Il periodo che è passato dal dicembre 1989 può essere interpretato sotto la forma di un passaggio o transizione.
Che cos’è la transizione e che cosa la definisce?
«Sembrerebbe, dunque, che l’unico elemento razionale della transizione è proprio il suo nome, destinato a suggerire l’esistenza di un senso, di un passaggio da un regime politico a un altro, di una tendenza chiaramente espressa. Con altre parole, la transizione non sarebbe altro che l’intervallo tra la caduta del comunismo e il momento della consolidazione irreversibile della democrazia rappresentativa attraverso l’economia di mercato»317.
In questa equazione, sembra che comunque una dimensione molto importante è la dimensione temporale, perché il tempo ci aiuta a capire i problemi specifici di una governance democratica, e in questa logica, la democrazia politica sarebbe una ‚governance pro tempore‛, ossia limitata nel tempo, con rappresentanti dei cittadini che esercitano il potere in segmenti di tempo ben stabiliti318. Aldil| del tempo diviso in
mandati e periodi elettorali propri a una democrazia, esiste anche una proiezione nel futuro, nell’attesa di un momento benefico. Da una parte, il tempo, così come suggerisce Juan Linz, è quello che esercita una pressione spesso impensabile sulla necessit| di formulare certe politiche, sotto quella rage of vouloir conclure alla
316 A. [gh, From nomenclatura to clientura. The emergence of new political elites in east-central Europe, in G.
Pridham, P. G. Lewis (a cura di), Stabilising fragile democracies. Comparing new party systems in southern
and eastern Europe, Routledge, London and New York, 1994, p. 64. 317 D. Barbu, Şapte teme, cit., p. 162.
318 J. J. Linz, Democracy’s time constraints, in «International Political Science Review», vol. 19, n. 1, 1998,
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Hirschman e, dall’altra parte, ci possiamo chiedere quanto tempo dedica ogni individuo-cittadino alla politica.
Di conseguenza, la transizione verso la democrazia è fondata specialmente sul patto delle elite e sulla posizione democratica degli attori chiave, essendo considerata normalmente come un intervallo, caratterizzato da una forma di governo democratica. La transizione è spesso utilizzata come una categoria descrittiva, utile per una classifica delle varie tappe di sviluppo; altre volte si parla però di una transizione che ha successo o che fallisce, diventando così una variabile sistemica, perché la transizione non può essere considerata stabile o riuscita, finche dalla definizione stessa rappresenta una fasi di incertezza319.
«Lo specifico della transizione non è dato solo da quello che il futuro prepara, o rompe definitivamente con il passato, ma soprattutto da quegli elementi che non possono essere descritti in funzione del passato e del futuro. In fondo, nessuno sa in che direzione va la transizione e se una tale direzione esiste all’esterno del discorso sulla transizione»320. Questo è ‚l’effetto del tunnel‛, secondo l’espressione di Albert
Hirschman, perché viviamo in presente mediocre, desiderando allo stesso tempo che in un certo numero di anno sar| meglio321. Consideriamo che nel nostro caso, il tunnel
sia il percorso verso il periodo dell’adesione all’Unione Europea, momento di armonizzazione legislativa e d’implementazione di pratiche e di politiche europee.
Dopo le trasformazioni storiche della fine dell’anno 1989 si è costatato che in certi paesi, nell’assenza dei leader carismatici, che possano elaborare un’agenda ideologica, prima di un ordine politico, gli attori principali sono rappresentati dalle forze storiche di tipo: modernizzazione, democratizzazione o globalizzazione322. Altri
autori considerano che non esista veramente un cambiamento sistemico in questi paesi, ma solamente un cambiamento superficiale, di facciata, come il sintagma proposta da Attila Agh, della ‚democrazia di facciata‛323.
Così la scoperta di questa democrazia dovrebbe essere raddoppiata dalla scoperta del cittadino, ma non è possibile essere coscienti e assumere il passato totalitario. Questa democrazia, alla differenza delle democrazie tradizionali, «non è il prodotto di una scelta collettiva, ma il risultato, forse sperato ma quasi inaspettato,
319 H. Wydra, Communism and emergence of democracy, Cambridge University Press, London, 2007, p.
191.
320 D. Barbu, Şapte teme, cit., p. 162-163. 321 J. J. Linz, Democracy’s time, cit., p. 20.
322 H. Wydra, Communism and emergence, cit., p. 190.
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della caduta del comunismo come ideologia e pratica di governo»324. Il passaggio alla
democrazia è il tema politico predominante dopo la caduta del regime comunista, e le variabili utilizzati nell’equazione teorica comune sono le tradizioni storiche, cultura politica, rapporti tra la societ| e lo stato o il tipo di regime325.
Ma che cosa vuol dire democrazia, dal momento in cui essa dipende da individui, ideologia, paradigmi o cultura politica? Secondo Robert Dahl, la democrazia è «un regime politico caratterizzato da elezioni libere e aperte, con relativamente poche restrizioni di partecipazione alle elezioni, competizione politica autentică e grande protezione delle libert| civili»326. Al suo turno, Juan Linz
considera che un sistema politico possa essere democratico «se permette la libera formulazione delle preferenze politiche in base alle libert| fondamentali di libera associazione, informazione e comunicazione, nella fine di una competizione libera tra i leader che desiderano la validazione, a intervalli regolari e con dei mezzi non violenti, della loro pretesa di dirigere, senza escludere da questa competizione nessuna funzione politica e senza impedire alcun membro della comunit| politica di esprimere la sua preferenza»327.
Nei paesi post comunisti possiamo parlare di una ‚democrazia fragile‛328
dopo il momento del cambiamento del regime, caratterizzata in primo luogo da un’euforia generale, seguita da un processo che spesso è una fonte di conflitto tanto per le élites quanto per le masse. Gli eventi del 1989 hanno segnato l’inizio di un lungo e complicato processo di transizione, senza prospettive sicure per la consolidazione, che significherebbe l’istaurazione di un regime democratico stabile, attraverso il funzionamento dei meccanismi democratici, quali le regole, procedure e la disseminazione dei valori democratici. In questo senso la transizione democratica sarebbe «uno stadio decisivo, che comincia allo stesso tempo con la disintegrazione o con il collasso del sistema autoritario o totalitario, con l’adozione di una nuova
324 D. Barbu, De la partidul unic la partitocraţie, in J.M. De Waele (a cura di), Partide politice şi democraţie în Europa centrală şi de est, Humanitas, Bucureşti, 2003, p. 255.
325 L. Diamond, J. J. Linz, S. M. Lipset (a cura di.), Politics in developing countries, Lynne Rienner
Publishers, Londra, 1990, p. 1.
326 Apud M. Burton, R. Gunther, J. Higley, Elite transformations and democratic regimes, in J. Higley, R. Gunther (a cura di), Elites and democratic consolidation in Latin America and Southern Europe, Cambridge
University Press, 1992, traduzione di Mircea Boari in «Polis», n. 4/1995, p. 56.
327 Ibidem, p. 53.
328 G. Pridham, P. G. Lewis (a cura di), Stabilising fragile democracies. Comparing new party systems in Southern and Eastern Europe, Routledge, London and New York, 1994, p. 1.
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costituzione, la routinizzazione delle strutture democratiche o con un comportamento liberale routinizzato delle elite politiche»329.