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Un approccio alternativo alla metonimia logica

Anche se la situazione risulta ancora molto confusa, è chiaro però che né l’approccio che fa riferimento soltanto al lessico, né quello che si basa esclusivamente su inferenze pragmatiche sono in grado di dare una spiegazione soddisfacente al fenomeno della metonimia logica. L’idea di una struttura complessa associata all’entrata lessicale del complemento oggetto, anche se intrigante, risulta essere troppo rigida e limitata, non riuscendo a spiegare il range di eventi impliciti a cui è possibile accedere per interpretare un’espressione metonimica. Per esempio:

a) My goat eats everything. He really enojoys your book (-> eating) b) John is a famous wrestler. He really enjoys a good fight (-> fighting) c) John is a wrestling fan. He really enjoys a good fight (-> watching)

Nella prima frase la struttura qualia associata a book non include l’evento MANGIARE (eating). Nelle altre due, anche se gli eventi potrebbero essere parte dell’entrata lessicale di fight, è comunque difficile immaginare come la conoscenza fornita dai qualia possa selezionare il ruolo giocato dall’agente nell’individuare l’interpretazione corretta. Dall’altro lato, anche basarsi semplicemente sulla conoscenza del mondo e su quella derivata dal contesto significa lasciare irrisolte molte altre questioni, senza tener conto che esistono diversi fattori che influenzano il fenomeno in esame. Di conseguenza si rende necessaria l’individuazione di una terza via che possa risolvere i problemi appena

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presentati. Zarcone et al. (2014) l’hanno trovata nella conoscenza generalizzata dell’evento (generalized event knowledge). Esiste ampia evidenza sperimentale sull’ipotesi che la comprensione del linguaggio si basi fortemente sulla conoscenza di eventi tipici. Per esempio, sappiamo che lavare i piatti include tipicamente un lavandino, dell’acqua, del sapone, ecc. Questa conoscenza generalizzata dell’evento è costruita sulla base di esperienze di prima e di seconda mano. Gli scenari quindi possono differire a seconda dell’esperienza del mondo degli individui, ma è molto probabile che persone che condividono lo stesso background linguistico e culturale avranno immagazzinato nella loro memoria lo stesso scenario corrispondente a quella determinata attività e lo attiveranno attraverso lo stesso input linguistico. Ma come vengono recuperati questi eventi? Elman (2011) ha suggerito una riconcettualizzazione del lessico mentale come un sistema dinamico in cui le parole funzionano da indizi per l’attivazione del significato e la conoscenza dell’evento, modulando così l’interpretazione in maniera incrementale (words-as-cues framework). In questo sistema quindi le parole non sono dotate di un significato di per sé, né sono viste come oggetti mentali che risiedono nel lessico, ma come “stimoli che alterano gli stati mentali”, interagendo in tempo reale e costruendo aspettative sull’input in arrivo. Tale approccio propone quindi una terza via che si pone a metà tra la posizione lessicale e quella pragmatica. Condivide infatti con quest’ultima la spiegazione del range di eventi impliciti accessibili, ma allo stesso tempo afferma che l’informazione necessaria a scegliere l’interpretazione adeguata è parte del lessico. A differenza però dell’approccio lessicale non associa ad ogni nome un insieme fisso di eventi, in quanto gli input linguistici possono attivare la conoscenza da un ampio range di fonti di informazione (lessicali e pragmatiche); e inoltre in molti casi la nostra esperienza nei confronti di quegli oggetti comprenderà eventi che vanno ben oltre quelli inclusi nella struttura qualia. Si distacca invece dall’ipotesi pragmatica, poiché non considera l’attivazione dell’evento come un’inferenza post-lessicale ritardata, ma assume un insieme di aspettative incrementali e adattabili che emergono immediatamente durante l’elaborazione. Nello studio di Zarcone et al. (2014) si testa quindi l’ipotesi che la conoscenza generalizzata dell’evento, che gioca un ruolo importante nel generare

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predizioni durante la comprensione online del linguaggio, guidi anche le aspettative sull’interpretazione dell’evento implicito nella metonimia logica. Se ciò è vero, allora l’elaborazione della metonimia dovrebbe condividere proprietà centrali con i casi “normali” di elaborazione online del linguaggio, in particolare essere incrementale, efficiente e veloce. Vengono qui registrate delle prove a favore di questo approccio utilizzando due tipi di compiti (self-paced reading e probe recognition task) e confrontando condizioni di alta tipicalità (dove l’evento implicito è segnalato dal contesto frasale: baker + icing -> spread) e bassa tipicalità (dove l’evento implicito non è segnalato dal contesto frasale: child + icing -> spread).Viene qui evitata la questione di quanto sia cruciale la type coercion alla metonimia logica, focalizzandosi sul ruolo della tipicalità nell’interpretazione e nel recupero dell’evento implicito. Sono state usate frasi in cui compariva anche il verbo esplicitato e la cosa interessante è che essendo uno studio sul tedesco, questo ha aiutato molto a confrontare in maniera precisa le due condizioni. Le due frasi infatti differivano soltanto per l’introduzione dell’evento alla fine, per il resto erano praticamente identiche (es. Der Konditor begann die Glasur -> der Konditor begann die Glasur aufzutragen / the baker began the icing -> the baker began spreading the icing). Si assume qui che l’integrazione del significato dell’evento implicito nella metonimia logica coinvolge gli stessi processi cognitivi come la previsione del verbo subordinato nella versione esplicita della metonimia logica (Zarcone e Padò, 2011). Le aspettative degli autori sono che il contesto del verbo metonimico (suo agente e paziente) sfrutterà lo scenario della conoscenza generalizzata dell’evento ad essi associato e produrrà le aspettative che costituiscono la comprensione dei lettori dell’evento implicito alla fine della frase. In maniera simile a Matsuki et al. (2011), gli autori predicono che ciò porterà ad un effetto di facilitazione: i tempi di lettura di eventi con alta tipicalità (e quindi previsti) saranno più bassi di quelli con bassa tipicalità, ma ancora plausibili. L’ipotesi lessicale non sarebbe in grado di descrivere un risultato simile, in quanto manca di un meccanismo dinamico che possa spiegare gli effetti del contesto; mentre secondo l’ipotesi pragmatica ci sarebbe un effetto di facilitazione ritardato (non in corrispondenza della posizione del verbo target, ma almeno una o due parole dopo). I risultati hanno

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confermato le ipotesi degli studiosi: nessuna differenza significativa è stata osservata tra le due condizioni nella posizione del nome-paziente; mentre un effetto maggiore di tipicalità è stato registrato all’altezza del verbo metonimico. L’esperimento qui condotto mostra quindi che i partecipanti sono più veloci quando leggono eventi segnalati dalla combinazione di oggetti con agenti di alta tipicalità. Assumendo che le aspettative per il verbo alla fine della frase e quelle per l’evento implicito siano le stesse, questi risultati sono considerati dagli autori una prova del fatto che la conoscenza generalizzata dell’evento è implicata nel guidare le aspettative delle persone sugli eventi impliciti. Nel secondo esperimento è stata poi indagata l’elaborazione propria delle frasi con metonimia logica senza la loro parafrasi (probe recognition task). Lavori precedenti suggeriscono che, quando attivati da segnali linguistici, gli elementi di uno scenario tipico di un evento sono difficili da sopprimere. L’ipotesi di questo secondo esperimento è quindi che, quando i partecipanti leggono una frase metonimica (dove l’evento implicito non è menzionato), segnaleranno il probe event nella condizione di alta tipicalità (baker + icing -> spreading), ma non nella condizione di bassa tipicalità (baker + icing -> eat). Nel momento in cui viene chiesto loro di decidere se l’evento è menzionato oppure no nella frase (word decision task), la risposta corretta ad entrambi i gruppi di frasi del test sarà sempre negativa (né SPREAD né EAT sono parte della frase); se l’evento però è stato inferito, sarà attivo nella memoria e i partecipanti avranno bisogno di più tempo per rigettarlo. È opportuno precisare, però, che l’effetto di tipicalità non deve essere considerato un effetto di priming del verbo dall’agente sul paziente. I materiali qui usati sono stati ben controllati, per cui è possibile escludere questa possibilità: ogni agente appare una sola volta come agente di alta tipicalità e una sola volta come agente di bassa tipicalità per un evento implicito. Quali sono quindi i vantaggi nell’adottare la conoscenza generalizzata dell’evento come spiegazione del fenomeno della metonimia logica? Esiste una solida evidenza sperimentale del fatto che la comprensione del linguaggio faccia un uso esteso dell’informazione dell’evento, come input plausibili in arrivo. McRae e Matsuki (2009) hanno stabilito che i parlanti utilizzano una conoscenza prototipica degli eventi quando costruiscono rapidamente delle aspettative. Adottare

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quindi la teoria della conoscenza generalizzata dell’evento per spiegare la metonimia logica significa: superare la rigidità della spiegazione basata sui qualia; fornire un modello più dinamico dell’interpretazione degli eventi impliciti; inserire l’interpretazione della metonimia logica in un contesto più ampio di fenomeni di interpretazione incrementale. The Words-as-cues Hypothesis afferma che la conoscenza generalizzata dell’evento determina l’interpretazione dell’evento implicito e gli esperimenti psicolinguistici hanno mostrato che tale interpretazione è sensibile a indizi intra-frasali (paziente e agente). In maniera più specifica, tale ipotesi sostiene che gli argomenti tipici guidano le aspettative sugli eventi e che l’evento implicito predetto è l’evento con il miglior adattamento tematico (thematic fit) dato dagli indizi intra-frasali (agente e paziente). Esprimere il problema dell’innesco in termini di preferenze selettive (derivate dal thematic fit) ha il vantaggio di usare un singolo meccanismo (quello appunto del thematic fit) per spiegare entrambi i problemi (innesco e fonte).

Parte II – Esperimenti

Ma prima farò alcuna esperienzia avanti ch’io più oltre proceda, perché mia intenzione è allegare prima l’esperienzia e poi colla ragione dimostrare perché tale esperienzia è costretta in tal modo ad operare. E questa è la vera regola come li speculatori delli effetti naturali hanno a procedere, e ancora che la natura cominci dalla ragione e termini nella sperienzia, a noi bisogna seguitare in contrario, cioè cominciando, come di sopra dissi, dalla sperienzia, e con quella investigare la ragione. Leonardo Da Vinci

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PARTE II – ESPERIMENTI