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Il Settecento, è un periodo fecondo per il genere utopico. Gli utopisti in questi anni si esprimono nei modi più svariati: utopie monarchiche, repubblicane, anarchiche, elitarie, a democrazia diretta o rappresentativa. Ciò che le accomuna frequentemente è l'idea di “costituzione” e una fiducia generale nella legislazione. Pertanto, i fanciulli devono essere educati all'amore per la patria e al rispetto delle leggi dello Stato, dei genitori, degli anziani e dei loro compagni.

In questi anni c'è anche una letteratura con molte caratteristiche in comune con le utopie tradizionali. Descrizioni di piccole comunità ideali o immaginarie, principalmente ispirate alla storia della famiglia Robinson Crusoe. Se i “mitici” selvaggi descritti da Jean-Jacques Rosseau popolano diverse società utopiche del XVIII secolo, altri scrittori in questo periodo cercano di scoprire autentiche terre selvagge mai raggiunte dalla civiltà163.

Al vertice della scrittura utopica fondata sull'ipertrofia delle norme vi sono le forme letterarie, come quella di Morelly, il cui disegno utopico consiste sostanzialmente in un codice. Nel suo caso il legislatore è la natura stessa, il

160 Ivi, p. 208. 161 Ivi, pp. 209-210.

162 M. Berneri, Viaggio attraverso Utopia, op. cit., p. 366. 163 Ibidem.

sostituto del legislatore divino, qui, per definizione l'umanità aderisce consapevolmente per aver riconosciuto in essa la propria vera essenza della felicità.

La Rivoluzione francese e la Rivoluzione Industriale aprono nuovi orizzonti. Molti pensano che entrambe apporteranno una soluzione definitiva agli ingenti problemi della povertà e della disuguaglianza. In effetti, apparentemente non vi erano limiti all'aumento della produzione e non c'era motivo di ritenere che l'uguaglianza avrebbe imposto sacrifici a qualcuno, visto che non avrebbe dovuto ridurre la ricchezza delle persone benestanti, ma, al contrario, sollevare il tenore di vita dei più poveri.

II 4 luglio 1776, il Congresso americano vota la Dichiarazione d'Indipendenza e d'Intesa redatta dal presidente Jefferson. La prima parte del documento è un richiamo, un riassunto della dottrina dei filosofi, una “Pietra filosofale”, quintessenza di tutte le utopie: “noi riteniamo in se stesse evidenti le seguenti verità: tutti gli uomini sono stati creati uguali; il Creatore ha concesso loro alcuni diritti inalienabili; tra questi, il diritto alla vita, alla libertà, e alla ricerca della felicità. I governi vengono insediati dagli uomini per garantir loro questi diritti. Il loro potere legittimo deriva dal consenso dei cittadini che li hanno eletti. Ogni qual volta un sistema di governo si allontana da questi principi, il popolo ha il diritto di abolirlo e d'instaurarne uno nuovo”164.

La Dichiarazione d'Indipendenza rappresenta il trionfo della ragione illuminata, una risposta del Nuovo Mondo ai sogni che l'Europa aveva tante volte proiettato al di là dell'oceano. Gli Americani offrono alla Francia un modo di risolvere le contraddizioni spirituali, intellettuali, sociali ed economiche. Il pensiero utopico, che si confonde così spesso con quello politico, riflette, a partire del secolo XVI, le aspirazioni della borghesia165.

In sostanza, l'utopia settecentesca è orientata a una costruzione di un sistema

164 Cfr. J. Servier, Storia dell'utopia, op. cit., p. 148. 165 Ibidem.

politico, una vera e propria “organizzazione” della società civile europea. L'utopismo in questa prospettiva esiste certamente, ma, non si tratta di una visione del tutto astratta, nel senso di una fantasia isolata dalla realtà politica del tempo, bensì, come dimostrano i progetti di Saint-Pierre e di Rousseau, di un tentativo immaginoso di dar corpo ad una effettiva realtà storica166. Troviamo una

conferma ulteriore nella posizione del filosofo Kant, il quale s'inserisce in questa traiettoria utopistica-pacifistica con il progetto del 1795 Zum ewigen Frieden167.

Kant giudica vana la questione sull'utopismo della pace perpetua, perché egli pensa ad una utopia impegnata storicamente e politicamente qualificabile. E, in coerenza con tale intuizione, scrive il suo saggio nel quale, quando il problema della pace perpetua viene prospettata lungo la linea risolutiva dello stesso processo naturale della storia umana, quell'alternativa viene chiaramente a dissolversi168.

Con Kant, è evidente, l'utopia settecentesca riafferma la sua vocazione politica nel suo aspetto pacifistico. Infatti, la natura a cui Kant si appella è la natura che opera nel corso della vicenda dell'umanità, provvidenzialmente, ossia, nel senso genuino del pensiero kantiano, storicamente. L'immagine kantiana della natura

daedala rerum ci riporta a buon diritto all'altro aspetto dell'utopia settecentesca,

politico, non pacifistico e centrato sul tema della “città ideale”169. Al di sopra di

tutte le controversie grandi e piccole, la cultura settecentesca si ritrova, in politica, sul piano della perfezione o almeno della perfettibilità. Vi è la presunzione e il desiderio di instaurare la grande civitas umana secondo natura seguendo il criterio “infallibile” dell'autosufficienza naturale e razionale. In altri termini, in forma sistematica e con un notevole senso di sicurezza e di ottimismo, l'utopia illuminista si manifesta come un tentativo di delineare la figura di una

166 M. Adriani, L'Utopia, op. cit., p. 136.

167 Kant scrive il Progetto Zum ewigen Frieden (Per la pace perpetua) nel 1795, sull’onda

dell’entusiasmo della pace di Basilea. La Prussia, infatti, aveva finalmente riconosciuto l’esistenza dello Stato rivoluzionario francese per il quale Kant dimostrava una grande simpatia (Ibidem).

168 Ivi, p. 137. 169 Ivi, p. 138.

“città terrena” nella quale siano rappresentati i caratteri che la tradizione aveva attribuito alla “città celeste”170.

Fino ad allora la maggior parte degli scrittori utopisti, tranne in alcuni casi, (come Bacon) concepivano i progressi soprattutto in termini di miglioramento mentale, fisico e morale degli uomini. Essi credevano che si potessero raggiungere dei miglioramenti notevoli se ai beni materiali, che corrompono la mente, non venisse attribuita un'importanza eccessiva. Ora, eccetto News from

Nowhere di William Morris, che d'altra parte non proclama la sua società come

l'unica perfetta e desiderabile, ma esprime semplicemente una preferenza personale, le società utopiche sono estremamente materialiste; luoghi dove si stima la felicità in termini di beni di consumo come l'abbigliamento, l'arredamento e la varietà dei cibi a disposizione171.

In questo periodo, allorché le scoperte scientifiche sembrano risolvere ogni genere di problema. L’avvenire prende una apparenza sempre più promettente; ed è infatti nel futuro che Louis Sebastien Mercier colloca l’ambiente innovatore della sua opera L'An 2440, pubblicata nel 1770. Collocata nel futuro l’idea utopica sembra essere sempre più realizzabile. Anche se esiste qualche esempio anteriore di questo genere, è per lo più accettato il fatto che l’opera di Mercier introduca una nuova variazione ucronica nel genere letterario utopico.

La rivoluzione industriale, spinta dal progresso tecnologico e dallo sviluppo dei mezzi di produzione attraverso una maggiore organizzazione delle forze produttive, rappresentava un impulso importante per il capitalismo. Tuttavia, l'ambiente competitivo del capitalismo durante l'industrializzazione darà luogo ad un caos economico che s'intreccerà ad una disorganizzazione nella produzione.

L'impetuosa corrente del pensiero utopico francese si è, per così dire, prosciugata. Il mondo ha gli occhi fissi sull'Inghilterra che costruisce sulla terra la città del giusto profitto, dove il lavoro è immediatamente compensato dalla

170 M. Adriani, L'utopia, op. cit., pp. 138-139. 171 J. Servier, Storia dell'utopia, op. cit., p. 245.

ricchezza, e i peccatori, cioè gli oziosi sono puniti con la miseria. L'ideale puritano è divenuto un sistema, un'organizzazione sociale. L'opera di Adam Smith, The wealth of Nations apparsa nel 1786, più che un sistema economico propriamente detto, rappresenta un quadro d'insieme di fenomeni cronici, una loro riorganizzazione in una prospettiva scientifica fondata a sua volta su un'etica sottintesa: “l'arricchitevi” divenuto motore della società moderna.

Adam Smith considera il mondo del lavoro come un vasto laboratorio dove ognuno assolve un compito preciso nell'interesse comune. Si sottolinea soprattutto l'impulso del movente psicologico alla base di ogni attività economica. Gli individui, mossi dal dal desiderio umano di acquisire nuove ricchezze da un lato, e dal principio di simpatia dall'altro, vanno alla ricerca dell'apprezzamento degli altri, ed iniziano a lavorare, a costruire e ad accumulare, favorendo di conseguenza la produzione economica. Adam Smith non scrive un manifesto profetico in favore della nuova società industriale, ma affronta il problema della produzione nel suo insieme, in base ai dati di cui dispone172.