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L'idea di una riforma radicale per migliorare l'umanità è sempre esistita e si è estrinsecata con varie modalità attraverso i tempi: essa è il sogno dell'Occidente, la nostalgia del Paradiso Perduto e il tentativo di giungere ad una Terra Promessa233. I sogni greci si situavano per la maggior parte nell'”aldiquà”; la

felicità e con esse le sue istituzioni erano poste in modo immanente nella vita esistente, cui fungevano da modello234. Ma nella Roma in decadenza non c'era

più nulla di immanente che potesse servire da modello. Bloch azzarda che tra le varie “salvezze” in concorrenza tra loro ha avuto la meglio – “sfruttando politicamente questo bisogno di novità – il cristianesimo paolino”235.

Nonostante le evidenti differenze di forma letteraria, di “moralità”, e in genere di cultura, le analogie che esistono tra gli scritti utopistici e la religioni non sono occasionali o limitate alla superficie. L'interesse nei confronti dei segreti del cosmo, è una diretta conseguenza di quella che in termini moderni chiameremmo una “mentalità religiosa”. Infatti, nel racconto fantastico la terra di utopia suole delinearsi attraverso una rivelazione, che è un fatto tipicamente religioso. Sembra che non si possa fare a meno di connettere l'inizio dell'esperienza utopica con qualcosa che abbia un sapore di miracolo, anche se si vuole restare su un terreno naturale e razionale236. New Atlantis si apre con l'apparizione di una

232 Ivi, pp. 158-185.

233 J. Servier, Storia dell'utopia, op. cit., p. 8. 234 E. Bloch, Il principio speranza, op. cit., p. 576. 235 Ibidem.

mirabile colonna luminosa sul mare, portante una croce alla sommità, che una volta dissolta, lascia galleggiante sulle onde una piccola arca di legno contenente una Bibbia e una missiva dell'apostolo Bartolomeo, mandante della piccola arca sul mare e del precetto evangelico di cui essa è veicolo237. Analogamente, la

Civitas Solis di Campanella inizia con una apparizione: nel mezzo del mare, la

montagna altissima che si eleva distinta in sette gironi che prendono il nome dai sette pianeti, la cui scalata, via via che si procede verso l'alto, diventa sempre più difficile238. Si assiste, dunque, ad un progressivo avvicinamento tra la dimensione

sacra e quella profana. Anche, l'utopia di Morelly costituisce una geografia spirituale. Sicura di se stessa, completa nella sua costituzione organica e stabile nella sua persuasione morale, l'utopia diviene con Morelly non soltanto incontro formale di realtà e di idealità, ma identità di sostanza sacro-profana, ossia identificazione tra Chiesa e Stato.239 I tentativi precedenti offrivano prospettive in

qualche modo compromissorie fra i due elementi, l'uno politico e statuale, l'altro religioso ed ecclesiastico, ognuno dei quali, pur essendo sollecitato a comporsi con il reciproco, non riusciva a trovare la nota sanzionatrice dell'unità e conservava il suo rilievo particolare240.

Nelle precedenti utopie succedeva che le due tendenze, la teocratica e la “statocratica”, si alternavano rivendicandosi in esclusiva quale unico valore in campo e dichiarando entrambe la subordinazione dell'altro: o la Chiesa si riversava tutta nello Stato, e il fenomeno religioso era assunto radicalmente in termini politici, o lo Stato si trovava ad essere una funzione della Chiesa, e il fatto assumeva un significato solo nell'ambito di un'esperienza sacra241. Si può

osservare che si tratta, dopo tutto, del riemergere di due atteggiamenti tradizionali, teocrazia e cesaropapismo. Ma, a parte notevoli differenze di natura teorica, il fatto importante è che ora l'utopia settecentesca, sul piano dei principi,

237 F. Bacone, Nuova Atlantide, a cura di P. Rossi, (New Atlantis, 1627), SE, Milano 2013, p. 64. 238 M. Adriani, L' utopia, op. cit., p. 101.

239 A. Maffey, L' utopia della ragione, presentazione di Luigi Firpo, Bibliopolis, Napoli 1987, passim. 240 M. Adriani, L'utopia, op. cit. p. 140.

si batte per una politica ormai al di sopra di ogni questione di parte, religiosa o politica, perché si dichiara retta da uno jus inequivocabilmente allo stesso tempo divino ed umano242.

Con l'opera il Code de la nature di Morelly si giunge alla nozione centrale e unitaria della natura, definita dalla duplice concorrenza del motivo politico e di quello religioso243. È così, in questa grande fantasia settecentesca che è il

Codice della Natura di Morelly, l'utopia si profila con evidenza terribile nella

figura, ormai omogenea, dell'unità Stato-Chiesa, nella quale la natura divina celebra il suo trionfo. L'utopia di Morelly si muove polemicamente contro ogni tentativo di evasione dal mondo244.

Servier scrive che ad un certo punto della sua vicenda, l'Occidente è stato segnato dalla doppia promessa di un Dio che l'ha distinto e l'ha isolato dal resto dell'umanità. Il pensiero occidentale è nato nel corso del cammino d'Israele verso la Terra Promessa e nell'attesa del Messia245. La conseguenza, dal momento in

cui il cristianesimo è divenuto la religione dell'Occidente, è stata duplice: da un lato pensare alla città perfetta, alla città giusta, alla città radiosa (intesa come ricordo e nostalgia del Paradiso Perduto), quindi all'idealizzazione e forse alla sua realizzazione sulla terra (da qui la nascita del pensiero utopico); dall'altro il pensiero millenarista, l'attesa del Messia al volgere dei tempi, e quindi, nell'ambito di una visione apocalittica, la predisposizione psicologica e spirituale ad attuarla affrettandola, anche con metodi cruenti, per giungere il prima possibile alla Terra Promessa246. La mitologia del progresso scivola e si trasforma

in quella della storia, nella concretezza incrementativa di un paradiso inserito nella relatività della vicenda mondana247. L'utopia, immaginata in genere come

una città protetta da mura o separata da canali e fiumi, o come un'isola

242 Ibidem. 243 Ibidem. 244 Ivi, p. 142-143.

245 J. Servier, Storia dell'utopia, op. cit., p. 8. 246 Ibidem.

circondata dal mare, non è niente altro che il simbolismo della Madre che ha preso il posto del Padre: è una società chiusa “immobile in un eterno presente”248.

Si può sostenere che in questa secolarizzazione di un antico ideale religioso, quello dell’avvento della Città di Dio, qualcosa di questa idea religiosa è rimasta, però, in una forma che rischia con il tempo di divenire pericolosa, essendo una forma di pensiero utopico desiderosa di realizzarsi in questo mondo. Qualcosa di molto simile all’assolutismo, che possiamo rintracciare in tutti i continui rimandi, nella letteratura e nel pensiero utopici, agli ideali di sommo bene e di perfezione ideale e totale. Sommo bene e perfezione ideale che le religioni rivelate hanno sempre immaginato come relegate in un mondo non umano, e quindi in un mondo che può e deve essere oggetto di speranza, oggetto di attesa. Assieme alla consapevolezza che si tratta sempre di qualche cosa al di fuori della portata e delle possibilità dell’uomo terreno e dei limiti della condizione umana. L’utopia, in qualche maniera, eredita questo ideale, ma contemporaneamente pretende di realizzarlo in terra. E proprio questa pretesa è all’origine della sua pericolosità. In sostanza, la religione sembra occupare una posizione dialettica fra l'ideologia e l'utopia: funziona come un'ideologia quando giustifica il sistema esistente di potere, ma funziona altresì come utopia quando funge da critica alla società, al sistema di potere e quando tenta di smascherare gli idoli del mercato e del consumismo249.

In definitiva, le religioni potrebbero insegnarci la seguente, banale, verità: non vivremo mai in una società perfetta, non possiamo aspettarci che tutti i nostri bisogni verranno soddisfatti; non vale neppure la pena di sognare una simile situazione. La spirale senza fine dei bisogni umani che si moltiplicano e che si

248 Ivi, p. 9.

249 Negli ultimi tempi la Chiesa sta lanciando costanti accuse alla società del libero mercato. Papa

Francesco ritorna spesso sul tema del feticismo del denaro e dell'idolatria del mercato. Il pontefice ripete incessantemente che nella dittatura di un'economia senza uno scopo

veramente umano, la crisi mondiale che investe la finanza e, soprattutto, la grave mancanza di un orientamento antropologico riducono l’essere umano ad uno solo dei suoi bisogni: il consumo.

sospingono l'uno con l'altro in una sorta di movimento autocatalitico, sono soltanto un sintomo della disperata fuga in avanti dell'uomo di fronte alle difficoltà di un'esistenza che non è più in grado di sostenere; di un'esistenza che si cerca a torto di perfezionare inseguendo il soddisfacimento totale e irraggiungibile dei bisogni umani.