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Verbale ed atti del Consiglio presbiterale del 17-18 ottobre 2011

Lunedì 17 ottobre 2011 alle ore 15.30 presso il presso il Centro di Cultura e Spiritualità “D. Paolo Chiavacci” di Crespano del Grappa, convocato da Mons.

Vescovo, si è riunito il Consiglio Presbiterale Diocesano con il seguente ordine del giorno:

a) per lunedì 17 ottobre:

- Preghiera iniziale con la recita dell’ora nona e la meditazione proposta da d. Antonio Genovese.

- Approvazione del verbale della seduta precedente.

- Introduzione di Mons. Vescovo.

- Comunicazioni su alcune esperienze diocesane di formazione degli adulti:

1) le proposte di formazione degli adulti dell’Azione Cattolica Diocesana -d. Giovanni Giuffrida, assistente,

2) la Scuola di Formazione Teologica - d. Stefano Chioatto, direttore.

b) per martedì 18 ottobre:

- Presentazione delle tracce per il lavoro di gruppo.

- Lavori di gruppo.

- La situazione del settimanale diocesano “La Vita del Popolo”: comunica-zione di mons. Lucio Bonomo, direttore.

- Relazioni in assemblea dei lavori di gruppo e dibattito.

All’intera sessione risultano assenti giustificati Semenzato e Zorzi; martedì:

Genovese, Giuffrida, Pizzato, Visentin, Zanesco; martedì pomeriggio: Michieli.

Nel corso della preghiera iniziale, che si tiene nella chiesa del Centro, d.

Antonio Genovese propone una meditazione a partire da un brano tratto dalla II Lettera di san Paolo ai Corinzi (5,14-21).

Moderatore della seduta è d. Mauro Motterlini.

Il segretario dà lettura dei passi salienti ed orientativi del verbale della se-duta del 3 maggio 2011, già pervenuto a domicilio dei membri, che viene ap-provato.

La seduta è aperta da una lunga e approfondita riflessione di Mons. Ve-scovo (agli atti), nella quale, tra l’altro, egli comunica il suo desiderio che il pia-no pastorale, anche nella fase della sua elaborazione sia frutto di un ampio

co-Documentazione

involgimento della diocesi, pur nella laboriosità che richiedono la comunione e la corresponsabilità, per avere una reale efficacia.

La lettera desidera partire dalla realtà, come capace di interpellare seria-mente; cerca di recuperare una prospettiva cristocentrica teologale-pastorale, ri-spetto ad una ecclesiocentrica, e di richiamare ciò che nella fede è essenziale, di fronte a possibili derive, oggi crescenti. Il Vescovo nella lettera pone l’attenzione sul tema dei laici, sulla trasmissione della fede, molto impegnata nei confronti dei più giovani, ma che registra vuoti notevoli nella fascia dei 30-60 anni. La let-tera, inoltre, cerca di far percepire una chiesa, che avverte l’urgenza di rivolger-si fuori della cerchia dei praticanti.

Mons. Vescovo manifesta alcune prevedibili fatiche nella realizzazione del piano: il fatto che esso non debba essere percepito come un impegno ulteriore che si aggiunge all’ordinarietà; deve piuttosto offrire ragioni, sollecitazioni, for-ma, sensibilità nuove al lavoro pastorale ordinario. Il tema della Lettera può es-sere suggestivo, ma calato nella concretezza si fa arduo, per varie ragioni. Oc-corre la pazienza dei tempi lunghi, delle trasformazioni progressive, rispetto al-le quali non si può pretendere di misurare subito i risultati. Il rial-levamento delal-le iniziative di formazione di adulti presenti in diocesi, che il piano prevede, per-metterà di constatare tante realtà positive già in atto e sarà fattore di incoraggia-mento. Tuttavia, evangelicamente, è necessario accettare sempre più di ricono-scersi “piccolo gregge”. È richiesta attenzione ai “cristiani della soglia”, quanti non sono chiusi ad una fede più convinta e ad un’appartenenza alla chiesa, an-che se flebile. A questo proposito si devono curare particolarmente i rapporti con alcune persone o alcuni momenti liturgici significativi.

Al cuore della Lettera pastorale, vi è la preoccupazione di cogliere per sé e presentare agli altri una fede gioiosa, serena e rasserenante e, di conseguenza, una Chiesa accogliente e misericordiosa, esigente con se stessa prima che con gli altri, capace di praticare il primato della carità e l’attenzione ai più poveri. Mons.

Vescovo conclude delineando la prospettiva di lavoro sul piano pastorale, espri-mendo le sue attese e ponendo al Consiglio alcuni interrogativi per il successivo lavoro di gruppo.

In seguito vengono presentate alcune esperienze diocesane di formazione degli adulti.

D. Giovanni Giuffrida, assistente generale diocesano e del settore adulti di Azione Cattolica, delinea il senso e gli obiettivi della formazione per gli adulti dell’associazione, mentre il presidente diocesano, avv. Stefano Zoccarato, pre-senta le numerose e differenti proposte di formazione offerte agli adulti: gli iti-nerari per i fidanzati, per i giovani sposi e per la terza età, la settimana sociale, i ritiri, gli esercizi, le proposte estive.

D. Stefano Chioatto, direttore della Scuola di Formazione Teologica, riper-corre quindi la storia di questa istituzione in Diocesi, la sua evoluzione, l’orga-nizzazione, la struttura, l’offerta formativa triennale e i relativi corsi, la

situazio-ne attuale, dopo la nascita a Treviso dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose, con il calo notevole delle iscrizioni, e le prospettive future.

Martedì mattina Mons. Rizzo introduce il lavoro dei gruppi, delinea l’oriz-zonte entro cui collocare la ricerca, precisando alcuni termini contenuti nelle tracce di lavoro. Mette in guardia dall’ambivalenza del termine “piano pastorale” che può dare l’illusione che tutto dipenda da noi.. L’icona biblica che deve guidare è quella di un passaggio, una tappa dell’Esodo: una chiesa in cammino e la domanda corri-spondente è: “Che cosa sta facendo ora Dio in mezzo a noi?”. Il discernimento non è un libero scambio di opinioni, autoreferenziale e non impegnativo; rende conto alla Parola di Dio, alla comunità diocesana, al mondo in cui si è inseriti. Fede adul-ta è quella che coincide con la viadul-ta, quella che si esprime felicemente con il termine obbedienza: adulto nella fede è quel battezzato, che obbedisce alla propria voca-zione, cioè alla vita, come Gesù. Gli adulti non sono destinatari ma sono interlocu-tori; ciò chiama in gioco l’idea di formazione.

Gli orientamenti richiedono un’unità pastorale, che va ricercata sul consenso nelle verità di fede, nella concezione di chiesa e di disciplina pastorale; ma questa ha l’esigenza di una unità culturale; e di una unità spirituale.

I lavori proseguono nella mattinata a livello di gruppi.

Le tracce proposte riguardano l’identità e il profilo degli adulti presenti delle nostre comunità, il tipo di formazione ad una fede adulta che le parrocchie oggi so-no in grado di offrire e la specificità rispetto ad altre proposte, le realtà positive già avviate a questo riguardo, le priorità cui dare spazio per una seria formazione ed in corrispondenza le attività presenti da ridimensionare.

1ª traccia (gruppo n. 1) - I soggetti

- Quali sono le tipologie di adulti delle nostre comunità (praticanti, aggregati, “cri-stiani della soglia”, non praticanti, …)?

- Quali sono le principali situazioni di “sofferenza”, che vivono oggi gli adulti, di cui tenere conto nell’azione pastorale?

2atraccia (gruppo n. 2) - Quale formazione?

- Che cosa significa formare oggi ad una fede adulta?

- La parrocchia oggi è in grado di formare adulti nella fede?

- Quale rapporto c’è tra la formazione fornita dalla parrocchia e quella offerta dal-le associazioni, dai movimenti o da altri soggetti (religiosi, centri di spiritualità, ecc…)?

3atraccia (gruppo n. 3) - Guardando all’esistente…

- Che cosa già esiste ed è posto in atto per la formazione degli adulti?

- Quali sono le vie e i mezzi attraverso i quali l’azione pastorale raggiunge gli adul-ti, in modo abituale e in modo occasionale?

- Quali urgenze emergono?

4a traccia (gruppo n. 4) - Verso il futuro

- Quali sono le priorità, i punti fermi, gli aspetti essenziali su cui puntare per raggiungere l’obiettivo di una seria formazione degli adulti? con quali strate-gie, e quali percorsi?

- Quali, invece, sono le attività, le iniziative che sarebbe necessario ridimensio-nare?

Nel pomeriggio di martedì mons. Lucio Bonomo, direttore del settima-nale diocesano “La Vita del Popolo” presenta la situazione del giorsettima-nale.

Da sempre le caratteristiche del periodico sono quelle di essere popolare, ecclesiale e legato al territorio. Nel 2012 ricorrerà il 120° anniversario della sua fondazione. A questo scopo sono state programmate numerose iniziative per la sua celebrazione.

Il direttore si sofferma poi anche sulla situazione economica, resa più diffi-cile dal costante calo di abbonati, dalla diminuzione dei contributi statali e degli introiti pubblicitari e dall’aumento delle spese postali. È importante continuare a sostenere i sostenitori propagandisti e promuovere il giornale presso gli ope-ratori pastorali. L’impegno della direzione e della redazione è quello di conti-nuare ad essere voce autorevole, offrendo un prodotto appetibile per contenuti e impostazione grafica. Mons. Bonomo informa brevemente anche su “Blu Radio Veneto” la radio sostenuta dalle tre diocesi di Treviso, Padova, Venezia.

Vengono quindi presentate in assemblea le relazioni dei gruppi di studio.

Gruppo 1 - segretario d. Michele Pestrin

Anzitutto è apparsa positiva la testimonianza da parte del Vescovo di re-visione del proprio operato pastorale. Il tema dell’educazione e della formazio-ne degli adulti non è nuovo. Va recuperato il lavoro di discernimento fatto formazio- ne-gli anni precedenti, considerando ne-gli adulti come soggetti di evangelizzazione.

Il Vescovo usa spesso la parola “sinodalità”. In diocesi la si è sperimentata nei due ultimi Sinodi, ma si fa tuttora fatica a concretizzare quanto emerge dal discernimento comune.

Il gruppo doveva rispondere alla traccia riguardante l’identità e il profilo degli adulti presenti delle nostre comunità e le loro sofferenze. Gli adulti della

“soglia” sono la maggioranza. Per accoglierli sono necessari rispetto, ascolto e fiducia nella potenza dello Spirito Santo. Sembrano essere numerose le perso-ne “distanti” che vivono esperienze di Dio al di fuori di quelle proposte dalla parrocchia. Quando le si ascolta stupisce constatare come il Signore sia stato loro vicino.

Tra le sofferenze che vivono oggi gli adulti che si è poco abituati ad ascol-tare, vanno segnalate la malattia ed il lutto; i fallimenti affettivi e matrimonia-li, sia per coppie giovani che per coppie da più anni unite in matrimonio, e le

loro conseguenze; il vedere i propri figli scegliere strade diverse dall’educa-zione ricevuta; la solitudine, le fragilità di fronte ai problemi quotidiani della vita e le malattie psichiche; la sofferenza delle famiglie con un figlio disabile;

le difficoltà di dialogo con altre culture e di accoglienza degli emigrati. Altre sono sofferenze legate alla testimonianza della fede: i cristiani che vivono un clima ostile in ambito professionale, il silenzio della Chiesa nella denuncia di certe ingiustizie.

Gruppo 2 - segretario don Samuele Facci

Vi è stato un generale apprezzamento per l’intervento del Vescovo, per il suo stile, per la confidenza con la quale ha manifestato il suo pensiero e le sue attese, per l’effettiva richiesta di collaborazione per elaborare insieme un pro-getto da realizzare e verificare, per il richiamo a verificare la fede adulta dei ti. Si è colta la preoccupazione di fondo presente nella Lettera pastorale: pre-sentare una Chiesa non autoreferenziale ma aperta al rapporto con il mondo e alla missione, sostenuta da una concezione comunionale, testimoniata dalla mo-dalità in cui si realizza il piano pastorale; che si avvale di uno stile più narrati-vo che dogmatico per presentare una fede gioiosa e liberante.

Il gruppo si è soffermato sulla traccia riguardante il tipo di formazione ad una fede adulta che le parrocchie oggi sono in grado di offrire e la specificità ri-spetto ad altre proposte. La riflessione sull’agire come formatori alla fede adul-ta va preceduadul-ta e accompagnaadul-ta sempre dalla verifica di quanto come preti si sia dei credenti adulti.

È importante condividere l’identità della meta della formazione: l’essere credenti adulti non significa né essere perfetti, né integralisti; corrisponde piut-tosto a: essere in continua relazione con Gesù, in un cammino di sequela, dis-posti a lasciarsi formare di continuo per essere cristiani credibili, capaci di ac-cogliere e ridonare l’amore ricevuto da Gesù sul modello dei santi, capaci di ri-spondere alle concrete sofferenze e povertà dei fratelli.

Circa le modalità di formare ad una fede adulta è necessario conoscere il contesto dei destinatari, mostrando una Chiesa capace di testimonianza e di ac-coglienza delle differenze, attraverso il duplice e complementare atteggiamen-to di accompagnare e guidare i cammini di fede.

Alla domanda se la parrocchia sia oggi in grado di formare adulti nella fe-de, si risponde sottolineando generalmente la difficoltà. L’impressione è che le parrocchie siano luoghi che frequenta già chi è adulto nella fede. In realtà le po-tenzialità ci sono tutte, occorre discernere e decidere insieme sulle priorità, nel-la coscienza delnel-la sussidiarietà delnel-la formazione in parrocchia rispetto a quelnel-la del centro diocesi, dei movimenti o dei centri di spiritualità.

Gruppo 3 - segretario don Fabio Franchetto

Circa la relazione di Mons. Vescovo, il gruppo è stato favorevolmente sorpre-so dal tono che la caratterizza, sorpre-soprattutto nei confronti del metodo. Spessorpre-so si cor-re il rischio in un progetto di non eseguicor-re mai una verifica, di non interrogarsi sul frutto della proposta, sulle domande e le questioni emerse, sul risultato raggiunto rispetto al punto di partenza, sulle sorprese del cammino rispetto alle attese.

Altra provocazione che ha colpito è il pericolo dell’autoreferenzialità. An-che il desiderio di sinodalità è stato colto positivamente, come invito a ricercare insieme la strada da percorrere, condividendo i doni di ognuno, come esigenza di dialogo e di confronto.

Se in un piano pastorale si deve sempre tenere presente la preoccupazione che non sia calato dall’alto, non si deve dimenticare che c’è stato in diocesi un cammino precedente che ha avuto come centrale il tema del discernimento.

Il gruppo si è poi soffermato sulla traccia riguardante le realtà positive già avviate a livello della formazione degli adulti. Sono diverse e variegate le pro-poste di formazione degli adulti presenti a livello parrocchiale e a livello dioce-sano. Ci sono anzitutto i momenti celebrativi e sacramentali: la liturgia è di per se stessa formativa (e non solo l’omelia in essa tenuta); a questo proposito sa-rebbe più corretto che l’anno pastorale fosse incentrato sull’anno liturgico. Sa-rebbe importante rendere meno “astoriche” le nostre liturgie, farvi entrare la vi-ta del mondo nelle preghiere dei fedeli e nelle monizioni previste.

Ci sono i gruppi familiari, gruppi di studio del Vangelo, la formazione dei genitori legati alla catechesi, con diverse esperienze in atto per ripensarla con maggiore coinvolgimento.

Poi sono presenti le associazioni e i movimenti; le iniziative di catechesi proposte dai carmelitani sono largamente frequentate.

Si trovano anche scuole di formazione sociale e politica; vi sono poi i mo-menti di dialogo personale e di direzione spirituale.

La molteplicità delle iniziative, però, interroga anzitutto sul concetto di for-mazione, ma anche sul destinatario che si ha in mente. Spesso si ha un concetto di formazione che si confonde con l’indottrinamento; lo schema classico delle conferenza, infatti, è ancora prevalente. L’azione formativa è invece molto arti-colata. Ci sono anche scelte di servizio e di volontariato; ci sono situazioni della vita che formano, ma poi non trovano strumenti per essere coscientizzate negli effetti che operano.

L’adulto ha già una vita piena: formarlo significa semplicemente riportarlo nell’alveo naturale della comunità cristiana, senza appesantirlo con altre iniziative.

Si nota che alcune iniziative incidono, perché hanno recuperato le strutture essenziali della vita cristiana: annuncio, celebrazione e vita fraterna. Proprio quest’ultimo aspetto sembra essere il più carente nella formazione. Se non c’è un intreccio di rapporti, soprattutto tra famiglie, tutto rischia di essere vano.

Si sottolinea l’importanza di cammini capaci di formare i formatori: è ne-cessario creare adulti che siano in grado di sostenere la formazione degli altri, cammini che aiutino a riscoprire la vocazione particolare di ciascuno o a scopri-re che l’incontro con Cristo è già avvenuto.

Mancano itinerari formativi per chi si riavvicina e ha bisogno di riscoprire la fede. In particolare, sono da valorizzare alcuni momenti cruciali, significativi, della vita umana che costituiscono passaggi in cui emerge la disponibilità a ri-prendere in mano la propria vita e ad un annuncio di fede; ciò richiede, però, una minimale conoscenza di Gesù.

Gruppo n. 4 - segretario don Giuliano Brugnotto

Ha colpito il tono di fondo positivo della lettera pastorale e degli altri inter-venti del Vescovo, l’invito e l’attenzione alla dimensione sinodale del cammino pastorale (da costruire insieme) secondo un criterio di corresponsabilità ecclesia-le, come pure l’attenzione alla vita reale delle persone e delle comunità ecclesiali.

Lo stile del Vescovo tocca la nostra psicologia di preti impegnati attiva-mente nella cura pastorale; una maggiore direttività da parte del Vescovo po-trebbe spegnere le risorse personali, tuttavia emerge anche la necessità di capire a chi spetta decidere in quanto c’è comunque la necessità di una guida e certa-mente il Vescovo e il Centro diocesi devono fare la loro parte con proposte e in-dicazioni assumendosi le responsabilità del ministero apostolico.

Si è colta in positivo l’attenzione del Vescovo ai piani pastorali, inseriti nel più ampio cammino della Chiesa, perché non degenerino in pura strategia azien-dale senza reale efficacia pastorale; il duplice rischio è quello di tematiche acco-state l’una all’altra (quando, invece, anche la tematica del triennio è in profonda sintonia con il percorso diocesano compiuto dagli anni ’90) e di fare discerni-mento senza giungere a fare delle scelte/decisioni pastorali fondamentali per una seria conversione della prassi.

Il gruppo si è soffermato sulla traccia riguardante le priorità cui dare spazio per una seria formazione ed in corrispondenza sulle attività presenti da ridi-mensionare. Le due tipologie di contatto con gli adulti più frequenti e quasi uni-che sono la Messa domenicale e la richiesta dei sacramenti per i figli o per sé in occasione del matrimonio.

È importante abbandonare l’atteggiamento dello scontro con il mondo e la cultura di oggi per offrire la relazione con la persona di Gesù e il Vangelo che è la vera ricchezza. La Chiesa non è chiamata a presentare un pacchetto di verità ma l’incontro reale con Gesù. C’è la necessità di passare da una fede dottrinale o puramente formalistica, ad una fede personale.

A tale scopo va promossa, quale priorità, l’ascolto della Sacra Scrittura pre-gata per condurre il cristiano a vivere una fede adulta che non deve sempre

di-pendere da altri; tale ascolto provoca la ricerca e l’approfondimento delle verità essenziali della fede cristiana e abilita alla lettura sapienziale della vita: solo co-sì la fede parla alla vita degli adulti di oggi. Incontrando la vita delle persone, con i problemi ordinari come l’acquisto della casa, la gestione dei beni e degli af-fetti…, la Parola di Dio produce conversione, cambiamento di mentalità.

Ciò richiede che si facciano chiaramente delle scelte da parte del prete co-me quella di sospendere una volta la settimana tutte le attività per dare spazio all’ascolto comunitario della Sacra Scrittura, insieme all’offerta di un tempo lungato settimanale di disponibilità per ascoltare le confessioni, occasione pro-pizia per accompagnare spiritualmente le persone.

Vivere una “fede adulta” è questione che riguarda anche il singolo prete.

Una vita di fede né cresce magicamente e neppure è custodita automaticamente.

Sembra sia necessario che i preti si aiutino reciprocamente a risvegliare conti-nuamente la coscienza per accogliere e maturare la bellezza e ricchezza della fe-de in Gesù.

Sono emerse anche alcune attenzioni per realizzare queste priorità.

Per un accompagnare ad una fede adulta occorre che i preti e l’organizza-zione pastorale si convertano al ritmo di vita degli adulti caratterizzato dai tem-pi della famiglia e della professione.

Vanno valorizzate esperienze come gli EVO, i “Dieci Comandamenti” pro-posti dai Carmelitani, l’adorazione eucaristica in parrocchia.

Si potrebbe anche proporre una celebrazione domenicale diversa dalla S.

Messa per le persone che stanno riprendendo un cammino di fede, riducendo il numero delle Messe.

Sulle attività da ridimensionare è necessario che ci sia un coinvolgimento delle comunità e una condivisone tra preti. Si propone che alcune decisioni da prendere vengano esaminate nelle settimane residenziali di formazione perma-nente del clero.

Si dovrà altresì ridimensionare la percezione dell’importanza del prete a

Si dovrà altresì ridimensionare la percezione dell’importanza del prete a