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Validazione di un modello agli elementi finiti (FEM) tramite Digital Image Correlation

Capitolo 1 Introduzione

1.10 Stato dell’arte

1.10.6 Validazione di un modello agli elementi finiti (FEM) tramite Digital Image Correlation

Lo studio di Dickinson et al.22 è volto a provare la validità di un modello alle differenze finite del femore prossimale utilizzando la tecnica di digital image correlation (DIC) per la misura delle deformazioni. Il modello alle differenze finite del femore è stato generato da immagini di CT e le deformazioni predette dal modello computazionale sono in accordo con le misure sperimentali. La tecnica DIC è stata sviluppata come approccio alternativo alla validazione con strain gage e consente la misura di deformazioni sulla superficie del campione con risoluzione dettagliata dell’ampiezza e della direzione delle deformazioni. La DIC è una tecnica ottica, dove la regione di interesse di un campione viene rivestita con un pattern brillante con alto contrasto e viene monitorata utilizzando una fotocamera digitale. Successivamente si utilizza un software per calcolare gli spostamenti relativi ed assoluti subiti dalla superficie del campione. Il maggiore vantaggio di questa tecnica

58 risiede nella possibilità di essere applicata a strutture geometriche irregolari, costituite da materiali altamente non-omogenei ma una possibile limitazione consiste nell’applicazione uniforme del coating ai campioni di osso: è importante non introdurre artefatti al momento della modifica superficiale o aumentare la rigidezza del campione durante la sua preparazione. I risultati hanno mostrato un perfetto accordo tra l’analisi FE e la tecnica DIC per la misura dell’intero campo di deformazioni del campione.

Utilizzando un modello agli elementi finiti patient-specific, è possibile predire la resistenza e il rischio di frattura di un femore umano23. La validazione del modello agli elementi finiti con test meccanici è necessaria quando l’obiettivo ultimo è l’applicazione clinica. La maggior parte degli studi presenti in letteratura utilizza dati ricavati da prove con strain gage per validare il modello ma le tecniche ottiche (DIC) possono aiutare a migliorare i modelli fornendo un campo di deformazioni continuo. L’obiettivo dello studio è stato validare i modelli agli elementi finiti di sei campioni di femore compositi con dati di deformazione ottenuti con DIC durante test a rottura condotti in condizione di carico quasi- assiale. I modelli agli elementi finiti sono stati ottenuti da scansioni CT attraverso segmentazione quasi-automatica. In questo modo gli errori nelle deformazioni, dovuti al rinforzo causato dagli strain gauges, vengono evitati.

Per comprendere al meglio le proprietà meccaniche dell’osso e validare i modelli numerici è di fondamentale importanza estrarre valori di deformazione affidabili24. È possibile utilizzare varie tecniche che permettono di misurare le deformazioni nella meccanica sperimentale con sostanziali differenze in termini di accuratezza e precisione. I metodi più comunemente utilizzati per la misura delle deformazioni sono: strain gauges, reticoli di fibre di Bragg, DIC e DVC). I modelli FE possono aiutare a predire l’esito di un intervento chirurgico se le proprietà meccaniche dell’osso sono state correttamente modellate. Inizialmente la DIC era utilizzata per misurare grandi spostamenti e grandi deformazioni; in seguito, l’evoluzione della strumentazione ha permesso di rilevare deformazioni dell’ordine di qualche centinaia di microstrains. Quindi l’applicazione della DIC nell’ambito della meccanica dell’osso è molto recente. L’accuratezza della DIC può essere influenzata da vari fattori quali la dimensione della subset area usata per collegare lo stesso punto in due immagini prese a differenti istanti temporali e il numero di pixel di cui il subset deve essere traslato per calcolare il campo di deformazioni (step size). Il vantaggio della DIC rispetto alle altre tecniche consiste nella possibilità di ottenere un

59 completo campo di deformazioni dell’osso e nella natura contactless della tecnica che riduce al minimo l’effetto rinforzo. Nonostante i vantaggi, la DIC è scarsamente utilizzata per la mancanza di studi metodologici condotti su campioni di osso con questa tecnica. Maggiore è il subset scelto, più informazioni contiene e maggiore è la probabilità di ottenere una buona correlazione; d’altronde, un aumento nella dimensione del subset porta ad una diminuzione della risoluzione spaziale: è quindi necessario trovare un trade-off ottimale tra i vari parametri.

Per realizzare il modello FEM è necessario convertire ogni pixel delle immagini tomografiche in voxel cubici, delle stesse dimensioni dei pixel di partenza, ai quali viene assegnato lo stesso livello di grigio25. In seguito, al fine di ridurre il numero di elementi del modello ed il conseguente costo computazionale, la sezione trasversale del provino viene nuovamente campionata, portando la risoluzione da 19.5 a 39.0 µm ed assegnando come livello di grigio la media dei voxel di partenza. Ogni elemento è dunque un esaedro ad 8 nodi (cubico per il tipo di ricostruzione effettuata) che viene considerato elastico lineare ed è quindi definito meccanicamente solo da modulo elastico e coefficiente di Poisson: questi due parametri vengono assegnati in maniera uniforme ad ogni elemento del modello FEM. Nello stesso studio tale modello FEM è stato validato su quattro campioni cilindrici di tessuto trabecolare con tecnica di correlazione di immagini (DIC): quest’ultima necessita della realizzazione, sulla superficie del provino da acquisire, di un pattern stocastico ad elevato contrasto che è stato realizzato utilizzando una penna aerografo. Dapprima il provino viene coperto con un fondo omogeneo di vernice bianca a base d’acqua e successivamente si effettua una copertura “a spruzzo” con vernice acrilica nera. Il pattern deve avere determinate caratteristiche: la distribuzione di grigio deve essere non strutturata e la dimensione dei puntini deve essere proporzionale all’estensione della finestra di misura.

Dall’utilizzo della tecnica DIC è stato confermato che la tecnica ha difficoltà ad acquisire gli spostamenti su superfici irregolari, ovvero che presentano discontinuità come gli spazi tra le trabecole e cavità di grandi dimensioni. Tali zone appaiono come grosse macchie nere, quindi illeggibili oppure come zone altamente distorte, quindi intracciabili: entrambi gli effetti possono determinare l’impossibilità di calcolare i dati di spostamento superficiale (Figura 1.30). Questo può rivelarsi problematico nell’intento di applicare tale tecnica per l’acquisizione di provini trabecolari la cui frazione ossea è ridotta. La grande

60 potenzialità della tecnica DIC, avendo la capacità di seguire la struttura con ottima accuratezza, consiste nel fornire oltre all’informazione contenuta nella mappa di spostamento, un punto di vista nuovo nell’analisi delle modalità di collasso del tessuto.

Figura 1.30 - Esempio di elaborazione mediante DIC: (A) Dettaglio della scelta, effettuata tramite software, della zona del provino da considerare. Il punto rosso è il punto di partenza per il calcolo. (B) Mappa degli

spostamenti in caso di elaborazione ottima. (C) Mappa degli spostamenti per un provino problematico: il numero di punti rossi palesa la difficoltà di elaborazione.

È, infine, emerso che la realizzazione del pattern per l’acquisizione DIC non comporta alterazioni nel comportamento meccanico dei provini con differenze percentuali rilevate nel calcolo del modulo elastico inferiori al 3.2%. Una valutazione accurata dell’effetto della vernice su una popolazione campionaria ampia è uno dei punti fondamentali per arrivare a considerare la tecnica DIC pari in prestazioni potenziali a quella mediante estensimetri: l’accuratezza della DIC che è stata trovata è ottima, pari al 4.5% con una differenza massima tra gli spostamenti misurati con estensimetri e DIC di 3.4 µm. Occorre tenere presente che la tecnica DIC, anche se non di pari accuratezza, offre una quantità di informazione molto superiore a quella degli estensimetri.