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Up-front come meccanismo riequilibratore delle prestazioni in swap c.d non par

Prestazioni a carico del cliente

6.5 Up-front come tecnica negoziale del contratto

6.5.2 Up-front come meccanismo riequilibratore delle prestazioni in swap c.d non par

Un’ultima qualificazione dell’up-front, sempre in termini di tecnica negoziale del contratto di IRS, è quella che lo ricollega al dettato dell’abrogato allegato n.3 del Regolamento Consob n. 11522/1998, il quale disponeva che “alla stipula del contratto, il valore di uno swap è sempre nullo”484. Con tale disposizione si faceva riferimento alla nota distinzione fra swap par e non par, intendendosi con par quei contratti in cui le obbligazioni (meglio i flussi attualizzati dei valori scambiati485) incombenti sulle parti al momento della stipulazione siano fra loro equivalenti, e per non par i casi in cui esse non si equivalgano, ma al contrario vi sia uno squilibrio tra i flussi attesi a carico delle due parti486.

In tale contesto, data la necessità di equivalenza tra le prestazioni attese al momento della stipulazione, l’up-front costituirebbe un meccanismo posto a tutela della parte onerata da un derivato non par487, ovvero un “elemento riequilibratore del contratto dovuto a fronte della necessità di riequilibrare la posizione del cliente maggiormente svantaggiato”488

. A corollario di ciò si avrà che il valore dell’ up-front sarà “tanto più alto quanto più negativo è il valore del contratto per il cliente”, finendo lo stesso per costituire un “costo implicito del contratto”489

.

484 Par. 4, parte II, allegato 3 al Reg. Consob 11522/1998 485 Trib. Pescara, 11 ottobre 2011

486

L. Calzolari, p. 1380

487 In questi termini si è espresso anche il direttore generale della Consob, dott. M. Tezzon, il

quale, in un’audizione davanti alla Commissione generale Finanze della Camera dei deputati del 30 ottobre 2007, ha spiegato che ove gli swap fossero, ab origine, contratti non par, ossia laddove presentassero “al momento di stipula un valore di mercato negativo per una delle due controparti, poiché uno dei due flussi di pagamento non riflette il livello dei tassi di mercato”, l’equilibrio finanziario delle condizioni di partenza sarebbe ristabilito “attraverso il pagamento di una somma di denaro” da parte del contraente “avvantaggiato” al contraente “svantaggiato” e “tale pagamento, che dovrebbe essere pari al valore di mercato negativo del contratto, prende il nome di up front”

488

Trib. Terni, ord. 8 febbraio 2012, in Contratti, 5, 2012; a tale proposito la Commissione Tributaria Provinciale della Lombardia – Provincia di Milano, sent. 30 maggio 2011, n. 192, in Contratti, 5, 2012, afferma che “gli up-front hanno lo scopo di compensare futuri flussi di mark to market negativi, in quanto riducono o annullano la perdita intrinseca che il contratto derivato presenta in origine, per una delle parti, riequilibrando le posizioni contrattuali”

489

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Tale interpretazione, invero, maggiormente condivisa da parte della giurisprudenza490, nonché da parte della dottrina491, ha portato molti giudici a concludere che l’eventuale disvalore negativo posto a carico del cliente, se non compensato dall’erogazione dell’up-front, finisce per costituire un “costo occulto”492

e “indebito”493, “sottaciuto alla controparte in violazione delle prescrizioni normative in materia” di obblighi informativi494

. E tale costo occulto, se erogato all’interno di catene di rinegoziazioni, finisce per creare fenomeno di progressione cumulativa delle commissioni occulte.

Inoltre tale costo “occulto”, come confermato dalla giurisprudenza, può condurre a decretare la nullità del contratto stesso in quanto, “la possibilità di ravvisare nello schema di base delle operazioni IRS una causa in astratto - coincidente con lo scambio di flussi corrispondente al differenziale che, nel tempo di esecuzione del contratto, si determina tra due tassi di interessi differenti e predefiniti, applicati a un capitale nozionale di riferimento - non preclude di verificare, con riguardo al contratto intervenuto tra le parti e considerato nella sua specifica conformazione, l'esistenza di una causa in concreto. Ne consegue che nell'ipotesi di contratto non par (ovvero non presentante, al tempo della sottoscrizione, un differenziale nullo), qualora la misura dell'up-front non valga a ristabilire la condizione di parità tra le parti, l'operazione dovrà ritenersi affetta da squilibrio genetico e pertanto qualificarsi nulla per difetto di causa in concreto”495

, in ragione della sua “incapacità di realizzare la funzione di copertura del rischio”496

.

490

Solo per citare alcune pronunce Trib. Orvieto, 12 aprile 2012; Trib. Pescara, 11 ottobre 2011; Trib. Pescara 3 ottobre 2012, in ilcaso.it; Trib. Pescara, 24 ottobre 2012; Corte App. Trento 5 marzo 2009

491

M. Onado, p. 327 osserva come “l’up-front può essere visto, per chi lo riceve alla stipula del contratto, come il valore attualizzato di flussi maggiori che si pagheranno in futuro rispetto alla controparte”. M. Elia, I. Molinari, p. 2; F. Vitelli, p. 171

492

Trib. Orvieto, 12 aprile 2012

493 Trib. Pescara, 3 ottobre 2012, in ilcaso.it, nella sentenza viene chiarito inoltre come tali

addebiti, non compensati con un’adeguato up-front difettino di una causa giustificativa

494

Trib. Monza, 17 luglio 2012

495 Trib. Orvieto, 12 aprile 2012, in ilcaso.it 496

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Nonostante il consenso riscosso, specie in giurisprudenza, tale tesi è stata contestata da parte della dottrina sull’assunto che il meccanismo del ricarico dello

spread sul flusso atteso a carico del cliente, finalizzato al recupero del capitale

erogato con l’up-front (oltre ai relativi interessi), non aumenta il rischio (rectius l’alea) insito nel contratto poiché non fa altro che aggiungere un tasso fisso ad una prestazione variabile, che continuerà ad essere determinata dallo stesso livello di volatilità del tasso di interesse497.

Un’ulteriore critica alla tesi dell’up-front quale “pagamento immediato a favore del cliente in ragione dell’accettazione di un rischio maggiore”498

è stata avanzata da alcuni autori i quali hanno osservato come, nella prassi, la determinazione della prestazione dovuta dal cliente alla banca in caso di erogazione dell’up-front viene svolta in funzione della somma da elargire al cliente, indipendentemente dalla valutazione dei flussi futuri a carico delle parti, che dipenderanno anch’essi dallo spread applicato. In tale prospettiva è difficile configurare la clausola di up-front come anticipazione di flussi, risultando più immediata la sua valenza creditizia.

497 R. Marcelli, p. 11 498

142 Capitolo settimo

LA NATURA GIURIDICA DELL’OPERAZIONE DI RIMODULAZIONE