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3. Il database degli studenti dell’Università degli Studi di Cagliari

3.1 Il contesto storico

3.1.2 L’Università dall’arrivo dei piemontesi alla prima metà dell’Ottocento

Per quanto, nel 1720, ai piemontesi fosse evidente la necessità di una riforma universitaria, Vittorio Amedeo II e Carlo Emanuele III la rimandarono a un secondo momento e rivolsero le loro attenzioni verso problemi più urgenti, come la necessità di rendere sicuro il possesso dell’isola e l’esigenza di avviare un processo di riorganizzazione degli ordinamenti interni e della vita politica amministrativa e produttiva che permettesse di recidere progressivamente i legami che la univano alla Spagna96. Era chiaro, però, che la “deispanizzazione” della cultura sarda sarebbe stata possibile solo se si fosse formata una nuova e giovane classe dirigente fedele ai nuovi principi e volta verso l’Europa settentrionale97 e per fare ciò era indispensabile riformare l’ateneo.

I lavori iniziarono nel 1755 a seguito dell’ordine di Carlo Emanuele III di costituire una giunta98 che raccogliesse informazioni sulle origini e i regolamenti sui quali si fondava l’università, descriverne le condizioni e infine avanzare proposte di riforma99. Le relazioni misero in evidenza la decadenza dell’ateneo, il numero delle cattedre non aveva subito variazioni nel tempo e pochissimi erano i docenti che tenevano le lezioni; a proposito della Facoltà di Teologia, considerata nel Seicento come la base degli studi superiori100, Ignazio Arnaud registrò che si insegnavano solo la Scolastica, cui si era aggiunto di recente l’insegnamento di Morale101; Pietro Giuseppe Graneri denunciava il fatto che i principi di morale 95 Ivi, pp. 11, 13.

96 G. Sotgiu, Storia della Sardegna Sabauda, Editori Laterza, Roma 1986, p. 15. 97 Nonnoi, Un Ateneo in bilico tra sopravvivenza e sviluppo, p. 13.

98 La giunta era composta dal viceré conte Bricherasio, militare di carriera ma dotato di notevoli

qualità politiche e amministrative; l’arcivescovo di Cagliari Giulio Cesare Gandolfi; il reggente Paolo Michele Niger, futuro presidente del Consiglio Supremo di Sardegna, e i giudici della Reale Udienza Francesco Ignazio Cadello e Ignazio Arnaud.

99 Sorgia, Lo studio generale cagliaritano, p. 29. 100 Ivi, p. 92.

101 Memoria di riflessione del giudice Arnaud sopra il piano del nuovo stabilimento che dovrà darsi all’Università di Cagliari secondo il parere della Giunta, Archivio di Stato di Torino (di seguito

ASTo), Corte, Paesi, Sardegna, Politico, Categoria 10, Università di Cagliari, mazzo 1, fascicolo 12, Memorie relative all’Università di Cagliari, vol. I., cfr. P. Merlin, Progettare una riforma.

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insegnati non erano dei più sani, e negli studenti iniziava a mancare «il buon

pascolo delle anime e la buona direzione alle coscienze102»; inoltre si stavano radicando sempre più le superstizioni e le credenze103. Il conseguimento dei gradi avveniva senza alcun obbligo di frequenza e per tale ragione si suggeriva di fissare un rigido percorso che prevedeva il conseguimento di gradi minori prima di giungere alla laurea104.

In questo panorama di cambiamento fu significativa l’attività del ministro Bogino105 che, nel 1759, fondò a Cagliari la Scuola di chirurgia affidata al

professore collegiato dell’Università di Torino, Michele Plazza106; nel 1760 istituì

il collegio di chirurgia107, nello stesso anno sospese la pubblicazione degli elenchi dei professori, ormai inutile in quanto negligenti, e, nel 1761, impose alla città di non pagare più lo stipendio ai professori che non svolgevano le lezioni.

102 Memoria per il ristabilimento dell’Università degli Studj in Cagliari, ASTo, Corte, Paesi,

Sardegna, Politico, Categoria 10, Università di Cagliari, mazzo 1, fascicolo 12, Memorie relative

all’Università di Cagliari, vol. I., edito in Merlin, Progettare una riforma, p. 64. 103 Ibidem, p. 64.

104 Ivi, pp. 14-15.

105 Giovanni Battista Bogino nacque a Torino il 21 luglio 1701. Dopo aver frequentato le scuole dei

gesuiti si laureò in ambe Leggi nell’università di Torino. Dopo la laurea si dedicò all’avvocatura e fin da subito diede dimostrazione delle sue grandi capacità che non passarono inosservate a Vittorio Amedeo II. Bogino ricoprì diverse cariche ma quello a cui è legata la sua fama fu la nomina, nel 1759, a governatore della Sardegna. In precedenza, dalla metà del Settecento, si era occupato delle gravi condizioni in cui si trovava l’isola dopo la dominazione spagnola; si preoccupò per prima cosa di migliorare l’ordine pubblico e l’amministrazione della giustizia, realizzò la riforma dei Monti frumentari, si occupò delle saline e della produzione di polvere da sparo. Per quanto riguarda il campo dell’istruzione aprì una tipografia regia, fece eseguire scavi archeologici, introdusse l’uso dell’italiano, fece stampare testi da vendere a basso prezzo, inoltre stanziò cospicue somme a favore dell’Università di Cagliari dotandola di una sede adeguata e di una biblioteca pubblica. Bogino morì a Torino il 9 febbraio 1784 dopo aver contribuito con il suo operato alla costruzione del Piemonte moderno. Cfr. G. Quazza, Bogino, Giovanni Battista

Lorenzo, in Dizionario biografico degli italiani, v. 11, Istituto della Enciclopedia Italiana, Roma

1969, ad vocem, consultabile al link https://www.treccani.it/enciclopedia/giovanni-battista- lorenzo-bogino_(Dizionario-Biografico)/ (ultimo accesso: 24 marzo 2019).

106 Michele Antonio Plazza giunse a Cagliari per la prima volta nella primavera del 1748, al seguito

di Giulio Cesare Gandolfi che, in quell’anno, era stato nominato arcivescovo della capitale del regno. In qualità di chirurgo del prelato, Plazza rimase in Sardegna per tre anni fino all’agosto del 1751, quando si allontnò per recarsi in Francia per approfondire e perfezionare le sue competenze medico-chirurgiche. Nel dicembre del 1752 rientrò a Cagliari per riassumere l’incarico al servizio di Gandolfi fino al 1754. Dopo di che, si congedò ancora una volta per rientrare a Torino, per tornare a Cagliari nel 1759 dove trascorse il resto della vita che giunse al termine il 23 febbraio 1791. Cfr. G. Nonnoi, Michele Antonio Plazza. Un chirurgo riformatore, in Riflessioni intorno ad alcuni mezzi per rendere migliore l’isola di Sardegna (1755-1756), Centro di studi filologici sardi, Cuec Editrice, Cagliari 2016, p. IX.

107 ASUCa, USCa, RUSCa, Sez. I, s. 1.2, b. 4, n. 1. Investitura del professore Michele Plazza,

dottore del collegio dell’Università di Torino, alla cattedra di chirurgia dell’Università di Cagliari per nomina del viceré Francesco Tana di Santena.

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Parallelamente all’attività riformista di Bogino, Tommaso Ignazio Natta108, arcivescovo di Cagliari, e Giuseppe Agostino Delbecchi109, arcivescovo di Alghero, portarono avanti le pratiche con il pontefice, in quanto senza la sua approvazione non sarebbe stato possibile portare a termine il progetto110. La bolla papale con cui Clemente XIII dava il suo benestare affinché si ricostituisse lo Studio Generale Cagliaritano, riconoscendogli la facoltà di conferire gradi accademici secondo i decreti del Concilio di Vienna e di Trento, giunse il 12 luglio 1763111.

Dopo un lungo periodo di elaborazione, le nuove Costituzioni furono ufficialmente promulgate il 28 giugno 1764112, ma l’apertura della Regia Università avvenne la

mattina del 3 novembre 1764 con una solenne celebrazione che, oltre alla riforma, celebrava il prestigio della monarchia e delle sue istituzioni113.

108 Tommaso Ignazio Natta, arcivescovo di Cagliari dal 1759 al 1763, nacque a Casale Monferrato

il 2 agosto 1710. Quando entrò a far parte dell’Ordine di San Domenico ricevette l’abito direttamente dalle mani di papa Benedetto XIII. Nel 1759, su proposta di Carlo Emanuele III, ricevette da Clemente III la consacrazione ad arcivescovo di Cagliari e nello stesso anno giunse nella diocesi. Durante il suo periodo a Cagliari non solo si impegnò nella rifondazione dell’Università, ma ricevette da Bogino l’incarico di riattivare la funzionalità dei seminari, sempre al fianco del Ministro si interessò alla rinascita dei Monti frumentari, intervenne nei confronti di istituzioni rappresentanti comunità straniere. Quando terminò la sua attività pastorale nel 1763, Natta guadagnò le terre del Granducato di Toscana, e nel convento dei frati domenicani di S. Marco a Firenze trascorse gli ultimi anni prima che la morte lo cogliesse il 4 luglio del 1766. Cfr. G. Puddu, Dizionario biografico dell’episcopato sardo. Il Settecento (1720-

1800), vol. 2, a cura di F. Atzeni, T. Cabizzosu, AM&D EDIZIONI, Cagliari 2005, pp. 167-173. 109 Giuseppe Agostino Delbecchi, vescovo di Alghero dal 1751 al 1763 e arcivescovo di Cagliari

dal 1763 al 1777, nacque a Oneglia l’11 aprile 1697 e studiò presso le scuole dei Padri Scolopi di cui divenne confratello nel maggio 1714. Delbecchi, durante il periodo di riforma voluto dalla Corte di Torino, fu per la Chiesa sarda una figura di indubbio rilievo. Nel 1762 si recò in missione a Roma con l’obiettivo di chiedere a papa Clemente XIII dei finanziamenti per l’Università di Cagliari, così ottenne per l’ateneo la prebenda canonicale di Assemini. Quando nel 1763, con la bolla Divinas humanusque scientias, con cui il papa ufficializzava la rinascita dell’università, Agostino Delbecchi veniva innalzato alla cattedra arcivescovile della capitale, in segno di riconoscimento per l’impegno profuso in questa causa. Cfr. Puddu, Dizionario biografico

dell’episcopato sardo, pp. 95, 98.

110 A. Lattes, B. Levi, Cenni storici sulla Regia Università di Cagliari, in Annuario della Regia Università di Cagliari, anno scolastico 1909-1910, Premiata Tipografia Valdès, Cagliari 1910,

pp. 63-64.

111 Sorgia, Lo studio generale cagliaritano, p. 31. La bolla di Clemente XIII fu emessa secondo i

formulari utilizzati nella Cancelleria Apostolica e seguì gli usi cronologici dell’incarnazione fiorentina, che ponevano il Capodanno il 25 marzo, giorno dell’Annunciazione. Di questo documento non è emerso l’originale che esisteva nell’Archivio di Stato di Torino. Per uno studio più approfondito si veda L. D’Arienzo, I documenti di rifondazione dell’Università di Cagliari, Università degli studi

di Cagliari, Centro interdipartimentale dei Musei e dell’Archivio storico, Cagliari 2014.

112 ASTo, Paesi Sezione Corte, Sardegna, Politico, categoria 10, Università di Cagliari, mazzo 2, n.

17, 1764, 28 giugno. Diploma di S.M. il Re Carlo Emanuele di restaurazione della Regia

Università di Cagliari; Costituzioni, 1764.

113 A. Guzzoni degli Ancarani, Alcune notizie sull’Università di Cagliari, in Annuario della Regia Università di Cagliari, anno scolastico 1897-1898, Premiata Tipografia Valdès, Cagliari 1898, p. 169.

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Le nuove Costituzioni, articolate in 29 capitoli, regolavano l’organizzazione delle quattro facoltà di Teologia, Giurisprudenza, Medicina e Filosofia e Arti, i compiti dei docenti e il conseguimento dei gradi114. La Facoltà di Teologia era composta da tre cattedre: Sacra scrittura e lingua ebrea, Morale e conferenze di durata quadriennale, e Scolastico-dogmatica e storia ecclesiastica di durata quinquennale115. La Facoltà di Giurisprudenza era composta da cinque cattedre: una di Jus pontificio; due di Jus cesareo, e due di Istituzioni canoniche e civili, i primi tre avevano durata triennale, l’ultimo, invece, di un solo anno116. La Facoltà di Medicina

era costituita da quattro cattedre: una Teorico-pratica, una di Materia medica, una di Anatomia e una di Istituzioni; i primi due corsi duravano tre anni mentre gli ultimi due solo uno117. La Facoltà di Filosofia e Arti era composta da tre cattedre di Filosofia, una di Logica e metafisica, una di Etica e da due cattedre di Matematica, una di Geometria e Aritmetica, e l’altra per le altre parti della Matematica118.

I cambiamenti più rilevanti delle Costituzioni furono:

- far passare sotto il controllo dello Stato piemontese i costi di funzionamento dell’ateneo che, sino a quel momento, erano gravati sulle casse della municipalità, generando in questo modo la statalizzazione dell’università sarda;

- sostituire la figura del rettore dal Magistrato sopra gli Studi119, un organo collegiale a composizione mista120.

Chiunque poteva iscriversi all’università ma il futuro studente doveva presentare al censore la documentazione che dimostrasse gli studi precedenti e il fatto che fosse

114 A. Mattone, P. Sanna, La «rivoluzione delle idee»: la riforma delle due università sarde e la circolazione della cultura europea (1764-1790), in Settecento Sardo e cultura europea: Lumi, società, istituzioni nella crisi dell’Antico Regime, Franco Angeli, Milano 2007, p. 21.

115 Costituzioni di Sua Maestà per l’Università degli Studi di Cagliari, Stamperia Reale, Torino

1764, Titolo VII.

116 Ivi, Titolo VIII. 117 Ivi, Titolo IX. 118 Ivi, Titolo X.

119 Il Magistrato sopra gli studi era composto dall’arcivescovo, dal reggente la Reale cancelleria,

del Giurato in capo, o sia primo consigliere della città, e dei quattro prefetti delle facoltà. Aveva il dovere di «vegliare all’esatta osservanza delle presenti costituzioni; che s’insegnino dottrine sane, non contrarie alla religione, ai diritti nostri, e della Corona; che si mantenga nell’Università il buon ordine, che fra gli impiegati, e specialmente tra li Professori si cammini in una perfetta intelligenza, ed armonia, concorrendo tutti al progresso degli studi», rispondeva direttamente al governo di Torino e per questo motivo alla conclusione di ogni anno accademico doveva redigere una Relazione da inviare alla capitale. Costituzioni di sua maestà, Titolo I, Capo 3.

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una persona onesta e di buona morale. A seguito dell’immatricolazione, tutti gli studenti erano obbligati a frequentare le lezioni e partecipare ai riti religiosi, ogni docente così come il direttore spirituale avrebbe rilasciato l’attestato di frequenza senza la quale non avrebbero potuto partecipare agli esami per il conseguimento dei gradi121. Ogni facoltà aveva durata quadriennale e i gradi a cui potevano aspirare gli studenti erano il baccellierato al primo anno per Teologia e Giurisprudenza, e al secondo per Medicina; la licenza al terzo anno e la laurea al quarto. La Facoltà di Filosofia e Arti, a differenza di quanto avveniva precedentemente alla riforma non rilasciava più il grado della laurea ma tale percorso era propedeutico e preparatorio alle altre facoltà e si concludeva con l’ottenimento del grado di Magistero122.

Per Teologia l’esame di baccellierato verteva sui trattati studiati durante l’anno, per Giurisprudenza sopra gli argomenti affrontati dalle due cattedre di Istituzioni e per Medicina sull’anatomia e le istituzioni123.

L’esame di licenza era privato e pubblico, per l’esame privato lo studente veniva interrogato per circa un’ora e mezzo sugli argomenti affrontati durante l’anno e su uno estratto a sorte dell’anno precedente; superata la prova poteva accedere all’esame pubblico, in cui era chiamato ad argomentare su due punti, sempre estratti a sorte fra le materie studiate l’anno precedente, non estratte all’esame privato, e divisi in dieci tesi. Il segretario aveva il dovere di registrare i titoli degli elaborati che lo studente avrebbe distribuito ai dottori collegiati tre giorni prima dell’esame124. Noi abbiamo testimonianza diretta di tali prove dai volumi conservati presso la Biblioteca Universitaria di Cagliari, contenenti i temi a stampa delle argomentazioni degli studenti125.

Solo se lo studente avesse superato l’esame pubblico di licenza avrebbe avuto la possibilità di accedere all’esame di laurea, anch’esso articolato in privato e pubblico. L’esame privato consisteva in un’interrogazione di due ore: per Teologia verteva su un argomento estratto a sorte tra quelli trattati durante il secondo anno e

121 Costituzioni di Sua Maestà, Titolo XII.

122 S. Barbarossa, E. Todde, “L’avanzamento delle lettere, dal quale in gran parte dipende la felicità dello Stato. La Facoltà di Filosofia e Belle Arti nell’Archivio Storico dell’Università di Cagliari. Sezione Prima (1764-1848), Grafica del Parteolla, Dolianova 2018, pp. 22-23.

123 Costituzioni di Sua Maestà, Titolo XVI. 124 Ivi, Titolo XVII.

125 I volumi che contengono gli elaborati a stampa sono conservati nel Fondo Antico e nel Salone

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non estratti nell’esame privato di licenza, e sulle lezioni di Storia ecclesiastica e Conferenze del primo e ultimo anno; per Giurisprudenza si basava sugli argomenti di Jus pontificio del primo anno e sulle Istituzioni civili; per Medicina era riferita a un trattato del primo anno non estratto durante l’esame di licenza e sulle Istituzioni. L’esame pubblico, invece, si svolgeva con le stesse modalità di quello di licenza, con la sola differenza che i temi venivano estratti a sorte tra gli ultimi trattati esaminati negli ultimi due anni e divisi in quindici tesi126. Anche in questo caso le

prove scritte in latino sono contenute nei volumi conservati presso la Biblioteca Universitaria127.

Tutti gli studenti che conseguivano la laurea in Teologia potevano conseguire la laurea in Giurisprudenza e viceversa solo sostenendo un esame privato di due ore su cinque trattati estratti a sorte della facoltà nella quale aspiravano a conseguire il grado e successivamente attraverso una prova pubblica su due punti, davanti al collegio128.

Per poter esercitare la professione di avvocato, però, era necessario, dopo la laurea, un periodo di pratica di due anni129 e lo stesso valeva per i medici, che dovevano fare pratica presso un ospedale oppure presso qualche medico accreditato130.

Per quanto riguardava gli aspiranti farmacisti, droghieri e speziali, solo il Protomedico generale di Sardegna131 poteva rilasciare l’autorizzazione a vendere i 126 Ivi, Titolo XVIII.

127 Conservati sempre nel Fondo Antico e Salone. 128 Ivi, Titolo. XVIII, art. 5.

129 Anche chi aveva la licenza poteva svolgere la pratica ma non presso la Reale udienza, il tribunale

del reggente la Real cancelleria, del Regio patrimonio, la Real governazione, e i Regi delegati con autorità di Prefetto pretorio.

130 Ivi, Titolo XVIII, artt. 6-8.

131 Il Protomedicato venne istituito in Sardegna da Alfonso V d’Aragona con carta reale del 26

settembre 1455 e da quel momento iniziarono ad emanarsi regolamenti sanitari per la tutela della salute pubblica. Le nuove leggi che furono emanate nel 1592-1594 e nel 1602-1603 dai Parlamenti presieduti dal marchese di Aytona, Gastone de Moncada, e dal conte di Elda, Antonio Coloma, disposero che gli aspiranti medici non potessero esercitare la professione senza essere stati esaminati prima dal protomedico e da tutti i dottori in Medicina e senza aver svolto almeno dieci anni di pratica presso esperti chirurghi. Il protomedico era il più alto magistrato in materia sanitaria e nel tempo fu investito di sempre maggiore autorità, infatti, intorno al 1730 per rafforzarlo fu istituito l’ufficio del Protomedicato generale, composto dal protomedico, un professore di medicina teorico-pratica e uno di materia medica, sostituiti in caso di necessità da un dottore del collegio della facoltà di medicina nominato dal Magistrato sopra gli studi. Oltre a dare le proprie opinioni sulle questioni mediche e proporre le misure igieniche che riteneva opportune, aveva il compito di compilare i regolamenti per l’esercizio professionale dei medici, chirurghi, farmacisti e speziali, che veniva sottoposti all’approvazione del Magistrato. L’istituto

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prodotti medicinali; per poter essere ammesso all’esame ogni candidato doveva presentare al censore dell’università la documentazione che attestasse i suoi buoni costumi, di aver frequentato il corso di dimostrazione sull’uso delle piante che il docente di Materia medica svolgeva nell’orto botanico, e di aver fatto la pratica presso un speziale, di cinque anni per esercitare la professione in città e di tre anni per le ville. L’esame consisteva in una prova pratica e una verbale. La prima prevedeva delle prove pratiche da svolgere in tre giorni presso la bottega di uno dei due sindaci degli speziali, mentre l’esame verbale si svolgeva presso l’università e aveva durata di un’ora: il candidato era chiamato a illustrare le caratteristiche, l’efficacia e l’uso di sei erbe estratte a sorte132.

Gli studenti iscritti alla Scuola di chirurgia avevano gli stessi obblighi degli studenti delle altre facoltà; il titolo che si conseguiva era quello di chirurgo per le città o per le ville: i primi seguivano due anni di corso e dovevano svolgere due anni di pratica in ospedale e superare due esami, uno al terzo anno di un’ora e mezzo sulle materie insegnate; l’altro, al quarto anno, consisteva in due operazioni estratte a sorte da eseguire su un cadavere; i secondi solo un anno di pratica e l’esame era uno solo al terzo anno e diviso in due parti: la prima orale di un’ora e mezzo sulle materie studiate; mentre la seconda consisteva in un’operazione estratta a sorte da eseguire su un cadavere133.

fu regolato ancora una volta nel 1764 con la “restaurazione” dell’università, in sostanza manteneva gli stessi incarichi con la differenza che l’ufficio rispondeva al Magistrato sopra gli Studi. Il 4 ottobre 1842 Carlo Alberto approvò il Regolamento pel Magistrato del Protomedicato

Generale di Sardegna, e per l’esercizio delle professioni che dal medesimo dipendono, che

riduceva le sue competenze lasciandoli solo la superiore vigilanza e ispezione di coloro che esercitavano la medicina e la chirurgia, e la supervisione delle farmacie. Con le regie patenti del 30 ottobre 1847 e il regio decreto del luglio 1848, le attribuzioni sul regolare esercizio delle arti salutari passarono al Consiglio superiore e ai Consigli provinciali si sanità e al Protomedicato rimase solo il compito di stabilire l’idoneità degli aspiranti all’esercizio di dette arti. Con regio decreto del 12 maggio 1851 l’istituto fu abolito e tutto ciò che riguardava lo studio, l’esame e la pratica dei farmacisti, speziali e droghieri passo sotto la competenza dell’istruzione pubblica.