Come già in precedenza argomentato, i contratti da sponsorizzazione sono considerati dei particolari tipi di contratti pubblicitari. In quanto tali, essi seguono, pertanto, il medesimo trattamento fiscale previsto per gli introiti di natura pubblicitaria.
Potrebbe, tuttavia, essere sollevato un dubbio riguardo al trattamento fiscale di alcuni proventi da sponsorizzazione. In particolare ci si riferisce al trattamento fiscale degli sponsor ufficiali e tecnici nel caso in cui le società sponsorizzate partecipino a competizioni sportive internazionali, come nel caso della Champions League. Le scritte presenti nelle divise da gioco o nelle borse degli atleti, nel caso in cui la squadra giochi in trasferta, potrebbero considerarsi effettivamente utilizzate nel territorio in cui si sta disputando effettivamente la partita231, e dunque non assoggettabili ad IVA in Italia. Senza dimenticare poi
che tali “scritte” sono viste in diretta in ogni parte del mondo, grazie alla fruizione delle partite tramite piattaforme satellitari.
Pertanto, si ripresenterebbe lo stesso problema, affrontato nel caso di assoggettabilità ad IVA dei diritti televisivi derivanti da manifestazioni internazionali.
8. Il trasferimento di atleti e l’imposta sul valore aggiunto.
L’art. 3 D.P.R. n. 633/1972, elenca una serie di operazioni da considerare prestazioni di servizi. Al co. 5 viene disciplinata “la cessione di contratti di ogni
tipo e oggetto”.
La fattispecie della cessione di contratto, che ricomprende una vasta gamma di operazioni, viene assimilata ad una prestazione di servizi in virtù dell’effetto giuridico da essa scaturente.
Un caso significativo è quello che riguarda il trasferimento di un atleta da una società ad un’altra. Tale fattispecie è stata ricondotta a una cessione di
231 Si tratta sempre di stati, ma in tale circostanza ci si riferisce a stadi relativi a società
contratto e, come tale, sottoposta ad IVA in virtù del dettato normativo in questione. Il legislatore, infatti, con l’art. 5 della L. n. 91/1981 ha disciplinato che la cessione di un calciatore avviene a seguito della cessione del suo contratto ad altra società, che subentra ad esso, eventualmente modificandone alcune condizioni. La società cessionaria, infatti, non stipula un contratto ex
novo, bensì subentra in quello esistente tra la società cedente e l’atleta.
La questione finora dibattuta riguarda il trasferimento di uno sportivo tra società di capitali – soggetti passivi IVA -‐ residenti nel territorio dello stato e, pertanto, si configura come una prestazione di servizi assoggettata ad imposizione secondo l’aliquota ordinaria.
Qualora, invece, la squadra residente nel territorio italiano ceda il contratto ad altra società di capitali232, priva del requisito di territorialità
previsto dall’art. 7 ter D.P.R. n. 633/1972, la prestazione è soggetta a tassazione nel paese in cui è stabilito il committente stesso, seguendo il principio generale secondo il quale il luogo dell’imposizione è il luogo in cui avviene l’effettivo consumo del servizio, e, dunque, in tale fattispecie, il paese estero233.
232 E quindi in quanto tale assoggettabile alla relativa imposta sul valore aggiunto. 233 Con un esempio pratico, la contestuale cessione di Ibrahimovic e Thiago Silva dal
Milan al Paris Saint Germain ha costituito per la società di via Turati un provento non soggetto ad imponibilità ai fini IVA.
PARTE SECONDA
TRATTAMENTO FISCALE DELLE SOCIETA’ E
ASSOCIAZIONI SPORTIVE DILETTANTISTICHE
CAPITOLO 7
LE ASSOCIAZIONI E LE SOCIETA’ SPORTIVE DILETTANTISTICHE
1. L’attività sportiva dilettantistica.
L’attività dilettantistica consiste nello svolgimento di una pratica sportiva caratterizzata da finalità ideali e non lucrative. È fatto divieto, pertanto, ad un ente sportivo dilettantistico, in qualunque forma organizzato, di distribuire l’eventuale ricchezza residuale ai propri o soci/associati.
I criteri fondamentali che differenziano un’attività professionistica da quella dilettantistica, sono, tuttavia, come sancito dalle Federazioni, “rimessi
all’autonomia statutaria (delle Federazioni sportive nazionali) nel rispetto dei principi posti dalla L. n. 91/1981 e successive modificazioni.”.
In realtà, il Legislatore, con l’introduzione del D.M. 17 dicembre 2004234,
qualifica lo “sportivo dilettante” come quel “tesserato che svolge attività sportiva
a livello agonistico, amatoriale, ludico, motorio o quale impiego nel tempo libero”
escludendo, di conseguenza, “quei soggetti considerati sportivi professionisti.”235
Lo sportivo professionista236, al contrario, è quell’atleta, quel tecnico, quel
direttore sportivo o quel preparatore che svolge “a titolo oneroso con carattere
di continuità nelle discipline regolamentate dal C.O.N.I. e che conseguono la qualificazione di Federazioni sportive professionistiche, l’attività sportiva.” Ad
oggi, in Italia, gli sport considerati professionistici sono solamente sei: il calcio, il basket, il golf, il pugilato, il ciclismo e l’automobilismo.
La differenza tra attività sportiva professionistica e attività sportiva dilettantistica è rilevante fondamentalmente per tre motivi:
234 D.M. abrogato dall’entrata in vigore dell’art. 5 co. 2 bis L. 289/2002. 235 E. Vidali, Manuale delle associazioni sportive, 2010, pp. 44.
- perseguono uno scopo differente: lucrativo, le attività
professionistiche e ideale quelle dilettantistiche.
- sono soggette ad un diverso trattamento fiscale: il legislatore
privilegia la pratica dilettantistica, in virtù degli obiettivi ideali, teoricamente perseguibili.
- sono esercitate con differente natura giuridica: la pratica
sportiva dilettantistica, infatti, può essere esercitata sotto forma di associazioni riconosciute o non riconosciute e, solo da qualche anno, di società di capitali, prive di finalità di lucro. Coloro che desiderano, invece, esercitare una disciplina sportiva professionistica, ammesso che sia previsto dalla loro Federazione nazionale e concesso dal Legislatore, possono svolgerla solamente costituendo una società per azioni o una società a responsabilità limitata.
Con l’approvazione della L. n. 289/2002, il Legislatore ha regolamentato, definitivamente, la disciplina dell’attività sportiva dilettantistica, stabilendo che possa essere esercitata solo ed esclusivamente attraverso le seguenti forme giuridiche:
- associazione sportiva riconosciuta;
- associazione sportiva non riconosciuta;
- società sportiva di capitali o cooperativa, costituita secondo le
disposizioni vigenti, ad eccezione di quelle che prevedono la finalità di lucro.
Le associazioni e le società sportive dilettantistiche, in virtù di tale elencazione, possono, così, essere definite degli enti collettivi237 che sorgono
dallo svolgimento in comune di una attività sportiva priva di finalità di lucro238.
La qualifica di società e associazioni sportive, oltre a ricoprire una certa importanza dal punto di vista civilistico, assume rilevanza anche fiscalmente, sempreché rispetti determinate clausole statutarie, che tratteremo nei capitoli successivi.
Si ritiene opportuno, tuttavia, prima di affrontare in maniera dettagliata gli aspetti fiscali delle tre fattispecie predette, fornire una loro definizione “giuridica”, indicando le principali peculiarità dal punto di vista civilistico.