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Un modello di Business applicabile a LILIT

4. La Piattaforma LILIT

4.2 Il progetto LILIT

4.2.2 Un modello di Business applicabile a LILIT

Dopo aver esposto per grandi linee di cosa si occupa il progetto LILIT, come nasce, in quali ambiti è coinvolto, quali sono i suoi obiettivi, a chi si rivolge e in quale contesto è inserito, passiamo ora ad esaminare la parte più prettamente gestionale di quest’argomento, quella che a noi interessa più da vicino, facendo una disamina riguardante i concetti di business model applicabili al mondo di LILT, ovvero ragionare su come poter creare valore, su come generare ricavi economici, su quali servizi offrire e attraverso quali canali.

Prima di cominciare quest’analisi però credo sia doveroso insistere sul ricordare quale sia l’estensione del contesto geografico in cui opera il progetto LILIT e al quale si riferisce, momentaneamente confinato principalmente entro i limiti della regione Toscana. Non solo, ma è anche opportuno far notare le basi organizzative economiche funzionali e tecnologiche sulle quali LILIT si sviluppa, le sue potenzialità e capacità, non di certo paragonabili a quei modelli, da questa prospettiva molto distanti, che sono stati illustrati nel capitolo precedente. Verranno perciò fatti si paragoni tra quelle realtà e quella in cui LILIT vive, ma comunque tenendo sempre ben presente le dovute differenze contestuali e i giusti accorgimenti durante tali paragoni, al fine di non renderli privi di senso.

Nel capitolo precedente abbiamo esaminato alcuni esempi di business model adottati dalle piattaforme web di crowdsourcing tra le più famose a livello mondiale (Innocentive, Quirky, OpenIdeo), andremo ora a considerare quindi ciò che invece ci riguarda più da vicino: i possibili modelli di business che LILIT potrebbe e o dovrebbe adottare in riferimento alla gestione della sua attività di open innovation, sia nei confronti dei clienti, ovvero delle aziende e imprese che ne chiedano il servizio, sia nei confronti degli users membri della comunità, ovvero i solutori.

Nello specifico si andrà a trattare di come LILIT intende creare valore per sé e per gli altri (clienti, user, stakeholder in generale), ovvero come intende offrire il proprio servizio a livello di piattaforma web, con quali ritorni economici (derivanti da tale servizio), quali saranno le modalità d’incentivazione e remunerazione verso gli utenti i quali applicheranno le loro doti e conoscenze nelle varie discussioni, e come verranno poi trattate le proprietà intellettuali (IPR) degli utenti nelle diverse circostanze che si andranno a sviluppare. Questo lavoro verrà svolto cercando di capire quali siano le differenze che intercorrono tra i vari possibili modelli, gli aspetti fondamentali sui quali si differenziano, i vantaggi e gli

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svantaggi che ogni scelta porta con sé, per poi arrivare a dichiarare quale possa essere la strada migliore da intraprendere, senza perdere mai di vista il contesto in cui ci troviamo. La piattaforma web di LILIT è strutturalmente abbastanza semplice, infatti dopo essersi iscritti al sito e aver inserito le proprie skill caratteristiche sulle quali si hanno le maggiori conoscenze (queste skill saranno il valore discriminante per essere invitati ad una discussione piuttosto che ad un’altra in maniera congrua con l’argomento trattato), l’unico modo per poter partecipare ad una discussione (categoria sotto la quale avviene il processo vero e proprio di brainstorming virtuale all’interno del sito) è tramite un invito, oppure creandone una autonomamente diventando così l’amministratore della discussione stessa. Per tale motivo non sarà necessario fare una distinzione, relativamente alle scelte di business, tra modelli di discussione aperti e modelli chiusi. Perciò è già possibile fare una prima distinzione riguardante questa modalità di “chiamata” da parte di LILIT rispetto alla maggior parte delle piattaforme di crowdsourcing nelle quali la modalità dominante per quanto riguarda gli accessi alle discussioni è la open call, ossia qualunque utente registratosi al sito può liberamente partecipare e fornire il proprio contributo. Allo stesso modo queste stesse piattaforme hanno per la maggior parte entrambi i tipi di chiamate, ovvero dispongono sia di discussioni di tipo aperte accessibili a tutti, sia di discussioni di tipo chiuso accessibili solamente tramite invito proprio come LILIT. Ad oggi l’insieme dei contatti di LILIT è ancora ristretto, e la sua visibilità molto limitata, così come le sue funzionalità. Per un prossimo futuro però è auspicabile pensare al software di LILIT come ad una più grande realtà in grado di offrire maggiori servizi.

Difatti LILIT potrebbe organizzare la propria piattaforma secondo un modello per così dire “ibrido”, prendendo spunto dagli esempi visti nel capitolo precedente, e più precisamente progettando un’architettura funzionale mista, derivata dai processi peculiari di Quirky ed OpenIdeo (vedere capitolo precedente). Prendendo come riferimento questi due casi sopra esposti, LILIT potrebbe combinare le due diverse funzionalità offerte da OpenIdeo e Quirky. Infatti, importando quelle attività nel contesto universitario-toscano, sarebbe possibile offrire un duplice servizio:

 La raccolta di idee provenienti dal web per la realizzazione di manufatti innovativi (attività già praticata tramite la prototipazione rapida);

 La pubblicazione sul proprio sito di problemi e o iniziative (per conto di terzi, ovvero clienti, i quali potrebbero essere imprese e organizzazioni di ogni genere, pubbliche e private, da qui in avanti indicati con il termine inglese seeker), tramite le quali si cerca di arrivare alla generazione di soluzioni o nuove idee promettenti in campi

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diversi, vere e proprie sfide in cui gli utenti competono tra loro usando le proprie idee come armi, al fine di arrivare alla soluzione migliore per il problema proposto, e avendo in cambio premi in denaro.

Ecco che quindi, miniaturizzando e unendo i processi delle due grandi piattaforme, si potrebbe giungere ad un interessante compromesso da implementare nel progetto universitario.

Dopo questa piccola digressione, entriamo più nello specifico, andando ad elencare le diverse opzioni attivabili nell’ottica di un business strategico, avendo cura di prestare attenzione alla situazione presente, ma anche gettando lo sguardo alle possibili evoluzioni che la piattaforma potrebbe avere, come appena evidenziato.

Partiamo dal caso in cui il sito di LILIT, ossia la sua piattaforma web, venga utilizzato da un ente esterno (al momento non interessa specificare chi o cosa), poiché è intento di quest’ultimo agevolare la propria ricerca verso un qualsivoglia obiettivo o risultato, sfruttando la conoscenza della folla, in questo caso gli utenti registrati sul sito di LILIT, i quali dedicheranno un pò del loro tempo a tale scopo. Va qui ricordato ancora una volta che attualmente le modalità di partecipazione alle discussioni sul sito avvengono solo tramite invito, a seconda delle skill che ogni utente possiede e fornite al momento della registrazione alla comunità), che ovviamente dovranno essere congruenti con il campo in cui si svolge la ricerca del cliente esterno.

Postato il problema, quesito, o caso da parte del seeker per mezzo della piattaforma, la discussione ha inizio. Gli scenari alternativi che si potrebbero presentare sono i seguenti:

1. La ricerca fatta tramite la discussione sulla piattaforma non porta ad alcun risultato, nessuno tra gli utenti invitati è riuscito a proporre un’idea valida o a trovare una soluzione soddisfacente. È questa un’eventualità da considerare, poiché non necessariamente l’applicazione di tante menti diversi porta di sicuro ad una soluzione (le probabilità di trovarne una aumentano notevolmente ma non esiste la certezza di trovarla, ed inoltre gli utenti che oggi conta LILIT non sono moltissimi). In questo caso ci si potrà comportare in due modi differenti:

i) Il seeker non dovrà elargire nessun pagamento per l’utilizzo della piattaforma e il servizio di cui ha usufruito. Questa modalità di gestione del cliente è utilizzata ad esempio da Innocentive. Ha di certo il vantaggio di attirare più clienti, spinti dal fatto di non dover sostenere nessuna spesa qualora la loro ricerca non dovesse portare ad un esito positivo. Ovviamente una piattaforma leader nel settore può tranquillamente scegliere di applicare una strategia del genere avendo comunque

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diversi introiti e tantissimi clienti e partner strategici, ma in una realtà molto più ristretta, geograficamente e finanziariamente, come può essere quella in cui si trova LILIT, questa scelta sarebbe forse da preferire soltanto inizialmente, nella fase di lancio del progetto, quando la sua visibilità è ancora limitata per far sì che quest’ultima si espanda, raggiungendo mercati più ampi e acquisendo più clienti. Dovrebbe essere quindi una soluzione temporanea rivolta ad incentivare una prima fidelizzazione da parte degli enti esterni, e provare ad uscire da una visione ancora troppo di nicchia.

Per ciò che riguarda il rapporto con gli utenti i quali hanno partecipato alla discussione, ogni qualvolta questa risulti fallimentare, non riceveranno alcun tipo di ricompensa per il loro contributo, almeno non monetaria. Potrebbe esserci però un’ulteriore soluzione da prendere in esame nel caso non si giungesse ad un’idea complessivamente buona per il cliente. Infatti in LILIT è in uso un sistema di indici di perfomance dei partecipanti alle discussioni calcolati tramite vari indicatori, i quali vengono usati, tra gli altri metodi, come discriminanti per la creazione dei team costituiti dagli utenti da invitare. Questo “punteggio” può essere un indicatore dell’esperienza e del grado di partecipazione relativo allo specifico utente, che andrà non solo ad incidere sulle specifiche skill dell’utente stesso aggiornandole periodicamente nel tempo, ma servirà anche ad influire sui criteri di formazione del team.

ii) Il seeker dovrà sostenere il pagamento di una quota (che può essere fissa oppure variabile a seconda che cambi il servizio offerto o in base ad altre discriminanti) pattuita in precedenza, anche se non ha raccolto informazioni sufficienti al suo scopo. In questo caso non importa se sia stata o meno trovata un’idea vincente tra tutte quelle proposte, il cliente deve comunque farsi carico di una spesa dovuta al servizio offerto dalla piattaforma di cui ha potuto usufruire. Questa soluzione è adoperata da diverse piattaforme di crowdsourcing in tutto il mondo, e se il prezzo relativo alla commissione è ragionevole ed in linea con la realtà del mercato in cui ci si trova, questa può essere una buona strategia, ma soltanto qualora la comunità possa già vantare un discreto numero di contatti, ed abbia già acquisito un certa visibilità nella rete dei possibili clienti, così che questi scelgano comunque di affidarsi ad essa e non a qualche altra piattaforma che invece adoperi la prima strategia vista, dove in caso di fallimento il servizio sarà completamente gratuito.

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Nella prospettiva degli utenti che partecipano alla discussione invece le cose restano invariate, si avranno quindi le stesse modalità viste prima riguardo al loro trattamento.

2. Il secondo caso che può presentarsi è quando la discussione porti ad una soluzione implementabile per l’ente esterno, o si arrivi ad un’idea che può sviluppare. Anche in questo caso possono esistere due differenti modi di porsi nei confronti del cliente: a) Il cliente paga comunque solo una quota (vedere punto ii) che è stata stabilita tra le

due parti preventivamente prima del lancio della discussione sulla piattaforma. Con questa ipotesi si riceverà il pagamento una tantum dovuto al servizio offerto, senza tener conto dei risultati e dei profitti che il cliente in questione potrà raggiungere in futuro grazie all’idea raccolta dagli utenti di LILIT. Questo è un metodo usato raramente dalle comunità più grandi, le quali invece trattengono solitamente una percentuale dei profitti che il cliente andrà ad ottenere sviluppando l’idea vincente (come vedremo nel punto successivo). Anche in questo caso si potrebbe fare un discorso legato alla visibilità del sito, al lancio nel mercato e alla conquista di clienti. Infatti questa opzione potrebbe essere presa in considerazione inizialmente, attirando enti esterni convinti da una maggiore convenienza economica.

In questa ipotesi, in cui si riesca a giungere ad un concetto valido di cui il cliente si impossessa, bisogna ovviamente considerare se e come premiare l’utente che ha proposto tale concetto. Indubbiamente in quasi tutte le comunità di crowdsourcing colui che genera l’idea vincente viene ricompensato in qualche modo, per lo più con somme di denaro, a volte con incentivi, ed altre solo attraverso dei riconoscimenti. È a discrezione della piattaforma adoperare una strategia piuttosto che un’altra, in relazione sempre alle sue possibilità economiche, alla sua grandezza, alle sue risorse, ma è certo che l’opzione che attira maggiormente gli utenti è quella di poter ottenere premi in denaro. Ipotizzando sia proprio questa la modalità utilizzata, l’entità della somma monetaria potrà essere sia una quota fissa stabilita ed annunciata al lancio della discussione, sia un’ulteriore percentuale della percentuale spettante alla comunità, derivante dal pagamento da parte dell’ente esterno per il buon esito della discussione. Non solo, richiamando l’ipotesi fatta sull’eventuale assegnazione di punti agli utenti che partecipino alle discussioni, sarebbe logico attribuire una quantità sensibilmente maggiore di punti a coloro i quali abbiano proposto il concetto adottato poi dall’ente esterno, per far sì che si vada a creare una graduatoria in cui nelle posizioni più alte stazionino non solo utenti con il più alto numero di

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partecipazioni ma soprattutto quelli con il più alto livello di concetti scelti, così da poter utilizzare in maniera più congrua questa classifica come un ulteriore criterio di invito alle discussioni della piattaforma;

b) Come menzionato nel punto precedente, un’altra modalità da poter attuare è quella in cui il cliente paghi una somma di denaro maggiore rispetto alla quota (accordata prima dell’erogazione del servizio) dovuta nel caso appena visto, la quale può essere ricavata o come percentuale di un futuro successo dell’idea scaturita dalla comunità o dalla vendita di un prodotto/servizio realizzato con tale idea (ad esempio Quirky trattiene il 30% degli incassi delle vendite dei prodotti realizzati su proposta di utenti della rete), oppure può essere decisa a priori insieme al cliente in base a vari fattori discriminanti, che potrebbero essere:

 Indagini di mercato sulle previsioni di vendita (nel caso di un prodotto che sarà messo sul mercato);

 Previsioni di risparmio (nel caso di un nuovo dispositivo e/o processo che verrà utilizzato dal cliente per rendere più efficienti i suoi sistemi);

 Il tempo che ci vorrà per giungere al concetto finale (si potrebbe usare il tempo di permanenza della discussione sulla piattaforma dalla sua apertura fino alla chiusura);

 Quali utenti hanno partecipato alla discussione (nel caso in cui venga utilizzata l’opzione della graduatoria interna tra utenti come ipotizzato in precedenza);

 etc.

Questa seconda ipotesi è sicuramente più complessa, ed inoltre andrebbe fatta di volta in volta un’analisi sui fattori discriminanti insieme al cliente, e le due parti dovranno decidere la somma finale da dover pagare di comune accordo, e data l’incertezza di alcuni fattori potrebbero presentarsi casi di controversie o disappunti tra le due parti. Per questa ragione, ed anche per una ragione di uniformità con la maggior parte delle comunità di crowdsourcing si ritiene sia preferibile la prima possibilità, ovvero trattenere una percentuale sui ricavi futuri del cliente.

Qui si conclude la parte relativa all’utilizzo della piattaforma da parte di un ente esterno che ne richiede il servizio a LILIT al fine di by-passare la propria funzione di R&S per dare la loro ricerca in mano alla rete, sfruttando le potenzialità dell’open innovation.

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Andiamo ad esplorare ora la seconda parte, ossia quello che può verificarsi qualora sia l’utente in prima persona a proporre un’idea innovativa al team di LILIT per un possibile sviluppo o comunque ricevere un’analisi critica su ciò che è stato proposto.

Come avvenuto nella prima parte, anche qui ci saranno diverse scelte possibili:

 Sia che l’idea proposta venga accettata e dichiarata sviluppabile, sia che invece venga rifiutata, l’utente dovrà pagare un importo per aver usufruito del servizio di analisi e valutazione per opera del team della comunità (come abbiamo visto essere presente in Quirky per il quale la cifra esatta è di 99 dollari americani). È questa la modalità più diffusa tra le comunità che offrono tale servizio, con prezzi che si possono definire ragionevoli. Naturalmente qualora l’idea passasse al successivo step, ossia al processo di sviluppo l’utente non dovrà pagare nessun’altra commissione, ma sarà compito della società sostenere i costi relativi. Anche qui va fatta una valutazione più ampia e specifica del contesto attuale di LILIT, quindi a mio avviso una scelta del genere ad oggi sarebbe perseguibile con successo solo se l’ammontare da pagare richiesto agli utenti sia abbastanza contenuto;

 Altra ipotesi invece può essere quella in cui l’utente non deve elargire alcun canone, l’idea verrà inviata al team della comunità e da questo analizzata e valutata gratuitamente. Questa, a mio avviso, è la soluzione che meglio si confà con la realtà in cui LILIT si trova oggi. Avrebbe così di certo molte più richieste attirando a sé un numero maggiore di utenti, soprattutto coloro i quali non credendo molto nelle loro idee, alle volte in maniera ingiustificata ed erronea, vengono dissuasi dal farle conoscere per colpa di un esborso di denaro da dover sostenere, per quanto questo possa essere esiguo. L’unico aspetto “negativo” di questa scelta sarebbe di conseguenza la gran mole di concetti da sottoporre allo screening del team con relativo impiego di tempo, il quale risulterebbe infruttuoso tutte le volte che un’idea venisse accantonata.

Un discorso a parte è necessario fare nell’eventualità in cui l’idea proposta venga sviluppata, quindi venduta o comunque commercializzata, in generale come un prodotto. Se ciò accadesse saranno le regole stipulate nei relativi contratti a decidere i vari aspetti delle questioni legali e comportamentali delle due parti, ma a grandi linee, una buona parte dei ricavi saranno accreditati all’utente-inventore, e un’altra parte suddivisa tra la società che ha sviluppata l’idea, nel nostro caso LILIT, e i suoi partners che hanno provveduto alla produzione e commercializzazione del prodotto (ricordiamo che Quirky trattiene il 30% dei ricavi provenienti dalle vendite).

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Abbiamo visto fin qui un insieme abbastanza ampio di possibili alternative che possono essere adottate da LILIT per gestire le proprie scelte strategiche di business. Ovviamente potrebbero esistere altre strade possibili da seguire, ma quelle che sono state proposte sono certamente le tipologie più diffuse ed utilizzate a livello globale dalle maggiori comunità di open innovation.

Quando si penserà a quale combinazione di business sia la migliore per LILIT, non si potrà e non si dovrà prescindere da alcuni aspetti critici, quali il contesto di mercato in cui opera, la grandezza (in termini soprattutto di risorse economiche e umane) dei clienti a cui offre i propri servizi, la numerosità degli individui che compongono tale progetto e che lavorano per la comunità, le tecnologie a disposizione, il numero di utenti disponibili e le loro skill ed esperienze, l’estensione del tessuto geografico in cui si opera e nel quale possiede la maggiore visibilità, i suoi partner (numero e caratteristiche). Questi aspetti saranno influenti non solo per ciò che riguarda le scelte delle tecniche di business da implementare ma anche per i valori delle grandezze che verranno utilizzate nei relativi modelli scelti (canoni, premi, pagamenti, etc.)

Valutando tutti gli aspetti elencati sopra, e dopo aver fatto un’analisi anche dei sistemi utilizzati dalle altre piattaforme di crowdsourcing, sono giunto a quello che a mio parere può essere la scelta del modello di business migliore per LILIT:

 Nei casi in cui non si giunga ad un’espressione soddisfacente tra quelle proposte al cliente, a quest’ultimo non gli verrà addebitata alcuna spesa (in futuro se la piattaforma dovesse acquisire una maggiore notorietà si potrebbe allora pensare di stabilire un importo da pagare per il servizio offerto appunto dalla piattaforma web). Rispetto agli utenti invece, nel caso le loro idee o proposte non siano accettate, ritengo interessante ed anche motivante l’assegnazione di punti allo scopo di creare una graduatoria interna alla comunità che si presti a diversi usi possibili come già