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ANALISI DI SENSITIVITA’

3.4. Tuning dell’UDF per il modello di cilindro attuatore

3.4.2. Tuning della routine di stallo dinamico

Come descritto nel paragrafo precedente, l’azione di tuning sulla “routine” dello stallo dinamico è ruotata attorno alla calibrazione di cinque parametri: ωÎ], ωÎM, 𝑚, 𝑚ÐÑÒ e 𝑚ãäÐÑÒ. La procedura è stata divisa in tre fasi, tutte eseguite al TSR ottimale di 1.6:

1) Individuazione dei valori ottimali di ωÎ] e ωÎM, con tutti gli altri parametri fissati (sono stati lasciati quelli di default, già presenti nell’UDF);

2) Individuazione della miglior combinazione di 𝑚, 𝑚ÐÑÒ, con ωÎ] e ωÎM fissati ai valori precedentemente individuati e 𝑚ã

äÐÑÒ lasciato al valore di default;

3) Individuazione del valore ottimale di 𝑚ãäÐÑÒ, con tutti gli altri parametri fissati ai valori definiti.

Per quanto riguarda la prima fase, si è scelto un range entro cui far variare ωÎ] e ωÎM: in particolare ωÎ] era compreso tra i valori 0.01 – 0.2, mentre ωÎM tra 0.1 – 0.4.

Dopo aver creato una tabella di combinazioni tra i due parametri (Tabella 2), sono stati estratti i risultati e confrontati con quelli provenienti dal puro CFD.

CP medio da modello ibrido 𝛚Î𝟑 0.010 0.048 0.086 0.124 0.162 0.200 𝛚Î𝟓 0.10 0.3798 0.3755 0.3766 0.3777 0.3759 0.3749 0.16 0.3819 0.3826 0.3818 0.3823 0.3833 0.3806 0.22 0.3875 0.3825 0.3817 0.3828 0.3822 - 0.28 0.3802 0.3797 0.3793 0.3791 0.38 0.3775 0.40 0.3822 0.3818 0.3814 0.3867 0.3866 0.3747

Essendo il valore del CP medio della prova CFD pura di 0.3780, il margine di errore è già piuttosto limitato. Quel che interessa però in questa fase preliminare non sono tanto i valori medi, quanto gli andamenti della curva CP - q. In figura Fig. 3.10 viene riportato un caso esemplificativo relativo a ωÎ] variabile e ωÎM = 0.1.

Fig. 3.10. Effetto della variazione di ωÎ] sull’andamento CP - q, a ωÎM costante.

Quel che si nota immediatamente è che all’aumentare della frequenza ωÎ] la curva comincia ad oscillare nella fase decrescente in “upstream”. Essendo tale parametro associato ad una forzante caratterizzante una dinamica del primo ordine, è bene mantenerne un valore contenuto e quindi, dato che gli andamenti delle varie curve sono praticamente coincidenti (fatta eccezione per le oscillazioni), si è scelto di adottare ωÎ] = 0.01.

La stessa pratica è stata poi ripetuta per ωÎM: fissato il valore di ωÎ] = 0.01 appena

identificato, si è variato ωÎM per investigarne ancora una volta gli effetti sull’andamento della curva CP - q. I risultati di tale analisi sono riportati in Fig. 3.11, dove è evidente che il modello è abbastanza insensibile alle variazioni di ωÎM. Ai fini di stabilità si è scelto dunque

Una volta fissati questi due parametri, è stato possibile passare alla fase successiva di aggiustamento dei coefficienti angolari.

Fig. 3.11. Effetto della variazione di ωÎM sull’andamento CP - q, con ωÎ]= 0.01.

In questa fase si è proceduto in maniera analoga rispetto a quanto fatto per la calibrazione di ωÎ] e ωÎM, ossia si è assunto un range fisicamente ragionevole entro cui far variare i parametri e sono state poi eseguite le simulazioni alle varie combinazioni di questi ultimi. In particolare, il coefficiente angolare relativo al calcolo dell’angolo di stallo dinamico, 𝑚, è stato fatto variare tra 50 e 400 (si ricorda che esso è l’unico ad avere valore positivo); 𝑚ÐÑÒ tra -320 e -50 e infine 𝑚ã

äÐÑÒ tra -20 e -5. Prima di procedere, preme fare una precisazione:

nella fase di calcolo dell’angolo di stallo dinamico (𝛼) e dei valori minimi (𝛼¯z{, 𝐶ªÐÑÒ) l’UDF implementa le formule menzionate al paragrafo 3.4.1 e richiamate di seguito sotto forma di un “ ciclo if ”, variabile a seconda del numero di Reynolds (Fig. 3.12).

𝛼 = 𝛼-Í,µ(airfoil, Re) + 𝑚-Í(airfoil) 𝑟

𝛼¯z{ = 𝛼¯z{,µ(airfoil, Re) + 𝑚‹ÐÑÒ(airfoil) 𝑟

𝐶ªÐÑÒ = 𝐶ªÐÑÒ,â(airfoil, Re) + 𝑚ãäÐÑÒ(airfoil) 𝑟

Fig. 3.12. Righe dell’UDF per il calcolo, nell’ordine, di: angolo di stallo dinamico, angolo corrispondente al minimo valore

di CL e coefficiente di portanza minimo.

Nella valutazioni di 𝛼 e 𝛼¯z{, le formule al variare di Re differiscono soltanto per i valori inerenti alle curve statiche (che sono gli unici dipendenti da Re) e i coefficienti angolari rimarranno immutati all’interno di uno stesso “ ciclo if ”; le righe di calcolo per 𝐶ªÐÑÒ differiscono invece sia in termini di grandezze statiche, sia di coefficiente angolare.

Sulla base di questa premessa, questa fase di tuning è stata eseguita in un primo tempo mantenendo invariati i valori di 𝑚ãäÐÑÒ (di default pari a -5 -10) e performando tutte le

combinazioni sugli altri parametri (Tabella 3); a seguire, sulla base dei valori identificati, si è potuto agire anche sulla variazione del coefficiente angolare di 𝐶ªÐÑÒ.

CP medio da modello ibrido 𝒎𝒅𝒔 50 185 320 360 400 𝒎𝜶𝒎𝒊𝒏 -320 0.3028 0.3546 0.3528 0.3528 0.3528 -185 0.2960 0.3529 0.3530 0.3530 0.3530 -50 0.2833 0.3544 0.3545 0.3523 0.3523

Tabella 3. Risultati della seconda fase di tuning del modello di stallo dinamico: effetto della variazione di 𝑚-Í e 𝑚‹ÐÑÒ

sul valore del CP medio.

Si riportano in figura Fig. 3.13 e Fig. 3.14 gli andamenti CP - q per due dei casi esaminati, il primo a 𝑚 variabile e il secondo a 𝑚ÐÑÒ variabile. Dalla Fig. 3.13 appare subito chiaro come possano essere esclusi dalla trattazione i valori di 𝑚 pari a 50, 360 e 400: il primo mostra un andamento errato, con lo stallo troppo anticipato rispetto alla curva di riferimento; gli ultimi due non mostrano alcuna differenza dal caso intermedio (cioè 𝑚 = 185 − 320, vedi anche Tabella 3). Dalla Fig. 3.14 non si colgono invece sostanziali differenze sulla variazione di 𝑚‹ÐÑÒ: si sceglie di procedere adottando 𝑚‹ÐÑÒ = −185 in quanto lievemente

più coerente nella fase di “downstream”.

Sulla base delle considerazioni fatte finora e facendo riferimento alla Fig. 3.15, si sceglie di adottare una combinazione 𝑚 = 320 e 𝑚ÐÑÒ = −185, dato che, avendo già fissato 𝑚ÐÑÒ = −185, è quella con errore minimo.

A questo punto, si va ad agire sull’effetto di 𝑚ãäÐÑÒ: si confrontano quindi la coppia originaria di valori 𝑚ãäÐÑÒ = −5, −10 con 𝑚ãäÐÑÒ = −10, −15 e 𝑚ãäÐÑÒ = −15, −20. In figura Fig. 3.16 vengono riportati i risultati di tale prova, confrontati col CP medio di riferimento proveniente dalla simulazione di puro CFD.

Fig. 3.13. Effetto della variazione del coefficiente 𝑚-Í, con fissato 𝑚‹ÐÑÒ= −320.

Fig. 3.15. Scostamenti percentuali tra il CP medio proveniente da modello ibrido BEM-CFD e CFD puro per tutte le combinazioni considerate.

E’ evidente che la combinazione 𝑚ãäÐÑÒ = −15, −20 sia la migliore, con un errore del

modello ibrido rispetto al caso di riferimento soltanto dello 0.37% (l’errore relativo è stato calcolato come la differenza tra il valore del CP del modello ibrido e del puro CFD, tutto rapportato al valore da CFD puro). A testimoniare la buona riuscita dell’opera di tuning è anche il grafico CP - q mostrato in Fig. 3.17: la curva ottenuta dal modello ibrido non segue esattamente quella di riferimento, ma ne è comunque un’ottima approssimazione.

L’UDF è dunque a questo punto pronta per essere applicata ai nostri scopi.

CAPITOLO 4

RISULTATI

In questo capitolo verranno riportati tutti i risultati significativi provenienti dalle simulazioni effettuate. Come già rimarcato, le prove numeriche eseguite includono tutte quelle sostenute sperimentalmente presso IFREMER, con l’aggiunta di nuovi casi, beneficiano del fatto che, a differenza delle misure sperimentali, che sono piuttosto complesse e richiedono grande impiego di tempo e macchinari, la numerica non è affatto dispendiosa, se non in termini di tempi di calcolo. E’ buona pratica, infatti, confrontare i dati numerici con quelli sperimentali per alcune situazioni significative e, in caso di buona concordanza, affidarsi alla CFD per nuove analisi. Non essendo stato possibile conseguire un confronto tra i due approcci, si è ritenuto opportuno analizzare più casi possibili, al fine di investigare a fondo i meccanismi fisici coinvolti e analizzare quanti più fenomeni possibili

La Tabella 4 riassume tutte le situazioni investigate. In primo luogo, si presenteranno le valutazioni riguardo l’effetto della profondità di immersione in assenza e in presenza delle onde (con profondità di immersione “i” si indica la distanza tra il pelo libero e la punta delle pale), poi si analizzeranno invece gli effetti delle onde, variandone altezza (H) e periodo (T). Per quanto riguarda i risultati delle simulazioni con onde, essendo il campo altamente variabile a seconda della fase dell’onda, si è

pensato di riportare i profili di velocità mediati su un periodo d’onda alla distanza di 1D, 2D e 3D dalla turbina e, alle stesse distanze, anche i profili di velocità associati a differenti fasi dell’onda (0°/360°, 90° e 270°, Fig. 0.1), seguendo la stessa procedura adottata da Sufian et al. [4]. La prima analisi è stata realizzata tramite la funzionalità “export during solution” di Fluent, che ha

consentito di salvare i profili di velocità in delle posizioni prescritte, con una frequenza di campionamento di quattro timesteps. I file ASCII generati in questa maniera sono poi stati elaborati su Matlab, con uno “script” messo a punto per l’evenienza (APPENDICE B).

Fig. 0.1. Fasi dell’onda considerate per l’analisi

Essendo tale procedura molto elaborata, è stata effettuata solo per le analisi ad altezza e periodo dell’onda variabili, in quanto ritenute quelle a maggior variabilità.

Oltre a questi, per una visione immediata sulle caratteristiche della scia, sono stati fatti per tutti i casi con onde dei “rendering” medi del campo di velocità sull’ultimo periodo d’onda tramite la funzione “Data Sampling for Time Statistics” di Fluent. Si fa presente che, essendo i “rendering” mediati sul periodo d’onda, non sarà possibile captare la presenza delle onde sul pelo libero.