PARAMETRO E OGGETTO DI VALIDITA’ E INVALIDITA’ 1 Concezioni della validità/invalidità rispetto al parametro.
9. Validità/invalidità come qualificazione deontica.
Decisiva al fine di un’indagine sul giudizio di validità/invalidità è la definizione logica di questo concetto.
Molto diffusa è l’idea secondo cui la validità/invalidità è concetto di
relazione294.
Nella concezione positivista, ossia nella validità sistemica tradizionale, la relazione di validità è intesa come rapporto fra il particolare (la norma) e
il generale (l’ordinamento)295, id est di appartenenza (insiemistica). Il che,
però, presuppone la già contestata equivalenza fra validità ed esistenza: è l’esistenza che stabilisce l’appartenenza della norma al sistema.
D’altronde, affermare che la validità/invalidità designa la relazione di
una norma con le meta-norme296 fornisce ben poche indicazioni circa la
natura (logica ed ontologica) della validità/invalidità. La relazione “designa ogni rapporto collegante, in maniera essenziale o accidentale, due contenuti
di pensiero”297 nella maniera più varia: dal rapporto maggiore-minore,
all’identità, alla contraddizione, all’opposizione, e così via.
294
Fra i tanti, espressamente G.H. VON WRIGHT,Norm and Action, cit., p. 259; F.MODUGNO,Validità (teoria generale), cit., p. 1; R.GUASTINI,Il diritto come linguaggio, cit., p. 102; M. TRIMARCHI, La validità del provvedimento amministrativo. Profili di teoria generale, ……..,……, p…. (parte I, cap. I, par. 2)F.
MODUGNO,Validità (teoria generale), cit. p. 1. 295 F.M
ODUGNO,op. ult. cit., p. 5. 296
R.GUASTINI,op. ult. cit., p. 102. 297
G. CALOGERO,Relazione, in Enc. italiana Treccani, Roma, 1936, disponibile su www.treccani.it. In
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Intimamente connessa a questa questione è quella sul se la validità e l’invalidità siano entrambe qualificazioni. Per un verso, posta l’equivalenza fra esistenza e validità, questa non sarebbe un predicato della norma, ma il
suo specifico modo di essere298. D’altro canto, superato questo approccio
alla validità299, rimane il dubbio che l’invalidità non sia qualificazione, ma
inqualificazione, semplice negazione della validità, nella (diversa)
equivalenza fra validità ed efficacia (ed invalidità ed inefficacia)300; oppure,
una volta sostituita o sovrapposta la concezione causale della validità a
quella effettuale301, che la validità e l’invalidità non siano semplicemente
due diverse qualificazioni dell’atto o della norma302.
L’analisi condotta precedentemente ci permette di semplificare notevolmente il discorso.
Dal punto di vista logico e semantico, la validità e l’invalidità sono qualificazioni, in quanto affermano l’appartenenza di una norma a due distinte (forse non opposte, ma certamente) incompatibili classi, entrambe appartenenti alla classe (più generale) degli atti esistenti. Può anche darsi che le proprietà di una classe (quella delle norme invalide) siano ricavate
298 H.K
ELSEN,Reine Rechtslehre, cit., p. 9; ID.,Recht und Logik, cit., p. 422.
299
Per quanto detto nel par. 4 di questo capitolo.
300 È la concezione effettuale della validità, contrapposta a quella causale (in cui la validità è conformità
allo schema legale): A.ROMANO TASSONE,Contributo sul tema dell’irregolarità degli atti amministrativi,
Torino, 1993, pp. 23 e ss..
301
A.ROMANO TASSONE, op. ult. cit., p. 25.
302 R. T
OMMASINI, Invalidità (diritto privato), in Enc. dir., Milano, XXII, 1972, p. 580: “l’invalidità è il
risultato di una valutazione negativa: è, dunque, una qualificazione. Essa è nozione opposta alla validità soltanto con riferimento alla difformità (o conformità) dai (ai) valori del sistema, ma entrambe sono qualificazioni giuridiche; e non la prima (invalidità) inqualificazione e la seconda (validità) qualificazione”; M.S.GIANNINI,Diritto amministrativo, Milano, III ed., 1993, vol. II, p. 299; F.MODUGNO,
Annullabilità e annullamento (diritto pubblico), in Enc. giur., Roma, II, 1988, p. 1 (ma vedi ID.,Validità (teoria generale), cit., p. 1, ove si legge che “nel linguaggio giuridico comune ‘validità’ e la sua negazione
‘invalidità’ denotano qualità o mancanza di qualità riferibili ad atti”); G.PAGLIARI,Contributo allo studio della c.d. invalidità successiva, Padova, 1991, p. 31, nota 1; A.ROMANO TASSONE,op. loc. ult. cit.; ID.,Tra diversità e devianza. Appunti sul concetto di invalidità, in Scritti in onore di Vittorio Ottaviano, Milano,
1993, II, pp. 1137 e s. (ove questa tesi è ancorata al mantenimento all’interno del sistema delle norme difformi dal parametro legale). In termini analoghi, con riferimento ad una serie di dicotomie di qualificazioni, A.FALZEA,Efficacia giuridica, cit., p. 475, nota 85.
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per mera negazione di quelle dell’altra classe (quella delle norme valide). Ma ciò non toglie all’invalidità la natura di criterio ordinante e, dunque, classificatorio.
Validità e invalidità possono, allora, trattarsi come qualificazioni o predicati. E qualificazioni distinte, in quanto in grado di dare origine a classi che sono alternative o, se si vuole, dominate da una logica binaria di appartenenza (ovviamente solo dopo la qualificazione dell’atto-norma): la
norma è valida o invalida, tertium non datur303. Ergo, almeno in senso
logico, contrapposte.
La nota distintiva della validità/invalidità rispetto alle qualificazioni fin qui indagate è che non si tratta di classificazioni descrittive della realtà, ma di qualificazioni deontiche. La validità e l’invalidità sono, in altri termini, l’apodosi di norme che riguardano atti e norme, non la protasi.
La validità e l’invalidità conseguono al rispetto o al mancato rispetto delle, per l’appunto, condizioni di validità. Si pensi alla regola degli
303
I fenomeni che, infatti, F.MODUGNO,Validità (teoria generale), cit., pp. 1 e ss., indica come validità
parziale quantitativa e qualitativa di norme riguardano, per un verso, ipotesi in cui uno stesso atto produce più norme e, per altro verso, della rilevanza di tutti gli elementi della fattispecie ai fini della qualificazione di validità/invalidità.
Nel primo caso (validità parziale dell’atto), le singole norme sono autonomamente qualificabili come valide o invalide. E il diritto positivo può estendere la loro qualificazione di invalidità a tutte le altre norme previste dall’atto, in virtù di un criterio di importanza della singola norma nell’economia dell’atto, in funzione dell’interesse dell’autore o degli autori (non risulta che avvenga il contrario, cioè che la validità della norma “principale” salvi dall’invalidità le altre norme contenute nell’atto): l’esempio tipico è l’art. 1419 c.c..
Nel secondo caso (validità parziale della norma), si pone il problema di valutare la rilevanza di tutti gli elementi della fattispecie ai fini della qualificazione di validità. Il che è un problema (di comprensione) del parametro di diritto positivo: se, cioè, ogni elemento della fattispecie è condizione ugualmente necessaria alla validità dell’atto (il fenomeno potrebbe essere valutato anche in un’altra dimensione: esclusa la necessità che l’invalidità conduca all’inefficacia, potrebbe trattarsi di norme invalide ma che, ciononostante, rimangono efficaci- sul punto, si veda A. ROMANO TASSONE, Contributo sul tema dell’irregolarità, cit., p. 27, ove si avverte che non vi può essere autonomizzazione completa della
validità/invalidità dall’efficacia/inefficacia, pena la riduzione a nulla della prima; di recente, M.TRIMARCHI,
La validità, cit.,…………. pp. 113 e ss.- parte I, cap. II, par. 6, nonché ……….pp. 275 e ss.- parte II, cap.
V). Oppure è un problema di distinzione della validità-esistenza, cioè dell’appartenenza della norma all’ordinamento (il vigore, secondo la denominazione di L. FERRAJOLI, Diritto e ragione. Teoria del garantismo penale, Roma- Bari, VIII ed., 2004, pp. 353 e s.) e della validità in senso stretto, ossia la
conformità della norma a tutte le condizioni previste dal parametro. E, allora, il problema si risolve alla luce della distinzione fra norme eidetico-costitutive e norme anankastico-costitutive.
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scacchi sulla mossa dell’alfiere: ‘l’alfiere deve muovere solo in diagonale’ è formulata come se fosse una regola regolativa, di imposizione di obbligo
ad una condotta304. E, in certi termini, è così per chi gioca a scacchi, il
quale ragiona in termini di possibilità del gioco e ha presente ciò che può fare e non può fare all’interno del gioco. Ma per l’arbitro di una partita a scacchi, la percezione della norma diviene diversa: ‘la mossa dell’alfiere in diagonale è valida’. Quello che al giocatore sembra un obbligo, una conseguenza del voler muovere l’alfiere, per l’arbitro è l’antecedente della norma sulla validità.
Poiché la nostra prospettiva è quella del giudice (dell’arbitro, nell’esempio sugli scacchi), la qualificazione di validità/invalidità è da considerarsi conseguenza di altre qualificazioni, consistenti nella sussunzione di atti e norme nella fattispecie della norma che ha come apodosi la validità/invalidità.
Pertanto, la qualificazione necessaria a mettere in moto l’isomorfia della validità/invalidità non si distingue, almeno logicamente, da quelle già indagate: si tratta di una sussunzione dell’atto (validità/invalidità pragmatica) o della norma (validità/invalidità sintattica) nella definizione di atto o norma valida o invalida, ossia nella fattispecie astratta che condiziona la conseguenza giuridica della validità/invalidità.
Il giudizio di validità/invalidità è, dunque, un giudizio in sé predicativo
o qualificativo305, dipendente, però, da un altro giudizio predicativo,
configurando un caso di qualificazione (deontica) dipendente da un’altra
qualificazione306.