3. VIVERE E RACCONTARE “SOTTO IL CIELO DI ROMA”: traduzione e analisi d
3.3. Proposta di traduzione
3.3.7. Tutte le cose belle hanno una fine
In un batter d’occhio arrivò giugno, le lezioni di italiano di Yingxi sarebbero presto terminate, quando pensava al fatto che a breve non avrebbe potuto più rivedere tutti i giorni i suoi amati compagni e professori, si intristiva un po'. Quel pomeriggio il professore aveva spiegato delle metafore di uso comune, quando aveva detto «Una persona codarda come un coniglio», Yingxi aveva commentato con disinvoltura: «È molto comune che gli italiani mangino la carne di coniglio, mentre in Cina è una cosa rara.» Allora una ragazza marocchina rispose immediatamente con voce stridula: «I cinesi mangiano i gatti!» e in un attimo l’aula si riempì di risate. Yingxi pensò che la ragazza avesse perso la testa, le chiese freddamente dove l’avesse sentito dire e lei rispose che alcuni anni fa a Roma un ristorante cinese era stato sequestrato dalla polizia perché i proprietari avevano catturato un gatto in strada e l’avevano cucinato, spacciandolo per un altro tipo di carne. Yingxi era sbalordita e per un po’ non aprì
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bocca. Manuel era nell’angolo e rideva così tanto da non riuscire a respirare, non si sapeva se stesse ridendo per i cinesi che mangiano i gatti o per il grido esagerato della ragazza marocchina. Dopo essersi calmato, allungò la mano per prendere il cellulare di Yingxi e si mise a fare non si sa cosa. Anche il professore rise, poi disse che degli eventi eccezionali non possono essere considerati abitudini universali; come si può concludere che “i cinesi mangiano i gatti” a partire da uno scandalo di un certo ristorante? Poi continuò facendo un esempio: «A causa di un incidente un aereo atterrò su un’isola deserta, i superstiti sopravvissero con difficoltà. Alla fine non restò più niente da mangiare, così furono costretti a mangiare i corpi dei propri compagni morti. Si può allora dire che tutti gli uomini mangino carne umana? Come possono dei casi eccezionali essere trasformati in abitudini universali?» Questa volta a Yingxi tornò la voce e aggiunge: «Il professore ha ragione, ma forse è vero che alcuni ristoranti cinesi appendono la testa della pecora ma vendono la carne di cane, cosa non fa la gente per guadagnare di più? Tempo fa è emerso che in Italia delle pizzerie usavano delle lampade di scarto con residui chimici velenosi per la cucina tradizionale, anche questa è una dimostrazione di irresponsabilità verso la salute alimentare delle persone. Questi problemi ci sono in tutti i Paesi, e tutti devono attirare l’attenzione delle persone…»
Dopo la lezione, Manuel restituì il cellulare a Yingxi, lei lo guardò e vide che aveva meschinamente sostituito lo sfondo con una foto orribile della ragazza marocchina. Nell’immagine lei era accigliata e discuteva con la bocca aperta, le guance gonfie, sembrava uno Shar Pei che urla arrabbiato.
«Hai colto un momento tipico…» Yingxi guardando l’immagine vivida, approvò in segreto, ma quando tornò in sé non riuscì a fare a meno di rimproverarlo dicendo: «Non hai nient’altro da fare!»
«Ti ho lasciato un bel ricordino!» disse Manuel ridendo.
Presto arrivò l’ultimo giorno di lezioni, fecero una foto ricordo tutti insieme in classe, poi quelli che di solito erano gli amici più intimi restarono e si misero a parlare del solito argomento: dove si va a mangiare per festeggiare. Yingxi ci aveva fatto il callo, si discuteva ma non si prenotava mai, ogni volta si passavano la palla fino alla settimana successiva e poi a quella dopo ancora. Qualcuno disse di andare a mangiare una pizza, ma nessuno rispose. Gilberto di Santo Domingo d’un tratto propose di andare a mangiare cinese, Manuel applaudì con approvazione, anche il professore fu d’accordo. Tutti guardarono Yingxi, lei ci pensò su e poi disse che andava bene.
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Quelli che di solito prendono le decisioni raggiunsero finalmente un accordo, questa volta al primo colpo, così il gruppo partì alla riscossa.
Yingxi spiegò a tutti che in quel ristorante ci andava spesso con Dano. Così, dopo un po', un gruppo di persone europee, sudamericane e africane, che non avevano niente a che fare con il cibo cinese, si sedettero un po’spaesate al tavolo circolare del ristorante “La Grande Capitale”. Ancora prima di ordinare, Yingxi era già scandalizzata. Sapeva che agli italiani non piace bere bevande amare e non sono abituati al tè verde, così aveva ordinato del tè al gelsomino, pensando che fosse più dolce e profumato, ma si accorse che metà del tavolo stava aggiungendo lo zucchero al tè.
«Come fate a metterci lo zucchero?» Si lamentò. «Altrimenti non ha sapore!» rispose Moses.
«Io nel tè devo metterci o lo zucchero o il sale, se non c’è niente non riesco a berlo.» Disse Muna dall’Etiopia.
«Ma… questo tè ha già il suo sapore caratteristico! È così che va bevuto!» Urlò Yingxi. Poi arrivarono delle alghe fritte, involtini primavera, ravioli grigliati, xiaolongbao, chunbing. Tutti questi piatti nei ristoranti cinesi di Roma erano considerati degli antipasti. Muna assaggiò un raviolo grigliato e subito chiese che carne fosse, alcuni risposero in coro: «Carne di maiale!» Muna cambiò immediatamente espressione del viso, si coprì la bocca e scappò in bagno. Tutti si guardarono a vicenda sconcertati, finché una ragazza chiarì: «Lei è musulmana.»
«Ah…» Yingxi non aveva pensato al fatto che Muna fosse musulmana. Quella ragazza era sempre briosa, vivace e spensierata, così Yingxi aveva semplicemente dimenticato il suo background religioso. In realtà non avrebbe dovuto dimenticarlo, la maggior parte dei nordafricani è di religione musulmana.
Era quasi un quarto d’ora che Muna era via, qualcuno disse che di sicuro stava vomitando, e dopo averlo fatto avrebbe dovuto pregare. Erano tutti sulle spine mentre facevano delle ipotesi, dopo un po’ Muna tornò con un’espressione sorridente. Probabilmente aveva rimesso e si era pentita, così adesso era più rilassata. Prese posto e iniziò con entusiasmo a mangiare gli altri piatti.
Passato questo piccolo inconveniente, anche gli altri ripresero a chiacchierare e ridere animatamente.
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Yingxi notò che tutti usavano le bacchette in modo raccapricciante: Manuel infilzava l’involtino primavera con una bacchetta, proprio come Robinson Crusoe faceva con il pesce sull’isola deserta; Moses ne teneva una nella mano destra e una nella sinistra, come se stesse usando coltello e forchetta per tagliare l’involtino primavera; una ragazza africana sembrava molto brava a usare le bacchette, solo che purtroppo le teneva al contrario, e alla fine per una grande botta di fortuna riuscì a portare l’involtino nel piatto… Yingxi osservava di qua e di là, se non avesse visto sarebbe andato tutto bene, ma quando guardava restava sbalordita, solo il suo insegnante le usava con una certa grazia.
Quando tornò a casa scherzò con Dano dicendo: «Quei selvaggi, non ci vado più con loro al ristorante cinese!»