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I vantaggi per l’innovazione e lo scambio di conoscenze tra PMI 66

2.   CI e collaborazione nelle PMI: un quadro di riferimento 20

2.1   Capitale intellettuale e PMI 20

2.2.4.4   I vantaggi per l’innovazione e lo scambio di conoscenze tra PMI 66

Il legame fra PMI e innovazione è stato argomento di un ricco dibattito in letteratura, e se da un lato ciò sottolinea l’importanza del problema, dall’altro evidenzia che non sono ancora stati trovati risultati universalmente riconosciuti (Tether, 1998).

Uno dei principali punti deboli che caratterizzano la capacità innovativa delle PMI è che esistono diversi fattori che rendono difficoltose le loro attività di ricerca e sviluppo. Questi fattori, presentati nello specifico in uno studio di Rammer, Czarnitzk & Spielkamp (2009), sono i seguenti:

− le attività di R&D, per poter generare risultati utili, sono soggette a dimensioni minime di progetto, a causa delle cosiddette indivisibilità tecniche. Le PMI dovranno quindi investire una percentuale più ampia di risorse in R&D rispetto alle grandi imprese, andando di conseguenza a sacrificare altre funzioni. Le spese minime da affrontare potrebbero essere addirittura talmente alti da impedire qualsiasi investimento in R&D; − l’R&D è un’attività che ha alte barriere all’entrata, rappresentate da investimenti

specifici in strumentazioni di laboratorio e capitale umano. In caso di arresto delle attività di R&D, gli investimenti associati diventeranno probabilmente costi irrecuperabili (sunk costs);

− i costi legati all’R&D sono in larga parte costi fissi. Le PMI dovranno ribaltare questi costi fissi su un volume di vendite più ristretto rispetto alle grandi imprese. Ciò renderà meno competitivi i prezzi ai clienti, e rischierà in definitiva di restringere la disponibilità di flussi di cassa futuri per finanziare l’R&D;

− i soggetti esterni, come ad esempio i finanziatori, avranno difficoltà a valutare le prospettive future degli sforzi di R&D, in termini di rischio e potenziale tecnico ed economico, senza uno storico dei successi e degli insuccessi di una particolare azienda. Le PMI, e specialmente le imprese giovani, hanno poche possibilità di fornire questo storico, e per questo potranno subire un accesso ristretto a capitali esterni;

− i ritorni degli investimenti in R&D sono generati sul medio-lungo termine. Le spese iniziali di R&D vengono spesso finanziate con fondi esterni (ad esempio con prestiti a medio-lungo termine da banche), ma vi è poi anche una buona parte di costi a breve termine da sostenere (come ad esempio gli stipendi del personale addetto). Questi costi saranno tendenzialmente sostenuti grazie ai fondi interni dell’impresa, e ciò sarà più difficoltoso per le PMI, a causa dei loro minori flussi di cassa;

− l’R&D è un’attività rischiosa, poiché ha tipicamente un alto tasso di fallimento. Se una grande impresa può diversificare questo rischio distribuendolo su un portafoglio di più progetti, le PMI dovranno concentrarsi su uno (o pochi) progetti. Il fallimento di un singolo progetto potrà quindi esporre tutta l’impresa a grossi rischi, e ciò è particolarmente vero se l’impresa ha finanziato gli investimenti in R&D con fondi esterni.

La conclusione che si può trarre, confermata da diverse indagini (cfr. Rammer, Czarnitzk & Spielkamp, 2009), è che gran parte delle PMI hanno una scarsa propensione a condurre attività di R&D al loro interno.

Ciò non significa però che le piccole e medie imprese non abbiano alcun potenziale innovativo: esse possono infatti far leva sulla possibilità di entrare a far parte di una rete, con due obiettivi principali:

− trovare fonti esterne di innovazione, cioè andare a identificare idee e stimoli preziosi da clienti, fornitori, concorrenti, università e centri di ricerca, per orientare gli sforzi innovativi e sviluppare le capacità interne utili per incorporare queste idee nei processi innovativi (Laursen and Salter, 2006);

− innovare cooperando, per avere accesso a conoscenza esterna (Baumol, 2002) e condividere i costi e i rischi delle attività innovative (Hagedoorn, 2002).

Riguardo alla cooperazione fra PMI per innovare, sta emergendo nella letteratura più recente il concetto di co-opetition. In senso stretto, secondo la definizione proposta da Gnyawali, He & Madhavan (2008), co-opetition significa collaborare e competere simultaneamente con gli stessi partner nello stesso momento. Più in generale, comunque, questo concetto può includere un’alternanza di momenti di collaborazione e competizione con gli stessi partner, oppure la collaborazione con un certo gruppo di imprese, per competere contro altre concorrenti (Gnyawali & Park, 2009).

La co-opetition può essere uno degli strumenti organizzativi più utili per supportare gli sforzi innovativi delle PMI, intendendo come innovazioni non solo quelle di tipo prettamente tecnologico, ma anche quelle organizzative e di mercato. Ad esempio, Lechner, Dowling & Welpe (2006) sostengono che un’impresa può usare i propri concorrenti come subfornitori (e collaborare con essi) quando ha temporaneamente raggiunto la sua massima capacità produttiva. Analogamente, ciò può accadere quando si vuole accedere a grandi progetti, andando a formare alleanze fra imprese concorrenti.

Soffermandosi invece sui vantaggi della co-opetition per l’innovazione tecnologica, Gnyawali & Park (2009) sottolineano che essa sia particolarmente utile durante lo sviluppo di standard tecnologici, o, più in generale, quando la combinazione di diverse basi di conoscenza dia più vantaggi rispetto all’uso esclusivo di una sola fonte di conoscenza. Quintana-García e Benavides-Velasco (2004) hanno mostrato empiricamente che la collaborazione fra concorrenti diretti è importante non solo per acquisire nuova conoscenza tecnologica e abilità dai partner, ma anche per creare nuove capacità dall’uso congiunto di quelle esistenti.

Le motivazioni principali per cui sia importante per le PMI prendere in considerazione la cooperazione con i propri concorrenti sono tre (Gnyawali & Park, 2009):

− ci sono buone probabilità che i concorrenti abbiano abilità e risorse utili, poiché essi operano in mercati simili;

− dato che le PMI hanno risorse limitate e vedono le grandi imprese sul mercato come un potenziale rischio per la loro sopravvivenza, ha senso collaborare fra di loro per unire le risorse e sviluppare un’abilità collettiva per competere;

− le PMI caratterizzate da tecnologie e prodotti simili (cioè concorrenti) possono lavorare insieme per creare tecnologie comuni e avere un’unica voce sul mercato.

In sostanza, le imprese che operano in co-opetition cooperano per la creazione di valore (attraverso l’innovazione condivisa), e allo stesso tempo competono fra loro per l’appropriazione del nuovo valore creato.

Problematiche e ostacoli alla collaborazione tra PMI 2.2.5

2.2.5.1 Opportunismo e desiderio di autonomia

Le reti di PMI sono una tipologia particolare di reti di imprese, poiché spesso accade che il possesso e la gestione dell’impresa siano affidate alla stessa persona (Burlat, Besombes & Deslandres, 2003). Per questo motivo, ogni partner tenderà a preservare la sua indipendenza e spesso prenderà autonomamente le proprie decisioni all’interno della rete. Ciò potrà dare luogo a situazioni di potenziale opportunismo fra gli attori della rete, come ad esempio: una cooperazione solo apparente (con l’offerta di sforzi limitati, e quindi di prodotti o servizi con qualità inferiore); il tentativo di ottenere una parte troppo grande di profitti condivisi (con una sopravvalutazione del valore aggiunto apportato); lo sfruttamento eccessivo di una risorsa condivisa; l’appropriazione di una risorsa ottenuta in comune o da altri.