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TRASFORMAZIONI / I CORPI DELLE DONNE

Donatella Pagliacci

Il corpo delle donne costituisce un ambito all’interno della ricerca di genere di primaria importanza, perché è attorno ad esso che si sono costruite, nel corso dei secoli, molte delle ragioni della loro discrimi-nazione. Legate alle funzioni dei loro corpi, le donne sono state inter-pretate come soggetti fragili e prive di forza, seduttrici e ammaliatrici, quando non addirittura streghe, e comunque generatrici, legate, quin-di, unicamente alla loro funzione procreativa.

Desiderati e violati, le donne e i loro corpi meritano di essere valorizzati e apprezzati, riconosciuti. La nostra riflessione – da approfondire e am-pliare - si focalizza su alcuni verbi che rivestono un significato peculiare per la comprensione e la valorizzazione del corpo delle donne: forma-re, cambiaforma-re, giudicaforma-re, rappresentaforma-re, sfigurare e liberare.

Formare ci rimanda al tema del potere performante del femminile e deformante della parola. I corpi femminili si formano e si deformano con il passare del tempo: da corpi in erba, le cui forme sono docilmente espresse dall’assenza di fattezze marcate, i corpi femminili diventano spazi per ospitare vita, capaci cioè di dare forma alla vita. Per questa ragio-ne, i corpi femminili sono corpi formanti e non deformanti, anche se assai spesso sono stati deformati da una violenza che ha molti volti e molti nomi.

Cambiare rimanda alla realtà dei corpi, perché la verità è che come tutte le realtà finite, anche i corpi cambiano e non possiamo non tenere conto delle loro trasformazioni. Il senso del giudicare ha a che fare con i tanti, troppi giudizi che sono stati espressi sui corpi. Giudizi palesi e striscianti, volgari e violenti, mortificanti e offensivi che tendono sempre a ridurre e sminuire gli esseri umani che sono quei corpi. Esposti e a volte persino ostentati, i corpi sono prede privilegiate della prepotenza cul-turale e dei pregiudizi che li fanno sentire sempre sbagliati.

Rappresentare: direttamente connessa al giudicare è la questione del-la rappresentazione, perché dietro ogni giudizio c’è un’idea, un’immagi-ne sulla quale vengono proiettate visioni più ampie ed ambigue, legate alla pretesa di ridurre l’altro ad un oggetto, una proprietà da possedere e dominare, controllare e ridurre a sé e tutto ciò è possibile anche ad opera della rappresentazione dei corpi. Una certa aggressività ed

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roganza che vengono praticate sui corpi, costituiscono un atto oltrag-gioso che tende a sfigurare i corpi, a volte in modo reale, altre volte in maniera solo simbolica. Cosa accade infatti quando i corpi non si sottomettono e rivendicano la loro libertà di essere? Spesso vengono

“costretti”, cioè ridotti, addomesticati a divenire docili ad assecondare il giudizio degli altri e la loro volontà di dominio, per dirlo con Foucault.

Così i corpi vengono deturpati tanto dalle parole che offendono, quanto dalle mani che feriscono. Il loro essere è sempre troppo o troppo poco, eccedenti e mancanti i corpi femminili sono soggetti ai fraintendimenti e ai tradimenti della comprensione. Per queste e per molte altre ragioni riteniamo indispensabile un lavoro capace di liberare i corpi delle don-ne, restituendoli a se stessi, alla verità del loro desiderio di essere, alla loro volontà di mostrarsi con o senza veli, coperti o scoperti, visibili o nascosti, disegnati o candidi, giovani o vecchi, affinché possano torna-re a desideratorna-re di muoversi ed esporsi, sottraendosi al controllo e alla potestà altrui.

In verità, i corpi hanno bisogno di riappropriarsi del loro potere e della loro potenza, del loro poter essere, potersi muovere, poter andare e tornare, alzarsi e abbassarsi, generare, crescere e invecchiare e infine rivendi-care persino il loro necessario poter o dover morire, manifestando in tal modo quella «potenza assoluta che custodisce il luogo umano del venire al mondo ma anche il nulla come il non più della nascita, la fine del continuum materno e simbolicamente del mondo»1.

I corpi femminili sono i soli ad essere pienamente capaci di ospitare, in essi la vita si fa spazio e il ventre diventa grembo, il cui compito è quello di tenere e contenere. Ora il senso ospitale del grembo è stato fatto coin-cidere con il suo uso, come se la donna potesse essere ridotta, addetta e adatta a tale scopo, come se vi fosse nel generare un che di scontato, dimenticando, osserva Adriana Cavarero, che «il generare è esperienza solo femminile ma non è un processo automatico e necessitante di cui le donne siano mero veicolo»2.

Oltre la generazione, il corpo femminile è più soggetto a tutta una serie di alterazioni e modificazioni che fanno sperimentare ad ogni donna «il suo corpo come una cosa opaca, alienata, in preda a una vita ostinata ed estranea (…): la donna come l’uomo è il suo corpo, ma il suo corpo è altro da lei»3.

1. A. Cavarero, “Nonostante Platone. Figure femminili nella filosofia antica”, Ombre corte, Roma 2014, p. 67.

2. Ivi, p. 71.

3. S. De Beauvoir, I”l secondo sesso”, ilSaggiatore, Milano 2012, p. 54.

Un’opacità che ha condizionato doppiamente la vita delle donne: tur-bate prima e non accettate dopo, a causa dei loro fluidi divenuti, non di rado, ragione di timori e di un disprezzo, che le ha trasformate in soggetti portatori di cattivi presagi, da tenere lontane. A tutto questo hanno pensato le tradizioni e i numerosi miti che hanno contribuito ad alimentare per molti secoli una grande quantità di pregiudizi.

Le donne sono state quasi costrette ad esibire solo quella che hanno ritenuto essere la parte migliore di loro, la loro esteriorità: i loro corpi eterei e rarefatti, sono divenuti oggetti ricercati, pregiati e apprezzati dal mondo della moda. Corpi che hanno finito per mascherare le possi-bili alterazioni, quasi dovessero garantire ai corpi e ai volti femminili una sorta di immutabilità nel tempo.

Per poter assicurare alla visibilità collettiva la gradevolezza di una for-ma perfetta e armonica, le donne hanno cominciato a giocare con i loro corpi, a volte perdendo un reale contatto con loro, altre volte provando letteralmente a costruire i loro corpi, alterandoli fino al raggiungimento del gradimento anche del palato più esigente.

Alle donne è stato sottratto così il loro potere, non più e non solo at-traverso il controllo sulla gestazione, per secoli in mano alle società patriarcali che hanno chiesto alle donne di essere corpi unicamente funzionali alla prosecuzione della specie, ma ora attraverso una richie-sta diversa: essere sempre disponibili a lasciarsi osservare, ridurre e mettere sullo sfondo, come fossero cornici (come recita un importante video realizzato sul corpo delle donne), che contornano il vero centro rappresentato dall’universo maschile.

Convinti di non essere mai abbastanza perfetti per la sfera sociale, che sempre predilige solo la vista di donne giovani, disponibili, toniche e magre, i corpi reali sembrano non avere diritto di cittadinanza nella scena pubblica, ciò perché come spiega Geneviève Fraisse: «È la bel-lezza l’essenza della donna»4.

Ogni spazio, da quello privato a quello pubblico compreso quello dei media o dei social, è occupato, sempre più spesso, da donne che esibi-scono corpi artificiali, frutto di sempre più precise tecniche chirurgiche, quasi che i corpi reali non potessero o dovessero essere visti. Le donne si convincono che per essere visibili devono addomesticare i loro corpi, renderli docili allo sguardo, dal momento che «la bellezza ben più che la ragione, offre la garanzia di piacere»5.

4. G. Fraisse, “La differenza tra i sessi”, Bollati Boringhieri, Torino 1996, p. 13.

5. Ivi, p. 14.

181 La vergine, Gustav Klimt, 1913 olio su tela, Národní Galerie, Praga

La giovane al centro distende le braccia in un groviglio di carni e tessuti, nell’estatica scoperta del suo corpo di donna.

Dalla sottomissione alla riproduzione fino alla dittatura dell’esposizio-ne, i corpi femminili si modificano continuamente, una volta prestando-si ad essere disponibili per la specie, oggi spogliandoprestando-si e mostrandoprestando-si, in una gara di pose seducenti e seduttive, sempre disposti ad assecon-dare il desiderio di un mondo che le vuole solo come oggetti di desi-derio, senza garantirgli ancora lo statuto di soggetti capaci di desiderio.

Capaci di dare forma alla vita, molti corpi sono oggi deformati e tra-sformati nella loro forma esteriore. Ma tutto questo ha anche un lato positivo: la continua e pressante esposizione dei corpi comporta altresì una maggiore cura, un maggior controllo in termini di salute e integrità, che vuol dire preoccuparsi del loro benessere, potenziandone o perfe-zionandone le prestazioni, ma anche semplicemente preoccupandosi di più di ciò che favorisce il miglioramento generale.

La sempre più accurata attenzione delle medicina preventiva verso le ma-lattie delle donne, la cura verso il rapporto tra percezione di sé e benes-sere complessivo ha permesso a molte donne di farsi carico del loro stato di salute, come non era mai avvenuto prima. Accanto a ciò, la conquistata libertà e autonomia di molte donne che hanno la possibilità di realizzarsi nella loro attività professionale ha permesso alle donne di far conoscere il loro essere spirituale e le loro capacità decisionali in molti contesti, politici, culturali, economici, oltre che artistici educativi e religiosi.

Decise e determinate a non cedere il loro potere, le donne oggi hanno maggiore consapevolezza della loro influenza e non sono più disponibili a cedere il posto a chi non sa riconoscere il loro valore e rispettare la loro autonomia. In questo lento, ma inesorabile processo di crescita e di ma-turazione, le donne hanno anche imparato a gestire la loro sessualità e il controllo sul proprio corpo, con maggiore lucidità di un tempo.

La conquista di un’auto-consapevolezza crescente sta permettendo, in maniera sempre più decisiva, alle donne di essere se stesse, senza cedere alle lusinghe del mercato, che le concepisce come prodotti o solo come consumatrici passive della moda e di tutto ciò che concerne il dominio dell’esteriorità.

Grazie alle molte lotte e conquiste per il riconoscimento della loro di-gnità, le donne sono oggi più che mai decise a conoscere i loro corpi e a non metterli semplicemente in pasto ai voraci meccanismi econo-mici. Ci auguriamo che anche questo conquistato potere sia per tutte e per tutti un nuovo traguardo verso la crescita di comunità umane più rispettose dell’identità di ciascun essere vivente.

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