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I trasferimenti statali agli Enti locali: le principali tappe dell’evoluzione

Nel documento Il Fondo di Solidarietà Comunale (pagine 125-128)

CAPITOLO IV – IL FONDO DI SOLIDARIETA’ COMUNALE

4.1 I trasferimenti statali agli Enti locali: le principali tappe dell’evoluzione

4.2.2 Il Fondo Sperimentale di Riequilibrio 2012 – 4.3 Dal Fondo Sperimentale di Riequilibrio al Fondo di Solidarietà Comunale – 4.3.1 Il Fondo di Solidarietà Comunale 2013 – 4.3.2 Il Fondo di Solidarietà Comunale 2014 – 4.3.3 Il Fondo di Solidarietà Comunale 2015 – 4.3.4 La ripartizione del FSC 2015 tra i Comuni delle Regioni a statuto ordinario – 4.3.5 Gli effetti redistributivi del nuovo meccanismo di perequazione – 4.3.6 Osservazioni alla Nota metodologica del MEF – 4.3.7 Le novità per il 2016 in materia di FSC.

4.1 I trasferimenti statali agli Enti locali: le principali tappe dell’evoluzione normativa

I trasferimenti erariali disposti dal Governo centrale a favore degli Enti locali, hanno sempre rappresentato una voce rilevante nel bilancio delle amministrazioni comunali, anche in ragione della scarsa autonomia impositiva loro concessa e rimasta tale, sostanzialmente, fino al 2011, anno in cui sono state introdotte importanti novità in tema di federalismo fiscale municipale che hanno portato alla soppressione e alla conseguente fiscalizzazione dei trasferimenti erariali.

Alla fine degli anni Settanta, con l’approvazione dei Decreti legge Stammati35,

con i quali si intervenne in tema di finanza comunale allo scopo di riportare in equilibrio una situazione insostenibile di deficit permanente, aggravata dal fatto che gli Enti locali ricorrevano al debito bancario per fronteggiare le spese correnti, venne introdotto nell’ordinamento italiano il criterio della spesa storica quale metodo di ripartizione dei trasferimenti erariali. A ciascun Ente locale veniva, dunque, assegnato un ammontare di

35 I Decreti Stammati erano due: il primo, cosiddetto Decreto “Stammati 1”, fu emanato il 17 gennaio 1977

e successivamente convertito nella Legge 17 marzo 1977, n. 62; il secondo, noto come decreto “Stammati 2”, è stato approvato il 9 dicembre 1977 e convertito nella Legge 27 febbraio 1978, n. 43.

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risorse sulla base di quanto speso in passato, procedendo, in questo modo, ad un “ripiano

a piè di lista”, poiché lo Stato provvedeva a finanziare interamente la differenza tra spese

correnti ed entrate proprie dei Comuni, disincentivando quest’ultimi ad una gestione efficiente delle risorse.

Un primo tentativo di superamento del criterio della spesa storica si registrò nel 1983 con l’approvazione del Decreto Legge n. 55, recante “Provvedimenti urgenti per il

settore della finanza locale per l’anno 1983”, convertito con modificazioni dalla Legge

n. 131/1983. In particolare, venne istituito per il biennio 1984/1985 un fondo perequativo a favore dei Comuni ripartito, per una quota sulla base della popolazione residente, per un’ulteriore quota in proporzione alla popolazione residente in ciascun Comune moltiplicata per il reciproco del reddito medio pro-capite della Provincia di appartenenza e il restante ammontare distribuito fra quei Comuni con una spesa corrente pro-capite inferiore alla media nazionale. Successivamente, a partire dal 1986, vennero disposti a favore dei Comuni un fondo ordinario, un fondo perequativo ed un fondo destinato a sostenere lo sviluppo degli investimenti.

Nuove disposizioni in materia di trasferimenti erariali agli Enti locali, furono dettate con il Decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, recante “Riordino della

finanza degli enti territoriali, a norma dell’articolo 4 della legge 23 ottobre 1992, n. 421”. Nello specifico, l’articolo 34 del suddetto Decreto, disponeva che a partire dal 1994,

lo Stato avrebbe concorso al finanziamento dei bilanci delle amministrazioni comunali (e provinciali, nonché delle Comunità montane) mediante l’assegnazione di un fondo ordinario, di un fondo consolidato e di un fondo perequativo degli squilibri di fiscalità locale; contestualmente, introduceva, a decorrere dal 1993, un fondo nazionale speciale per gli investimenti. Il Governo centrale, inoltre, sarebbe potuto intervenire a sostegno dei Comuni (ma anche di Province e Comunità montane) con un fondo nazionale ordinario per gli investimenti da quantificare di anno in anno con la legge finanziaria.

Ulteriori sviluppi si ebbero con l’approvazione del Decreto Legislativo 30 giugno 1997, n. 244, recante “Riordino del sistema dei trasferimenti erariali agli Enti locali”, con il quale il legislatore tracciò una disciplina organica dei trasferimenti con intenti di riequilibrio e perequazione. Ai sensi dell’articolo 1, comma 1, del decreto in questione, il sistema dei trasferimenti erariali ai Comuni avrebbe dovuto articolarsi in un fondo ordinario, un fondo consolidato, un fondo per la perequazione e gli incentivi, oltre che in

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un fondo nazionale ordinario ed uno speciale per gli investimenti e un fondo per lo sviluppo degli investimenti degli Enti locali. Era previsto che ai fini del riequilibrio dei contributi ordinari spettanti ai Comuni (e alle Province), fosse definito un fabbisogno standardizzato, ad opera del Ministero dell’Interno, prendendo a base i servizi indispensabili e i servizi maggiormente diffusi, dovendosi intendere, per i primi, quei servizi diffusi sul territorio con caratteristica di generalità, mentre, per i secondi, quelli presenti nel maggior numero di Comuni (a norma dell’articolo 3, comma 3, D. Lgs. n. 244/1997). Il fabbisogno standardizzato, da aggiornare con cadenza triennale, doveva essere calcolato come “somma dei prodotti delle unità di determinante per i parametri

monetari di ciascun servizio” (art. 3, comma 4, D. Lgs. n. 244/1997) a cui dovevano

aggiungersi opportuni correttivi per tener conto delle condizioni di degrado, della presenza di militari, dell’incremento della domanda di servizi negli enti di maggiore dimensione demografica e della rigidità dei costi degli enti di minore dimensione demografica.

In realtà, le disposizioni contenute nel D. Lgs. n. 244/1997 non trovarono mai concreta applicazione a causa dei continui rinvii disposti dalla legge. Basti pensare che l’articolo 30, comma 9, della Legge 23 dicembre 1999, n. 488, sancì che a decorrere dal 1° gennaio 2001, ai fini dell’assegnazione dei trasferimenti erariali ai Comuni, si sarebbe dovuto fare riferimento al D. Lgs. n. 244/1997 o, in alternativa, al D. Lgs. da emanare in attuazione della delega contenuta all’articolo 10 della L. n. 133/199936, delega che per

altro non fu esercitata entro i nove mesi dalla data di entrata in vigore della medesima legge.

I criteri di computo e ripartizione dei trasferimenti a favore degli Enti locali negli anni a seguire rimasero ancorati alle disposizioni contenute nelle varie leggi finanziarie le quali, a loro volta, facevano riferimento a quanto stabilito dal D. Lsg. n. 504/1992.

36 L’articolo 10, comma 1, lettera f), della L. n. 133/1999, prevedeva che dovesse essere operata “una revisione del sistema dei trasferimenti erariali agli enti locali in funzione delle esigenze di perequazione connesse all’aumento dell’autonomia impositiva e alla capacità fiscale relativa all’ICI e alla compartecipazione all’IRPEF non facoltativa. La perequazione deve basarsi su quote capitarie definite in relazione alle caratteristiche territoriali, demografiche e infrastrutturali, nonché alle situazioni economiche e sociali e può essere effettuata, per un periodo transitorio, anche in funzione dei trasferimenti storici”.

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Il quadro normativo così delineato, fatte salve alcune modificazioni, sostanzialmente resterà immutato fino al 2011, anno in cui, come già anticipato in apertura di capitolo, sono state introdotte importanti novità inerenti la fiscalità comunale.

Riepilogando, era dunque previsto che lo Stato potesse concorrere al finanziamento dei bilanci delle amministrazioni comunali (nonché provinciali e delle Comunità montane), per la parte di spesa corrente, mediante un fondo ordinario, un fondo consolidato ed un fondo perequativo degli squilibri di fiscalità locale, mentre, per la parte di spesa in conto capitale, con un fondo per lo sviluppo degli investimenti, un fondo nazionale ordinario per gli investimenti ed un fondo speciale per gli investimenti.

Sebbene dal 1983 si siano susseguiti svariati tentativi di superamento del criterio della spesa storica, in realtà tale metodo di erogazione dei trasferimenti erariali non è mai stato abbandonato definitivamente: si pensi, a titolo esemplificativo, che con la finanziaria del 2007, il Governo Prodi stanziò ben 12 miliardi di euro a favore di cinque Regioni in deficit sanitario e ancora durante la XVI Legislatura (Governo Berlusconi IV) sono stati assegnati a “piè di lista” 140 milioni di euro al Comune di Catania e 500 milioni di euro al Comune di Roma al fine di evitare il dissesto finanziario (Unioncamere Veneto, 2009). Attualmente, a seguito dell’emanazione della Legge delega sul federalismo fiscale, nel 2009, sembra essere stata intrapresa la strada verso il definitivo abbandono del metodo della spesa storica, prevedendo un riassetto del sistema di perequazione delle risorse tra Enti locali, il quale dovrà essere basato sul metodo dei costi e fabbisogni standard e su quello della capacità fiscale e che sembra aver messo, una volta per tutte, la parola fine al “ripiano a piè di lista” dei trasferimenti.

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