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Progettazione di aiuola ispirata alla sostenibilita: orto aromatico di paesaggi mediterranei

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DI PISA

DIPARTIMENTO DI SCIENZE AGRARIE, ALIMENTARI E

AGRO-AMBIENTALI

Corso di Laurea Magistrale in Progettazione e Gestione del Verde Urbano e del

Paesaggio

PROGETTAZIONE DI AIUOLA ISPIRATA ALLA

SOSTENIBILITÀ: ORTO AROMATICO DI PAESAGGI

MEDITERRANEI

Laureando: Relatore:

Ettore Drenaggi Dott. Stefano Benvenuti

Correlatore:

Prof. Paolo Vernieri

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Sommario

Introduzione ... 3

Il verde urbano ... 4

Qualità del verde urbano ... 6

Tipologie di spazi verdi convenzionali ... 8

Benefici del verde urbano ... 12

Sostenibilità nella progettazione del verde urbano ... 32

Spazio come fattore limitante: soluzioni innovative ... 34

Verde pensile ... 34

Verde verticale ... 40

Verde delle rotatorie stradali ... 43

Wildflowers ... 53

Verde urbano e paesaggio ... 56

Ambiente mediterraneo ... 61 L’ambiente Pisano ... 73 Geologia ... 73 Caratteristiche bioclimatiche ... 74 Progetto ... 78 Ideazione e motivazioni ... 78 Agricoltura sinergica ... 83

Orti di specie aromatiche mediterranee ... 86

Il progetto ... 89

Preventivo, costi e gestione ... 91

Gestione ... 96

Composizione vegetale del progetto ... 97

Conclusioni ... 98

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Introduzione

Come introduzione al presente lavoro di tesi si è voluto svolgere una riflessione sul verde urbano stesso e sul contesto -urbs, la città- in cui è inserito. Indipendentemente sia esso un parco di diversi ettari, un piccolo parco di quartiere, un'aiuola o un giardino privato, non è infatti possibile parlare di questi diversi elementi del verde e delle loro funzioni senza svolgere delle considerazioni più generali sull'ambiente in cui il verde è attualmente inserito e che ne condiziona la formazione e l'utilizzo. Inoltre allo stato delle conoscenze e soprattutto delle coscienze attuali, si è ormai giunti a un livello multidisciplinare di ampia visione che coinvolge non solo il verde urbano strettamente inteso, ma una serie di problematiche moderne che toccano in ugual misura la qualità progettuale degli spazi verdi, la conoscenza botanica e quindi la corretta fusione urbano-paesaggistica di ogni singola area, nonché coinvolge anche la gestione e riqualificazione delle risorse naturali nell'ottica di un loro possibile utilizzo in ambito urbano.

E' particolarmente quest'ultima nota che la presente tesi riprende, non trattandosi di esclusiva progettazione estetica di un arredo verde, ma avendo cercato di toccare appunto temi che riguardano una sensibilità e un coinvolgimento sociale ben più ampi del solo piacere estetico ricavabile da essa. Come, infatti, sarà successivamente esposto, il presente lavoro di tesi si è orientato molto verso un ideale coinvolgimento del pubblico, permesso grazie al contesto fisico-urbano e del committente in cui il progetto nasce. Tale coinvolgimento è un percorso che ha la sua prima fase necessariamente nell'approccio che il pubblico ha di una progettazione verde: l'aspetto estetico deve essere un richiamo per l'interesse, il coinvolgimento informativo guidato a una maggiore comprensione di problematiche che nel nostro Paese rimangono attualmente di nicchia, quasi accademiche, che vengono per lo più ignorate dalle amministrazioni, e conseguentemente dalla società. E' idea personale che un piacere estetico delle opere a verde deve poi potersi tradurre in un maggiore interesse, in un approfondimento del singolo nei confronti delle trasformazioni del suo ambiente di vita. E’ questo un punto cardine non isolato, a sé stante, ma espressione di civiltà e sensibilità sociale di più ampio respiro, un riflesso di una migliore coscienza e conoscenza di tutta la cittadinanza.

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Il verde urbano

Nell'antichità l'arredo verde ha sempre rappresentato per le civiltà più progredite la manifestazione di un senso estetico peculiare delle caste più colte nonché della religione, in quanto collegamento con il mondo della natura e del divino. Le antiche città erano integrate con la campagna circostante, al contrario i primi processi moderni di massiccio inurbamento e della conseguente perdita del valore naturale dei cicli energetici (con annessa alienazione dal mondo naturale) alterarono questo rapporto portando a un conflitto tra la città e la campagna, l'ambiente rurale. Fu nel tardo Settecento - primo Ottocento in Francia e Inghilterra, e successivamente in altri Paesi e città europee, che si rese visibile una prima inversione di tendenza: il verde cominciò ad assumere importanza proprio nei centri urbani e nacque il concetto di “giardino pubblico”. In questo contesto la vegetazione ornamentale, proposta come elemento di salute pubblica, venne riconosciuta anche come contributo alla funzione estetico ricreativa; tanto che i piani regolatori, soprattutto dei paesi Nord-Europei, tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento prevedevano ampi spazi da destinare al verde pubblico.

Rispetto all'attuale spiccata e ormai secolare sensibilità francese, inglese o tedesca, l’attività urbanistica in Italia assegna funzioni sì prescritte dagli standard urbanistici ma questi si presentano senza una precisa e valorizzata attenzione al ruolo scientifico, benefico e paesaggistico svolto nell'intorno urbano e peri-urbano. Una tale concezione è lo specchio di una visione ampia e interdisciplinare che considera un unicum urbanistico, paesaggistico, architetturale ed energetico, nonché sociale, psicologico e sanitario. Sono temi trattati esplicitamente anche nella Convenzione

Europea del Paesaggio, adottato dal Comitato dei Ministri della Cultura e dell'Ambiente del Consiglio d'Europa in data 19 luglio 2000, in cui figura la riqualificazione del paesaggio urbano e

ancora di più delle aree dismesse e degradate, che sono così presenti nella cintura periferica del tessuto urbano, più allacciata con l'intorno rurale e naturale. Di qui l’esigenza che una politica paesaggistica debba accompagnarsi a processi globali sul territorio, poiché spesso i punti critici si evidenziano all’interno delle città, a indicare appunto l'imprescindibile legame tra la città e l'intorno ambientale.

La qualità del territorio quindi passa necessariamente anche attraverso il verde urbano sia esso pubblico o privato. Va fatto notare inoltre come essendo un elemento di attrattiva tra i più importanti, può diventare anche fattore di competitività per l’economia della città, di qualità per la vita dei suoi cittadini, d'identità paesaggistica della città. Nelle politiche urbanistiche, il verde pubblico è previsto spesso esclusivamente come creazione di parchi, con l’intervento degli amministratori pubblici nella gestione, vincolante un forte impegno finanziario, mentre minore importanza viene data al verde privato che è altrettanto rilevante. Alcuni documenti riconosciuti a livello europeo e internazionale, come il documento Agenda 21 e la Carta di Aalborg, ne evidenziano l’importanza, ai fini di un miglioramento della qualità dell’ambiente e della vita nelle città.

Per questo è auspicabile una diversa cultura urbanistica che tenga conto di tali spazi, nonché degli spazi urbani non "canonici" e normalmente non considerati quale ad esempio le rotatorie stradali o l'enorme superficie dei tetti degli edificati; qui si inserisce l'interesse ad una maggiore estensione

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del verde, come appunto il verde stradale e il verde pensile, finanche dalla fase progettuale, così da contribuire a migliorare le politiche urbane sia del verde che del risparmio energetico.

Già dal termine "struttura" del verde quindi si dovrebbe arrivare a comprendere il percorso che gli spetta: da un lato, infatti, sottende l'essenza delle cose o la realtà, da cui l'opposito sovrastruttura, dall'altro sottende l'esistenza di possibili legami tra una serie di oggetti o realtà diverse. Questo secondo tipo di significato, relazionale, possiede un implicito contenuto olistico in quanto l'insieme strutturato è un qualcosa di diverso, di più della somma delle singole parti. Presuppone l'esistenza di un'organizzazione, da cui ne segue che l'organismo strutturato deve essere studiato come totalità organizzata e non come semplice somma di parti. Quindi, è lecito studiare isolatamente le varie parti di una struttura solo se si selezionano quegli aspetti e quelle funzioni che in qualche misura si strutturano con le altre. Manca soprattutto l'intuizione che il complesso delle aree verdi di un territorio comunale possa formare un unico organismo oltre che funzionale anche ecologico - ambientale. Non è ancora coscienza comune, cioè, che il verde urbano debba costituire un sistema ambientale che possiede una sua organizzazione biologica interna relazionata, fortemente, al più vasto sistema ambientale territoriale.

Da: P. FABBRI, M.F. DELLA VALLE, 2010 – “IL VERDE URBANO, STRUTTURA E

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Qualità del verde urbano

La visione precedentemente esposta pone tuttavia enormi sfide per la modernità, che non sono semplificabili, come ormai spesso accade, con l’abusato termine di “sostenibilità”. E’ una visione che richiede piuttosto una presa di coscienza e un bagaglio scientifico-culturale enorme, non ancora così facilmente riassumibile sotto una sola definizione. Come viene giustamente evidenziato da A. Vavassori nella sua analisi:

"Gli elementi del verde dell'ambiente urbano non sono delle entità funzionali a sé stanti, ma sono in relazione con il contesto territoriale e soprattutto con il contesto umano e sociale. Se l'urbanistica ha il compito di organizzare lo sviluppo urbano delle nostre città o dei nostri piccoli centri abitati, non si può prescindere da una valutazione delle dinamiche sociali che vi si svolgono. In altri termini, significa organizzare la convivenza, pianificare la fruizione degli spazi urbani e le relazioni degli spazi e delle persone tra loro. Dobbiamo, tuttavia, sgomberare il campo dall'alibi che sia solo compito di specialisti, di tecnici, confezionare progetti e piani di sviluppo studiati senza il contributo attivo della popolazione. Il prodotto urbano, l'organizzazione degli spazi verdi che oggi abbiamo e che lascia tutti scontenti è il frutto di tale processo: cittadini e bisogni sociali da una parte e tecnici/amministrazioni dall'altra." Come continua l'analisi di Vavassori, trattante soprattutto i parchi ma riferibile a tutto il verde urbano “…la tendenza attuale nella progettazione degli spazi verdi di qualità, ricalca la strada dell'unifunzionalità; la divisione della città in settori a funzioni differenti, in zone (zoning), che significa divisione ed isolamento; la tendenza dell'unifunzionalità aggrava il fenomeno dell'uniformazione, che genera monotonia e noia. Come dice Simmel "l'impersonalità sviluppa la soggettività" e l'individualismo sgretola la cultura del sociale, della comunitas. Non esiste più comunitas o una cultura perché si predilige sostituirla con la "civiltà". Se la cultura è vita e "animus", la civiltà è tecnologia. La città moderna deve esprimere cultura, non solo civiltà. Per cui non basta più il singolo professionista per pianificare lo sviluppo urbano, serve un gruppo interdisciplinare di professionisti che sappiano interrogare e si lascino interrogare dalla popolazione. In tutte le culture e civiltà sono gli abitanti che plasmano e costruiscono la città, perché plasmare la città significa plasmare i comportamenti e le azioni concrete. Socializzare piuttosto che isolare. Facilitare gli incontri piuttosto che distanziare. Le piazze stanno scomparendo, per lasciare spazio alle rotatorie, così le aree verdi ai parcheggi. Sulla realizzazione del verde urbano si riversano una serie di domande di funzioni sociali che la città non svolge o meglio, attualmente si rifiuta di svolgere, in particolare sui temi di coinvolgimento della popolazione, di convivenza e educazione. La realizzazione, come avviene per la maggioranza dei parchi, affidata a un professionista che pensi, progetti e consegni un parco "chiavi in mano" risponde alle situazioni più ottimistiche all'utilizzo spontaneo e non organizzato dei parchi. Quello che andrebbe invece valorizzato è che i bisogni e le attività dei singoli sono ciò che definiscono il ruolo dei parchi -e del verde-. Il parco diventa una sorta di strumento o attrezzo di uso personale o collettivo messo a disposizione. La regola di disposizione delle aree e la qualità della realizzazione, può dare un'ampia gamma, piuttosto che un limitato numero di servizi e soddisfazioni specifiche. Ciò che vi si realizza è una convivenza non organizzata, spontanea, educata nelle migliori occasioni come la vita di un condominio.

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Pur salvaguardando i diritti e le domande dei singoli cittadini di un ordinario uso dei parchi per riposo, gioco, attività sportiva, i parchi possono favorire un ben più elevato livello di partecipazione e convivenza sociale. Soprattutto per gli utilizzatori più frequenti, quelli più prossimi e quelli che ne vedono un elemento indifferenziato, di massa e che rientra nel concetto di bene pubblico, cioè in cui lasciare un segno di sé e del proprio connotato d'identità. Magari con azioni di sfida e di riappropriazione come terra di conquista.

Il metodo progettuale che sta offrendo ottimi risultati in termini di miglioramento della convivenza e della socialità s'ispira al principio della progettazione partecipata. E' proprio questo il metodo secondo il quale il coinvolgimento dei fruitori, dei cittadini di tutte le età, dei bambini, degli adolescenti, dei giovani e degli adulti, consente di far esprimere la cultura e l'identità della popolazione attraverso la manifestazione dei propri bisogni, dei propri micro progetti. Il percorso della progettazione, della trasformazione o della gestione dei parchi urbani diviene un laboratorio di partecipazione alla continua riprogettazione degli spazi pubblici che vede coinvolti quindi specialisti, tecnici, cittadini ed amministrazione. Un parco socialmente attivo, dopo essere stato ben inquadrato sotto il profilo ecologico e paesaggistico e di eventuali grandi strutture di viabilità interna e di servizio, deve trovare al suo interno spazi e luoghi soggetti alla possibilità di una moderata trasformazione generazionale. La condizione di successo di tale metodo è che sia applicata una vera e non una fittizia partecipazione al processo decisionale. Non è una semplice partecipazione consultiva e nemmeno una di programmazione. E' una partecipazione decisionale, che prevede apporti di conoscenza della popolazione, dei bisogni e delle azioni caratteristiche della popolazione e si conclude con l'accettazione di decisioni operative riscontrabili nel progetto e nella gestione dei parchi. Pertanto, il parco, compresa la sua progettazione, è un elemento di educazione e formazione alla cultura o alla storia locale e educazione ambientale. Progettare un parco o una parte di esso è educare al "fare", educare a conoscere e costruire il proprio territorio. Una proposta progettuale che diventa un'esperienza educativa che consente una maggiore identificazione dei fruitori con il parco -e il verde- stesso e dalla quale ci si attende un incremento di senso di appartenenza, di rispetto e difesa, di un luogo che è proprio. Diversi studi sono stati fatti sulla funzione delle aree verdi come luogo di aggregazione e di riduzione della conflittualità tra gruppi giovanili e riduzione della violenza sulla proprietà pubblica. Come pure si va diffondendo la "terapia del verde" in attività paramediche per la cura e il miglioramento di alcune patologie e situazioni cliniche e lo stimolo allo sviluppo psicofisico di malattie genetiche. Condizioni psicologiche e sociali favorevoli create dalla presenza delle aree verdi, non vanno disconosciute o minimizzate. In questo processo di valorizzazione della funzione sociale e educativa della progettazione del verde il progettista non sminuisce le sue qualità tecniche e creative, ma incrementa il suo ruolo di formatore di cultura locale e del paesaggio, diviene un coordinatore delle domande sociali e le sintetizza in un quadro d'insieme che sarà poi scelto in via definitiva sempre da un consenso collettivo. Il professionista è chiamato a superare il suo ruolo tecnico di specialista per essere un formatore; attento alla massima comprensione della sua opera è chiamato a educare, a formare alla padronanza del progetto e delle sue funzioni."

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Tipologie di spazi verdi convenzionali

(N. Pilone, 2003)

Vengono illustrate di seguito quali e quante sono le tipologie di un'area verde. Le opere di verde s'inspirano a un certo numero di modelli di sistemazione, che vanno dal tipo estensivo (estremamente semplice, nel quale gli elementi di introduzione antropica sono assenti o molto diluiti nello spazio) al tipo intensivo (nel quale, viceversa, prevalgono le “forzature” della natura) attraverso una gradazione di modelli intermedi. Il modello più semplice corrisponde alla sistemazione a verde più elementare, di carattere più largamente estensivo: la forestazione, oppure (ipotesi che in pratica non ricorre) la prateria. I parametri fondamentali di questo modello sono gli stessi forestali: funzioni del bosco (protezione, produzione, ricreazione, igiene, cultura); governo e trattamento del bosco (bosco coetaneo, disetaneo, irregolare etc.; densità; fertilità attuale e potenziale; stato normale, etc.). Il parametro"ricreazione" non prevede attrezzature o strutture specifiche; è il bosco stesso a fungere da attrezzatura. Questo modello di sistemazione a verde presuppone una gestione mediante “azienda forestale”, e ciò indipendentemente dal fatto che vi sia produzione legnosa o meno. Il secondo modello è ancora a carattere nettamente estensivo. I parametri sono gli stessi del precedente. ma del parametro "ricreazione" si cominciano ad intravedere le prime gradazioni. ciascuna con una propria tolleranza verso gli elementi antropici introdotti, si comincia a valutare la votazione naturalistica e ricreativa delle diverse porzioni di foreste e di praterie che compongono lo spazio verde. Un terzo modello, è analogo al precedente ma con l'inserimento di attrezzature atte alla ricreazione (panchine, fontanelle d'acqua, viabilità di servizio e pedonale, servizi elementari etc.), sempre molto semplice e funzionale, in armonia con l'essenzialità della sistemazione a verde. Alla realizzazione delle sistemazioni a verde si giunge pertanto mediante una scelta progettuale sulla base dei modelli, che si attuano attraverso i moduli, in funzione dei diversi parametri. Un modello semplice è pertanto costituito da pochi moduli. Il grado di attrezzatura delle sistemazioni a verde si eleva con il numero degli elementi costituenti il modello. Per superfici poco estese e per quelle di particolare destinazione, si formulano modelli vicini alla tipologia della sistemazione a verde di carattere tradizionale (arte del giardino). Si deve quindi rinunciare ai principi dell'estensività e alle relative tecnologie di sistemazione a verde, che consentano semplificate operazioni di manutenzione con contenimento dei costi.

I PICCOLI SPAZI VERDI: GIARDINETTI E GIARDINI

Gli spazi verdi accessibili e frequentabili dal pubblico quale luogo di sosta, di svago, di ricreazione, e dove si trova almeno una minima parte di attrezzature in funzione all'età dei frequentatori. Data la superficie, implicano la realizzazione di una sistemazione a verde a carattere intensivo, con tappeto erboso, vialetti e spiazzi alberati di destinazione ricreativa come campi da gioco e, separatamente, angoli di sosta e posteggio.

I PARCHI URBANI

Sono la sistemazione a verde dove sussistono i termini di passaggio dal tipo intensivo a quello estensivo più o meno largamente attrezzato, e dove, a volte, sono ancora rilevanti le opere e gli

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elementi artificiali e artificiosi: dai rinterri per la correzione e la formazione dell'andamento del terreno alla copertura con terra di coltivo, le pavimentazioni, le recinzioni. Tutto ciò comporta un largo impiego di lavoro e di opere dell'uomo, derivanti da una progettazione volta a creare particolari ambientazioni. Congrue tecnologie sulla base dei modelli di sistemazione a verde elementari (caratterizzati estensivamente sui moduli prato-foresta o popolamento arboreo) consentono per questi parchi di rimandare a tempi di maggiore disponibilità di finanziamenti la realizzazione delle attrezzature meno elementari, o non indispensabili. Infatti già la sola realizzazione del prato e dell'alberatura e di poche attrezzature formano il parco e contemporaneamente consentono, per i bassi costi comportati dai modelli estensivi, d'investire maggiori superfici a fronte degli elevati costi dei tradizionali giardini.

SPAZI VERDI ESTENSIVI, RIFORESTAZIONE

Sono i grandi spazi verdi intesi nel senso più ampio e comprendono le seguenti tipologie.

Riserva integrale. Nella quale l'ambiente naturale è conservato nella sua integrità; non è ammessa alcuna utilizzazione del territorio non specificatamente rivolta al conseguimento delle finalità conservazionistiche. Il pubblico è ammesso lungo i sentieri appositamente indicati e sistemati. All'interno della riserva integrale possono esservi aree destinate esclusivamente allo studio e alla ricerca scientifica.

Riserva orientata. Qui sono consentiti l'utilizzo del terreno per coltivazioni agricole e silvo-pastorali, le opere di conservazione del suolo, di ricostruzione dei pascoli, le vie d'accesso e i fabbricati d'alpeggio. Salvo quanto necessario per l'esercizio delle attività consentite e per il conseguimento dei fini istituzionali, si applicano alle riserve orientate gli stessi divieti stabiliti per le riserve integrali.

Riserve parziali. Per una finalità specifica (floristica, faunistica, archeologica, monumentale, geologica, idrogeologica, paesaggistica).

Parco naturale. Questo tipo di spazio verde ha preminenti finalità di salvaguardia delle attività agricolo-forestali. Le leggi d'istituzione e i piani territoriali di coordinamento dei parchi naturali pongono vincoli all'esercizio di attività con forte impatto sull'ambiente. Un parco naturale è quindi una porzione di territorio nella quale vengono messe in particolare risalto le aree verdi, senza che per questo debbano risentirne le attività del settore primario e la popolazione che da esse trae sostentamento. L'utenza dei parchi naturali si valuta non solo in benefici ricreativi, ma anche nella tutela dell'ambiente e del paesaggio.

PARCO RICREATIVO

Il parco potrebbe essere definito come: "Uno spazio verde. delimitato territorialmente e topograficamente sulla base dell'analisi e sintesi ecologica, la cui estensione spaziale prevale nettamente su quella dei singoli elementi naturali e architettonici che lo compongono". Etimologicamente il termine "parco" deriva dal persiano paradeisos, che significa giardino intercluso. La radice comune con il termine "paradiso" è evidente, e il parco ricreativo è forse la tipologia di spazio verde che più si avvicina al concetto di "luogo di delizie", rispondendo alla fruizione più tradizionale del verde: la ricreazione, il godimento del proprio tempo libero in un

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ambiente popolato da piante, il sempre più avvertito scriva' della vita all'aria aperta. La progettazione mira a costruire ex novo una vera e propria "macchina ricreativa", una struttura ispirata alla natura ma finalizzata principalmente all'utilizzo da parte dell'uomo. In questo tipo di parco hanno un posto di preminenza le attrezzature del verde: i manufatti per la sosta e il ristoro (panchine e altri sedili, tavoli da picnic, fontanelle), per il gioco e le attività sportive (piste per le varie discipline, campi giochi, arenili). l'informazione naturalistica (pannelli esplicativi, cartellini con la nomenclatura botanica), i servizi (contenitori di rifiuti, impianti di illuminazione, servizi igienici, etc.). Il parco ricreativo deve supplire, per quanto possibile, alle funzioni della natura stessa, ora che per motivi di tempo, distanza e ritmo di vita, il contatto tra uomo e ambiente è alquanto sporadico. Un fondamentale criterio di progettazione consiste nel prevedere un'armonica distribuzione di elementi naturali ed artificiali, senza che il parco diventi a tratti una palestra o una platea. D'altro canto, si deve rendere lo spazio verde il meno prevedibile possibile: un'accorta alternanza di macchie di vegetazione e di radure prative, di superficie piane e di leggeri rilievi, di tratti rettilinei e curvi, rende il paesaggio del parco vario e anche visivamente ricreativo. La composizione vegetale di un parco ricreativo deve essere innanzitutto semplice. A seconda dell'estensione, si inseriscono più o meno soggetti di specie di prima grandezza, sempre indispensabile per la edificazione paesistica, l'ombreggiamento, l'attrazione culturale, la durata del tempo. Ogni zona climatica e vegetazionale della penisola italiana annovera tra la sua flora spontanea o spontaneizzata qualche specie arborea di prima grandezza: Quercus robur, Celris

australis, Acer .spp., Quercus cerris. Fraxitnus excelsior, Fagus .sylvatica nelle zone

temperato-fredde. Quercus ilex, Quercus suber. Celtis australis, Pinea spp., Cupressus sempervirens. Populus

alba, varie specie di palme nei climi più miti. Al punto giusto, e in misura contenuta, il progettista

può inserire grandi alberi "solitari" di altri climi, per creare punti di particolare attrazione: Magnolia

grandiflora. Liliodendron tulipifera. Eucaliptus spp., Cedrus spp., Sequoia sempervirens.

Sotto il piano dominante, costituito dagli alberi di prima grandezza, si trova il piano dominato, con alberi di seconda e terza grandezza, scelti sempre secondo i criteri di compatibilità ecologica, morfologica e vegetazionale sia con la stazione fitoclimatica sia con le specie dominanti. Ad esempio, sottochioma a un grande esemplare di Quercus robur può dare un ottimo effetto Carpinus

betulus, che con essa e altre specie edifica i boschi nella zona del Castanetum basso e medio:

oppure Acer campestre, Prunus padus, o anche Taxus baccata, se si vuole dare un tocco sempreverde. Assolutamente fuori luogo sarebbero, ad esempio. Pinus nigra o Acer saccharinum. Al di sotto del piano dominato una distribuzione di piante arbustive "chiude" irregolarmente la macchia, e al tempo stesso schiude visuali sulle altre parti del parco. Accanto alla dominanza in altezza, ciascun gruppo di alberature deve avere una specie dominante numericamente, che costituisca una percentuale variabile tra almeno il 45-50% e il 60-65% del totale. Ciò serve ad evitare che il popolamento arboreo si trasformi in un accostamento caotico di specie e varietà vegetali. Al tempo stesso, con un buon numero di piante di una stessa specie si ha la garanzia di una certa compatibilità morfo-fisiologica tra gli individui, e si innesca quel meccanismo di prevalenza di una specie che si verifica in natura. Per rendere la disposizione della vegetazione meno artificiale, i piccoli e medi gruppi di alberi devono essere composti sempre da un numero dispari di individui. Un gruppetto di tre alberi sortisce un effetto estetico migliore di una coppia di esemplari che. comunque vengano disposti, danno sempre un'idea di artificiosità.

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PARCO AGRICOLO

Il parco agricolo è la realizzazione di un connubio tra salvaguardia ambientale, fruizione ricreativa e attività economico-produttiva dell'azienda agraria. Da un lato, ponendo sotto tutela determinate aree a destinazione agricola, ne garantisce la sopravvivenza anche, e soprattutto, quando queste sono di piccole dimensioni e frazionate. Dall'altro lato, il parco agricolo pone le basi per la diffusione dell'agriturismo (fruizione ricreativa dell'ambiente agrario). Il principale problema nel parco agricolo è conciliare l'aspetto ecologico ambientale e l'aspetto economico produttivo. Vanno quindi attentamente individuate quelle aree agricole che possono essere aperte al pubblico senza che se ne abbia un danno sensibile alla produzione. Possono essere le aree di dimensione più piccole, frazionate, o che per motivi di obsolescenza o di distanza dai mercati e dalle vie di comunicazione non riescono a reinserirsi nel tessuto economico produttivo del mondo agricolo e industriale. D'altra parte. il cittadino gode di un effettivo beneficio paesistico e ambientale per la presenza degli spazi agricoli nel territorio. Questa utenza, reale e occulta. va ripagata al settore primario in termini di salvaguardia e di concreti vantaggi economici. La progettazione di un parco agricolo è diversa: vi è già la sistemazione al verde: bisogna al massimo disporre una limitata quantità di attrezzature per la sosta, la viabilità e l'informazione. Lo studio fondamentale è invece di tipo urbanistico ed economico, per inserire la zona a parco nella rete produttiva e di comunicazione. È evidente l'analogia tra parco agricolo e naturale (dove e più rilevante la componente forestale).

Si aggiunge un'ulteriore tipologia di spazi verdi, attualmente in larga diffusione proprio per la sua particolarità di potersi inserire in contesti non canonici, precedentemente non inquadrabili tra gli spazi verdi convenzionali.

VERDE D'ARREDO:

E' costituito da piccoli spazi verdi che hanno la sola funzione di isolare o mettere in rilievo strutture architettoniche particolari e monumenti, o ingentilire elementi di viabilità. In questa tipologia devono essere compresi tutti quegli spazi a verde che possono rivestire funzioni di caso in caso diverse, creando uno spazio protettivo intorno a manufatti architettonici di valore storico e/o artistico, delimitando corsie di traffico, costituendo elementi decorativi ecc. Questa tipologia è caratterizzata sostanzialmente da due fattori: essere costituita da superfici di limitate dimensioni e avere le caratteristiche, il più delle volte, di area residuale, cioè ritagliata, o comunque resto di aree più vaste destinate ad altri usi. Nel caso di una funzione spiccatamente protettiva, se le dimensioni aumentano al di là di quelle proprie di un verde residuale, il verde d'arredo può assumere la valenza di un piccolo giardino urbano.

Ma, a parte questi casi, non presenta quindi caratteristiche di vera e propria fruibilità; è soprattutto un verde di decoro che svolge, se ben curato, un ruolo estetico importante. Può essere considerato spesso come parte integrante del sistema viario vero e proprio, come nel caso delle aiuole spartitraffico e dello spazio divisorio tra due carreggiate di una strada-parco. Visto che la qualità formale di questo tipo di verde è il più delle volte legata al grado di manutenzione e pulizia, è fondamentale una progettazione che tenga conto in misura prioritaria della facilità di gestione.

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Benefici del verde urbano

L’auspicabile diffusione del verde urbano a livello globale viene promossa sin da “Agenda 21” della Conferenza di Rio de Janeiro, o “Summit della Terra”, del 1992. Fu la prima conferenza mondiale dei capi di stato sull’ambiente, produsse documenti ufficiali quali appunto “Agenda21”, “Convenzione sulla diversità biologica”, “Principi sulle foreste”, “Convenzione sul cambiamento

climatico”. A livello europeo inoltre è stata redatta la cosiddetta Carta di Aalborg dalla Conferenza europea sulle città sostenibili, tenutasi appunto ad Aalborg nel 1994. La valutazione attenta delle

caratteristiche del verde urbano e dei criteri di gestione appare oggi un passaggio indispensabile per consentire una conservazione ottimale nel tempo del patrimonio esistente e il suo ampliamento mediante nuove realizzazioni, soprattutto in un'epoca in cui il succedersi di periodi di crisi economica provoca la costante diminuzione di risorse da destinarvi: un’approfondita conoscenza delle specie da utilizzare e criteri moderni di sostenibilità ambientale ed economica, di biodiversità vegetale e animale devono essere alla base delle scelte progettuali, senza trascurare quelle funzioni estetiche, biologiche, igieniche, sociali, economiche e ricreative che fanno del verde urbano di qualità uno degli elementi centrali dell’urbanistica moderna.

Oggi, infatti, il verde urbano può contribuire in modo determinante al miglioramento del microclima grazie alla componente vegetale, attenuando gli squilibri ambientali della città contemporanea. Attraverso vere e proprie iniziative di integrazione strutturale del verde con il costruito è inoltre possibile contribuire a ridurre l’utilizzo di risorse energetiche, come il raffreddamento domestico estivo o il riscaldamento invernale. Il verde fornisce un importante effetto di protezione e di tutela del territorio in aree degradate o sensibili (argini di fiumi, scarpate, zone con pericolo di frana, etc.), grazie al contenimento dei fenomeni di ruscellamento superficiale e la migliorata infiltrazione-ritenzione nei suoli, mentre viceversa la sua rimozione può quindi produrre in certi casi effetti di degrado e dissesto territoriale. Inoltre le pratiche che la gestione del verde richiede possono consentire la formazione di carriere professionali e accademiche specifiche, e di conseguenza favorire notevolmente la formazione di posti di lavoro, secondo il livello di gestione e strutturazione dei prodotti da spazi verdi. Si possono intendere in tal senso, a titolo esemplificativo, la diffusione degli orti urbani (che richiedono un piano strutturale urbano e un'attenzione tecnica non liquidabile semplicisticamente) e le nuove soluzioni tecniche di riutilizzo degli scarti legnosi ad esempio da potature (impianti di compostaggio, impianti di produzione di biochar e syngas, etc).

Il verde è anche portatore di tutti quei benefici non quantificabili e misurabili quali sono il miglioramento della qualità del paesaggio, i servizi turistico - ricreativi, ludici, sportivi, le attività strutturate, il benessere visivo e psicologico. A ciò si somma la funzione culturale e didattica: la presenza del verde costituisce in questo senso un elemento di grande importanza, sia perché può favorire tra i cittadini la conoscenza della botanica e più in generale delle scienze naturali e dell’ambiente, sia per l’importante funzione didattica (in particolare del verde scolastico) per le nuove generazioni. Inoltre i parchi e i giardini storici, così come gli esemplari vegetali di maggiore età o dimensione, costituiscono dei veri e propri monumenti naturali, la cui conservazione e tutela dovrebbe rientrare tra gli obiettivi culturali del nostro Paese. Così come è di fondamentale importanza la presenza degli orti botanici, che pur nell’esigenza di tutela e conservazione vanno

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adeguati con progetti di valorizzazione per assolvere ad un ruolo sia scientifico che culturale, ad esempio di coinvolgimento attivo delle fasce più giovani della popolazione tramite il sistema scolastico, come già presente in molte città europee.

1. Funzioni igieniche sull'habitat

Sotto questo titolo sono comprese tutte quelle funzioni del verde proprie dell'apparato protettivo

dell'habitat umano.

1.1. Funzione microclimatica.

La qualità del microclima è un parametro importante di giudizio per definire il livello di benessere dell'ambiente urbano perché la qualità della vita nella città dipende anche dalle condizioni climatiche dell'ambiente in cui viviamo. Si tenga presente che quasi il 50% della popolazione mondiale vive nelle aree urbanizzate e il fenomeno è in costante aumento.

Questo spiega perché allo studio di questa caratteristica ambientale si dia tanta rilevanza. La presenza di un'area urbana modifica la temperatura e umidità dell'aria oltre che la circolazione del vento. Di conseguenza, l'urbanizzazione attraverso il fenomeno di ciò che viene chiamato isola di

calore incide sul clima locale di una città in modo più sensibile di quanto non faccia il

riscaldamento globale. L'accumulo di energia termica e la difficoltà di disperderla successivamente nello spazio sono dovuti alla stessa forma degli spazi urbani, spesso caratterizzati da un'edificazione di tipo intensivo, all'incidenza delle superfici impermeabili, all'insufficienza della vegetazione, alle conseguenze dei consumi energetici, ma è comunque possibile tutta una serie di azioni di mitigazione per l'attenuazione di questo fenomeno. Un corretto e consapevole uso della vegetazione rappresenta una delle strategie fondamentali. Temperatura, umidità relativa e velocità del vento, sono i tre principali fattori che intervengono a modificare la qualità del microclima.

Temperatura e umidità relativa

Questi due parametri microclimatici, visti in relazione al comfort termico, sono difficilmente separabili.

Una forma di disagio deriva dal surriscaldamento dell'aria, dovuto sia al calore dell'irraggiamento solare sia alle attività cittadine ed è legato, tanto alla conformazione del tessuto della città, quanto al tipo di soprasuolo. Infatti, nel centro delle città, la grande concentrazione di aree edificate e le pavimentazioni stradali, unite alla elevata conducibilità termica di alcuni materiali, quale il cemento armato, determinano un assorbimento del 10% in più di energia solare, rispetto ad una corrispondente area coperta da vegetazione. A questo proposito deve essere innanzi tutto ricordato che, al contrario di altri tipi di superfici, quelle verdi restituiscono l'energia solare secondo cicli biochimici e biologici che prevedono tempi molto differenti, perché, mentre una superficie verde trasforma l'energia solare in materia organica, una superficie morta la degrada con un processo termodinamico molto elementare.

Durante il giorno la radiazione solare viene in parte riflessa dalla massa fogliare, in parte passa al di sotto di questa massa e in parte viene assorbita: le diverse percentuali di riflessione, penetrazione e assorbimento variano in funzione del tipo e della copertura vegetale nonché

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della stagione e di una serie di altre variabili che determinano l'ombreggiamento/assorbimento della radiazione solare, quali la densità della chioma (f itta o rada), la sua persistenza (fogliame sempreverde o deciduo nel periodo di fogliazione), la dimensione e la forma della pianta (altezza massima raggiunta con il suo sviluppo e portamento).

L'evo-traspirazione è un fenomeno legato alla fotosintesi: le piante, per poter assumere l'anidride carbonica dell'atmosfera, devono mantenere gli stomi aperti e in tal modo perdono acqua. Si tratta di grandi quantità di acqua pompate dal terreno e immesse nell'atmosfera, sotto forma di vapore. Il passaggio dell'acqua, dallo stato liquido a quello di vapore, avviene nelle foglie e comporta, come detto, un assorbimento di energia termica: per ogni grammo di acqua evaporata occorrono 633 calorie. Si può dire che la parte di energia solare assorbita rappresenta mediamente quella maggiore, di questa, buona parte (60-70%) viene utilizzata per produrre vapore mentre una parte serve per la stessa funzione di fotosintesi. Questa grande quantità di traspirazione si verifica soltanto se vi è una sufficiente fornitura d'acqua alla pianta; ma molto spesso le alberature urbane, specialmente quelle stradali e quelle che si trovano nelle aree di maggior densità edilizia, si trovano in condizioni di stress idrico e la loro traspirazione è molto ridotta.

Anche se non vi sono oggi moltissimi studi per capire, anche dal punto di vista quantitativo, quale sia l'influenza climatica delle alberature urbane in funzione dell'evapo -traspirazione si può tranquillamente sostenere che, comunque, un aumento dell'umidità provoca indirettamente una riduzione di temperatura al suolo; aspetto questo di una certa importanza ai fini del benessere termico ove si tenga presente che nelle zone costruite la percentuale di vaporizzazione dell'acqua è generalmente piuttosto bassa.

Nello specifico le variazioni di temperatura e dell'umidità relativa dell'aria, indotte dalla presenza della vegetazione, sono dovute principalmente a:

Riduzione della radiazione solare incidente su edifici ombreggiati da vegetazione.

Modifiche degli scambi radiativi ad onde lunghe tra le superfici e l'ambiente esterno. Un manto verde emette meno radiazioni all'infrarosso rispetto al terreno o materiali artificiali, e quindi riduce la temperatura media radiante dell'ambiente.

1.2 Ventilazione

Incide pesantemente sul microclima urbano. Infatti a parità di umidità e di temperatura, il comfort termico estivo nelle zone intensamente edificate è peggiore rispetto a quello delle zone periferiche o rurali, a causa della diminuzione dell'intensità del vento che può essere valutata anche in un 20-30%. In effetto di ciò la differenza di temperatura, per esempio, tra Milano-centro e Milano-periferia può raggiungere i 2/3° C. Nelle giornate di calma di vento tipiche del periodo estivo, nelle regioni padane, si crea una depressione nel centro della città. L'aria calda essendo più leggera infatti si solleva e aria più fresca viene richiamata dalla periferia. Attraversando la città, l'aria si riscalda e s'instaura quindi un ciclo vizioso. Infatti poiché le arterie di maggior traffico e le zone industriali si trovano generalmente alla periferia della città, l'aria che fluisce verso i centri è spesso inquinata, e va ad aumentare i disagi provocati dal caldo (figura 12/b).

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Un modo per rompere questa cupola di calore sarebbe proprio quello di predisporre grandi masse verdi che, raffreddando le masse d'aria a loro contatto, al contemporaneo surriscaldamento delle masse d'aria gravanti sulle superfici costruite, creerebbero delle correnti d'aria capaci di aggiungere lo scopo.

Al fine di analizzare più approfonditamente il rapporto vegetazione/ ventilazione bisogna tener conto :  Dell'estensione delle masse verdi;

 del tipo di vegetazione

Figura 1. Rapporto tra aree verdi e ventilazione in ambiente urbano. Il verde urbano - Struttura e funzione P. Fabbri, M.F. della Valle 2010

Figura 2. Effetto frangivento delle barriere vegetali.

Il verde urbano - Struttura e funzione P. Fabbri, M.F. della Valle 2010

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1.3 Attenuazione dei rumori

Il rumore è stato definito un inquinante invisibile. Nella maggior parte delle grandi città livelli eccessivi di rumore hanno conseguenze sia fisiche che psicologiche. Gli alberi sono allora utilizzati per assorbire, riflettere o dissipare il rumore, come quello causato dal traffico veicolare intenso. La rumorosità diffusa, di maggiore o minore intensità, può avere nell'ambiente urbano una doppia influenza negativa sull'uomo: uno a livello dell'organo uditivo, e una a livello neurovegetativo. Questa seconda azione è quella a cui maggiormente tutti possono essere soggetti, al contrario della prima che sembra piuttosto legata direttamente al tipo di attività lavorativa.

L'effetto della vegetazione

Gli studi più completi sugli effetti della vegetazione nell'attenuare la propagazione del suono sono quelli svolti presso l'Università del Nebraska. Sono stati esaminati gli effetti prodotti sulla propagazione sonora dalle fasce arboree frangi-suono piantate con diversi spessori di vegetazione. A titolo di esempio, una striscia larga 70 m, coltivata ad alto fusto, può attenuare il rumore di 5dB, mentre lo attenua di 10 dB se è attrezzata anche con siepi spesse.

Come si vede, quindi, la creazione di aree verdi, boscate o cespugliate, è uno dei sistemi più efficaci per combattere questa forma di inquinamento, in quanto esse fungono , da massa assorbente delle vibrazioni sonore. A tal fine particolarmente indicati sono i sempreverdi e quindi le conifere, sia per la persistenza del fogliame sia per la compattezz a della chioma.

L'efficacia dei vari tipi di vegetazione varia in funzione del tipo di frequenza del suono:

 gli alberi ad alto fusto attenuano i suoni gravi,  il granoturco i suoni a media frequenza,

 i cespugli quelli ad alta, secondo quanto riportato nell'allegato grafico.

Figura 3. Attenuazione del rumore di alcune specie vegetali in funzione della frequenza (secondo Aylor).

Il verde urbano - Struttura e funzione P. Fabbri, M.F. della Valle 2010

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Gli esperimenti hanno dimostrato che l'effetto delle fasce arboree nel ridurre il suono tra una fonte ed un ricettore, dipende da altezza, spessore e densità media della fascia, sulla fila e tra le file, e dalla distribuzione delle foglie. Tuttavia l'analisi statistica sui risultati ottenuti in relazione ai vari tipi di suono analizzati ha messo in luce differenze minime nell'efficacia di specie diverse nell'attenuazione del rumore. In via generale se ne può dedurre che l'effetto attenuante degli alberi è dovuto più ad un fenomeno di diffusione, su cui influiscono altezza, spessore e densità della fascia, che a fenomeni di risonanza su cui invece influirebbero maggiormente la forma e la distribuzione delle singole foglie oltre che l'habitus vegetativo.

L'altezza, lo spessore e la densità della fascia hanno, dunque, la maggior influenza sulla riduzione del rumore; più alta è la fascia, maggiore è la superficie opposta all'avanzare del fronte sonoro, lo stesso dicasi per la compattezza e/o densità del numero de gli elementi in grado di diffondere e assorbire il suono. Gli esperimenti hanno dimostrato che riduzioni di 5-8 dBA sono facilmente ottenibili con fasce di 20 - 30 metri di spessore c di 15 metri di altezza. Anche le caratteristiche del suolo sopra il quale il suono si propaga hanno un notevole effetto sull'attenuazione in eccesso. Superfici più soffici assorbono il rumore, mentre superfici dure, per esempio pavimentazioni, lo riflettono. Le superfici soffici hanno perciò un maggior effetto attenuante. Inoltre è preferibile piantare alberi e arbusti vicino alla fonte, piuttosto che al ricevente.

1.4 La depurazione dell'aria

Una delle funzioni attribuite al verde pubblico fin dall'Ottocento, è quella di purificare l'aria assorbendo anidride carbonica e producendo ossigeno. Questo fenomeno può essere in qualche modo rilevante in aree verdi di grandi dimensioni e a livello locale.

La vegetazione e il suolo vegetato possono esercitare invece un'importante azione di filtro ed assorbimento nei confronti delle sostanze inquinanti dell'atmosfera. Un primo tipo di inquinamento atmosferico è quello determinato dalla presenza di particelle presenti nell'aerosol urbano che possono essere raggruppate in categorie in funzione delle loro dimensioni.

 <1 μm particelle derivate dalla condensazione di gas

 <10 μm e >1 μm particelle di suolo, polvere, prodotti di combustione industriale e sali marini

 >10 μm derivate da strutture di maggiori dimensioni per processi meccanici di vario genere. Un secondo tipo di inquinamento è provocato da sostanze gassose; queste possono appartenere a diverse categorie:

 Gas inorganici: ossidi di azoto (NOx), zolfo (SO2), carbonio (CO), alogeni (Cl, F), acido solfidrico (H2S), ammoniaca (NH3), anidride solforosa (SO2) che provoca tra l'altro il fenomeno di gessificazione dei monumenti marmorei, ossidi di azoto (NO2, NO3) che formano lo smog.

 Organici: idrocarburi;

 Gas secondari, sintetizzati nell'atmosfera: ozono (O3), perossiacetilnitrato (PAN) e idrocarburi policiclici aromatici (IPA)

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 I pulviscoli, provenienti dalle cave, dall'erosione dei terreni denudati, dalle fuliggini, dal disfacimento delle stesse costruzioni della città.

La vegetazione al pari di altri organismi viventi subisce gli effetti dell'inquinamento aereo, ma è anche il principale strumento attraverso il quale, con l'intercettazione, la restituzione al terreno e la eventuale rielaborazione biologica, gli inquinanti possono essere reinseriti nei sistemi naturali. Le chiome dense e compatte che diminuiscono la velocità delle correnti d'aria, l'enorme superficie di scambio delle foglie, l'umidità, la resinosità e la lanugiosità delle superfici vegetali sono tutti caratteri che rendono gli alberi ottimi filtri sia per le sostanze gassose che per quelle pulviscolari. Tenendo conto dei limiti di resistenza delle piante è quindi possibile utilizzare la loro azione filtrante circondando le fonti inquinanti di barriere verdi appositamente sviluppate. Infatti, oltre a quanto detto, la vegetazione agisce aumentando la turbolenza locale dell'aria e la dispersione degli inquinanti, mascherando il loro odore con i propri essudati profumati e infine diluendoli con la produzione di ossigeno. Tutto questo può essere realizzato dalla sola vegetazione, ma molto più efficacemente da un bosco, ovvero dal sistema completo vegetazione-fauna-suolo che, finché mantenuto in equilibrio, possiede sia i meccanismi di riassorbimento e trasformazione di molti inquinanti, sia la resistenza alle altre forme di stress e di utilizzo cui è sottoposto.

La riduzione dell'inquinamento atmosferico mediante fasce vegetate si può realizzare in modi diversi:

• fissazione della polvere, depurazione batteriologica e chimica; • effetto barriera;

• alterazione delle correnti dell'atmosfera.

Effetto barriera

Si riferisce all'azione di separazione tra la fonte ed il ricevente. L'atmosfera gravante sugli agglomerati urbani è spesso ricca di contaminanti solidi. Se queste particelle rimangono sospese nell'aria creano una nube inquinante di cui lo smog è uno degli effetti più visibili. Parte di questo inquinamento è prodotto da attività industriali che liberano nell'atmosfera anidride solforosa, idrocarburi, polveri di vario genere, composti del fluoro e del cloro, ecc. Le piccole particelle così presenti nell'atmosfera si comportano come nuclei di condensazione dell'umidità generando una nebbia la cui tossicità è funzione degli elementi che trasporta. Non esiste un'abbondante letteratura sul ruolo che la vegetazione gioca nella riduzione degli inquinamenti atmosferici; esistono solo degli esperimenti di laboratorio e cenni che daremo qui di seguito sull'azione contro tre dei principali agenti inquinanti si tiene conto soprattutto di questo tipo di esperienze.

• L'anidride carbonica. Prodotta dalla respirazione umana e da fonti diverse di combustione, aumenta il suo tasso annuo nell'atmosfera in ragione dello 0,25%, Buona parte di questa anidride carbonica viene fissata dalle masse vegetali attraverso la fotosintesi clorofilliana. Se si tiene conto che un ettaro di faggeta fissa ben 4,8 tonnellate di carbonio si capisce qual è l'importanza di questa funzione del verde, anche se non del tutto sufficiente ad assorbire completamente la produzione di CO2.

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• L'ozono. Anche questo elemento, prodotto dai gas di scarico degli autoveicoli, viene assorbito e quindi ridotto dalle masse vegetali, pure se, a loro volta, le piante possono produrre ozono.

• Il piombo. Proveniente come residuato dalla combustione della benzina, si deposita senza trasformazioni nelle piante. Sono importanti in questo senso gli schermi vegetali lungo le strade. In generale l'intercettazione di particelle atmosferiche da parte della vegetazione è un fenomeno molto variabile e dipende da:

• forma, dimensioni e caratteristiche superficiali delle particelle;

• forma, dimensioni e caratteristiche superficiali delle parti vegetali intercettanti; • condizioni microclimatiche ed ultra microclimatiche in prossimità della pianta.

Alterazione delle correnti dell'atmosfera: l'efficienza della raccolta per impatto è tanto maggiore quanto è maggiore il diametro della particella e minore quello dell'ostacolo. L'efficienza di raccolta è massima se:

• le dimensioni della particella sono nell'ordine dei decimi di micron o superiori; • le dimensioni dell'ostacolo sono dell'ordine dei centimetri o inferiori;

• la velocità di approccio è dell'ordine di metri al secondo o maggiore; • la superficie di raccolta è bagnata, appiccicosa, o dotata di lanugiosità.

2. Funzione igienica sull'uomo

La disponibilità di verde godibile si è dimostrata il rimedio migliore contro la cosiddetta malaria urbana, quella malattia, cioè, caratterizzata da disturbi vari all'apparato respiratorio, all'apparato digerente e all'apparato nervoso, provocata da inquinamento atmosferico e sistemi di vita convulsi. La presenza di verde, per i motivi già esaminati e per l'implicita disponibilità ad un uso rilassante del tempo libero, può costituire un antidoto naturale a questo tipo di malattia.

2.1 Benessere fisiologico

Premesso che lo sviluppo delle malattie di tipo degenerativo, che colpiscono quindi soprattutto la terza età, è molto più avanzato nell'ambiente urbano che in quello della campagna (almeno per le società industrializzate), questi sono, succintamente, alcuni aspetti dell'azione del verde sull'organismo umano.

L'insufficienza di attività sportiva, di ambienti urbani distensivi e di atmosfera salubre si riflette sulle malattie cardiovascolari che sono la causa in Italia del 45,4% (1980) della mortalità generale. Parte di queste malattie potrebbe essere prevenuta mediante la pratica di una sana attività fisica. Inoltre con un'opportuna dislocazione e con una risistemazione del traffico veicolare ad essi tangente, si può ottenere anche, di riflesso, una diminuzione degli incidenti stradali. È difficile valutare di quanto potrebbero diminuire gli incidenti del tipo veicolo/pedone con una distribuzione del verde più razionale.

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2.2. Benessere psicologico

Interessanti in questo senso furono gli esperimenti condotti dal prof. D. Krech a Berkeley, su alcuni gruppi di ratti. Due gruppi di questi animali sono stati allevati in ambienti diversi: il primo in un ambiente spoglio, in condizioni di sovraffollamento con cibo scarso, poca luce e tanto rumore; il secondo gruppo è stato allevato invece in un ambiente ricco, oltre che di spazio, di luce, di colori, allietato da musica dolce di sottofondo e con cibo abbondante. Il risultato di questo esperimento è stato che i membri del secondo gruppo hanno dimostrato di avere una capacità di apprendimento e adattamento nettamente migliore di quelli del primo gruppo. Né i risultati si sono modificati fornendo ad ambedue i gruppi lo stesso cibo, lasciando inalterate le altre condizioni ambientali. Infatti la dissezione successivamente effettuata ha dimostrato che si erano prodotte a livello di corteccia cerebrale delle modificazioni tra i due gruppi, essendo quelle del secondo gruppo più articolate e più spesse. Questi esperimenti servono a far riflettere sull'importanza che hanno anche le condizioni cosiddette estetiche, dell'habitat sull'individuo. Di grande interesse, perché non sufficientemente conosciuti, sembra l'analisi di due casi particolari: il rapporto con il numero dei suicidi e con la delinquenza minorile.

3. Funzione paesaggistica

Verde e figurabilità del paesaggio urbano

La funzione architettonica è legata, in primo luogo, alla caratterizzazione del paesaggio urbano, in quanto la progettazione del verde ed il corretto uso della vegetazione, possono contribuire alla chiarificazione di quel principio curiosamente opaco del progetto di paesaggio noto come rispetto del genius loci, spirito del luogo. Un luogo particolare, dice anche l'ecologia, ha, oltre che la sua propria geologia, il suo clima, la sua topografia, anche una sua specifica vegetazione. Tutto ciò forma, secondo una frase di Jan McHarg, in uno con la storia del rapporto uomo-natura, l 'identità di paesaggio; il suo genius loci è la somma totale di queste associazioni. La prima esigenza del progetto è scoprirle. Il progettista deve, eliminando le scelte autoreferenziali, guardare e capire; dovrebbe divenire cioè, latu sensu, un ecologista applicato.

sottolineato che nella cultura attuale della città almeno a livello di mass-media, il verde riveste una funzione sulla qualità visiva del paesaggio di primaria importanza, non vogliamo né possiamo introdurci in un'analisi sui valori estetici del verde, perché ciò equivarrebbe ad aver prestabilito dei canoni, dei metri di giudizio che invece non esistono in assoluto, essendo definibili solo all'interno delle specifiche culture che li hanno prodotti.

È del tutto inutile citare l'importanza dell'uso della vegetazione nella definizione degli spazi dei giardini e dei parchi storici. Ma un ruolo, forse di non minore importanza architettonica, la vegetazione riveste nella definizione della figurabilità della città. Questo ruolo è figurativamente definito dalle masse arboree che con il loro volume partecipano alla scansione sequenziale degli spazi urbani e la loro disposizione plano-altimetrica subisce le stesse regole della composizione architettonica: simmetria, dissimmetria, ricorrenze assiali, ecc.

Tessuti urbani caratterizzati da evidenti discontinuità di scala, di allineamenti, di architettura, possono essere ricuciti da una vegetazione arborea che fornisca quella continuità percettiva mancante, mentre il caso quasi opposto è rappresentato da quei tessuti urbani che, a causa della loro compattezza e uniformità, siano scarsamente figurabili e memorizzabili; eventuali isole di verde in

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una situazione di questo tipo offrono, se progettate in modo architettonicamente definito, piacevoli momenti di diversificazione e quindi maggiore figurabilità. E' inoltre il rapporto con la modellazione del suolo a giocare una funzione architettonica importante. Infatti una disposizione plano-altimetrica che rispetti il rilievo, sottolineandone le caratteristiche di pendenza e di esposizione, contribuisce a dare personalità e quindi valore scenico-percettivo al luogo. Altro tipo di rapporto architettonico significativo è anche quello che nasce tra l'albero e il singolo elemento edilizio.

4. Funzione ecologica

Anche la vegetazione urbana ha una funzione ecologica. In realtà, più rigorosamente si tratta di una ecologia molto particolare con funzionalità molto limitata. La piena funzionalità eco sistemica richiede che siano rispettate alcune condizioni essenziali di partenza che permettano lo svolgimento dei processi naturali; per esempio che si sviluppi una catena del detrito accanto a quella del pascolo, che si sviluppi la successione ecologica, che l'energia che sostiene il sistema sia quella radiante solare, che si sviluppino cicli bio-geo-chimici naturali, etc. Non è quindi sufficiente la presenza di alcuni esemplari, delle biocenosi naturali per sostenere che ci si trova di fronte ad un sistema ecologico, come nessuno si sentirebbe di sostenere di fronte ad un leone in gabbia che ci si trova davanti all'ecosistema della savana. In questo senso l'ecosistema del verde urbano è un sistema non naturale, anche se può svolgere, altrettanto bene di un sistema naturale, alcune funzioni igieniche, e sull'habitat umano, e sull'uomo stesso. Certo non è un sistema definibile come ecologicamente stabile: la stabilità ecologica può essere propria soltanto degli apparati vegetali naturali. Queste considerazioni sono soprattutto importanti in linea teorica, perché la sostenibilità, almeno negli aspetti ambientali, ruota sostanzialmente su un equilibrato rapporto tra sistemi naturali, quindi auto poietici, e sistemi ad energia succedanea. Ma sono altrettanto importanti ai fini dell'applicazione degli indici di controllo forniti dall'Ecologia del Paesaggio, nel senso che possono essere usati, pur con tutte le cautele del caso alcuni indicatori che rappresentano funzioni di stato, di questo tipo di apparati vegetali, per esempio, la biopotenzialità, mentre più problematico sembra l'uso di indicatori di sistema come il grafo ecologico. A meno che non si verifichi la condizione, attraverso gli indici di percolazione e di connettività, che l'apparato del verde urbano sia connesso alla componente naturale territoriale, cioè a quel particolare ecotono detto mesoecotono.

Queste capacità di prestazioni fanno sì che il sistema del verde (urbano e territoriale) possa essere definito come apparato paesistico protettivo e possano essere di conseguenza definiti alcuni indici importanti quali il rapporto tra habitat naturale e numero di abitanti e il rapporto tra habitat umano e numero di abitanti. Questi indici possono essere utili per confrontare situazioni diverse piuttosto che stabilire valori-soglia; a meno che detti valori-soglia non vengano assunti quali standard socialmente accettati.

Oltre alla scelta delle specie appartenenti all'orizzonte vegetale locale, gli aspetti più squisitamente strutturali che riguardano invece l'accumulo e il flusso della materia, il flusso dell'energia e dell'informazione genetica, non vengono generalmente presi in considerazione proprio perché sono poco considerati e quindi poco conosciuti. Per capire se la trama del verde urbano può far parte di un reale sistema ecologico è necessario, per esempio, attraverso lo studio della percolazione e/o della connettività, verificare che esistano delle reali connessioni tra gli elementi del verde urbano, cioè compresi nel tessuto urbanizzato, e gli elementi del verde territoriale circostante. Nella

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maggior parte dei casi riguardanti le nostre città, ciò non accade perché il tipo di sviluppo della città è stato tale da non conservarli, come dimostra tangibilmente, in moltissimi casi, proprio il disegno della trama verde.

Normalmente il verde urbano è un sistema, oltre che altamente antropizzato, anche molto frammentato ed isolato, capace sì di fornire alcune, per altro importanti, prestazioni igieniche, ma con un livello omeostatico molto basso, tendenzialmente inesistente. Naturalmente nel caso delle strutture verdi di alcune città, come quelle riportate in alcuni esempi precedenti, che hanno discreti collegamenti ecologici con il verde territoriale naturale o seminaturale, che circonda i tessuti urbanizzati, si possono sviluppare legami di natura ecologica più o meno efficaci, analizzabili attraverso l'ecologia del paesaggio. Legandosi al concetto di sostenibilità ecologica, è chiaro che non si può prescindere dal tipo di energia che alimenta il sistema in quanto, mentre quelli alimentati da energia naturale sono auto poietici, quelli alimentati da energia succedanea, se abbandonati, decadono verso stadi crescenti di instabilità. Il grafo ecologico è un modello utile per l'analisi e la valutazione di un sistema ambientale di cui il paesaggio può considerarsi l'espressione visibile. In questo modello, basandosi sulla topologia delle reti, attraversi un algoritmo, si relaziona la

metastabilità del sistema con la sua connettività.

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Gestione

La gestione della flora spontanea nelle aree urbane consta fondamentalmente di tre metodologie, così suddivisibili:

Mezzi di lotta preventivi: riducono l'emergenza delle infestanti. Vi rientrano metodi quali la falsa semina, operata meccanicamente, o il dead mulching, pacciamatura con elementi vegetali morti quali residui di taglio da tappeti erbosi o corteccia di conifera.

Indiretti: migliorano l'abilità competitiva della coltura (ad esempio trapianto invece della semina, la corretta scelta varietale in relazione a ciascuna situazione, l'utilizzo di wildflowers).

Diretti: metodi di lotta sull'infestante emersa e fisicamente presente, si opera tramite mezzi chimici o fisici. Questi ultimi divisibili in meccanici che operano tramite organi lavoranti, le cui nuove sperimentazioni nord europee hanno implementato anche ad esempio di macchine spazzolatrici (lotta sia diretta che preventiva per eliminazione del substrato di crescita), o termici tramite macchine da pirodiserbo, macchine operanti a vapore, o a infrarossi. I metodi termici inoltre godono di una certa proprietà autocatalitica che determina una progressiva riduzione della flora potenziale e quindi minore frequenza di intervento nel tempo, con riduzione sensibile dei tempi di lavoro e dei costi di esercizio; si intende con “autocatalitica” la proprietà per cui nella prima stagione di crescita si opera una reiterata eliminazione delle infestanti nate sia da seme che per via vegetativa, con associata eliminazione dei ricacci; a questa seguirà nell'anno successivo una minore necessità di intervento per via dello sviluppo di soli esemplari da seme dell'anno, dotate quindi di minori sostanze di riserva e per cui impossibilitati a sviluppare forme di diffusione vegetativa e di capacità di ricrescita, in seguito all'intervento.

Estratti sulla diffusione e gestione delle infestanti in ambiente urbano da:

Weed dynamics in the Mediterranean urban ecosystem: ecology, biodiversity and management - S.

Benvenuti 2004

Non è semplice fare delle generalizzazioni sulle infestanti urbane per via dell'ampio spettro di micro-ambienti, sono di particolare rilevanza soprattutto i meccanismi di disseminazione anemocora (come per la famiglia delle Asteraceae), della resilienza ad esempio delle specie macroterme e per via delle caratteristiche di erbe perenni di molte specie invasive. Le infestanti pongono problemi non solo di carattere estetico ma danno anche luogo a ostacoli funzionali e operativi come il danneggiamento di marciapiedi o l'intasamento delle caditoie di drenaggio urbano. Oltretutto possono colpire la salute umana con il rilascio di polline allergenico nell'atmosfera. La gestione delle erbe urbane si basa principalmente sul controllo meccanico, poiché misure di lotta chimica possono provocare un rischio di tossicità per l'uomo. Paradossalmente d'altro canto certe specie erbacee possono avere un effetto positivo se collegate alla fauna (farfalle, uccelli, etc.) fornendo una favorevole impressione dell'immagine urbana.

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Le piante urbane possono dividersi in due principali gruppi: quelle introdotte per mano dell'uomo soprattutto a fini estetici, architetturali o di paesaggio, e le specie di crescita spontanea, considerate quasi sempre come erbe indesiderate per via della loro "mancanza" di un aspetto decorativo. Tuttavia la frequente espressione di flora selvatica, naturale, è in qualche modo errato, in quanto il numero, la composizione botanica e le dinamiche delle erbe persistenti sono fortemente influenzate dall'attività umana. L'espressione infatti si riferisce semplicemente al fatto che queste piante non sono state deliberatamente introdotte dall'uomo, ma d'altro canto si diffondono per via "antropocora involontaria" o per meccanismi indipendenti di colonizzazione ambientale. In particolare, proprio come le infestanti dell'ecosistema agricolo hanno sviluppato caratteri che permettessero loro di sopravvivere in presenza di forti sconvolgimenti per via delle tecniche colturali agricole, allo stesso modo erbe nel contesto urbano tendono a co - evolvere quei particolare caratteri che permettono loro di sopravvivere anche in questa nicchia ecologica urbana, colpita da un'estrema antropizzazione. La presenza estensiva di strutture innaturali (cemento, asfalto, pavimentazioni di vario tipo), inquinamento atmosferico, il calpestìo umano e animale e, soprattutto, il compattamento causato dal traffico veicolare si traducono in una pressione selettiva, che porta alla predominanza di certe specie rispetto ad altre che risultano meno idonee a colonizzare e persistere in tali condizioni. Le erbe nell'ambiente urbano quindi sono considerate sgradevoli, per questo l'impresa di conservare o migliorare l'attrattività dell'ambiente urbano implica il bisogno di un loro controllo. All'interno della struttura urbana il loro controllo non chimico è sempre più considerato di primaria importanza in risposta allo scopo di salvaguardare la salute dei cittadini e dell'ecosistema. In un ambiente urbano il bisogno di evitare l'uso di fitofarmaci è forse anche più importante: l'applicazione di prodotti chimici può rappresentare un rischio per via della loro inevitabile dispersione nell'atmosfera urbana, con il conseguente pericolo di esporre una elevata densità di popolazione a residui chimici. Sono numerose le alternative alla tradizionale gestione chimica, ma l'efficacia per il controllo delle erbe urbane dipende in maniera cruciale sulla conoscenza sia degli aspetti dell'ecosistema urbano e della biologia delle fitocenosi presenti nell'area. Una profonda conoscenza di questi aspetti permette di massimizzare l'efficacia delle misure adottate e facilita l'obiettivo di prevenire e limitare le dinamiche di colonizzazione nell'habitat urbano.

L'habitat urbano è sorprendentemente diversificato, traducendosi di fatto in un mosaico di micro ambienti. Contiene un'enorme variabilità di nicchie ecologiche, ciascuna delle quali è tipicamente colonizzata da specie particolarmente adattate a persistere in tali ambienti. Un esempio possono essere le specie che si trovano più adattate alle temperature elevate dovute alla isola urbana di calore, come quelle dotate di un ciclo di fotosintesi C4.

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