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Capitolo III: I vincoli a verde nella giurisprudenza ordinaria ed amministrativa

3) Il verde pubblico e il verde attrezzato

3a. Rapporto carico urbanistico-verde pubblico

Si è già detto in precedenza121 di come prima della Legge Urbanistica del 1942, ed anche nei decenni immediatamente successivi, il piano regolatore fosse uno strumento del tutto facoltativo e per lo più inutilizzato in quanto limitativo della facoltà di edificare, non soggetta ad alcun limite in assenza di pianificazione. Solo con la Legge Ponte dell’agosto del

120 T.A.R. Puglia - Lecce, Sez. I, 28 settembre 2005, n. 4374 121 V. Cap. 1

85 1967 viene introdotto un forte incentivo all’utilizzo degli

strumenti di pianificazione attraverso l’introduzione dei cd. standard generali, ovvero della disciplina generale e inderogabile sull’uso dei suoli, da applicare in mancanza di un piano regolatore generale o qualora esso sia diventato in tutto o in parte inefficace. Questa disciplina risultava particolarmente stringente in quanto concedeva ai privati soltanto minime possibilità di sfruttamento edificatorio delle loro proprietà, cosicché il piano regolatore generale, da strumento inutilizzato in quanto limitativo dell’originaria assoluta libertà di costruire, diviene lo strumento attraverso il quale ottenere facoltà edificatorie maggiori rispetto a quelle previste nella disciplina dettata dagli standard generali. Ma oltre a poter essere considerata la legge che ha di fatto reso obbligatoria l’adozione del piano regolatore, la legge in questione pone anche le regole e i concetti di fondo che l’Amministrazione Pubblica deve tenere a mente nel momento della redazione dello strumento urbanistico generale. I concetti di fondo sono essenzialmente due: limiti e rapporti.

I limiti riguardano densità edilizia, altezza e distanza tra fabbricati; essi sono inderogabili e in quanto tali bloccano la discrezionalità della Pubblica Amministrazione avendo il legislatore già deciso al suo posto.

Nel piano si devono inoltre prevedere i rapporti massimi tra spazi destinati allo sfruttamento privato, segnatamente edilizio, del territorio e aree di scarico urbanistico ovvero riservate a strutture utili alla collettività; è proprio tra queste che il legislatore del ’67 inserisce il verde pubblico.

Se la legge n. 765 del 1967 delinea le regole di fondo della pianificazione urbanistica, queste sono sviluppate dal decreto ministeriale n. 1444 dell’aprile dell’anno seguente

86 che indica con precisione le regole per operare la divisione

in zone del territorio ed i limiti e rapporti da osservare in ciascuna di esse.

In particolare, con riguardo agli insediamenti residenziali, la norma stabilisce che “salvo diversa dimostrazione, ad ogni abitante insediato o da insediare corrispondono mediamente 25 mq. di superficie lorda abitabile” e che “ per ogni abitante – insediato o da insediare – va assicurata la dotazione minima, inderogabile, di mq. 18 per spazi pubblici o riservati ad attività collettive, a verde pubblico o a parcheggio”.122 Di questi 18 mq., la metà devono essere destinati ad aree per spazi pubblici attrezzati a parco e per il gioco e lo sport, effettivamente utilizzabili per tali impianti; si capisce come, già per il legislatore del tempo, il verde dovesse avere un ruolo di primaria importanza nell’ambito dello scarico urbanistico in quanto efficace rimedio contro l’eccessiva congestione urbana.

Con riguardo invece agli insediamenti produttivi, il decreto ministeriale in esame distingue tra gli insediamenti di carattere industriale o ad essi assimilabili compresi nelle zone D e gli insediamenti di carattere commerciale e direzionale. Per i primi “la superficie da destinare a spazi pubblici o destinata ad attività collettive, a verde pubblico o a parcheggio non può essere inferiore al 10% dell’intera superficie destinata a tali insediamenti”; per i secondi “a 100 m1q. di superficie lorda di pavimento di edifici previsti, deve corrispondere la quantità minima di 80 mq. di spazio di cui almeno la metà destinata a parcheggi”.123

L’intervento legislativo in questione interviene in un momento in cui i centri storici e spesso anche gli ambiti

122 D.M. 2 aprile 1968, n. 1444, art. 3 123 Art. 5 D.M. cit.

87 limitrofi delle città sono già stati edificati senza tenere conto

di tali standard speciali,124 per questo lo stesso decreto ministeriale pone delle deroghe al rispetto dei limiti e rapporti fissati al suo interno con riguardo alle diverse zone in cui il territorio comunale è diviso.125

Nonostante questa puntuale tipizzazione, gli standard speciali, specie con riguardo al verde pubblico, raramente sono stati rispettati tant’è che il legislatore è intervenuto di recente per ribadire la necessità che tali rapporti vadano rispettati all’interno del territorio di tutti i Comuni dello Stato. Si fa riferimento alla legge 14 gennaio 2013, n. 10 di cui tratteremo in seguito.

Abbiamo perciò appurato che le aree destinate a verde pubblico hanno la funzione di costituire i polmoni verdi nel contesto di un ambiente che risulterebbe altrimenti sovraccarico di edificazioni; rientrano, in questo senso, nelle aree di standards ai sensi del D.M. 1444 del 1968, il quale però non fornisce una definizione legale circostanziata di verde pubblico. La assoluta astrattezza della locuzione, e il mancato intervento chiarificatore del legislatore – il quale anzi quando interviene crea spesso ancora più incertezza126

124 Detti speciali in quanto sono destinati all’Amministrazione che

pianifica a differenza degli standard generali i quali si riferiscono direttamente ai privati

125 Le deroghe a cui si fa riferimento sono contenute nell’art. 4 del D.M.

a cui, pertanto, si rimanda

126 Se infatti al D.M. 1444 del 1968 può essere riconosciuto il merito di

aver fornito le prime indicazioni relative alla configurazione di una zona destinata ad attrezzature ed impianti generali ed al necessario inserimento di aree per spazi pubblici attrezzati a parco o per il gioco o lo sport che bilanciassero lo sfruttamento edificatorio, parimenti non può ritenersi che in esso sia contenuta una definizione di spazio verde urbano destinato alla collettività; a conclusione ancor peggiore si giunge anche al termine dell’analisi della normativa più recente con la quale si è data applicazione al Codice dei contratti pubblici: all’interno del regolamento 5 ottobre2010, n. 207, il verde pubblico viene ricondotto alla categoria OS 24, che si occupa di “verde ed arredo urbano”, provvedendo, del primo, non tanto a fornire una definizione specifica, quanto a fornire alcune esemplificazioni (campi sportivi, terreni di gioco,

88 - ne ha consentito un impiego proprio solo in alcune

occasioni, 127 essendo invece predominante l’impiego improprio, vale a dire aggettivato.

Sicuramente la tipologia impropria di verde pubblico più presente all’interno degli strumenti urbanistici è quella di “verde pubblico attrezzato” sulla quale conviene perciò soffermarsi.

3b. Attrezzare il verde – Interventi realizzabili e modalità Generalmente con la locuzione “verde attrezzato” si fa riferimento a parti del territorio comunale in cui si possono realizzare attrezzature urbane di uso pubblico e di interesse generale (impianti sportivi, ricreativi, culturali) in un contesto in cui il verde dovrebbe sempre rimanere il soggetto protagonista.

In realtà la costruzione di un concetto identificativo della categoria appare assai ardua, fornendole ciascun soggetto pianificatore, specialmente nella parte regolamentare delle norme tecniche di attuazione degli strumenti urbanistici vigenti, elementi di specialità molto diversi; così la identificazione della tipologia del “verde pubblico attrezzato” può avvenire o per differenza, vale a dire in rapporto ad altre aree, magari destinate a verde pubblico generico oppure a verde sportivo, oppure proprio mediante

sistemazioni paesaggistiche, verde attrezzato, recinzioni) assolutamente eterogenee che, se hanno una logica in funzione dell’oggetto e dello scopo del regolamento sui lavori pubblici, forniture ed appalti pubblici, risultano, per contro inutili, se non addirittura dannose, in relazione alla logica definitoria del verde pubblico.

127 Alcune delle più recenti pronunce in cui il “verde pubblico” è stato

menzionato in modo autonomo e non aggettivato: Cass. Civ., sez. III, 29 settembre 2015, n. 19236; Cass. Civ., sez. I, 25 settembre 2015, n. 19087; Cass. Civ., sez. I, 25 settembre 2015, n. 19076; T.A.R. Bologna, sez. I, 23 settembre 2015, n. 824; Cons. St., sez IV, 8 settembre 2015, n. 4155; Cons. St., sez IV, 26 agosto 2015, n. 4007

89 una lettura interpretativa che la giurisprudenza compie delle

prescrizioni urbanistiche dei vari contesti urbani128: ed è questa la strada che sembra essere maggiormente seguita dalla giurisprudenza amministrativa ed ordinaria.129

Questo ampio margine di apprezzamento lasciato alla giurisprudenza, non ha prodotto, con riguardo alla categoria del “verde pubblico” - “verde pubblico attrezzato”, quella uniformità di inserimento della destinazione in esame nell’ambito dei vincoli conformativi od espropriativi da parte dei diversi organi giudicanti amministrativi ed ordinari presenti nell’ordinamento, cosa che abbiamo visto essersi verificata per il verde privato e vedremo confermata anche con riguardo al verde agricolo.

Accantonando per un attimo questi orientamenti contrastanti, sui quali ci soffermeremo nel paragrafo seguente, va evidenziato lo sforzo profuso dal Consiglio di Stato, proprio nella risoluzione di alcune questioni riguardanti la destinazione a verde pubblico attrezzato, nel tentativo di conferire al verde un ruolo di primaria importanza tra i bisogni delle comunità che di esso fruiscono. Infatti la destinazione a verde attrezzato, sebbene disciplinata in modo sempre differente dalle norme tecniche di attuazione dei diversi strumenti urbanistici, consente nella gran parte dei casi la realizzazione di attrezzature pubbliche e di interesse generale e finanche di insediamenti di carattere commerciale, purché compatibili con l’uso

128 Cfr V. GIOMI, Il verde pubblico come risorsa comune: da necessario

strumento di soddisfacimento di bisogni collettivi a forma di tutela di beni vincolati, in Proprietà pubbliche: tutela valorizzazione e gestione, Atti del

V Convegno di studi amministrativi, 27 marzo 2015, Chieti

129 T.A.R. Lazio, sez. I Roma, 20 agosto 2015, n. 10899; Cons. St., sez. IV,

25 novembre 2013, n. 5599; Cons. St., sez. IV, 6 maggio 2013, n. 2432; Cons. giust. Amm. Sic., sez. giurisdiz., 27 febbraio 2012, n. 212; Cass. Civ., sez. I, 15 maggio 2008, n. 12293

90 pubblico. Tali previsioni rischiavano di far sì che la

destinazione a verde rimanesse meramente sulla carta, o comunque sullo sfondo, mentre di fatto l’area veniva utilizzata principalmente per attività commerciali le quali sono espressione di un interesse privato.

Per dar conto della rilevanza dell’opera del Consiglio di Stato al fine di evitare di giungere alla degenerazione sopra prospettata, è utile richiamare la decisione n. 4790 del giugno 2004.

Nel caso di specie, la sentenza appellata130 aveva accolto i ricorsi volti ad ottenere l’annullamento di tutti gli atti e provvedimenti per mezzo dei quali il Comune di Caserta aveva permesso o autorizzato l'apertura di un centro commerciale da parte di una società privata e, all'interno di questo, l'apertura di un supermercato e quella di oltre quaranta esercizi commerciali; tali interventi erano stati infatti ritenuti dal Tribunale non compatibili con la destinazione urbanistica a “verde pubblico attrezzato” della zona.

Contro la sentenza hanno proposto appello tanto la società privata beneficiaria delle concessioni, quanto lo stesso Comune di Caserta, denunciandone l'erroneità sia in rito che nel merito. Tralasciando il rito131 e venendo al merito della causa, la questione che costituisce il nucleo centrale della controversia risulta essere quella relativa alla compatibilità urbanistica della struttura realizzata dall'appellante società, che la sentenza gravata esclude sul rilievo del contrasto tra

130 T.A.R. Campania, Napoli, Sez. III, sui ricorsi riuniti n. 13000 del 2001 e

n. 2658 del 2002

131 Le questioni concernevano le eccezioni di inammissibilità del ricorso

n. 13000/2001 per difetto di legittimazione attiva ed interesse nel ricorrente e per tardività, peraltro anch’esse giudicate infondate dal Consiglio di Stato

91 l'insediamento in questione e la destinazione a verde

pubblico attrezzato della zona F3 di piano regolatore generale in cui l'area interessata ricade.

Hanno sostenuto gli appellanti che le zone F3 sono, secondo il piano regolatore generale di Caserta, parti del territorio in cui è espressamente autorizzata la realizzazione di strutture commerciali, in quanto funzionali all'esercizio di attività d'interesse generale compatibili con l'uso pubblico. Il piano urbanistico non indica determinate quote o percentuali tra le diverse destinazioni, ma si limita a prevedere la possibilità di realizzare "strutture commerciali", con la sola condizione della "compatibilità" con l'uso pubblico. La disciplina urbanistica della zona prevede, quindi, la compresenza e l'integrazione funzionale di entrambi i tipi d'intervento, sicché, a parer degli appellanti, è stato arbitrario introdurre, come avrebbe fatto il primo giudice, in luogo del previsto rapporto di equiordinazione, un rapporto di strumentalità delle strutture commerciali al verde pubblico. Vi sarebbe, in ogni caso, piena compatibilità dell'intervento assentito con la destinazione della zona F3 e con la fruizione collettiva che, ad avviso del Tribunale, di questa sarebbe tipica, costituendo il complesso della società un centro polifunzionale integrato caratterizzato dalla presenza al suo interno di attrezzature per lo sport, lo svago, la cultura ed il tempo libero.

La ricostruzione così operata dagli appellanti non è stata condivisa dal Consiglio di Stato che ha respinto gli appelli con una motivazione di cui conviene ripercorrere i punti essenziali.

Essa muove dal fatto che nella ripartizione del suo territorio, il Comune di Caserta ha definito la zona F avendo riguardo alla destinazione ad "Attrezzature pubbliche o di uso pubblico" ed ha classificato dieci diverse zone F con

92 riferimento a destinazioni più specifiche, tra le quali, ben

cinque a "verde".132 In queste cinque zone dunque, "il verde, vale a dire la presenza di vegetazione distribuita sul territorio secondo modalità indicate, costituisce esso stesso la "attrezzatura pubblica" o (privata ma) "di uso pubblico" a cui queste zone sono riservate e la fruizione del verde da parte della collettività ne è la funzione tipica nell'ambito della organizzazione generale del territorio comunale".

Tale assunto risulta essere molto importante in quanto il verde pubblico non viene più considerato come area meramente volta a soddisfare le esigenze necessarie poste dagli standard speciali di cui al D.M. 1444 del 1968, ma viene posto in relazione ai bisogni della collettività di riferimento, assumendo nei confronti di essa il ruolo di servizio pubblico. Da ciò consegue che nelle zone a verde specificamente previste, quando la loro particolare disciplina vi ammetta la presenza anche di altre attrezzature finanche a carattere commerciale, la funzione di queste non può che essere gerarchicamente subordinata e servente rispetto a quella propria dell'intera zona.

Nel caso in esame, peraltro, questa organizzazione gerarchica delle funzioni nell'ambito della zona era sancita dall'espressa condizione apposta alla realizzazione delle altre attrezzature, pur sempre "pubbliche o di uso pubblico", diverse dal verde - "sportive, per lo svago, la cultura e il tempo libero, commerciali" - le quali in tanto sono ammesse in quanto siano "compatibili con l'uso pubblico", cioè con la fruizione del verde. In altre parole, “le attrezzature ora nominate sono consentite soltanto se, per le loro

132 "verde di rispetto monumentale, stradale, ferroviario, industriale e

cimiteriale" - zona F1; "verde pubblico" - zona F2; "verde pubblico attrezzato" - zona F3; "parco urbano" - zona F4; e "verde privato vincolato" - zona F5.

93 caratteristiche edilizie ed architettoniche, per le dimensioni o

per le modalità con cui si inseriscono nel contesto, non siano tali da incidere in modo apprezzabile sulla fruizione dell'area in relazione alla sua destinazione a verde pubblico”.

Il giudice di Palazzo Spada ha dunque ritenuto corretto il ragionamento del giudice di primo grado il quale aveva ritenuto che l'insediamento contestato, per le sue dimensioni (volumetria complessiva di 60.932 mc., di cui 14.080 fuori terra; superficie occupata pari a 24.620 mq.), per la presenza al suo interno di circa quaranta esercizi commerciali, artigianali o per prestazione di servizi e di un supermercato, oltre che per le infrastrutture (viabilità, parcheggi) resesi necessarie, non fosse compatibile con la destinazione a verde pubblico attrezzato, prescritta dallo strumento urbanistico, rispetto alla quale assume preponderante rilevanza quella commerciale dell'insediamento stesso.

Alla luce di tale decisione, appare chiaro l’intento del Consiglio di Stato di dare al verde pubblico una dignità e una rilevanza che vadano oltre al povero dato normativo, onde evitare che le destinazioni di zona a verde previste dai piani regolatori, non rimangano sulla carta, ma vengano effettivamente rispettate in quanto svolgono una funzione fondamentale per la comunità che ne fruisce.

I principi enucleati nella sentenza appena esaminata, sono stati da ultimo richiamati in una recente decisione,133 ancora dal massimo giudice amministrativo: anche in questo caso lo stesso Comune di Caserta aveva rilasciato un permesso di costruire, il quale consentiva ad un Consorzio la realizzazione di un insediamento che per le sue dimensioni e per le

94 destinazioni d’uso previste per gran parte dell’area oggetto

dell’intervento, risultava, secondo la ricostruzione del giudice di prime cure,134 non compatibile con la destinazione a verde pubblico attrezzato, prescritta dallo strumento urbanistico generale per tale area. Secondo la sentenza appellata, l'area in questione era stata destinata per gran parte alla realizzazione di attrezzature che non avevano nulla a che fare con l'uso pubblico (come per la concessionaria di auto gestita da una società privata e per il ristorante-pizzeria anch'esso gestito ovviamente da privati) e il rapporto tra verde pubblico ed attrezzature risultava perciò del tutto capovolto, data la previsione e la realizzazione di opere che non erano destinate a consentire la migliore fruizione pubblica dell'area verde, ma avevano al contrario reso il verde un accessorio dell'interesse privato. Si era perciò materializzata proprio quella situazione cui il Consiglio di Stato aveva inteso rimediare attraverso la sentenza n. 4790 del 2004.

Al contrario il Consorzio concessionario, ha ritenuto errata ed ingiusta la sentenza e per questo ha presentato appello, sostenuto da diversi motivi: in primo luogo, le opere sarebbero perfettamente in linea con la destinazione a verde pubblico attrezzato, in quanto il ristorante-pizzeria è un punto di ristoro; la ludoteca è struttura destinata a bambini e, pur se gestita da privati, è strumentale alla fruizione del verde pubblico; sussisterebbe il verde pubblico in quanto entrambi tali opere si estendono per area a verde attrezzata, con fontane, panchine, alberature, illuminazione, vari giochi per bambini; in secondo luogo sarebbe contraddittoria la sentenza, laddove, mentre dapprima afferma che il ristorante e la ludoteca sono interventi

95 permessi in zona F3,135 successivamente sostiene che si

tratta di insediamenti che per dimensioni e destinazioni non sono compatibili con la destinazione a verde pubblico attrezzato.136

Il Collegio, investito della questione, ha fin da subito riconosciuto come la questione che costituisce il nucleo centrale della controversia risulti essere quella relativa alla compatibilità urbanistica della struttura realizzata dall'appellante con la destinazione di zona prevista dallo strumento urbanistico. Anche in questo caso il giudice di Palazzo Spada ha rilevato che il Comune di Caserta ha definito la zona "F" come destinata ad "Attrezzature pubbliche o di uso pubblico" ed ha classificato dieci diverse zone F con riferimento a specifiche destinazioni, tra le quali cinque a verde. In particolare, la zona F3 - "Verde pubblico attrezzato", viene così definita: "Territorio destinato a uso pubblico. È ammessa la realizzazione delle attrezzature pubbliche e di uso pubblico espressamente individuate nelle tavole di zonizzazione e rete viaria allegate, comprendenti attrezzature sportive, per lo svago, la cultura e il tempo libero, attrezzature commerciali compatibili con l'uso pubblico, con esclusione degli impianti rumorosi o comunque nocivi all'igiene fisica".

A questo punto conviene citare testualmente, in quanto nessun commento potrebbe essere più chiaro, il passo della sentenza attraverso il quale il Consiglio di Stato ha dato ragione al giudice di prima istanza, rigettando l’appello e confermando l’orientamento in precedenza espresso: “Come ha osservato il primo giudice, richiamando precedenti in termini di questo Consesso (sentenza n.4790 del 28 giugno

135 Punto 18 della motivazione 136 Punti 19 e 20 della motivazione

96 2004, sezione V proprio su struttura nel Comune di Caserta),

per effetto della indicata destinazione e delle prescrizioni previste, si deve ritenere che nella zona F3 valgano le regole seguenti: il territorio deve essere destinato all'uso pubblico e non a quello privato; il territorio deve essere prevalentemente conservato a verde, per la presenza di vegetazione che deve poter essere fruita dalla collettività; sono ammesse, in forma coerente con l'uso pubblico e la conservazione del verde, attrezzature sportive, culturali e per il tempo libero (anche eventualmente gestite da privati); sono ammesse anche attrezzature commerciali, che tuttavia debbono essere limitate e debbono essere compatibili con l'uso pubblico e debbono avere quindi una funzione meramente accessoria (come per esempio, un punto di ristoro e una rivendita di giornali).

Nelle aree ricadenti in zona F e destinate dallo strumento urbanistico a verde pubblico attrezzato, il verde, vale a dire la presenza di vegetazione distribuita sul territorio secondo modalità indicate, costituisce esso stesso la "attrezzatura pubblica o privata di uso pubblico" a cui tali zone sono riservate e la fruizione del verde da parte della collettività ne è la funzione tipica nell'ambito dell'organizzazione generale