• Non ci sono risultati.

Capitolo III: I vincoli a verde nella giurisprudenza ordinaria ed amministrativa

2) Il verde privato

2a. La destinazione a verde privato come vincolo meramente conformativo

Quella a verde privato, si tratta di una destinazione che consente al proprietario di utilizzare l’area solo come giardino o prato. Alla luce della sentenza della Consulta n. 179 del 1999, vi è uniformità nella giurisprudenza nell’affermare che la destinazione a verde privato di un area, siccome consente al privato sia di fruire del fondo, sia di eseguirvi autonomamente tutti gli interventi edificatori compatibili con tale qualificazione urbanistica, andrebbe intesa come riconducibile al potere conformativo della proprietà privata di cui è titolare l’Amministrazione Comunale in sede di pianificazione del territorio e non invece al ben diverso potere di carattere ablatorio. Il Consiglio di Stato ha anzi a più riprese affermato che la destinazione a verde privato di un area, anche se pone preclusione all’edificazione implicando l’esclusione della possibilità di realizzare qualsiasi opera edilizia incidente sulla destinazione a verde, rimane comunque espressione delle funzioni di ripartizione in zone del territorio, senza determinare vincoli tali da escludere potenzialmente il diritto di proprietà nella sua interezza. Va considerato pertanto come un indirizzo giurisprudenziale consolidato quello secondo il quale, in caso di destinazione di un’area a verde privato, “non si versa a fronte di un vincolo ablatorio del diritto di proprietà, ma di previsioni conformative dello jus aedificandi, ai fini dell’armonico ed ordinato sviluppo del centro abitato con riguardo agli aspetti inerenti alla densità

73 abitativa, alle volumetrie ed al decoro, così da contemperare

il diritto alla proprietà individuale con la funzione sociale ad esso peculiare”91. Pertanto la destinazione in questione non sostanzia alcun vincolo sussumibile nel regime di decadenza conseguente all’inutile decorso del termine quinquennale contemplato per i vincoli ablatori e non comporta, parimenti, l’obbligo di indennizzo a favore del privato proprietario dell’area. Questo vincolo, pur comportando inedificabilità, non è ascrivibile ai vincoli espropriativi; esso è infatti espressione della potestà pianificatoria del Comune, non è prodromico all’espropriazione e non impedisce la fruibilità da parte del proprietario che è solo limitato nella facoltà di godimento in termini conformi al precetto dell’art. 42, secondo comma, della Costituzione.

2b. Dall’urbanistica al governo del territorio

Il consolidato orientamento sopra illustrato si pone in linea con quella giurisprudenza che ha evidenziato come all’interno della pianificazione urbanistica possano trovare spazio anche esigenze di tutela ambientale ed ecologica, tra le quali spicca proprio la necessità di evitare l'ulteriore edificazione e di mantenere un equilibrato rapporto tra aree edificate e spazi liberi. Si è affermato, in proposito, che il potere di pianificazione del territorio non è limitato alla classificazione delle zone del territorio comunale e, in particolare, alla delimitazione delle potenzialità edificatorie delle stesse;92 al contrario, tale potere di pianificazione è da ricondursi ad un concetto di urbanistica che non può essere

91 Cfr. Cons. St., sez. VI, 24 gennaio 2012, n. 305. Si vedano anche Cons.

St., sez. IV, 23 dicembre 2010, n. 9372; Cons. St., sez. IV, 18 maggio 2012, n. 2919; Cons. St., sez. IV, 10 maggio 2012, n. 2710

74 minimale, ovvero limitato alla sola disciplina coordinata

della edificazione dei suoli (e, al massimo, ai tipi di edilizia, distinti per finalità, in tal modo definiti), ma che invece deve essere ampio, tale da consentire che si possa dare attuazione, per mezzo della disciplina dell’utilizzo delle aree, anche a finalità economico-sociali della comunità locale (non in contrasto, bensì in armonico rapporto con analoghi interessi di altre comunità territoriali, regionali e dello Stato), nel quadro di rispetto e positiva attuazione di valori costituzionalmente tutelati.93 Tra le esigenze fondamentali della comunità territoriale, vanno indubbiamente ricomprese sia le esigenze di tutela della salute, la quale richiede che agli abitanti sia garantito un ambiente salubre in cui vivere, sia l’aspirazione dell’individuo alla casa di abitazione, da porre necessariamente in relazione alle effettive esigenze abitative della comunità ed alle concrete vocazioni dei luoghi. Anche siffatti interessi devono pertanto essere contemperati in sede di configurazione del “modello di sviluppo che s'intende imprimere ai luoghi stessi, in considerazione della loro storia, tradizione, ubicazione e di una riflessione de futuro sulla propria stessa essenza, svolta per autorappresentazione ed autodeterminazione dalla comunità medesima, con le decisioni dei propri organi elettivi e, prima ancora, con la partecipazione dei cittadini al procedimento pianificatorio”.94 Proprio per tali ragioni, lo stesso legislatore costituzionale, nel novellare l’art. 117 Cost., per il tramite della legge cost. n. 3 del 2001, ha sostituito il termine «urbanistica» con l’onnicomprensiva espressione di «governo del territorio»,95 materia che risulta

93 Cons. St., Sez. IV, 13 giugno 2013, n. 3262 94 Cfr. Cons. St., Sez. IV, 21 dicembre 2012, n. 6656

95 Per una panoramica sui dubbi e le perplessità che l’intervento

75 pertanto affidata alle Regioni, salvo che per la

determinazione dei principi fondamentali. 96 Secondo l’insegnamento della Corte costituzionale, i due concetti non sono perfettamente coincidenti, poiché l’urbanistica si esaurirebbe nel governo del territorio, ma non sarebbe vero il contrario. 97 Questa posizione, peraltro, risulta la medesima assunta dalla dottrina dominante.98 Alcuni hanno inteso paragonare questa distinzione a due cerchi concentrici: il più ristretto, rappresentato dall’urbanistica, a sua volta costituita dalla pianificazione territoriale e urbanistica, e il più ampio, comprendente le ulteriori

Il diritto del “governo del territorio” in trasformazione, Napoli, Editoriale

Scientifica, 2011, 5 ss.; M.A. CABIDDU, Diritto del governo del territorio, Torino, Giappichelli, 2010, 7 ss.; N. ASSINI, P. MANTINI, Manuale di

diritto urbanistico, Milano, Giuffrè, 2007, 16 ss.; P. STELLA RICHTER, La nozione di «governo del territorio» dopo la riforma dell’art. 117 cost., in Giust. civ., 2003, 107 ss.; S. AMOROSINO, Il “governo del territorio” tra Stato, regioni ed enti locali, in Riv. giur. edil., 2003, 77 ss.; V. CERULLI

IRELLI, Il “governo del territorio” nel nuovo assetto istituzionale, in S. CIVITARESE MATTEUCCI, E. FERRARI, P. URBANI (a cura di), Il governo del

territorio, Milano, Giuffrè, 2003, 499 ss.; P. URBANI, Il governo del territorio nel Titolo V della Costituzione, in Riv. giur. urb., 2003, 50 ss.;

M.A. SANDULLI, Effettività e semplificazioni nel governo del territorio:

spunti problematici, in Dir. amm., 2003, 507 ss.; P.L. PORTALURI, Riflessioni sul “governo del territorio” dopo la riforma del Titolo V, in Riv. giur. edil., 2002, 357 ss.

96 Va ricordato che l’art. 1, comma 3, della legge n. 131 del 2003 di

attuazione della riforma

del Titolo V della Costituzione, prevede che «nelle materie appartenenti alla legislazione concorrente le Regioni esercitano la potestà legislativa nell’ambito dei principi fondamentali espressamente determinati dallo Stato o, in difetto, quali desumibili dalle leggi statali vigenti».

97 La Consulta, infatti, ha avuto modo in più occasioni di chiarire l’esatta

portata del mutamento testuale operato nel 2001: C. cost., 25 settembre 2003, n. 303, in Giur. cost., 2003, 2675 ss. con osservazioni di A. D’ATENA, 2776 ss.; C. cost., 28 giugno 2004, n. 196, in Giur. cost., 2004, 1930 ss., con osservazioni di P. STELLA RICHTER, 2015 ss. In tale prospettiva, viene in rilievo il confluire ineluttabile, nella materia del governo del territorio, delle esigenze di salvaguardia di valori costituzionali assoluti e non comprimibili quali il paesaggio, l’ambiente ed i beni culturali (Cons. St., Sez. IV, 12 marzo 2010, n. 1461; Id., 12 giugno 2009, n. 3770; C. cost., 7 novembre 2007, n. 367).

98 S. AMOROSINO, Il “governo del territorio” tra Stato, regioni ed enti

locali, in S. CIVITARESE MATTEUCCI, E. FERRARI, P. URBANI (a cura di), Il governo del territorio, Milano, Giuffrè, 2003, 139 ss.; P.L. PORTALURI, Poteri urbanistici e principio id pianificazione, Napoli, Jovene, 2003, 200

76 funzioni identificabili nel governo del territorio, ovvero

quell’insieme composito di attività svolte da soggetti pubblici di varia natura che incidono fortemente nella definizione di un determinato assetto territoriale (ad es., servizi pubblici a rete e approntamenti infrastrutturali).99 Non è tuttavia mancata una tesi minoritaria tendente a ravvisare, nella riforma costituzionale, nulla più che una mera interpolazione lessicale, volta ad adeguare la terminologia dell’art. 117 al suo mutato “significato di disciplina avente ad oggetto l’intero territorio, indipendentemente dal grado della sua urbanizzazione”.100 Proprio in ossequio alla rinnovata estensione delle finalità che l’Amministrazione è chiamata a perseguire in sede pianificatoria, la giurisprudenza ha avvertito che le scelte urbanistiche destinate a tutelare l’ambiente, anche quando consistono nell’imprimere ad un’area il connotato di zona agricola o di verde privato, non richiedono una diffusa analisi argomentativa con riguardo al valore dell’ambiente,101 stante la sua copertura di rango costituzionale, offerta dall’art. 9.102103 In particolare si è sostenuta la chiara valenza

99 Così T. BONETTI, Il diritto del “governo del territorio” in

trasformazione, cit., 10.

100 Tale impostazione, per cui urbanistica e governo del territorio

sarebbero da ritenersi concetti del tutto equivalenti, è riconducibile a P. STELLA RICHTER, I principi del diritto urbanistico, Milano, Giuffrè, 2006, 6 ss.

101 Sull’argomento si veda M.A. MAZZOLA, La motivazione del PRG con

riguardo all’ambiente, in Riv. giur. amb., 2002, 521 ss

102 Cons. St., Sez. IV, 19 gennaio 2000, n. 245

103 Come chiarito dalla Corte costituzionale, infatti, i principi generali in

materia ambientale e paesaggistica non possono esser disgiunti dagli artt. 9 e 117 della Costituzione, per cui deve essere data la prevalenza alla tutela del paesaggio non nel significato, meramente estetico, di “bellezza naturale”, ma come complesso dei valori inerenti il territorio naturale (cfr. C. Cost., 7 novembre 1994, n. 379), che è un bene “primario” ed “assoluto” (C. cost., 5 maggio 2006, nn. 182 e 183) e comunque una risorsa assolutamente limitata ed in via di esaurimento. Si aggiunga che «il piano regolatore generale, nell’indicare, tra l’altro, i limiti da osservare nelle zone a carattere storico, ambientale e paesistico, può disporre che determinate aree siano sottoposte a vincoli

77 conservativa dei valori naturalistici propria della

destinazione a verde privato, in considerazione del fatto che essa, salvaguardando “il polmone dell'insediamento urbano”, assume per tale via “la funzione decongestionante e di contenimento dell'espansione dell'aggregato urbano”.104

2c. L’obbligo di motivazione gravante sull’Amministrazione che pianifica e la rilevanza dei contrari interessi privati Certo è che la destinazione di un’area a verde privato – e in generale di tutte le destinazioni a verde – può risultare fortemente prevaricante per il proprietario di essa, il quale si può trovare a non poter edificare sul proprio terreno quando magari i proprietari delle aree limitrofe le hanno potute sfruttare in quel senso. Per questo motivo molti Piani regolatori generali – e la questione vale ancora di più per le varianti ai piani regolatori – che prevedono la destinazione di aree a verde privato, sono spesso impugnati per violazione del principio di ponderazione tra interessi privati da sacrificare in relazione all’interesse pubblico perseguito e

conservativi indipendentemente da quelli introdotti dalle amministrazioni competenti nel perseguimento della salvaguardia di cose di interesse storico, artistico e paesaggistico» (Cons. St., Sez. IV, 5 ottobre 1995, n. 781, in Riv. giur. edil., 1996, I, 341), e quindi «in sede di pianificazione urbanistica è consentita sia la ricognizione dei vincoli imposti in virtù di leggi speciali sia la costituzione di vincoli autonomi per la tutela di valori ambientali e paesaggistici considerati in una prospettiva specificatamente urbanistica» (Cons. St., Sez. IV, 14 maggio 2001, n. 2653, in Guida al dir., 2001, fasc. 30, 83). In altre pronunce si rinviene poi un’enunciazione del primato del valore ambientale e paesaggistico, rispetto al quale la stessa pianificazione urbanistica risulta recessiva; A ulteriore conferma della prevalenza gerarchica della tutela del paesaggio rispetto al governo del territorio, sovvengono altresì gli artt. 143 ss. del D. Lgs. 42 del 2004, Codice dei beni culturali e del paesaggio, a norma dei quali gli strumenti urbanistici sono tenuti a rispettare, a pena di illegittimità, quanto previsto dalla pianificazione paesistica. In tal senso, v. anche G. SEVERINI, La tutela costituzionale del

paesaggio (art. 9 Cost.), in S. BETTINI, L. CASINI, G. VESPERINI, C. VITALE, Codice di edilizia e urbanistica, Torino, UTET, 2013, 34.

78 per carenza motivazionale; da riscontrare quest’ultima nei

casi in cui manchi una specifica motivazione in merito ad una scelta così penalizzante per il privato ricorrente, posto che la (nuova) destinazione rende di fatto l’area inedificabile. Nel respingere tali censure, i giudici amministrativi richiamano il pacifico orientamento giurisprudenziale secondo cui le scelte urbanistiche costituiscono apprezzamenti di merito, risultando quindi sottratte al sindacato di legittimità con l’eccezione di quelle inficiate da errori di fatto o da abnormi illogicità.105 Le scelte inerenti alla disciplina del territorio possono quindi formare oggetto di sindacato giurisdizionale nei soli casi di arbitrarietà, irragionevolezza o di palese travisamento dei fatti, che costituiscono i limiti della discrezionalità amministrativa.106 Ne consegue che il privato che si ritenga leso da una scelta di piano non favorevole ai suoi interessi in ordine alla destinazione data ad una certa area di sua proprietà, non può censurare, se non per evidenti vizi logici, le ragioni specifiche della singola scelta operata dall'amministrazione, poiché il sistema non richiede una giustificazione analitica delle singole scelte operate, ma solo delle ragioni d’insieme che hanno portato alle complessive scelte di pianificazione. Non potrà invocarsi, pertanto, il vizio di eccesso di potere per disparità di trattamento basata sulla comparazione con la destinazione impressa ad immobili adiacenti.107

105 Cons. St., Sez. IV, 30 luglio 2012, n. 4319; Id., Ad. Plen., 22 dicembre

1999, n. 24

106 Sul controllo esperibile sulla discrezionalità dell’amministrazione si

veda S. BACCARINI, Sindacabilità della discrezionalità del potere di

pianificare e legittimità della normativa, in Riv. giur. edil., 2013, n. 5,

GIUFFRÈ, parte II, p. 219

79 Sulla scorta di tale premessa, viene poi ribadito108 che le

scelte operate attraverso lo strumento pianificatorio generale, circa la destinazione di singole aree, sono congruamente motivate facendo riferimento alle ragioni evincibili dai criteri generali, di ordine tecnico-discrezionale, seguiti nell'impostazione del piano regolatore, mentre deve escludersi un obbligo di specifica motivazione, giacché in materia trova applicazione l'art. 3, comma 2, della legge 241 del 1990, che esonera l’Amministrazione dall’obbligo motivazionale in caso di adozione di atti normativi e a contenuto generale (tra cui rientrano appunto i piani regolatori generali e le relative varianti generali).109 Pertanto è ritenuto sufficiente l’espresso riferimento alla relazione illustrativa del piano regolatore, oppure alla relazione di accompagnamento al progetto di modifica del piano stesso,110 salvo il ricorrere di casi particolari in cui si configuri

108 Cons. St., Sez. IV, 21 dicembre 2012, n. 6656

109 Da notarsi, per inciso, come il principio dell'inesistenza di un obbligo

specifico di motivazione delle scelte urbanistiche venga applicata anche alle osservazioni al piano formulate dai proprietari interessati, in quanto ritenute inidonee a determinare l’insorgere di aspettative qualificate. Secondo un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato, infatti, le osservazioni proposte dai cittadini nei confronti degli atti di pianificazione urbanistica non costituiscono veri e propri rimedi giuridici, ma semplici apporti collaborativi alla formazione degli strumenti urbanistici e tanto il loro rigetto quanto il loro accoglimento non richiedono, pertanto, una puntuale controdeduzione sorretta da motivazione analitica, essendo sufficiente che esse siano state esaminate e confrontate con gli interessi generali dello strumento pianificatorio (Cons. St., Sez. IV, 18 giugno 2009, n. 4024; Id., 19 marzo 2009, n. 1652).

110 In sede di pianificazione generale o di variante generale, infatti, il

Comune ha la facoltà ampiamente discrezionale di modificare le precedenti previsioni e non è tenuto a dettare una motivazione specifica per le singole zone o aree a destinazione innovata (Cons. St., Sez. IV, 1° marzo 2010, n. 1182; Id., 13 maggio 1992, n. 511). Quanto appena detto, tuttavia, incontra una deroga nell’ipotesi in cui la variante non abbia portata generale, bensì abbia finalità particolari e oggetto circoscritto (come ad esempio quando essa intervenga a disciplina di un unico terreno): in tal caso, come nel caso in cui la variante incida su aspettative assistite da speciale tutela, si rende necessaria una puntuale motivazione (Trib. Reg. Giust. Amm., Bolzano, 12 gennaio 2012, n. 9; Cons. St., Sez. IV, 5 marzo 2008, n. 933; Id., 28 dicembre 2006, n. 8050).

80 uno specifico obbligo motivazionale a carico

dell’Amministrazione.111

Tale necessità di più incisivi profili motivazionali può essere rinvenuta solo nei casi in cui preesistano particolari situazioni che abbiano creato aspettative o affidamenti qualificati sulla destinazione dell’area, dando luogo a posizioni differenziate rispetto alla generalità degli interessati, e che quindi debbano ricevere una più compiuta valutazione, in ragione della sussistenza di posizioni soggettive meritevoli di specifica considerazione. In particolare, dette evenienze sono date: dal superamento, imposto dall’Amministrazione, degli standard urbanistici minimi di cui al D.M. n. 1444 del 1968 (con la precisazione che, in tal caso, la motivazione dovrà indicare le ragioni che hanno comportato il “sovradimensionamento” e non quelle che hanno portato ad assegnare una specifica destinazione di zona a una certa area); dalla lesione dell’affidamento qualificato del privato, derivante da convenzioni di lottizzazione o da accordi ex art. 11 l. n. 241 del 1990 intercorsi fra il Comune e i proprietari delle aree (e già oggetto di stipula); dalla lesione di aspettative nascenti da un giudicato di annullamento di dinieghi di titoli abilitativi edilizi o di accertamento dell’illegittimità del silenzio rifiuto su una domanda di titolo abilitativo;112 o, più in generale, dalla lesione di aspettative collegate a situazioni di diverso regime urbanistico accertate da sentenze passate in giudicato;113 nonché, infine, dalla modificazione in zona

111 Cons. St., Sez. IV, 5 gennaio 2011, n. 24; Id., 13 ottobre 2010, n. 7492;

Id., 26 aprile 2009, n. 2293

112 Cons. St., Sez. IV, 11 settembre 2012 n. 4806 113 Cons. St., sez. IV, 16 febbraio 2010, n. 1015

81 agricola della destinazione di un’area limitata, interclusa da

fondi legittimamente edificati.114

Ogniqualvolta l’esercizio dello jus variandi vada ad incidere in senso peggiorativo su una di queste aspettative assistite da una peculiare tutela o da uno speciale affidamento, l’Amministrazione è tenuta ad operare una valutazione comparativa tra l’interesse pubblico e la posizione privata qualificata, corredando il provvedimento di una puntuale motivazione che dia altresì conto della concreta impossibilità di conseguire l’obiettivo di pubblico interesse con soluzioni alternative, capaci di escludere o di contenere la vulnerazione dell’affidamento insorto in capo al privato. Al di fuori di queste fattispecie tipizzate in via giurisprudenziale, invece, può ravvisarsi in capo all’interessato unicamente una generica aspettativa ad una non reformatio in peius delle destinazioni di zona, tale da non giustificare né una particolare tutela, né un obbligo di più puntuale motivazione. Non può infatti ritenersi qualificato l’interesse del privato meramente correlato ad una precedente previsione urbanistica che consentiva un più proficuo utilizzo dell'area; siffatta aspettativa risulta pertanto cedevole dinanzi alla discrezionalità del potere pubblico di pianificazione urbanistica.115

2d. il caso particolare dei “lotti interclusi”

Tale fattispecie altro non è che una peculiare situazione di fatto che si realizza, secondo una più rigorosa impostazione, allorquando l’area edificabile di proprietà del richiedente: sia l’unica a non essere stata ancora edificata; si trovi in una

114 Cons. St., sez. IV, 16 novembre 2011 n. 6049; Id., 13 ottobre 2010, n.

7492

82 zona integralmente interessata da costruzioni; sia dotata di

tutte le opere di urbanizzazione (primarie e secondarie), previste dagli strumenti urbanistici; sia infine valorizzata da un progetto edilizio del tutto conforme al piano regolatore generale.116

In presenza di questi presupposti, anche nel caso in cui lo strumento urbanistico generale preveda che la sua attuazione debba aver luogo mediante un piano di livello inferiore, si consente l’intervento costruttivo diretto, ovvero in mancanza di un titolo edilizio rilasciato dopo che lo strumento esecutivo sia divenuto perfetto ed efficace. Purché si accerti la sussistenza di una situazione di fatto perfettamente corrispondente a quella derivante dall’attuazione del piano esecutivo, viene pertanto consentito l’esercizio diretto dello ius aedificandi, allo scopo di evitare defatiganti attese per il privato ed inutili dispendi di attività procedimentale per l’ente pubblico.117

Tale esonero dal piano di lottizzazione previsto dal PRG trova il suo necessario presupposto in uno stato di fatto che consenta di prescindere dalla predisposizione dello strumento attuativo, in quanto lo stesso risulta non più necessario perché lo scopo cui sarebbe destinato è già stato raggiunto. Ciò risulta in tutta la sua evidenza nell’ipotesi appena descritta di lotto intercluso, nella quale nessuno spazio potrebbe rinvenirsi per un’ulteriore pianificazione. Non è a questo assimilabile, invece, il caso di zone solo parzialmente urbanizzate, esposte al rischio di compromissione di valori urbanistici, nelle quali la pianificazione può ancora conseguire l’effetto di correggere

116 Cons. St., Sez. IV, 10 giugno 2010, n. 3699

117 Cons. St., Sez. IV, 29 gennaio 2008, n. 268; Id., Sez. V, 3 marzo 2004,

83 e compensare il disordine edificativo in atto, al fine di un

armonico raccordo con il preesistente aggregato abitativo.118

Tale essendo la ratio della regola sottesa alla fattispecie di lotto intercluso, il Consiglio di Stato ne esclude la