Nel 1872, grazie ad una convenzione tra Governo, Provincia e Comune venne deciso l’ampliamento dell’Istituto Superiore, anche per permettere alle molte collezioni conservate nel Palazzo Torrigiani di via Romana di trovare spazio. Stava venendo meno il concetto di museo unitario e si av- viò un periodo durato circa 20 anni durante il quale le collezioni furono spostate e collocate in diversi palazzi fiorentini. Nel 1872 fu l’astronomia la prima disciplina con relativa collezione museale a migrare verso il nuovo Osservatorio di Arcetri e nello stesso anno “il Municipio cedette all’Istituto un grande quadrato di fabbricati e terreni accanto e dietro la chiesa della SS. Annunziata“ [13, p. 7]. L’insegnamento della Chimica ed i laboratori vennero quindi trasferiti presso i locali di via G. Capponi 9, dove lo stesso Schiff disegnò e fece costruire, tra il 1882 ed il 1885, una grande aula per le lezioni, sul modello di quella di Gottinga. Il distacco dalla sede origina-
69 La vertenza tra Ugo Schiff e Domenico Amato finita sul tavolo del Ministero della Pubblica Istruzione è consultabile presso l’Archivio Storico dell’Università di Firenze, Soprintendenza del Regio Istituto di Studi Superiori, filza n. 81, anno 1872. A niente valsero le intercessioni dell’allora Direttore del Museo di Storia Naturale Filip- po Parlatore che cercò di far accordare i due contendenti senza successo.
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ria del Museo, inevitabile per le accresciute esigenze delle varie discipline, se da un lato ha significato crescita e specializzazione, dall’altro si è risolto anche in un impoverimento del patrimonio librario, e spiega come la bi- blioteca odierna rifletta solo parzialmente l’antica ricchezza di un percorso di studio e di ricerca che è stato invece molto vivace a Firenze. Si andavano formando biblioteche specialistiche per ogni disciplina ed insegnamento impartiti, il patrimonio librario venne cioè distribuito tra i vari gabinetti scientifici ed i docenti spesso incoraggiavano gli studenti a servirsene du- rante i loro esperimenti, durante le ore passate in laboratorio. Ne dà testi- monianza lo stesso Schiff quando afferma che:
Nella Facoltà di Scienze ogni laboratorio possiede la sua propria biblioteca particolare, e anche la maggior parte della biblioteca dell’antico Museo di Storia naturale è stata distribuita fra le singole cattedre [13, p. 10].
Sono anni in cui nelle biblioteche si discuteva del regolamento che stava per entrare in vigore, il “Regolamento organico delle biblioteche gover- native del Regno” emanato dal ministro Coppino il 24 ottobre 1885, n. 3464. Come emerge dall’analisi delle fonti archivistiche, fu istituita una commissione di indagine con il compito di raccogliere i pareri dei direttori e dei responsabili di biblioteca, non solo in merito all’organizzazione del patrimonio ma anche sulla pianificazione del personale. Ma già a pochi mesi dall’applicazione del regolamento “vennero mosse le prime critiche dai bibliotecari degli istituti scientifici annessi alle università. I bibliotecari chiedevano l’abrogazione degli articoli 63, 65 e 69 che disciplinavano i rapporti tra biblioteche universitarie e biblioteche speciali. […] Le diffi- coltà scaturivano essenzialmente dal desiderio delle biblioteche speciali di godere di una maggiore autonomia rispetto alla biblioteca universitaria” [2, p. 176]. Anche Ugo Schiff interverrà nel dibattito, con la convinzione ben precisa di dover difendere le biblioteche da laboratorio, le biblioteche speciali, affermando chiaramente nel 1887 quanto segue:
Da un quarto di secolo abbiamo sacrificato tempo e mezzi e lavoro, per creare nella Penisola un ambiente adatto per gli studi delle scien- ze d’osservazione e per provvedere i nostri laboratori di amminicoli grandi e piccini, non ultimi tra essi le biblioteche speciali, acquistate a poco a poco coi magri nostri risparmi. Se siamo riusciti a qualche cosa, se l’Italia è nuovamente entrata degna competitrice nella are- na scientifica, allora una parte non indifferente del successo spetta
appunto a queste biblioteche da laboratorio. Sarebbe un acerrimo nemico dello sviluppo scientifico del suo paese quello, che oggi vor- rebbe spogliarci delle biblioteche speciali […]. E’ affatto impossibile che riesca l’esecuzione di un regolamento come quello sulle biblio- teche dell’ottobre 1885. Ognuno di noi si crederebbe in dovere di muovere processi su processi prima di cedere un solo volume. Ed in fine le biblioteche centrali possederebbero un tesoro, che nelle loro mani si farebbe comune sasso e che non servirebbe più né al pub- blico, né agli studiosi. E noi? Che dobbiamo chiudere i laboratori? Certamente no! Con mille ripieghi noi troveremmo il mezzo per comprare una seconda volta sotto altro titolo quei medesimi libri, dei quali saremmo stati spogliati e senza i quali i nostri laboratori sarebbero monchi e muti [12, p. 10].
La biblioteca di laboratorio di cui parla Schiff altro non è che il fondo giunto fino a noi dove ritroviamo un gran numero di lavori di studiosi italiani e stranieri che erano in contatto con il professore: grazie ai suoi legami con la cultura scientifica europea la biblioteca si era arricchita di opere di scienziati come lo svedese Jacob Berzelius, l’Essai sur la theorie des
proportions chimiques et sur l’influence chimique de l’electricité, 1819, come
Sheele, Liebig, Wöhler e molti altri ancora. Del fondo fanno parte alcune opere enciclopediche70 e repertori bibliografici71 di notevole interesse. Tra i periodici possiamo annoverare quella che viene considerata la prima rivista di argomento chimico, vale a dire Chemisches Journal, fondato da Lorenz Florenz Friedrich von Crell, pubblicata dal 1778 al 1784, quando cambiò titolo in Chemische Annalen (1784-1804)***. Altre riviste del periodo sono gli Annales de chimie ou recueil des mémoires concernant la chimie et les arts
70 F. Selmi, Enciclopedia di Chimica scientifica ed industriale, ossia Dizionario genera- le di chimica, Torino, Napoli: Unione tipografico-editrice torinese, 1868-1881. Era questa un’opera prima del genere in Italia. Si trattava di una summa della tecnologia chimico-industriale degli anni Sessanta e Settanta dell’Ottocento, ma anche di un resoconto delle conoscenze teoriche dell’epoca: ogni argomento fu assegnato ad un esperto della materia e lo stesso Selmi partecipò alla stesura di molte ‘voci’.
71 Nascono in Germania grandi repertori bibliografici per la chimica: nel 1819 Leo- pold Gmelin pubblica la prima edizione dell’Handbuch der anorganischen Chemie, la più completa collezione di dati su composti inorganici, organometallici e di coordina- zione, mentre nel 1881 esce, ad opera di Friedrich Konrad Beilstein, la prima edizione dell’Handbuch der organischen Chemie, un repertorio bibliografico di chimica organi- ca unico per completezza delle informazioni raccolte e copertura temporale (contiene informazioni risalenti addirittura al 18 secolo).
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qui en dependant. Presente anche il famoso Pharmaceutisches Central-Blatt,
che nel 1850 cambiò il suo titolo in Chemisches-Pharmaceutisches Central-
blatt e nel 1856 divenne Chemisches Zentralblatt, pubblicato a partire dal
1897 sotto gli auspici della Deutsche Chemische Gesellschaft. Altre riviste prestigiose presenti nel fondo sono: Journal of the chemical society, Berichte
der Deutschen chemischen Gesellschaft, Journal of the American chemical soci- ety, Zeitschrift für angewandte Chemie.
Tra i volumi autorevoli troviamo il Magni Ippocratis medicorum facile
principis, un’edizione bilingue, in due volumi, dell’Opera omnia di Ip-
pocrate, annotata e commentata da Anuce Foes, medico francese, uscita a Ginevra nel 165772****. Nel fondo sono presenti la maggior parte delle pubblicazioni di Ugo Schiff, alcune rilegate in volume ed annotate dallo stesso autore, altre all’interno delle miscellanee.