare, è stato evidenziato il coinvolgimento di variazioni nel flusso glicolitico e nella capacità di regolare il pH interno, come dimostrato dalla sovrapproduzione di due subunità intracellulari di F1F0-ATPasi. L’adattamento e la risposta a pH acidi in B. longum si

accompagnano, inoltre, ad un incremento nella concentrazione di ammonio citoplasmatico, probabilmente derivante dalla deamminazione amminoacidica, e ad una ridotta attività dell’enzima bile salt hydrolase (BSH), che catalizza il rilascio di glicina e taurina dai sali biliari coniugati. La maggiore tossicità dei sali biliari deconiugati rispetto alle loro controparti coniugate (Grill et al., 2000; Noriega et al., 2006), suggerisce come il calo dell’attività BSH possa rappresentare un meccanismo di difesa di Bifidobacterium nei confronti della bile.

I sali biliari sono detergenti naturali, sintetizzati nel fegato a partire da colesterolo e conservati come coniugati amminoacidici a livello della vescica biliare, che facilitano digestione e assorbimento di componenti della dieta idrofobici. La natura anfipatica è responsabile della forte attività antimicrobica, che determina danno alle membrane e stress ossidativo (Bernstein et al., 1999).

La superficie cellulare dei microrganismi rappresenta il primo target fisico d’azione della bile. I sali biliari sono in grado di modulare l’espressione di proteine di membrana in batteri enterici (Bron et al., 2004b; Sánchez et al., 2006), di influenzare la composizione lipidica in Bifidobacterium (Gómez-Zavaglia et al., 2002) e di compromettere la funzionalità della membrana cellulare in Lactobacillus (Taranto et al., 2003, 2006). I meccanismi di inibizione della crescita sono probabilmente correlati alla dissipazione del potenziale di membrana (Kurdi et al., 2006). Ai fini di contrastare la tossicità della bile, in

Bifidobacterium è stato riportato il coinvolgimento di diversi meccanismi cellulari, quali

espulsione dei sali biliari attraverso proteine multidrug resistance (Price et al., 2006) e incrementata attività BSH (Begley et al., 2006; Noriega et al., 2006). In particolare, l’adattamento alla bile in B. animalis subsp. lactis ha determinato un calo della fluidità di membrana, una riduzione del rapporto proteine:fosfolipidi, ed uno shift nella composizione in acidi grassi della membrana cellulare (Ruiz et al., 2007).

Sánchez et al. (2005) hanno mostrato come i sali biliari, a cui i bifidobatteri sono naturalmente esposti, inducano una complessa risposta fisiologica in B. longum, che coinvolge chaperone molecolari, diversi enzimi della glicolisi e del catabolismo del

piruvato, proteine coinvolte nei processi di trascrizione e traduzione, e nel metabolismo di amminoacidi e nucleotidi.

Successivamente, mediante approccio proteomico e fisiologico, sono stati determinati in B. animalis subsp. lactis i meccanismi coinvolti nella risposta e resistenza ai sali biliari (Sánchez et al., 2007b). Analogamente a quanto già verificato in B. longum, in presenza della bile sono risultati incrementati i livelli d’espressione di proteine del metabolismo dei carboidrati, chaperone molecolari, fattori trascrizionali e traduzionali. E’ stato inoltre confermato il link tra resistenza ai sali biliari ed incremento dell’attività BSH, che permette di contrastare la tossicità dei sali biliari coniugati (De Smet et al., 1995; Grill et

al., 2000).

Whitehead et al. (2008) hanno determinato, mediante microarray, le variazioni nell’espressione genica associate all’esposizione di L. reuteri ATCC 55730 a concentrazioni fisiologiche di bile (0.2-2% nel piccolo intestino). In particolare, sono stati identificati geni coinvolti nello stress a livello di membrana e/o parete cellulare, stress ossidativo, danno al DNA e denaturazione di proteine. Mutazioni in una molecola chaperone, in una putativa esterasi ed in un trasportatore multidrug resistance hanno ridotto la capacità del microrganismo di rispondere ed adattarsi allo shock determinato dall’esposizione ad acidi biliari.

I microrganismi probiotici vengono, però, sottoposti ad una serie di stress non solo a livello del tratto gastrointestinale dell’ospite, ma anche durante il processing industriale. Ad esempio, le alte temperature raggiunte durante lo spray drying (Simpson et al., 2005), così come durante la conservazione del prodotto possono limitare la produzione su larga scala e la stabilità del prodotto finale. Mediante approccio proteomico, sono state identificate in B. longum differenti proteine indotte da alte temperature, quali chaperone molecolari, proteine coinvolte nei processi di trascrizione e traduzione, ed enzimi di diversi pathway metabolici (Savijoki et al., 2005). Recentemente, Rezzonico et al. (2007) hanno impiegato un whole-genome DNA microarray per l’analisi delle variazioni nei livelli di espressione genica in seguito a heat shock subletale. L’incubazione a 50°C anche solo per pochi minuti è risultata nella down-regolazione di complessi macchinari cellulari coinvolti nei processi di traduzione, divisione cellulare e partizione cromosomica, e nell’induzione dell’espressione di geni con funzione sconosciuta ma ampiamente conservati in altre specie batteriche e presumibilmente coinvolti nella risposta a stress termici. Più recentemente, Suokko et al. (2008) hanno valutato come la proteasi ClpL sia essenziale per l’induzione di termotolleranza in L. gasseri e faccia parte del regulone HrcA.