Parte I - La mediazione culturale nei musei archeologici su sito
1 I musei archeologici su sito: dalla definizione di valore
1.1 La difficoltà di una definizione
1.1.1 Tra museo archeologico e Centro d’interpretazione
Secondo la definizione proposta di Antiquarium, questa struttura museale può assolvere anche il compito di introdurre, o più genericamente chiarire, alcuni aspetti legati all’area archeologica di riferimento. Prendendo spunto da questa ultima accezione, possiamo avanzare una relazione con la stessa funzione scelta dalle strutture museali che sono definite Centri d’interpretazione, nate negli Stati Uniti, molto diffuse nei paesi nord europei (Jacobi, Mounier, 2009). Questa relazione è limitata all’intenzione generica di fornire un sussidio alla comprensione delle realtà presenti nel sito archeologico, poiché da una parte non si è registrata una diffusione in Italia dei Centri d’interpretazione
4 L’Antiquarium è generalmente ospitato in un edificio prossimo all’area archeologica, in alcuni casi preesistente e rifunzionalizzato a scopo espositivo. Si distingue dal museo su sito perché la sua struttura architettonica non integra parti dell’area archeologica.
5 Anche in questo caso, la definizione di questo luogo espositivo appare in tutta la sua indeterminatezza.
Secondo la distinzione proposta da Ruggeri Tricoli, l’Antiquarium del Foro Romano, creato dallo stesso Giacomo Boni agli inizi del ‘900 con l’intento di comunicare i risultati della sua scrupolosa ricerca archeologica sul campo, dovrebbe rientrare nella categoria dei musei archeologici indoor. Sappiamo invece che in questo luogo espositivo la stessa attenzione per la realtà stratigrafica indagata nel suolo del Foro Romano viene trasposta in allestimento museale dal geologo Giacomo Boni.
propriamente detti, dall’altra gli Antiquaria tendono a proporre, in scala minore, strategie di comunicazione proprie dei più classici musei archeologici nazionali o regionali.
La nascita dei Centri d’interpretazione si collega alla pubblicazione di Freeman Tilden del libro Interpreting Our Heritage, nell’ambito delle politiche di valorizzazione di parchi naturalistici statunitensi (1977). Anche se precedentemente Enos Mills aveva annunciato i principi della pratica dell’interpretazione, sarà Tilden a diffonderli con la sua pubblicazione:
− Relazione: tutte le interpretazioni che non richiamino un tratto della personalità o dell’esperienza del visitatore sono sterili.
− Rivelazione: anche se tutte le interpretazioni usano delle informazioni, queste due categorie di elementi differiscono tra loro.
− Interdisciplinarietà: l’interpretazione nasce dalla combinazione di diverse discipline.
− Provocazione: l’interpretazione ha l’obiettivo di risvegliare l’attenzione più che di insegnare.
− Adattamento: l’interpretazione ha una struttura diversa per ogni tipologia di visitatore.
Anche se il concetto d’interpretazione è ormai diffuso in ambito museale per indicare i processi di creazione di significato durante l’esperienza di visita, possiamo cogliere dai suddetti principi una focalizzazione dell’atto comunicato nella figura del destinatario, cioè nel visitatore, che è partecipe e artefice di un processo di mediazione divenuto principalmente esperienziale.
Nei Centri di interpretazione, a loro volta, si registra un cambio di priorità comunicativa rispetto ai più tradizionali musei:
“C’est moins le patrimoine qui est premier que le discours que l’on propose au public et les buts que l’on assigne à sa perception comme à son appropriation.[…] Le fonds patrimonial est présent, il s’impose, mais c’est ce que l’on veut en dire et communiquer au public qui importe avant tout”(Chaumier, Jacobi, 2009, p. 10).
I Centri d’interpretazione non sono vincolati a esporre oggetti del patrimonio poiché le loro finalità comunicative non sono legate alla presentazione di testimonianze del
passato ma piuttosto alla possibilità di fornire al visitatore strumenti e metodologie necessarie a interpretare un patrimonio diffuso, in alcuni casi immateriale, nascosto e intangibile che, per queste ragioni, ha necessità di essere mediato6. Questi luoghi hanno come obiettivo ultimo la valorizzazione di un patrimonio che deve essere preservato e trasmesso alle generazioni future, senza che questo comporti la necessità di interventi diretti che modifichino gli assetti originali e compromettano lo spirito dei luoghi. Per facilitare il processo di interpretazione, queste strutture integrano allestimenti scenografici che consentono al visitatore di vivere un’esperienza immersiva ed emotiva7. Il Centro d’interpretazione è considerato come uno strumento per un’attività esplorativa che si prolunga dopo la sua esperienza di visita, i cui effetti influenzano la percezione di una realtà esterna che rappresenta il vero oggetto della comunicazione. Al contrario, il museo tende a raccogliere e a presentare in un luogo “interno” ciò che è esterno e diffuso, come a voler sintetizzare in un unico spazio la complessità di una realtà che il museo stesso traspone ai suoi visitatori. Attraverso l’esposizione, il museo, in qualche modo, vincola l’esperienza di visita attraverso la sua organizzazione spaziale e l’impiego di dispositivi per la mediazione culturale; al contrario il visitatore dei Centri d’interpretazione raccoglie gli stimoli presentati per vivere un’esperienza esterna di contatto con il patrimonio, che da quel momento sarà in grado di riconoscere, e che potrà costruire secondo la propria sensibilità.
La diffusione degli approcci comunicativi promossi dai Centri d’interpretazione negli anni ‘70 ha trovato accoglienza nei principi promossi dalla Nouvelle museologie (Desvalles, 1992) che si proponeva di cambiare radicalmente i paradigmi comunicativi dei musei, basati principalmente sulla trasmissione della conoscenza, dando un ruolo centrale alla figura del visitatore. Oggi molti musei cercano di adattare i principi dell’interpretazione attraverso la presentazione di contenuti in esposizioni che coinvolgano il visitatore a livello percettivo ed emozionale, offrendo strumenti utili a sviluppare una propria interpretazione dell’esperienza di visita. Gli strumenti offerti dall’istituzione museale,
6 Al contrario dei musei archeologici nei quali la trama narrativa è organizzata sulla base di discorsi che possono essere attivati sui reperti esposti o sulle presenze archeologiche musealizzate, i Centri d’interpretazione mantengono una libertà che permette loro di adattare l’assetto museografico dell’allestimento agli obiettivi comunicativi prefissati: “Il y a donc à notre avis un montage qui va des discours aux objets dans les Centres d’interpretation et au mieux des objets au discours à tenir, pour les musées” (Chaumier, Jacobi, 2009, p. 13).
7 Come è stato enunciato nel principio denominato “Provocazione”, il Centro d’interpretazione ha l’intenzione di creare un effetto di stupore nei visitatori, con un maggiore grado di licenza dal rigore scientifico con cui i musei presentano le interpretazioni sugli oggetti.
primi fra tutti dispositivi di mediazione culturale, possono contribuire a sostenere il processo di appropriazione del discorso espositivo attraverso l’utilizzo di molteplici strategie di comunicazione8. Lo sviluppo di queste prospettive nella comunicazione museale ha comportato una ridefinizione degli obiettivi dei Centri d’interpretazione per la comunicazione del patrimonio culturale. Jacobi e Meunier propongono una nuova definizione di Centro d’interpretazione come
“un espace muséographique / avec ou sans collection / à visée de mise en valeur et de diffusion / d’un patrimoine singulier et impossible à réunir dans un musée classique / destiné à accueillir un large public / en recourant de préférence aux affects plus qu’à la seule cognition” (2009, p.
40).
Più che nei musei nazionali o regionali, proprio nei musei archeologici su sito, possiamo riscontrare un più fedele adattamento di alcuni principi promossi con la diffusione dei Centri d’interpretazione, tra i quali:
− la volontà di adattare la struttura del percorso espositivo alla comunicazione di una trama narrativa definita;
− il ricorso ad allestimenti che coinvolgono i visitatori a livello percettivo;
− l’obiettivo di offrire ai visitatori gli strumenti necessari ad agevolare lo sviluppo di una propria interpretazione dello spazio espositivo, attraverso la combinazione di strategie di comunicazione diverse;
− la volontà di prolungare l’esperienza di visita attraverso la promozione di un cambiamento di atteggiamenti e opinioni dei visitatori.
Ciò che maggiormente differenzia i musei su sito dai Centri d’interpretazione è l’integrazione delle presenze archeologiche che costituiscono la “spina dorsale” su cui si sviluppa il progetto culturale del museo. La struttura del percorso espositivo, pur prendendo le mosse da una trama narrativa più o meno sviluppata, mantiene una relazione costante con l’oggetto del patrimonio. I visitatori sono invitati a stabilire un rapporto con le presenze archeologiche utilizzando dispositivi di mediazione che sostengono la costruzione di un’esperienza di contatto con un “mondo altro” attraverso
8 Jacobi e Meunier (2009) sottolineano come le nuove tecnologie digitali permettano una commistione di strategie di comunicazione e di saperi da diverse discipline.
la presenza concreta e attuale di un reperto che proviene da quello stesso mondo (Davallon, 1999).