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Gli ultimi acquisti e il passaggio delle opere al British Museum

Il catalogo di una collezione è strumento fondante, ora come allora, per ricostruire il passaggio di opere in tempi passati e tracciare i movimenti delle stesse.

La lista del 1782 fa da riferimento temporale per l’arrivo in collezione di un piccolo busto di

Venere acquistato dal Cavaceppi, due busti di Bacco in marmo giallo conosciuto come giallo antico ed un console accompagnato da una Vittoria procurato da Piranesi a fronte di un

pagamento di £100, assente invece un busto di Minerva acquistato da Jenkins per la stessa cifra e visibile sullo sfondo dell’opera di Zoffany ad estrema sinistra.

Dal 1783 in avanti gli acquisti di Townley furono relativamente pochi; per la scoperta del busto

di Pericle rinvenuto da Gavin Hamilton nei pressi di Tivoli vengono addotte datazioni varie, ma

una licenza d’esportazione è datata 20 aprile 1784.217

In una lettera del 3 luglio 1781 Hamilton dopo essersi scusato per il suo lungo silenzio dovuto a “An Argue of malignant nature”,218 nomina al suo cliente l’erma di Pericle, definendola ben conservata e di valore, non sappiamo poi se si tratti di una mossa di mercato o meno fatto sta che nelle righe successive spiega come avesse promesso il busto anche all’Earl of Bristol che si era                                                                                                                

217 B. F. Cook, op. cit., 1985, p.

mostrato molto interessato, al contrario di Townley che fino a quel momento non era parso smanioso di aggiudicarsi il pezzo. Del 1785 è un disco di marmo, oscillo, (fig. 37) con la testa di un satiro, un ramo d’edera e un altare dal rilievo davvero appena pronunciato;così come altri oggetti commerciati da James Byres, anche l’oscillo non è registrato tra le entrate del catalogo, bensì sono segnati su fogli con filigrana differente, altri ingressi in questi fogli includono oggetti comprati all’asta nel giugno 1785 e luglio 1786. Tuttavia le date sembrano arrestarsi al 1786, una delle ultime è la Cariatide219 alta più di 2 metri, trovata vicino la Via Appia, durante il

pontificato di Papa Sisto V, si trovava a Villa Montalto-Negroni accanto ad una versione identica, fu Jenkins a trattare i prezzi delle due statue destinandone una a Townley e l’altra al Vaticano. Si tratta di un pezzo piuttosto celebre, inciso da Piranesi e studiato da Winchelmann; l’incisione di Piranesi mostra la Cariatide e altre statue incorporate in un portico di un piccolo tempio, come scrisse Townley si trattava di una ricostruzione pensata da Piranesi, ma per quanto la composizione fosse ingegnosa non esisteva alcuna prova che potesse sostenere le sue

supposizioni.

L’arrivo della statua a Park Street fu l’occasione per risistemare l’opera nella sala da pranzo dal catalogo del 1782 se ne evince che la Venere di Ostia perse la posizione di preminenza di cui godeva di fronte al caminetto, per sistemare la cariatide e furono messe una accanto all’altra ed innalzate da due piedistalli, provenienti da un sarcofago sempre a Villa Montalto, Townley ne acquistò anche la fronte che fu esibita sulla parete sinistra dell’ingresso di casa, finchè i tre pezzi non vennero riuniti al British. La Cariatide appare registrata con altri oggetti provenienti dalla Villa in un registro dato da Jenkins a Townley ma l’inchiostro differente usato per annotare questi oggetti suggerisce che essi fossero aggiunti dopo l’iniziale stesura del registro che sembra essere del 1783.

Un altro acquisto da Villa Montalto che fu motivo di rivisitazione dell’ingresso a Park Street, fu un bassorilievo di Bacco con il suo entourage che visitano la casa di un mortale, si è spesso pensato che potesse essere Icaro, cui il dio svelò come coltivare il vino. Townley lo posizionò in un pezzo del camino spostando il Poeta e la Musa (fig. 38) al di sopra della Sfinge, esattamente contro la parete opposta alla porta d’ingresso. In quindici anni di collaborazione Townley sembra aver versato a Jenkins £4629.

Nel giro di otto anni tutti i contatti romani di Townley e quella rete consolidata di collaboratori andò sgretolandosi: James Byres aveva abbandonato Roma nel 1790 e Gavin Hamilton morì nel 1797 e così quando Thomas Jenkins fu espulso dalla città durante l’occupazione francese nel                                                                                                                

1798 anche l’ultimo aggancio con Roma si spezzò. Va da sé che oltre questa data furono registrate ben poche acquisizioni del nostro collezionista.220

Alla morte di Lord Cawdor nel 1800 Charles Townley comprò una testa di Apollo proveniente dalla sua collezione cui seguirà nel 1801 il bassorilievo tombale di un ragazzo che pesca, ottenuto dalla vendita della Bessborough Collection, ma questo non fu registrato nei cataloghi e solo un disegno conservato al British Museum ne associa l’appartenenza alla raccolta di Park Street.

Il Lancashire Record Office conserva l’ampliamento e integrazione del catalogo Townley di quegli anni diviso in due volumi; il volume II si occupa delle opere disposte nella sala dei disegni e in biblioteca mentre il III elenca il contenuto della sala da pranzo.221

Tra le sculture che appaiono per la prima volta nel volume III ci sono una testa e un busto di Bacco, alto più di 2 metri; altra novità tra le sculture della sala da pranzo è un sarcofago romano con il matrimonio di Cupido e Psyche, portato nel Regno Unito dal Duca di St. Albans ed

acquisito da Townley quando il Duca morì, assieme ad un ritratto di Sofocle222(fig.39), una testa

di Giove, due piedi in marmo e un’urna cineraria scanalata che proveniva dalla collezione

Giustiniani.

Nel 1804 venne compilato un ulteriore catalogo con le ultime novità, dove si contano opere mai nominate in precedenza e di un certo interesse: un busto in basalto di Zeus Serapide, un busto

ritratto dell’imperatore Antonino Pio proveniente da Palazzo Barberini, un frammento di fronte

di sarcofago con iscrizione dedicata a Marco Sempronio Nicocrate. Non sappiamo quando di preciso queste si aggiunsero alla collezione, ma l’ultima scultura che entrò a farne parte fu un bassorilievo votivo presentato dal Duka di Bedford. Il bassorilievo è un lavoro greco del IV secolo a.C., in seguito ritagliato e trasformato. La parziale alterazione del vestiario quotidiano dei fedeli greci in uniformi militari romane deve essere stata una manipolazione del XVIII secolo. Taylor Combe presuppose che fosse possesso di Townley dal 1805 e data la sua scomparsa il 3 gennaio non dovette mantenerlo a lungo.

Il piano di lasciare in eredità l’intera collezione al British Museum era un disegno da sempre chiaro nella mente di Townley, ma dodici giorni prima di morire modificò le sue volontà                                                                                                                

220  B. F. Cook, op. cit.,1985, p. 16.  

221Il Volume I è mancante, ma inlinea di massima avrebbe dovuto elencare gli oggetti ospitati nelle rimanenti sale della casa.

222Questo busto di Sofocle fu rinvenuto da Richard Worsley ad Atene nel giugno 1785. Vedi: A. Michaelis, Ancients Marbles in Great Britain, Cambridge 1882, p. 277.

scegliendo di destinare la raccolta di antichità al fratello Edward Townley Standish223 a

condizione che fosse costruita un’apposita galleria a Burnley o a Londra. Edward era impaziente di spostare le opere alla Townley Hall, ma non c’erano fondi sufficienti per portare a termine l’impresa, dunque in mancanza di tutto ciò la legge ritenne valida la stesura testamentaria originaria e i marmi vennero acquistati dall’Act of Parliamnet per £20,000.

Il British Museum cominciò ad accusare problemi di spazio già prima dell’arrivo delle statue di Park Street in collezione, nell’estate del 1802 la partita di sculture egizie catturate dall’esercito di Napoleone ad Alessandria l’anno precedente, rese ancora più urgente l’espandersi dell’edificio oltre gli inadeguati confini della Monatagu House. Una lista di circa trenta pezzi fu trasmessa in anticipo rispetto al loro arrivo, ma il miglior ricovero che fu possibile trovare nell’immediato si rivelò essere il cortile. Tra le opere in elenco c’era la celebre Stele di Rosetta, che fornì indizi fondamentali per decifrare in modo definitivo i geroglifici egizi, la stele fu immediatamente inviata al museo con il resto delle sculture, la Società degli Antiquari pretese di studiarla e visionarla, dunque solo più avanti fu collocata al British.

La commissione designata di Thomas Astle, Joseph Banks e Charles Townley fu messa insieme nel per pianificare l’estensione del museo ed un nuovo edificio per le antichità egizie.

Il consiglio divulgò il verdetto finale il maggio seguente, dichiarando che i membri si erano ripetutamente incontrati nella casa di Townley, dove essi avevano avuto grande opportunità di studiare i migliori metodi per l’esibizione delle sculture. In più Astle, Banks e Townley avevano chiesto in parere all’architetto del Museo, George Saunders e dopo aver preso in considerazione la pianta proposta, avevano raggiunto la conclusione che un edificio di 90x45 piedi con una sala principale di 50x33 e 25 piedi di altezza sarebbe stato appropriato per le sculture egizie.

Le proporzioni della galleria principale venivano dettate proprio dalla collezione egizia cui essa era destinata: piani e sezioni vennero preparate e soppesate in base al display delle opere224 e si decise di supportare la costruzione tramite archi di mattoni, un materiale elastico ed adatto a sostenere l’ingente peso dei manufatti alessandrini.

Quando giunse la notizia che il British sarebbe stata la perpetua dimora della collezione di Townley i problemi di spazio si ripresentarono, ma la difficoltà fu risolta nell’estate dello stesso anno, e mentre si intrattenevano discussioni su come i marmi sarebbero stati ordinati, i lavori al                                                                                                                

223 Edward Standish era il fratello più giovane di Charles, che per lui aveva generosamente adattato la proprietà di Standish lasciatagli dalla madre.

224 Sembra che Saunders avesse progettato un grandioso schema neo-greco che deve essere stato respinto in una fase ancora molto iniziale.

nuovo edificio vennero sospesi, si decise che piuttosto che adottare un altro schema e perdere così il profitto della stagione estiva, la pianta originaria di Saunders sarebbe stata adattatata ed allargata.225

Con l’aiuto della marina militare le sculture egiziane furono collocate nella galleria principale mentre i marmi di Townley riempirono il resto del piano terra.

La Galleria Egizia e la raccolta di Park Street furono le grandiose new entries del periodo, ma c’erano comunque altri pezzi celebri al British, tra cui le prime acquisizioni effettuate per volere di re Giorgio III nel 1776, bisogna tuttavia precisare che l’acquisto della collezione Townley226

andò a formare il nucleo della raccolta di sculture greco-romane227, tanto quanto quelle egizie

crearono la propria nicchia.

La collezione di Townley era stata riunita poco alla volta a cominciare dal 1767 e in questo aspetto essa differiva dal nucleo Egizio o Assiro che venne portato nel deposito nazionale direttamente dai rispettivi paesi di provenienza, nessun altro gruppo di sculture del museo era una collezione nel senso in cui lo era quella di Townley, essa attraverso tutto il secolo continuò a costituire la più nutrita raccolta di scultura greco-romana ed il sogno espresso da alcuni studiosi del XIX secolo che i tesori sparsi nelle collezioni inglesi potessero un giorno essere inglobati nel Museo Nazionale non si materializzò mai.228

Nelle successive edizioni della guida del museo o Synopsis, pubblicata per la prima volta nel 1808, si era soliti definire come sculture greco-romane tutte quelle di Townley se non

diversamente specificato. In questa lista possiamo notare un pugno di alcuni pezzi provenienti da collezioni vicine a quella del nostro collezionista, per esempio la piccola collezione di marmi di Sir Hans Sloane oltre alla già menzionata collezione di vasi di Hamilton, acquisita nel 1772 tramite donazione o forse acquisto, assieme ad un piccolo numero di sculture.

                                                                                                               

225 B. Cook, ‘The Townley Marbles in Westminster and Bloomsbury’ in Collectors and Collections, The British Museum Yearbook 2, London 1977, pp. 57-66.

226 B. Cook, 1977, Op. cit., p.34.

227 Molte delle opere di Townley vennero classificati come ‘Greco-Romani’ o ‘sculptures of a mixed class, which, though dating from the period of the Roman Empire, and found chiefly in Italy, were executed generally by Greek artists, and in many instances copied, or but sightly varied, from earlier Greek’s works’, come venivano descritti

nell’Illiustrated London News del 26 Maggio 1855.

Dalla prima apertura della mostra nel 1808, altre sculture vennero esposte accanto a quelle di Townley e molte altre ancora andarono ad ingrossare l’intera collezione del museo, di conseguenza sebbene la collezione di Townley potesse ancora essere descritta nel 1904 come il nucleo della serie greco-romana ospitata al british, non era più possibile fare un distinguo esatto in termini di galleria di Townley.

228I marmi di Townley rimasero la prima e unica acquisizione di una grande collezione privata di opere greco romane, l’unico episodio che ad esso si avvicinò fu l’arrivo a Londra nel 1864 delle numerose sculture appartenenti alla collezione romana Farnese.

L’organizzazione dell’interno della Galeria di Townley fu dapprima affidata a Joseph Nollekens, ma a causa della sua malferma salute, l’incarico passò a Henry Tresham e al giovane Richard Westmacott.

Per Westmacott questo fu il primo incarico per il British ed egli continuò a collaborare con il museo fino alla morte che sopraggiunse nel 1856.229 Il 12 aprile del 1808 le sculture erano quasi tutte ai propri posti, in un’aria di fervente attività e collaborazione, al fine di terminare ogni ritocco entro il 3 giugno dello stesso anno, quando la regina Charlotte accompagnata dal Principe del Galles e Duca di Cumberland e Cambridge, si recò in visita privata per ammirare la nuova galleria e il suo contenuto.

Le sculture egiziane vennero collocate nella sala principale e i marmi di Townley ed i

bassorilievi in terracotta occuparono il resto.230 Le sculture non furono raggruppate nella stessa maniera in cui si trovavano a Park Street, il principio di organizzazione simmetrica caro a Townley fu rispettato: il Discobolo231 ancora una volta venne collocato al termine d’una lunga sequenza di sculture così da impressionare il visitatore e spingerlo ad affrettare il passo verso quel magnifico atleta dal corpo tornito e pronto a scagliare lontano il suo disco. (figg. 40-41) I bassorilievi campani e monumenti funerari romani, vennero alloggiati nei due corridoi che collegavano le nuove sale alla Montagu House, gli oggetti funebri vennero collocate in nicchie ricavate lungo la parete allo scopo di imitare i columbaria delle catacombe dell’antica Roma.232 Tale disposizione divenne una prassi standard nell’accomodare antichità funerarie in ambienti interni, anche se una soluzione in questo senso era già ampiamente praticata nel XVIII

secolo.Townley stesso a Park Street aveva così disposto i propri cippi funerari. Westamcott

                                                                                                               

229 D. Campbell, Sir Richard Westmacott, in (a cura di) S. Lee, Dictionary of National Biography, London 1909, Vol. XX, pp. 1266-1267.

230Le sculture non furono raggruppate nella stessa maniera in cui si trovavano a Park Street, il principio di organizzazione simmetrica caro a Townley fu rispettato: il Discobolo ancora una volta venne collocato al termine d’una lunga sequenza di sculture così da impressionare il visitatore e spingerlo ad affrettare il passo verso quel magnifico atleta dal corpo tornito e pronto a scagliare lontano il suo disco.

231 Si tratta del Discobolo scoperto a Villa Adriana della cui mediazione si occupò Thomas Jenkins. Il 21 Novembre scrisse a Townley che si sentiva giustamente speranzoso di ottenere la licenza d’esportazione per il lanciatore del disco.

Op. Cit., C.Hornsby-I.Bignamini, 2010, vol. I p.4-5.

232 Sull’uso delle columbaria nelle catacombe romane vedi: S. Crea, Il termine columbarium e la sua storia, in M.L.Caldelli, G.L.Gregori, S. Orlandi, in (a cura di), Epigrafia 2006 Atti della XIV rencontre sur l’épigraphiein

definì la sala in questione come un appartamento ricostruito ad imitazione d’un mausoleo romano per ospitare antichità funerarie.233

Un’altra caratteristica della Townley Gallery di Saunders che prendeva spunto da pittoreschi interni inglesi era la tribuna illuminata dall’alto, dove i busti e le sculture a grandezza naturale erano disposte su basi e piedistalli.

Susan Feinberg ci illumina sull’uso della tribuna ai tempi di Saunders distinguendo due usi paralleli di questa soluzione nel XVIII secolo: la tribuna come vestibolo circolare nelle case inglesi di campagna e la tribuna associata al gabinetto del collezionista, una piccola stanza per esibire le raccolte illuminata dall’alto.234

Ad ogni modo la serie di piccole stanze favorevolmente illuminate furono un colpo da maestro di Saunders, il gioco di luci e ombre generò un ambiente ideale ove disporre i marmi di Townley e più tardi quando l’edificio fu abbattuto per fare spazio alla nuova costruzione di Robert Smirke si sentì di aver perduto una delle migliori gallerie espositive che si fosse mai vista.

A partire dalla primavera del 1818 numerosi elementi architettonici provenienti da Libia ed Egitto intrapresero la via del British, incluse 150 tonnellate di colonne in marmo e granito donate alla monarchia britannica dal Bey di Tripoli. Mano a mano che la collezione si allargava

l’impellenza di estendere i museo divenne una priorità e sebbene dall’iniziale progetto di Smirke all’effettivo spodestamento dei pezzi di Townley dalla loro collocazione originaria passarono alcuni anni, l’epilogo della storia fu quello che segue.

L’estensione a sud dell’ala ovest del museo e la costruzione della facciata compressero la Townley gallery finchè non fu completamente demolita nell’inverno 1846.235 Nel luglio dello stesso anno vennero presentati i nuovi progetti e in quell’occasione si decise che i marmi Townley sarebbero stati esposti nel salone centrale e nella Phigaleian Gallery, si fece tuttavia                                                                                                                

233 R. Westmacott, Account of the Arrangement of the Collection of the Antique Sculpture lately placed in the British

Museum, London 1808, p. 48.

234 S.G. Feinberg, Sir John Soane’s Museum: an Analysis of the Architect’s House-Museum in Lincoln Inn Fields, London (PhD Thesis, University of Michigan, Ann Arbor, 1979), p. 200.

235 Inizialmente si era pensato che la galleria di Townley sarebbe stata un prototipo per le nuove ali della Montagu House ma invece quando giunse il momento di effettuare altri lavori, il gusto era mutato e l’attuale costruzione neoclassica disegnata da Sir Robert Smirke andò alla fine a rimpiazzare sia la Townely Gallery che la Montagu House. La demolizione della galleria cominciò nel 1846 e le sculture a mano a mano trovarono una nuova

sistemazione. Oramai la reputazione delle sculture romane e copie di originali greci nella collezione di Townley era calata di molto, il museo infatti aveva acquisito alcuni originali greci incluso il fregio dal tempio di apollo a Bassa nel 1815 ed i Marmi di Elgin nel 1816.

Per ulteriori informazioni sulla figura professionale di Robert Smirke ed il suo lavoro al British Museum si veda: J. Mourdaunt Crook, The British Museum, London 1972, pp. 73-104.

notare che non si era deciso nulla relativamente ai manufatti di piccole dimensioni che sarebbero parse smarrite nell’ampiezza della sala, mentre nella vecchia galleria erano state accomodate da Saunders in ambienti di ridotte dimensioni, in più mano a mano che le opere prendevano posto in altre sale la collezione di Townley rimase sempre più sola, rimanendo poi in solitaria compagnia della collezione anglo-romana.236

Quella s’intese essere la definitiva sistemazione della Townleu Gallery, accolta con il disappunto dei più, le sale non sembravano adatte e ben studiate per accogliere quella raccolta in particolare, era chiaro che la dimensione delle sale fosse adatta a grandi monumenti egizi ma non ad opere greco-romane, in particolare J. Fergusson dedicò due paragrafi al vetriolo all’argomento: “When Sir Robert Smirke made the design, the Graecian fever was at its height and among other

dogmas inherent in this absurdity, was the idea that perfect symmetrical regularity was a necessary and fundamental principle of this style. Never was doctrine so false and slanderous; but so it stood then: so Sir Robert believed and, consequently, because the royal library was built after one design, therefore, the sculpture gallery must be built exactly like it! If there are two