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4. Ottimizzazione del processo

4.2 Utilizzo di Ψ e approccio risolutivo

La novità di questo elaborato risiede nell’utilizzo di Ψ per l’ottimizzazione della produttività dell’impianto:

esso fornisce informazioni cinetiche indirette sul calo di reattività del sistema negli istanti finali del processo, nei quali la velocità di conversione del reagente dosato decresce notevolmente in seguito al quasi completo consumo del reagente precaricato. Il tempo caratteristico della reazione, infatti, dipende dalla concentrazione di B, più o meno marcatamente a seconda degli ordini di reazione; se una reazione presenta

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una dipendenza del primo ordine rispetto a questo reagente, il tempo caratteristico della reazione sarà pari a t

(ª∗ b).

Osservando l’andamento di Ψ è dunque possibile stabilire l’istante in cui la reattività del sistema diminuisce notevolmente: dato che Ψ rappresenta il rapporto tra la potenza termica asportata realmente dal reattore e la potenza termica che si dovrebbe asportare in condizioni di target, un rapido decremento del parametro sarebbe significativo di una notevole diminuzione della potenza termica asportata del sistema e quindi sinonimo di una diminuzione della velocità di conversione (più la reazione è lenta, più la potenza termica asportata sarà ridotta).

Come già detto in precedenza, l’incremento della produttività dell’impianto è il risultato della minimizzazione dell’intero tempo di processo, ossia della somma di tempo di dosaggio del coreagente e tempo di maturazione (oltre che della minimizzazione dei cosiddetti tempi morti del processo, ottenibile tramite l’utilizzo di due vessel in sequenza). Per raggiungere questo obiettivo è necessario apportare modifiche volte a minimizzare il tempo caratteristico dei fenomeni limitanti di ogni fase; il tempo totale di processo può essere infatti suddiviso in due frazioni:

1. Una prima frazione in cui la concentrazione del reagente precaricato è sufficientemente alta da garantire una reattività elevata, nella quale, essendo la velocità di conversione pari alla velocità di alimentazione del reagente dosato ( <'#*≫ <">&¡), l’incremento della produttività può essere raggiunto aumentando la velocità di dosaggio, sempre mantenendo i picchi di temperatura inferiori rispetto alle temperature massime consentite con un buon margine di sicurezza. In queste condizioni il fenomeno limitante è dunque la velocità di asportazione del calore prodotto dalla reazione; l’aumento della produttività dell’impianto può essere quindi raggiunto massimizzando la capacità di scambio termico disponibile, ossia mediante l’installazione di una superficie di scambio termico supplementare esterna al reattore, la quale offre l’ulteriore vantaggio di rendere quasi isotermo il funzionamento del reattore semi-batch isoperibolico (aspetto da non sottovalutare in ottica di monitoraggio del reattore).

Questa fase ha una durata che va solitamente dall’inizio del dosaggio fino al 60-80% circa del tempo di dosaggio

2. Una seconda frazione, all’interno della quale la reattività del sistema subisce un forte decremento in seguito all’avanzato consumo del reagente precaricato, soprattutto se l’ordine di reazione rispetto al reagente B è relativamente alto (con ordine di reazione unitario questa dipendenza è fortemente marcata). Il fenomeno limitante che caratterizza questa fase è quindi la cinetica del sistema e l’ottimizzazione del processo passa dunque attraverso il recupero della reattività perduta.

Una via percorribile è quella di sopperire al calo di reattività dovuto al consumo del reagente

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precaricato attraverso l’incremento della costante cinetica della reazione, ossia applicando incrementi “a gradino” della temperatura del reattore, resi possibili attraverso una semplice modifica della temperatura del fluido refrigerante in entrata al sistema. Questa procedura permette un consumo più rapido del reagente dosato, accumulato all’interno del reattore soprattutto successivamente alla caduta di reattività; ciò comporta il raggiungimento di una conversione maggiore alla fine del periodo di dosaggio, ma soprattutto una considerevole diminuzione del tempo di maturazione della miscela reagente a valle della fine del dosaggio, con conseguente risparmio in termini di tempi complessivi del processo.

Questa fase si presenta nell’ultima frazione del periodo di dosaggio (più o meno precocemente in funzione dell’ordine di reazione rispetto al reagente precaricato) e per tutto il periodo di maturazione. La scelta dell’istante in cui applicare l’incremento di temperatura può essere effettuata osservando il trend di Ψ: una volta scelto un valore soglia sotto il quale si ritiene che la reattività del sistema sia troppo bassa (per esempio quando Ψ scende a valori inferiori a 90), si effettuano delle prove sperimentali alla scala di laboratorio e si applica lo step di temperatura nell’istante in cui Ψ scende sotto questo valore soglia. Questa valutazione viene effettuata a prescindere dalla cinetica che caratterizza il sistema reagente, in quanto Ψ fornisce informazioni indirette sulla cinetica, ma è misurabile attraverso variabili di facile misurazione, che prescindono dalla risoluzione del modello matematico del reattore.

L’entità della variazione di temperatura viene stabilita in relazione alla sicurezza del sistema, ossia scegliendo un valore che consenta di non raggiungere le temperature limite della reazione mantenendo un buon margine di sicurezza, per cui anche questa scelta può essere effettuata tramite semplici simulazioni alla scala calorimetrica; inoltre è possibile applicare più di uno step, raggiungendo valori di temperatura inversamente proporzionali alla concentrazione del reagente precaricato nell’istante considerato.

A titolo di esempio, viene riportato il trend di Ψ per un calorimetro che opera la nitrazione del 4-Cloro Benzotrifluoruro a cui viene applicato un incremento di temperatura pari a 10°C a 3/4 del tempo di dosaggio ([ = 3/4).

59 Figura 4.1. #_•P

1FQZ = 10; 1#‚ƒP

FQZ = 30; <'#*= 1ℎ Osservando il trend di Ψ mostrato in Figura 4.1 è possibile notare che:

• Nel momento in cui viene applicato l’incremento di temperatura del fluido refrigerante, il profilo di Ψ crolla poiché la potenza termica asportata decresce drasticamente

• Negli istanti successivi allo step, il sistema tende a riportarsi verso condizioni di pseudo-regime e di conseguenza Ψ ritorna a valori sicuri (nell’intorno di 80)

• Ψ assume valori negativi negli istanti immediatamente successivi allo step; ciò è possibile se si adotta un ΔT abbastanza grande da rendere la temperatura del fluido refrigerante maggiore rispetto alla temperatura del reattore. In questo caso si avrebbe una potenza termica entrante nel sistema e di conseguenza valori di potenza termica asportata (e quindi di Ψ) negativi.

Una volta studiata la fattibilità delle modifiche alla scala calorimetrica, è poi necessario operare lo scale up delle condizioni operative alla scala industriale:

Durante la prima fase, in cui il fenomeno controllante del processo è l’asportazione della potenza termica prodotta, è necessario conservare lo stesso valore di Cooling number alle due scale;

siccome l’efficienza di asportazione diminuisce sensibilmente passando dalla scala calorimetrica a

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quella di impianto (il rapporto (UA)/V diminuisce all’aumentare delle dimensioni del dispositivo), il tempo di dosaggio dovrà avere il comportamento opposto, ossia aumentare notevolmente.

Nella seconda fase, invece, essendo la cinetica di reazione il fenomeno limitante del processo, è possibile scalare il tempo di dosaggio utilizzando un fattore unitario, in quanto la cinetica (a differenza dell’efficienza di asportazione del calore) è invariante alle due scale.

Le differenti efficienze di scambio termico tra le due scale non implicano solamente due tempi di dosaggio diversi, ma anche temperature di picco differenti; questo aspetto è positivo in termini di conversione dei reagenti, in quanto avendo temperature leggermente più alte in impianto è possibile raggiungere la conversione target in tempi inferiori, ma è da tenere sotto controllo dai punti di vista della sicurezza e della qualità (la temperatura di picco raggiunta deve essere inferiore rispetto alla temperatura massima consentita). A tale scopo, è necessario scegliere l’entità dello step in sicurezza già alla scala calorimetrica e per fare ciò è possibile valutare il valore di MTSR residuo al momento dell’applicazione dello step stesso: in caso il valore di MTSRsia inferiore con un buon margine di sicurezza (ampiamente più grande del ΔT che si vuole applicare) rispetto a una temperatura scelta come valore limite (di solito la temperatura di decomposizione della miscela reagente), l’applicazione dello step preso in esame sarà lecita e sicura, poiché in questo modo le differenti efficienze di scambio termico alle due scale non rappresentano più un problema.

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