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Domanda: Ok. Lei ha fratelli o sorelle?

Risposta: Ho un fratello che vive a *** con la sua famiglia e una mamma che vive nello stesso stabile dove vivo io e che...da alcuni anni soffre...a causa di un intervento principalmente andato male. Che è andato poi peggiorando e siamo arrivati al punto che abbiamo bisogno di assistenza anche esterna.

D: Mi può dire cos’è successo?

R: Mia mamma è stata operata dodici anni fa di isterectomia vaginale, da lì hanno trovato comunque una massa che era attaccata all’intestino...c’è stato...probabilmente...quello che si suppone [esita]...un intervento un po’ più complicato del previsto e sembra che ci sono state poi delle lesioni ai nervi. E da lì, poi, ci sono state tante complicanze, aumento dei dolori, finché ha avuto anche una lesione al rene, causata da queste graffes che poi le avevano lasciato all’interno...poi è andata a ***, è stata ai centri neurologici, ha fatto diversi interventi anche contro il dolore, proprio, che quello aumentava di giorno in giorno...e son passati dodici anni e questa donna vive con dei dolori lancinanti dalla mattina alla sera. E quello che bene o male facciamo...faccio...quello che fa tanto come terapia è degli antidolorifici fortissimi, tanti hanno anche una base di metadone...andiamo avanti a morfina e non si trova una soluzione. O meglio, nessuno sa dire il perché, il per come...

D: Hm hm...quindi sua mamma, da diversi anni ha questi dolori giornalmente...

R: Adesso è da due anni, poi la situazione è peggiorata, finché ha avuto anche un problema all’altra gamba, per cui mia mamma adesso si ritrova da quasi due anni in carrozzella. Per cui non è neanche più...da poter camminare, da quasi da...in pochi mesi...è andata a finire in carrozzella...da lì sempre a peggiorare, intanto che adesso abbiamo dovuto adattare tante cose in casa, proprio perché lei si possa almeno spostare...perché io ho una casa vecchia, muri stretti, corridoio...abbiamo dovuto allargare il tutto, per poterle anche fare un po’...vivere meglio gli spostamenti in casa, perché poi la cosa è diventata...è andata a peggiorare nel senso che lei adesso fa fatica anche a spostarsi nel gabinetto, perché non ci arriva. Quindi abbiamo dovuto allargare le porte. Poi da lì sedersi e spostarsi diventa complicatissimo.

D: Ok, quindi è lei che l’aiuta a fare queste cose o sono più gli aiuti domiciliari?

R: Devo dire che all’inizio ero abbastanza presente io...finché poi ho capito che non andava più bene a me. Nel senso, per la mia salute. Perché io andavo alla mattina...arrivavo, correvo giù, prepara il caffè, aiutala a saltare fuori dal letto “ah ma non ce la faccio, ho male, non ce la faccio...” poi io dovevo andare a lavorare tutto il giorno con questo pensiero che lei fosse in casa da sola. Tante volte all’inizio spesso mi chiamava perché era lunga tirata per terra e non riusciva più ad alzarsi...spesso capitava anche di notte...magari alle due, alle tre di notte mi chiamava: “vieni giù perché sono per terra, non riesco più ad alzarmi” e finché dopo...eh...un bel sei mesi, un anno

- 51 anni

- nubile senza figli

- professione in ambito medico - si occupa della madre dal 2014, vivono nella stessa casa in diversi appartamenti

105 così io...[esita] ho dovuto...anzi, un anno, un anno e mezzo ho dovuto trovare una soluzione, qualcuno che mi appoggiasse. Proprio perché io non ce la facevo più. Ma perché poi è una cosa mentale, ti logora, questa cosa. Poi vieni a casa, entri in casa, la prima cosa che è “aiutami a far questo...potresti passarmi quello...mi dai questo” poi io comunque faccio tutte le sere la cena, la porto giù, si cena insieme, però anche lì poi il dopo...il spostarsi, andare a letto diventava poi una cosa...pesante fisicamente, perché io non ho la forza di tirar su un peso morto, perché pesano...e poi io non ce la facevo più di testa. Cioè, non ce la facevo più a far tutto, a lavorare, a far la spesa, vieni a casa, fai la cena, aiuta lei e le punture, la medicina, la morfina “ah io ho male”...tutta una cosa così che...adesso abbiamo provato a...con il [SACD]. Prima di tutto. Che è andato malissimo.

D: Come mai?

R: Perché hanno un’organizzazione pessima, non hanno delle regole ben precise...mia mamma è stata ricoverata a *** il mese di febbraio, quattro o cinque giorni per degli accertamenti, siamo tornati...credo che in due o tre settimane avrà visto...trenta persone diverse. Alla mattina arrivava uno diverso, mai visto, alla sera alle nove, all’ora di andare a letto, arrivava dentro qualcuno di nuovo che non avevamo mai visto...spesso erano anche uomini...e anche per lei, anche per l’igiene...cioè, diventava anche una cosa un po’ umiliante. E adesso dal mese di aprile viene il [SACD] e devo dire che loro hanno due persone. Per cui devo dire...io...abbiamo...sì, quando una fa cinque giorni magari dopo c’è il cambio di due giorni perché l’altra deve fare il giorno di riposo. Però son sempre quelle due che girano. Ed è anche per noi molto meglio...organizzato veramente molto bene, vengono alla mattina la tirano fuori, fanno la colazione...arieggiano, anche alla sera quando arrivano più o meno sempre alla stessa ora...prima era una volta alle sette e mezza, una volta alle otto e mezza, una volta alle nove...tante volte sei lì che ceni e arrivavano già alle sette...questo devo dire che con il [SACD] non capita.

D: Ok...loro vengono due volte al giorno? R: Sì mattino e sera.

D: Appunto per fare un po’ l’igiene e cose così...?

R: Fare l’igiene, tirar fuori, la sera, metterla a letto, se ha bisogno ancora...chiudono tutto...poi c’è la fisioterapia che viene una volta o due alla settimana, anche quella, quindi bene o male...e poi c’è anche un’altra persona che l’aiuta una o due volte alla settima, il pomeriggio magari adesso la porta fuori a fare una passeggiata, perché se no era sempre chiusa in casa. Poi da noi è difficile uscire dal balcone perché ci sono gli scalini, è stretto, c’è la scalinata e...

D: Adesso vi trovate meglio con questo servizio? R: Sì, molto meglio.

D: Meglio perché...?

R: Sono più regolari, più professionali, quando io non ci sono che sono spesso anche via per lavoro, volendo, vengono sostituite da un’infermiera, in quei giorni magari che io non ci sono, in maniera che c’è chi le prepara di nuovo i medicamenti...perché tante sono liquide, quindi millilitri e magari trema un po’, non riesce a tirarmi su due millilitri o quattro millilitri esatti, allora so che c’è un’infermiera che viene, volendo.

D: Quindi queste cose più infermieristiche le fa ancora lei?

R: Boh lei si prepara tutto quello che...pastiglie le prepara lei. Mentre le siringhe, dove bisogna tirar su il liquido con l’ago, la soluzione, il medicamento, quello glielo faccio io. E se vado via tante volte gliene preparo già lì per tre giorni. Però se dovessi stare via per più a lungo e non è possibile, allora fanno venire l’infermiera. Anche perché tante

106 volte magari ha bisogno le punture di morfina. Se ci sono io gliele faccio io, però se deve farsele fare.

D: La sua professione ha influito sul suo modo di vedere sua mamma in questa situazione?

R: Sì...posso dire di sì, anche nel negativo, eh. Perché poi tendo già un po’ dentro anche nell’ambiente di lavoro, vedi anche quello che magari un’altra persona...che da una parte è stata una fortuna, nel senso che ci sono delle cose che ho potuto dire no, ci sono delle cose che non quadrano, o...sei più attenta a certe cose che succedono. Anche nel rapporto medico-paziente tante volte io ho potuto intervenire. Se magari era qualcosa di particolare, magari chiamavo il medico e gli dicevo: “senti qui c’è qualcosa...posso dargli questo, quello...” perché sono già un po’ a conoscenza anche. Però, se non altro, no lo so...no lo so dove sarebbe andata a finire.

D: Se non avesse avuto conoscenze mediche, intende?

R: È che all’inizio anche trovare comunque il...boh, la forza, ma anche il cambiamento di stile di vita suo, poi ti devi abituare anche a adattare le cose, magari il letto, piuttosto che il gabinetto, magari la rampa per scendere in giardino, son tutte cose che trovo che...c’è un po’ poca informazione in generale. Trovo per le persone bisognose.

D: Lei si è rivolta a degli enti o dei servizi che l’hanno aiutata a fare le modifiche?

R: Eh sì, dopo sì. Per fortuna che mia mamma è ancora al 100%, è una donna intelligente e devo dire che ha fatto quasi tutto lei. Sì. Si è organizzata per la rampa che va giù in giardino, si è organizzata per la carrozzella, si è aiutata per l’aiuto nel letto, ha fatto cambiare lei tutti i gabinetti, ha fatto allargar le porte...in fondo quello è un lato pratico che si è arrangiata ancora lei.

D: Ah ok...quindi lei ha agito di più su quell’ambito mentre lei su quello più medico...? R: Piuttosto lì, sì. Di sorveglianza o di bisogno...quando ha bisogno, ecco, di assistenza come la parte pratica, gestire i medicamenti, piuttosto che le punture, le iniezioni, posso, non posso, son troppe, no.

D: In che momento si è accorta che non ce la faceva più a seguire sua mamma da sola?

R: [silenzio]...come mi sono accorta? D: Sì.

R: Mi sono accorta quando...non stavo più bene io. Quando ho cominciato a non star bene perché mi sono accorta che cominciavo ad avere l’ansia io, non dormivo più di notte perché sentivo sempre il telefono squillare perché avevo paura che...visto che era successo diverse volte che era lunga tirata per terra, avevo sempre il telefono con me e questo probabilmente è stato un carico e alla fine ha dato a me delle tachicardie, come dicevo non dormivo più io e...ed ero stanca. Ed ero proprio stanca, per cui lì c’è stato un certo momento che ho avuto io un mezzo...crollo. Che è stato un po’ il carico del lavoro in quel momento, il carico di mia mamma, c’è stato come un...un’esplosione. Lì devo dire che, non è stato proprio un burnout ma...[silenzio] posso magari pensare che uno che si sente così...perché comunque tutti i sintomi che avevo, tra cui tachicardia e ansia, non dormire, sono tutti un po’ legati a questo.

D: Quindi se n’è accorta a partire dal fisico?

R: Sì, perché sono stata male un giorno in macchina, guidando...ed ero in ***, tornavo da una serie di viaggi di lavoro, arrivavo a casa ed ero carica anche qui, psicologicamente, moralmente...quando tu poi vedi una persona che soffre tutto il giorno e non puoi aiutarla...cioè, alla fine poi non puoi aiutarla...e quello mi ha, proprio una volta mi ha fatto stare male in macchina senza che io me ne accorgessi, eh, perché ti viene da un secondo all’altro. Tu stai bene, dopo un secondo stai male. Ti vengono i giramenti di testa, avevo su la pressione a 180, non riuscivo più...lì veramente di notte

107 stavo sveglia perché...ho avuto una qualche notte di...[esita] di attacchi di panico così. E dopo chiaramente ti tiri insieme...forse è un po’ la forza di carattere se ne esci e poi devi cercare di...andare avanti. Però è vero che poi da quel momento lì ho detto no, qui ho bisogno comunque io di aiuto, perché se no andavamo a finire al ***, alla casa per anziani, insieme. Però io vorrei che lei potesse restare qui il più possibile, nelle sue cose.

D: Non ha mai considerato di portarla in casa per anziani?

R: Lei sì. Lei l’ha considerato. Lei sì sì, si è già iscritta perché vuole avere il posto in caso di bisogno, quindi lo trovo anche razionale e giusto, però dico, se funziona che si può star qui, che adesso comunque c’è l’aiuto mattina e sera, e due persone che al pomeriggio ti portano a far le spese qua e là, che non sei più chiusa in casa tutto il giorno e che magari si possa anche trovare una soluzione al dolore, forse adesso abbiamo trovato un medico che sta vedendo il problema anche forse un po’ più a fondo di quello che è stato fatto fino ad ora...si potrebbe...io vorrei che stesse, qui ecco. Mi dispiacerebbe vederla in una casa per anziani.

D: Hm hm...avete sempre vissuto assieme?

R: No, no no. Abbiamo vissuto assieme va beh fino a...diciannove anni fa. Allora lì sì, vivevamo assieme, dopo...i miei si sono separati, dopo io sono andata con mia mamma, dopo io a 33 anni sono venuta qua e dopo son sempre stata da sola. Dopo lei è andata a vivere a ***, fino a quando, dodici anni fa, si è liberato l’appartamento sotto. E allora ho detto senti, visto che su di là sei da sola, dopo il lavoro andare fino a *** a trovarla diventava sempre una cosa che si rimandava, vengo oggi, vengo domani, vengo tra una settimana perché tu hai le tue cose. Sembra vicino ma comunque è un pezzettino. Dopo il lavoro anche dover correr su, quando comunque tu hai la tua vita, le tue cose diventava...e allora è stata una fortuna che si è liberato sotto ed è venuta su. Però stava bene, lì stava ancora bene. È venuta a vivere qui tipo a maggio, a agosto ha fatto l’intervento e da lì è stato un...precipitare.

D: È sempre stata lei da sola a seguire sua mamma o c’era anche suo fratello? R: No mio fratello era già a ***. Viveva già là, quindi ero sempre da sola.

D: In caso di bisogno, se lei non potesse curare sua mamma, c’è il servizio di *** o avrebbe qualcun altro su cui fare riferimento?

R: No, sinceramente intanto abbiamo loro, che hanno anche...chiaro, hanno la parte infermieristica in caso di bisogno...poi è vero che se proprio c’è un’urgenza che io non ci sono...ci sono delle persone che si possono chiamare. E poi comunque lei, da quando è caduta diverse volte per terra e diverse volte è rimasta per terra per tutta la notte, l’ho obbligata a mettere l’orologio.

D: È stato un sollievo per lei?

R: Quello sì, perché veramente almeno sapevo che, se proprio proprio, suona e va direttamente all’ambulanza e poi son loro che chiamano me, prima di tutto, poi chiamano al limite una seconda persona, che ha le chiavi e se no vengono loro.

D: Ok...da quando ha inserito tutti questi servizi la sua vita è cambiata?

R: Molto meglio sì. Devo dire che è stato un sollievo. È vero che ti devi organizzare, eh. E magari non so se magari...adesso intanto quello che abbiamo va bene. È vero che se magari un giorno dovesse peggiorare, non so se dopo devi arrivare al punto di avere una badante o effettivamente la casa per anziani.

D: Hm hm...lei quante ore dedica a sua mamma giornalmente? R: Un paio d’ore.

D: Cosa fa esattamente con sua madre?

R: Boh io con mia mamma va beh, la vedo tutti i giorni tre volte al giorno. Bene o male sempre alla mattina e alla sera sì. Se dovessi passare da casa perché ho il lavoro qui

108 vicino e devo prendere qualcosa la vedo anche lì. Poi io mi occupo comunque sempre del fatto che prenda gli appuntamenti dai medici, vado sempre a fare la spesa, per lei e per me, perché alla fine devi andare a momenti tutti i giorni perché tutti i giorni si ricorda che manca qualcosa [ride]...per cui non è una volta alla settimana che vai a fare la spesa grossa, c’è sempre qualcosa da prendere. Poi comunque io arrivo a casa, vado prima di tutto da lei a salutarla, poi vengo qua, preparo io la cena, poi scendo, poi sono comunque tutte le sere fino alle otto e un quarto otto e mezza con lei. Poi adesso non è che mi privo delle mie cose, nel senso che se devo andar fuori a cena vado e lei si arrangia. Riesce a far qualcosa. È vero che se non ci sono mangia meno e mangia male.

D: Ah, ma riesce a cucinare qualcosa?

R: A mezzogiorno fa tutto lei. Fa fatica eh, perché non ci arriva più al...fa fatica ad arrivare al piano di lavoro. Allora lì si fa magari l’uovo sodo, piuttosto che un’insalata e la minestrina. Dopo se sono in giro io come settimana scorsa, ha voluto fare lei lo spezzatino, però è vero che allora devi essere lì. Perché le manca sempre qualcosa. Poi magari è troppo alto e non può arrivare a prendere la pentola...come adesso per esempio, che ero sotto prima di passare, mi dice: “dopo faccio una torta”; le ho detto “sì ma hai tutto a portata di mano?” che poi dopo le manca qualcosa. E allora dopo “Claudia mi puoi portare...” sì ok ti porto il limone “Claudia puoi scendere che mi manca questo...”. Tante volte mi chiama perché...più volte mi chiama perché non riesce a tirar su il training e magari sai, le...le mutande “mi aiuti a tirar su le mutande?” “sì” “mi aiuti a tirar su il training?” “sì ti aiuto” “mi porti il giacchettino?”...perché lei quando è sdraiata sulla poltrona, se deve solo spostarsi, è una fatica enorme. Perché già ha le gambe morte, non è che si muovono. Per cui lei deve tirarsi su con la schiena, in questa poltrona, pian piano spostarsi sui polsi...sulle mani e sui polsi, per cui dopo ha male anche lì. Poi dopo deve scivolare con una banana sulla carrozzella, quindi ha già perso un chilo ogni volta, perché fa fatica, poi da lì si sposta e gira. Però per lei tutto questo è uno sforzo enorme, quasi insopportabile.

D: È sempre accompagnata dal dolore...?

R: Eh sì. Perché se tu non avessi sempre dolore allora reagisci anche al movimento diversamente, ma se hai anche male...cosa fai, ti difendi? E lei per esempio, pur di non aver male poi non usava più le gambe. È quello, anche. E tante volte deve poi far tutto con le braccia, coi polsi, con le mani e tante volte mi dice, non riesco neanche più a muovere quelli. È tutta un po’ una catena. Adesso spero veramente vivamente che questo medico che abbiamo trovato, che le sta facendo una terapia nuova che si chiama ***, sembra che possa eventualmente funzionare, nel senso di almeno diminuire il dolore. Perché lei ha il dolore tutti i giorni a nove o a dieci al massimo. E con questo adesso gliene ha fatti due o tre in poche settimane e siamo scese almeno a quattro o cinque. Allora lei dice, sai quelle poche ore che non ho più avuto male da dodici anni, che non sapeva neanche più che cosa fosse aver male, dice, mi sembrava anche che mi potessi muovere un attimo meglio. Per quel poco che si muove lei. Quando le ha fatto quella puntura e dopo dodici anni mi ha detto: “io non sapevo più cosa volesse dire non aver male” piangeva lei e piangevo io. E la seconda, addirittura...la prima è stato via il dolore per quattro ore e la seconda addirittura per quattordici ore. Per cui lui adesso sta provando, adattando, non so, i medicamenti, per vedere quanto può far durare questo...questo effetto.

D: Pensa che se questa possibilità si concretizzasse migliorerebbe in qualche modo la vostra vita?

R: Eh sì perché quando tu vedi una persona, già alla mattina vai a salutarla, se non piange, mezzo piange. Poi ti dice già alla mattina alle otto: “fammi una puntura”. Per cui

109 ti...ti prende il morale. A lei, chiaramente, e io che non posso far niente. Perché in tutta la Svizzera, fino all’altro giorno, non c’è stato un medico che ha pensato di fare quello