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Nella stessa Convenzione Europea del Paesaggio figura la riqualificazione del paesaggio urbano, e ancora di più delle aree dismesse e degradate così presenti nella cintura periferica del tessuto urbano, più allacciata e in contatto con l'intorno rurale e naturale, e proprio per questo di grande potenziale. Simbolo della città dispersa, caratterizzati da reti infrastrutturali, aree industriali, centri commerciali, quartieri residenziali, nonché corona periferica su cui si riversano gli impatti ambientali cittadini. Da qui nasce l’esigenza che una politica paesaggistica debba accompagnarsi a processi globali sul territorio, poiché spesso i punti critici si evidenziano all’interno delle città, a indicare l'imprescindibile legame -assimilabile concettualmente ormai a un unicum- tra la città e l'intorno ambientale. Ecco quindi che si rende necessario quel verde di connessione, canali centripedi per favorire il ricambio d’aria, creare assi ciclo-pedonali e permettere la mobilità biotica.

Il verde urbano dunque deve assurgere a elemento di connessione dell’architettura con l’ambiente circostante, sia paesaggisticamente sia per composizione specifica. Per questo oltre ad una soggettiva concezione percettivo - formale ed estetica di paesaggio, che è la più diffusa nel sentimento collettivo, va necessariamente affiancata la definizione scientifica derivante dalle scienze naturali. Essa studia e valuta il paesaggio in quanto oggetto in sé, e non come percezione di un soggetto esterno. L'approccio scientifico al paesaggio trova ovviamente le sue fondamenta nella geobotanica e nell'ecologia del paesaggio, discipline fondamentali nel passaggio dal registro teorico-descrittivo a quello strettamente operativo, laddove cioè si richiedono studi e valutazioni facenti capo a discipline che indagano sulle diverse componenti del paesaggio medesimo: geologia, botanica, ecologia, storia, urbanistica etc. L'approssimazione scientifica ai problemi del paesaggio e al paesaggio in quanto problema, nasce dagli studi di Alexander von Humboldt, che chiamò "paesaggi" degli insiemi di elementi naturali e umani comprendenti terre, acque, piante e animali, intuendo la presenza di una "logica" che ne sottendeva l'organizzazione, i legami reciproci ed il perenne divenire. Occorrerà attendere, però, la nascita dell'Ecologia del paesaggio (Carl Troll, 1939) e i successivi studi fino alle analisi più attuali, per avere delle formulazioni più complete riguardo l'indagine e la trattazione di tutti elementi biotici, abiotici ed energetici che interessano un sistema paesaggistico, a diversi livelli di naturalità e disturbo antropico.

I più recenti studi di ecologia del paesaggio mettono in evidenza il fatto che la concezione scientifico-oggettiva e quella percettivo/estetica - soggettiva del paesaggio siano strettamente complementari e che la loro integrazione in una concezione unitaria è già iniziata grazie ai contributi di altre discipline coinvolte a pieno titolo nello studio del paesaggio: si possono citare a titolo esemplificativo la teoria dei sistemi, la teoria della forma (Gestaltheorie), la teoria della percezione.

Considerando quindi la sua funzionalità ecologica il verde può essere nuovamente differenziato nelle seguenti tipologie:

 Verde e mobilità: interazione tra gli spazi verdi e l'area destinata al traffico veicolare.

 Verde e spazio urbano: la generalità degli spazi è articolazione della presenza del verde in città.

 Verde territoriale: urbano e suburbano, al quale sono ricondotte le testimonianze della copertura vegetativa originale come boscaglie, praterie, steppe, prati di montagna, attività rurali residuali di proprietà pubblica (orti, frutteti), o privata (boschi a rapido accrescimento, seminativi a rotazione, orti, frutteti).

A implementazione di quanto già esposto in capitoli precedenti, è ora necessario una breve trattazione riguardo l'interconnessione del verde urbano col suo intorno paesaggistico. Dagli studi e dalle ricerche condotte negli ultimi anni nell'ambito della pianificazione urbana, sono emersi nuovi concetti concernenti le diverse e innovative modalità di approccio per la riorganizzazione dei tessuti urbani. Nella nuova metodologia di pianificazione subentra infatti un nuovo sistema, quello delle aree aperte, che si affianca e si sovrappone a quello insediativo infrastrutturale, e che comprende nel suo insieme una larga varietà di elementi (dalle aree verdi di quartiere di modeste dimensioni ai grandi parchi urbani), fino ad ora limitatamente coinvolti nei processi di ristrutturazione urbana. L'urbanistica contemporanea ha quindi riconosciuto l'identità e le potenzialità del nuovo sistema la cui definizione, nel corso degli anni, si è evoluta nel tempo; si abbandonò la concezione semplicistica di "insieme di aree" per quella più matura di "sistema ambientale" prima, e di "rete di elementi" poi. Questo grazie soprattutto ai primi tentativi di applicazione avvenuti sulla base delle esperienze delle varie città europee che da sempre hanno rivolto particolare attenzione alle aree verdi urbane in generale, come Londra, Parigi o Vienna. Nel corso dell'evoluzione e della maturazione dei concetti è quindi subentrata l'accezione "ambientale" nella definizione ormai superata del sistema delle aree aperte, nell'ottica di voler sottolineare i nuovi punti di vista e le nuove tematiche che possono essere sviluppate attraverso un'approfondita pianificazione e gestione degli spazi verdi, soprattutto per quelli caratterizzati da un importante valenza paesaggistica ed ecologica. I nuovi concetti chiave, strettamente interconnessi, vengono quindi a essere ambiente e paesaggio, fino a questo momento argomenti di interesse solo per la pianificazione delle aree vaste e che adesso si propongono come nuove sfide per la riorganizzazione dei tessuti prettamente urbani.

I problemi e le questioni relativi all'ambiente sono diventati nell'ultimo decennio temi fondamentali di riflessione e di azione a tutti i livelli politici e amministrativi: la valorizzazione del territorio e delle comunità locali non può più prescindere da un'attenzione specifica alla qualità dell'ambiente e del paesaggio. Questa centralità della questione ambientale è difatti riconosciuta, come più volte detto, a livello internazionale globale e dall'Unione Europea che, attraverso le sue direttive, ha individuato un insieme di principi e di linee guida per gli stati membri che si rifanno ai concetti di sviluppo sostenibile e tutela della biodiversità, intesa come conservazione e potenziamento degli ecosistemi. Da qui la necessità di applicare i concetti e la struttura delle reti ecologiche d'area vasta (poli ed elementi lineari di connessione), necessarie per l'interazione tra gli organismi viventi e quindi per lo sviluppo delle biodiversità, agli ambiti urbani, soprattutto laddove sono presenti delle aree a forte valenza ambientale o dalle particolari potenzialità ecologiche, che possono essere poste in connessione tramite degli elementi verdi di collegamento, al fine di creare una fitta trama di elementi areali (ad esempio aree protette), lineari (vegetazione riparia, siepi, filari di alberi, fasce boscate) e puntuali (macchie arboree, parchi urbani, parchi agricoli, giardini) i quali mirano tutti insieme anche a scalfire i processi di insularizzazione, di isolamento dall'intorno urbano, delle aree verdi nelle zone più densamente urbanizzate. Bisogna tuttavia puntualizzare come sia più corretto in ambito urbano parlare di reti del verde piuttosto che di reti ecologiche vere e proprie, dato che

concorrono alla strutturazione della trama anche aree verdi ed elementi di connessione che assolvono diverse funzioni e che offrono risorse notevolmente differenti da quelle di tipo prettamente ecologico. E' chiaro quindi come una strutturazione degli spazi verdi in unico sistema costituito da un telaio reticolare possa cambiare i consueti profili della pianificazione urbana. Ad esempio il cambiamento formale che l'introduzione di una rete del verde comporta nell'aspetto della città: i parchi e le aree verdi in genere non sono più degli spots isolati e confinati dal territorio urbano circostante ma insieme concorrono alla strutturazione di una città che si presenta equilibrata nella composizione di aree aperte e chiuse, di spazi vuoti e pieni, di elementi di connessione verde e di elementi di connessione urbana.

Ma al di là delle variazioni che la rete può comportare dal punto di vista dell'assetto formale nell'ambito urbano in cui è applicata, questo testo vuole porre l'attenzione sulle possibilità che la rete ha dal punto di vista funzionale di riqualificare la città e di influenzare le scelte nella pianificazione di polarità urbane di diverso livello. In quest'ottica si dovrebbe quindi ipotizzare un ulteriore passo avanti nella pianificazione degli ambiti urbani attraverso il verde, che può essere contemporaneamente elemento di riqualificazione urbana sotto diversi aspetti (riqualificazione di tipo estetico, igienico, funzionale etc.) e motore per la pianificazione delle aree urbane limitrofe; questo soprattutto nelle fasce periurbane e periferiche della città, laddove le aree verdi sono molto diffuse soprattutto sottoforma di vuoti urbani e le aree edificate necessitano di consistenti interventi di riqualificazione. L'ecologia, intesa come analisi delle relazioni fra organismi viventi e ambiente, appare come la scienza che più si adatta a rappresentare la sintesi fra diversi saperi e - proprio per questo suo carattere multidisciplinare - a fornire un contributo al rinnovamento dei modelli di organizzazione della città e del verde urbano che, nel pensiero ecologico, viene ritenuto fondamentale non solo per i suoi aspetti paesaggistici, igienici o fruitivi, ma soprattutto per le sue potenzialità riqualificative (Calcagno, 1996). Nella nuova visione ecologica i processi naturali sono alla base della pianificazione delle aree verdi e degli spazi aperti della città e il loro recupero, anche attraverso il ripristino della biodiversità, diviene l'obiettivo principale di ogni intervento per arrivare a una organicità strutturale, vegetazionale e paesaggistica completa.

Con il concetto di parco ecologico, al tradizionale disegno geometrico del parco urbano si sostituisce il disordine degli andamenti naturali per recuperare spazi in cui una natura indisturbata può compiere il suo corso (Le Roy, 1978). La realizzazione di frammenti di natura non artificializzata all'interno della città ha indubbie funzioni di riequilibrio attraverso il ripristino dei processi ecologici, il mantenimento degli equilibri ambientali, l'arricchimento della biodiversità. I parchi però, per quanto rilevanti, da soli non bastano a tutelare la biodiversità e a mantenere i processi evolutivi degli organismi viventi. A conferma di ciò ci si riferisce alla "Teoria delle

isole" elaborata alla fine degli anni '60 dai bio-geografi americani Mc Arthur e Wilson. Questi

ricercatori osservarono che più le isole erano piccole e lontane dalla terraferma, più scarsa era la loro biodiversità (Mc Arthur e Wilson, 1967). In seguito, questo principio fu utilizzato da Diamond (1975) per formulare la "teoria delle riserve naturali" che afferma che:

1. Una riserva grande è più efficiente di una o più riserve di piccole dimensioni;

2. A parità di superficie e numero di riserve, l'avvicinamento è preferibile alla dispersione sul territorio;

4. A parità di dimensioni è preferibile una forma compatta rispetto a una forma allungata e fra- stagliata.

Questi principi hanno rappresentato i presupposti teorici per la nascita dell'attuale concetto di rete ecologica come strumento di possibile strutturazione del territorio e ripristino delle connessioni fra gli habitat naturali del mosaico ambientale come risposta ai problemi di frammen- tazione degli habitat e di impoverimento della biodiversità. L'importanza delle reti ecologiche risiede proprio nella loro funzione di interconnessione tra habitat differenti, anche in presenza di forte antropizzazione, permettendo il flusso dei patrimoni genetici degli esseri viventi da un'area all'altra.

Uno dei più significativi esempi di pianificazione ecologica in rete del verde urbano è l'Urban

Forestry, un concetto sviluppatosi negli anni '90 negli Stati Uniti. La foresta urbana viene intesa

come l'insieme dei parchi, dei viali alberati, degli spazi verdi pubblici e privati all'interno dell'ambiente urbano, pianificati secondo principi basati sulle relazioni ecosistemiche che sono in grado di contribuire efficacemente all'innalzamento della qualità urbana (Moll, 1995). I sostenitori dell'Urban Forestry ritengono che si debba invertire la tendenza a progettare il verde secondo schemi artificiali a favore di un inserimento della natura in ambiente urbano nelle sue forme più estreme e di wilderness.

I vantaggi che ne derivano comprendono:

 Un migliore apporto al ripristino delle funzioni ecosistemiche urbane.  L'aumento della multifunzionalità delle aree verdi.

 La visibilità della struttura del verde che acquista le caratteristiche di sistema.

In un sistema reticolare, in grado di unire aree a più elevata naturalità, come quelle dei boschi ur- bani, con il sistema idrografico e del verde cittadino, le funzioni ecologiche risultano essere quelle di ripristino dei corridoi ecologici di connessione con i sistemi a forte naturalità, attraverso l'utiliz- zo delle aree verdi esistenti e la rinaturalizzazione di nuove aree come le aree dismesse e i vuoti urbani.

Inoltre nel rapporto tra governo del territorio e tutela della biodiversità e della qualità paesaggistica, è necessario porre un'attenzione non minoritaria sulle infrastrutture, intese come spazio infrastrutturale complesso e dinamico nel tempo e nello spazio. Esse possono svolgere un importante ruolo, sia positivo sia negativo. Le infrastrutture viarie si collocano, infatti, tra le opere che determinano le trasformazioni più ingenti nel territorio e, di conseguenza, nel paesaggio. Le tipologie più frequenti d'impatti prodotti dalle infrastrutture sono indicativamente così sintetizzabili: • naturalistici: eliminazione/riduzione di habitat, frammentazione e interferenze con dinamiche faunistiche, interruzione e impoverimento in genere di ecosistemi e di reti ecologiche;

• fisico-territoriali: scavi, riporti, rimodellamento morfologico, consumo di suolo in genere, interruzione della continuità territoriale, trasformazioni indotte dilazionate nel tempo;

• salute pubblica: inquinamento acustico, dell’atmosfera, delle acque superficiali e sotterranee e dei suoli;

• interferenze paesaggistiche quale sommatoria dei precedenti impatti unitamente all'impatto visivo dell'opera. A questi vanno aggiunti gli impatti, in genere temporanei, sulle aree utilizzate per cantieri. Tutti questi aspetti devono essere tenuti presenti nella programmazione e nella progettazione delle infrastrutture.

La città viene ormai considerata quale un universo, un sistema aperto, dissipativo, il cui ordine interno è mantenuto grazie a un continuo consumo di materia e di energia a scapito dell’ambiente esterno. Per questo è obbligatorio continuare ed anche approfondire l'analisi, il ricavare informazioni dallo studio di ciascuna sua componente, tramite specifici indicatori di controllo e verifica, come la sintesi dei dati, elaborazioni, modelli descrittivi, elaborazioni GIS etc. Già numerosi sono gli esempi di analisi urbanistica integrata in tal senso, con una definizione di parametri standard e ripetibili:

In termini generali, alcuni principi di base: a) misurabilità;

b) rilevanza a livello internazionale; c) validità scientifica e qualità statistica; d) rappresentatività delle condizioni locali;

e) disponibilità, velocità di acquisizione e di elaborazione; f ) possibilità di utilizzo a diverse scale (città quartiere); g) sensibilità ai mutamenti dei fenomeni monitorati.

h) facilità d’uso per il processo decisionale e di comunicazione.

Modelli di sviluppo sostenibile del verde urbano. Sanesi, Lafortezza 2003.

Indici e indicatori per valutare l’impronta urbanistica: • L’indice di estensione dell’impronta

• L’indice di insularizzazione • L’indice di naturalità • L’indice di valore storico • L’indice di qualità percettiva

• L’indice di pressione da attività inquinanti o a rischio • L’indice di dispersione insediativa e infrastrutturale • L’indice aggregato dell’impronta urbanistica

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