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TORINESE di Evasio Lavagno

Nel documento Sisifo 25 (pagine 38-44)

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La conurbazione torinese rappresenta, da alcuni anni, un interessante laboratorio nel campo energetico, per la presenza di alcune condizioni che hanno consentito l'elaborazione di metodologie di analisi innovative e la realizzazione di esperienze progettuali a varia scala; alcune di queste condizioni sono

rappresentate dalle dimensioni e dalle caratteristiche fisico-strutturali della conurbazione stessa, mentre altre condizioni sono relative a elementi particolari. Un primo importante elemento è rappresentato dalla presenza di una Azienda Energetica Municipale che dispone di impianti idro e termoelettrici, assicura energia elettrica a circa la metà delle utenze cittadine ed ha realizzato esperienze di gestione di impianti centralizzati di calore per due quartieri (Le Vallette, Mirafiori Nord) e di progettazione e avvio della realizzazione di un sistema urbano di grandi dimensioni (Torino Sud).

Un secondo elemento consiste nel fatto che Torino è stata sede di una articolata esperienza di collaborazioni tra autorità locali (Comune ed Azienda Energetica), istituzioni locali di ricerca (Politecnico di Torino) ed ENEA, per lo sviluppo di sistemi di calore e iniziative di risparmio energetico ed uso razionale delle risorse nel settore del riscaldamento urbano.

Un terzo elemento è fornito dalla decisione assunta nel 1986 dall'Amministrazione Comunale in merito alla redazione di un nuovo Piano Regolatore Generale per aggiornare quello in vigore dal 1959. Ciò ha consentito, almeno in via teorica, l'avvio di una fase di elaborazione di proposte per nuovi assetti territoriali, diverse dislocazioni delle attività, con obiettivi di migliori standard di servizi e infrastrutture: in particolare, la presenza, anche in ambiti relativamente centrali, di grandi aree un tempo occupate da attività industriali ora dismesse rappresenta una notevole opportunità e consente ulteriori gradi di libertà alla progettazione di

infrastrutture urbane. Come è noto, la

conurbazione torinese (che non esiste ancora in termini amministrativi) comprende la città di Torino e altri 52 comuni, 23 nella cintura interna e 29 in quella esterna, con più di 1 milione e 700 mila abitanti. Le

caratteristiche climatiche dell'area richiedono il riscaldamento degli ambienti (oltre 420 mila unità abitative nella Città e circa 700 mila nell'intera conurbazione) per circa sei mesi all'anno, con un fabbisogno energetico del tutto simile a quello di molte città dell'Europa centrale. Non esistono fonti energetiche primarie nella conurbazione (ad eccezione di alcuni piccoli impianti idroelettrici sulla Stura e sul Po); d'altra parte, anche per il Piemonte, l'unica fonte primaria locale è costituita appunto dagli impianti idroelettrici, che tuttavia sono largamente insufficienti a soddisfare il fabbisogno elettrico regionale, per cui crescenti quantità di energia elettrica debbono essere importate dalle regioni contermini, Liguria e Valle d'Aosta, e da Francia e Svizzera.

Dal punto di vista delle conseguenze ambientali dei consumi energetici del settore residenziale, occorre rilevare come il gran numero di impianti di riscaldamento di piccole e medie

dimensioni, la cui efficienza energetica è peraltro difficilmente controllabile, è una delle cause (insieme alle emissioni dovute al traffico e all'inquinamento industriale) della cattiva qualità dell'aria. Le prevalenti condizioni meteoclimatiche non sono in grado di assicurare per gran parte dell'anno una sufficiente capacità di dispersione della

circolazione atmosferica, per cui le concentrazioni di inquinanti sono spesso elevate nelle zone più centrali della città. Anche se la crescita dell'uso del gas naturale e maggiori controlli nell'esercizio degli impianti e delle attività industriali hanno consentito riduzioni di alcune emissioni, le condizioni ambientali permangono

complessivamente cattive, soprattutto nella parte centrale della conurbazione, a causa dell'intensità del traffico veicolare e per la trama molto compatta della distribuzione degli edifici. Tra l'altro, in assenza di concreti programmi per una più efficiente struttura dell'intero sistema energetico urbano, non possono essere attese riduzioni dei consumi nel settore residenziale, il cui fabbisogno si manterrà elevato e non seguirà il decremento di popolazione, essendo legato piuttosto alla consistenza del parco edilizio (circa 90 milioni di metri cubi per la città e circa 150 milioni di metri cubi per l'area metropolitana).

Nel settore dei servizi pubblici, la Municipalità torinese ha un ruolo di rilievo, in quanto risulta proprietaria o comunque responsabile di più di 8 milioni di metri cubi di edifici — principalmente scolastici — dotati di oltre 800 impianti di

riscaldamento, la maggior parte dei quali sono ancora alimentati con combustibili liquidi. Prima della nazionalizzazione, avvenuta nel 1962, della produzione e distribuzione dell'energia elettrica, la gestione dei vari servizi — e quindi anche di quelli energetici — nelle aree urbane era competenza degli stessi Enti Locali, che la attuavano attraverso gestioni sia dirette che in

concessione. La nascita dell'ENEL, istituendo il monopolio elettrico, lasciò tuttavia sussistere, seppur in regime di concessione, un consistente numero di autoproduttori industriali ed alcune Aziende Elettriche Municipali.

Una prima, ancorché limitata, liberalizzazione ebbe luogo all'inizio del

decennio ottanta,

consentendo, pur con alcuni limiti, l'autoproduzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, e stabilendo incentivi finanziari a sostegno della realizzazione dì queste opere, in un più ampio contesto di agevolazione e promozione di iniziative di risparmio energetico (in parte gestite a livello regionale). In particolare, la produzione combinata di energia elettrica e calore veniva assimilata all'utilizzo di una fonte rinnovabile. Il decennio

1980-1990 è stato caratterizzato da una crescente difficoltà dell'ENEL ad assicurare con gli impianti nazionali la copertura elettrica, mentre cresceva tra gli operatori e l'opinione pubblica la consapevolezza della necessità di interventi concreti di risparmio energetico e di un uso più razionale, anche a fini ambientali, delle risorse. Le reazioni dei paesi OCSE al perdurare della crisi energetica e all'aggravarsi di quella ambientale sono andate nella direzione di apportare modifiche, anche sostanziali, alle varie politiche energetiche statali; la formulazione in sede di

Comunità Europea di specifiche direttive agli stati membri, ha contribuito a produrre anche in Italia un considerevole cambiamento del quadro legislativo e tariffario in campo energetico.

Nel gennaio 1991 sono state approvate norme che, in applicazione delle indicazioni del Piano Energetico Nazionale, oltre a facilitare l'autoproduzione elettrica, hanno introdotto una completa

liberalizzazione della cogenerazione, senza limiti dì potenza massima installata, e riordinato il regime di cessione, scambio e vettoriamento elettrico, affermando il principio della libera circolazione all'interno dei consorzi di enti e imprese.

Inoltre, un maggior numero di sistemi energetici sono stati assimilati a quelli che impiegano fonti considerate comunemente come rinnovabili e si è stabilito che l'utilizzazione di queste fonti debba essere considerata di pubblico interesse e di pubblica utilità e che le opere relative vengano equiparate alle opere dichiarate indifferibili e urgenti ai fini dell'applicazione delle leggi sulle opere pubbliche. Alle Regioni è stato imposto di redigere un Piano Energetico Regionale, contenente il bilancio energetico regionale, l'individuazione di bacini energetici territoriali per gli interventi di uso razionale dell'energia e di utilizzo delle fonti rinnovabili, nonché la localizzazione degli impianti di teleriscaldamento. Da parte loro, i Comuni con popolazione superiore a 50 mila abitanti debbono integrare il proprio Piano Regolatore Generale con uno specifico Piano relativo all'uso delle fonti rinnovabili.

Si è stabilito, inoltre, il principio che gli enti pubblici nazionali e locali, le amministrazioni dello Stato, le aziende autonome e gli istituti previdenziali e assicurativi debbano privilegiare l'allacciamento dei propri immobili a reti di teleriscaldamento. Viene istituita, sia nel settore industriale, che in quelli civile terziario e dei trasporti, la figura del Responsabile per la conservazione e l'uso razionale dell'energia (VEnergy Manager), con compiti di promozione e coordinamento degli interventi volti all'uso razionale delle risorse. E resa obbligatoria la certificazione energetica degli edifici e si afferma la responsabilità da parte di proprietari e/o Georgij RaSkov, Lisistrata di Aristofane, per il teatro «A.S. Puskin» di

Leningrado.

gestori di impianti dell'adozione delle misure necessarie per il

contenimento dei consumi di energia.

Il complesso di queste norme, insieme a vari Provvedimenti CIP, ha quindi sostanzialmente innovato per l'Italia il quadro di riferimento legislativo, tariffario e fiscale degli operatori energetici e, in particolare, di quanti si occupano del problema della gestione di sistemi di calore urbano.

Anche se permangono non pochi elementi di ambiguità e alcune situazioni, soprattutto di tipo tariffario e fiscale, che producono distorsioni nell'applicazione dei criteri di convenienza economica delle varie soluzioni (in merito sia alle fonti da utilizzare, sia alle tipologie impiantistiche), va rilevato come

complessivamente gli effetti sinora osservabili siano da considerare positivi, e siano state stimolate molte iniziative, soprattutto nel settore industriale, mentre il settore pubblico, cui compete l'onere delle grandi infrastrutture urbane, prime tra tutte le reti di calore, incontra notevoli difficoltà finanziarie e gestionali ad avviare nuove e rilevanti realizzazioni.

Le grandi aree metropolitane costituiscono in modo sempre più marcato gli ambiti territoriali ove si concentrano le maggiori pressioni sull'ambiente e, al tempo stesso, si presentano le condizioni per realizzare possibili scenari evolutivi. Esse, infatti, ospitano una parte crescente della popolazione mondiale e la quasi totalità delle attività industriali; in quanto assorbitori e trasformatori di enormi quantità di materiali e di energia, sono produttori difficilmente governabili di sostanze che inquinano aria, acqua e suolo e l'insieme della biosfera alle diverse scale spaziali, da quelle locali e regionali a quelle continentali e, infine, planetaria.

Nelle città, d'altra parte, si rendono disponibili risorse materiali e umane, ma soprattutto sociali, che possono elaborare e sviluppare proposte per il contenimento dei processi degenerativi presenti nella maggioranza delle metropoli e per un buon governo delle attività, delle risorse e del territorio.

Nell'ultimo decennio, il concetto di sviluppo sostenibile si è venuto affermando come linea-guida delle proposte innovative per uscire dalla spirale che

accomuna sempre maggiori consumi di risorse ad un crescente degrado ambientale; questo concetto rappresenta il definitivo superamento dell'illusione di poter contare su di un ambiente a risorse e capacità infinite e ci obbliga a confrontare la nostra capacità progettuale con sistemi finiti in equilibrio dinamico e a considerare e tutelare soggetti giuridici totalmente nuovi, alcuni dei quali addirittura inconsistenti dal punto di vista fisico, come le generazioni future. I problemi originati dall'addensamento della popolazione, dalla natura e dalle dimensioni delle attività industriali, dall'entità e dall'intensità del traffico veicolare e del flusso di materiali, dalla gestione dei rifiuti domestici e industriali, non possono essere posti ed affrontati separatamente. Le interconnessioni tra i vari sottosistemi entro i quali vengono, per comodità di analisi, catalogate attività, conoscenze e realtà fisiche e sociali, evidenziano la necessità di affrontare i problemi con un approccio di carattere sistemico, anche se dobbiamo riconoscere una altrettanto ovvia necessità di elaborare e proporre a enti, operatori, associazioni e singoli individui, concreti e specifici obiettivi, scenari, criteri di valutazione e comportamento, nonché riferimenti politici, amministrativi e, non per ultimi, tecnici.

In ambito OCSE si ritiene che i maggiori problemi che riguardano le aree urbane e che ne condizionano la qualità ambientale siano rappresentati essenzialmente dal traffico, dalla gestione dell'energia e da quella dei rifiuti. In realtà, la componente energetica è presente in tutti i settori e viene per questo considerata responsabile della maggior parte degli impatti ambientali. Per quanto riguarda il traffico, tuttavia, occorre essere consapevoli del fatto che i veicoli privati rappresentano anche un considerevole impegno di suolo, ormai largamente intollerabile per le strutture urbane europee e soprattutto per quelle italiane. Le scelte energetiche, soprattutto quelle effettuate a scala locale, possono rappresentare uno strumento notevole per intervenire efficacemente sulla qualità ambientale delle nostre città. Gli interventi riguardano sia le fonti energetiche utilizzate, sia le modalità di conseguimento degli obiettivi finali (mobilità, forza motrice, illuminazione

e climatizzazione degli ambienti, ecc.). Nelle riflessioni che seguono, tuttavia, vorrei focalizzare l'attenzione del lettore soprattutto sulle soluzioni che riguardano le infrastrutture dei sistemi energetici urbani, cioè gli impianti e le attrezzature per la produzione, il

vettoriamento e la distribuzione dell'energia ai diversi usi finali, che costituiscono un elemento essenziale per assicurare lo svolgimento delle varie attività che si svolgono nelle aree urbane.

J

Tra le varie forme

energetiche correntemente utilizzate nelle città, l'energia elettrica ed il gas naturale, o manifatturato, vengono resi disponibili, per gli usi civili ed industriali e per i vari servizi,

principalmente attraverso un sistema di reti, al pari di quanto avviene per altri servizi come l'acqua potabile, i sistemi fognari, le linee informatiche. Molto diffuse, soprattutto nell'Europa centro-settentrionale e in alcune grandi aree urbane degli USA sono le reti di calore (ad acqua calda — in prevalenza — o a vapore) per il riscaldamento degli ambienti. In Italia, dopo l'esperienza pionieristica avviata su larga scala nel 1973 dalla città di Brescia, queste reti di calore hanno iniziato a diffondersi, anche per l'evoluzione del contesto legislativo e normativo verso un atteggiamento più razionale e, in minor misura, per il sostegno finanziario, peraltro limitato, che lo Stato ha ritenuto di concedere a tali iniziative.

Il tessuto di queste infrastrutture energetiche si presenta estremamente fine e distribuito nelle zone più interne delle aree urbane, mentre, all'esterno o ai limiti delle conurbazioni, sono in genere presenti i grandi impianti di trasformazione e di produzione (raffinerie, centrali termoelettriche, un tempo gli impianti di produzione del gas di città) e le grandi dorsali di vettoriamento che assicurano i collegamenti tra gli impianti sopra citati e i luoghi di produzione delle materie prime energetiche. Le grandi interconnessioni, nazionali e internazionali, non riguardano soltanto l'energia elettrica ed il gas naturale, ma anche i prodotti petroliferi, che rappresentano tuttora la più importante fonte energetica primaria. Questa fonte, tuttavia, non è 40

dotata, in area urbana, di vere e proprie reti di vettoriamento, ma piuttosto di un articolato sistema di depositi e punti di distribuzione di gasolio, olio combustibile e, soprattutto, dì carburanti per

l'autotrazione.

Per quanto riguarda i sistemi di

riscaldamento urbano nelle aree

metropolitane, l'opzione principale per conseguire una razionalizzazione degli usi energetici consiste nello sviluppo della tecnologia delle reti urbane di calore alimentare da impianti di produzione combinata di calore ed energia elettrica. L'impiego su vasta scala della cogenerazione, come elemento centrale e caratterizzante del sistema energetico urbano, anche se integrato con altre soluzioni impiantistiche e associato a programmi di risparmio e di sviluppo dell'uso di fonti rinnovabili, appare una scelta praticamente obbligata nell'attuale contesto italiano, caratterizzato da notevoli dipendenze e vulnerabilità energetiche e da rilevanti problemi in merito alla qualità ambientale, soprattutto nelle grandi aree urbane.

La cogenerazione, infatti, rappresenta la risposta più razionale, sia in termini strettamente energetici, che dal punto di vista tecnologico ed economico, alla domanda di energia delle aree urbane, dove sono presenti contemporaneamente fabbisogni di calore e di energia elettrica.

La dimensione dell'ambito territoriale preso in esame e la estrema varietà delle componenti tecnologiche presenti — in termini di impianti di produzione, di infrastrutture di distribuzione e di apparecchiature per la fornitura degli usi finali — richiede un approccio di tipo sistemico, in quanto l'obiettivo finale deve consistere nel conseguimento di elevati valori globali dell' efficienza del sistema, associati a scelte di fonti e tecnologie che assicurino una sostanziale riduzione degli attuali impatti ambientali. Occorre, pertanto, far riferimento a un Sistema Integrato, composto di Sorgenti di energia termica ed elettrica, di Reti e Infrastrutture di

distribuzione dei vari vettori energetici, nonché di Utenze sia termiche che elettriche, da rendere compatibile con un contesto urbano e caratterizzato da forti interazioni con le attività

produttive ed il sistema delle residenze e dei servizi. Anche se l'obiettivo primario di questo Sistema Integrato consiste nella fornitura del servizio calore, o più in generale, nella

climatizzazione (sia invernale che estiva) degli edifici adibiti a residenza e di quelli occupati da attività terziarie, non vanno sottovalutate le interazioni con altri rilevanti aspetti della gestione complessiva dell'area urbana.

Dal lato delle fonti

utilizzabili, appare opportuno un raccordo con la

disponibilità di reflui termici di varia provenienza, nonché con la gestione dei rifiuti solidi urbani e il trattamento delle acque dei sistemi fognari. D'altra parte, la

disponibilità locale e a costi largamente competitivi di energia elettrica prodotta in cogenerazione può offrire sinergie allo sviluppo di sistemi elettrici di trasporto, sia pubblici che privati. La fattibilità delle soluzioni che si possono configurare attraverso le diverse combinazioni di elementi tecnologici e gestionali deve essere valutata tenendo conto, oltre che degli aspetti più propriamente tecnico-economici, anche di quelli ambientali; in particolare, è necessario dedicare particolare attenzione agli impatti conseguenti alle emissioni di inquinanti dai processi di combustione e ai problemi posti

dall'inserimento dei manufatti e delle varie attrezzature nel contesto urbano. In particolare, l'elaborazione di validi criteri di scelta dei siti di produzione dell'energia da distribuire appare un punto fondamentale per la situazione presente nella maggior parte delle aree urbane italiane; infatti, per la mancanza di consistenti preesistenze, la progettazione dei sistemi urbani di calore può essere affrontata con l'obiettivo di una razionalità generale, riferita all'intera area urbana, anche se le iniziative che verranno realisticamente intraprese potranno riguardare ambiti territoriali limitati. A questo fine va rilevato come i confini ed i relativi vincoli amministrativi rappresentino vere e proprie barriere a progetti di pianificazione complessiva del territorio e, di

conseguenza allo sviluppo di razionali iniziative nel settore delle grandi infrastrutture. Questo è particolarmente grave nel caso della progettazione di sistemi energetici nelle grandi aree urbane, anche se

la recente Legge 142/90 sul nuovo ordinamento delle autonomie locali ha presentato nuove, ancorché inapplicate per il momento, prospettive di

coordinamento.

M g Negli ultimi anni, le metodologie di valutazione di progetti riguardanti la fornitura di servizi caratterizzati da forti interazioni con il territorio e le attività, sono state oggetto di una progressiva evoluzione, soprattutto in relazione alla crescita dell'interesse e delle preoccupazioni per la situazione ambientale. Il punto di vista assunto nelle valutazioni si è andato spostando dal soggetto proponente (la Società o l'Ente che fornisce il servizio), interessato essenzialmente e in modo riduttivo alla minimizzazione dei costi di investimento e di gestione dell'impianto, alla collettività (della quale il soggetto proponente fa comunque parte), che è preoccupata di una razionale gestione complessiva delle risorse, sia nel breve, che nel lungo periodo.

I tradizionali approcci del tipo Supply-Side Management (SSM), in cui i costi da rendere minimi sono quelli del soggetto proponente, confrontano scelte che riguardano esclusivamente la tipologia e la taglia degli impianti, attualizzando sul periodo di vita degli stessi costi di capitale e di funzionamento. II più recente e articolato approccio del tipo Demand-Side Management (DMS) implica invece anche azioni volte ad influenzare gli usi dell'utenza, principalmente in termini di gestione del carico (Load Management)', ciò viene attuato soprattutto con incentivi tariffari, oltre che con il controllo diretto del carico; vengono inoltre ipotizzate e proposte azioni di promozione e marketing, nonché azioni volte a conseguire trasferimenti (o sostituzioni) di parte del carico ad altri sistemi. In questo approccio le conseguenze ambientali sono viste come esternalità. Una impostazione metodologia oggi in via di larga applicazione negli Stati Uniti, sia da parte delle società produttrici di servizi energetici, che delle Commissioni locali che gestiscono autorizzazioni e tariffe, ed anche in Europa (denominata Least Cost Planning, oppure, in modo più preciso, Integrated

carichi e di conservazione energetica;

b) valutazione dei fattori ambientali e sociali, contestualmente ai costi diretti; c) coinvolgimento dell'opinione pubblica; d) valutazione delle incertezze e dei rischi introdotti da fattori esterni. In tale contesto,

l'identificazione dell'obiettivo diventa estremamente più complessa. L'analisi delle esperienze sviluppate soprattutto negli USA rivela che non sono definibili a priori criteri che possano ritenersi

assolutamente «corretti»; il fatto che differenti criteri portino a scelte progettuali differenti corrisponde infatti alla complessità della realtà in cui si opera.

Il processo di valutazione quantitativa non diventa tuttavia inutile o

completamente arbitrario, in quanto rappresenta pur sempre l'unico modo per fornire informazioni utili e, in larga misura, essenziali, per il processo decisionale. Il punto veramente cruciale è rappresentato dai criteri di introduzione delle economie esterne. Le esternalità possono essere trattate: a) introducendo costi aggiuntivi alle normali

Nel documento Sisifo 25 (pagine 38-44)

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