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La vergogna del “grosso signore”

2.1 Vita e parola

2.1.1 La pluralità del linguaggio La parola assicurata

2.1.1.3 La vergogna del “grosso signore”

«La peggior violenza si esercita […] sui bambini sotto la maschera dell'affetto e dell'educazione civile»70

Come già accennato poc'anzi, trovo esemplare i fatti e il dibatto scaturito da tale passo che aiutano a far luce su questo processo di normalizzazione della parola. Infatti, come rilevato nello studio di Fabrizio Meroi71, Alberto

Michelstaedter ritenne di voler intervenire sul dialogo del “grosso signore” volendo una «piccola modificazione» altrimenti, afferma perentorio, «non permetto assolutamente la pubblicazione del lavoro»72. Ciò che trovo interessante

non è tanto la più o meno comprensibile riserva del padre riguardo la pubblicizzazione di ciò che riteneva esser privato, quanto l'incredibile esito della denuncia di Carlo che sbotta proprio contro quella falsa discrezione e vergogna che scinde vita e parola. “Vergognarsi” è verbo riflessivo, viene infatti da vereor

gogna m che significa “temo la gogna, la mia esposizione pubblica”73;

«quest'uomo del suo tempo»74, senza per questo identificarne completamente i

tratti con il povero Alberto, non si vergogna della “colpa”, ma della sua

69 C. Michelstaedter, La persuasione e la rettorica, op. cit., pp. 156-157.

70 Ivi, op. cit., pp. 186.

71 Cfr. F. Meroi, Persuasione ed esistenza: filosofia e vita in Carlo Michelstaedter, Edizioni di storia e letteratura, Roma, 2011, pp. 141-179.

72 Archivio Editoriale Formiggini, Arangio-Ruiz, Vladimiro, n. 16, lettera autografa del 25 febbraio 1912. (cit. Cfr. F. Meroi, Persuasione ed esistenza: filosofia e vita in Carlo Michelstaedter, op. cit., p. 143).

73 Cfr. U. Galimberti, I vizi capitali e i nuovi vizi, Feltrinelli, Milano, 2003, p. 88. 74 Cfr. C. Michelstaedter, La persuasione e la rettorica, op. cit., p. 140.

pubblicazione, della sua esposizione.

Dell'intenzione del padre Alberto ne abbiamo conoscenza per la prima volta da Arangio-Ruiz che scrive: «Il signor Michelstäedter mi aveva già scritto, che voleva cambiare un punto della tesi (della Persuasione) verso la fine – Io gli avevo risposto male, perché è una violenza che vuol fare»75. Ma in diverse lettere

indirizzate ad Angelo Formiggini76, l'assicuratore goriziano insiste e si premura

che venga apportato il voluto cambiamento. Il 30 marzo precisa i passi da modificare. Il 26 aprile, stizzito, intima: «La prego di non frapporre altro

indugio all'invio perché voglio aver la sicurezza che avvenga il voluto

cangiamento»77. L'11 agosto 1912 ripete che «quel lavoro non dovrà venire

stampato senza le modificazioni» che intende apportare «nella sezione del capitolo terzo»78. Alla fine79, la tanto annunciata «modificazione» si realizza in

75 Il testo continua: «Alla fine c'è un dialogo tra lui (Michelstäedter) e un signore civile – in cui si parla come di un indice della viltà degli uomini delle assicurazioni. Ora il signor Michelstäedter padre è assicuratore. E non vuole che suo figlio insulti la sua professione. Questo è quanto. I cambiamenti però non saranno gravi – tipograficamente quasi insignificanti. Io spero di convincerlo - poiché subire la violenza debbo – è lui il proprietario purtroppo degli scritti di suo figlio – a non mutare, ma se si può a togliere del tutto quella parte, quei pochi periodi di dialogo. Mi pare più onesto». (Archivio Editoriale Formiggini, Arangio-Ruiz, Vladimiro, n. 90, lettera autografa del 23 febbraio 1912 (cit.. F. Meroi, Persuasione ed esistenza: filosofia e vita in Carlo Michelstaedter, Edizioni di storia e letteratura, Roma, 2011, p. 142)).

76 La prima edizione degli scritti di Carlo Michelstaedter, uscì a Genova per i tipi di Formiggini e a cura di Vladimiro Arangio-Ruiz tra il 1912 (I. Dialogo della salute, “Poesie”) e il 1913 (II. La persuasione e la rettorica).

77 Archivio Editoriale Formiggini, Arangio-Ruiz, Vladimiro, n. 19, lettera autografa del 26 aprile 1912 (cit. F. Meroi, Persuasione ed esistenza: filosofia e vita in Carlo Michelstaedter, Edizioni di storia e letteratura, Roma, 2011, p. 143).

78 Archivio Editoriale Formiggini, Arangio-Ruiz, Vladimiro, n. 27, lettera autografa del 11 agosto 1912 (cit. F. Meroi, Persuasione ed esistenza: filosofia e vita in Carlo Michelstaedter, Edizioni di storia e letteratura, Roma, 2011, p. 143).

79 La discussione continua; il 23 ottobre Alberto Michelstaedter scrive ancora a Formiggini: «Quanto alla modificazione che intendo di far io si riferisce ad una parte del lavoro che non si trova fra le prove inviatemi. Come Le dissi, si tratta del terzo capitolo della II Parte e ne attendo le bozze che Le rimanderò con tutta prontezza col voluto cambiamento» (Archivio Editoriale Formiggini, Arangio-Ruiz, Vladimiro, n. 30, lettera autografa del 23 ottobre 1912). Insiste e pochi giorni dopo scrive: “Aspetto sempre le bozze del cap. III° della parte IIda dove

voglio fare il mutamento già accennato[;] appena le avrò, gliele rimanderò colla voluta variante» (Archivio Editoriale Formiggini, Arangio-Ruiz, Vladimiro, n. 32, cartolina postale autografa del 29 ottobre 1912).

una omissione80, come indicato da una lettera di Alberto del 23 febbraio: «Fra le

pagine che Ella mi mandò c'è in fatti il punto da me voluto modificare e precisamente nella pagina 108 trovo l'omissione da me desiderata e cioè una linea di puntini che sostituiscono alcune frasi da me tagliate nelle bozze precedenti»81.

Alle spalle di questa vicenda, si ripropone quella tensione che riguarda sia la relazione tra padre e figlio sia quell'aporia dualistica che segna la persuasione e la rettorica.

Riguardo al primo aspetto, quello di uno scontro generazionale, Meroi commenta in questo modo: «si può ben dire che la vita, in questo caso, “insegue” Michelstaedter anche dopo la sua morte: il difficile rapporto con Alberto […] estende i suoi pesanti effetti ben oltre la conclusione dell'esistenza terrena di Carlo e […] influisce, in maniera non marginale, sulla forma in cui la sua opera maggiore viene presentata per la prima volta al pubblico»82. Ora non chiedo né

intendo occuparmi dello scenario psichico, ma è innegabile il persistere in Alberto Michelstaedter d'un sentimento ostile verso ciò che mette in pericolo il privato; sentimento e atteggiamento che richiama fortemente l'autodenuncia che lo stesso Carlo aveva svelato quando scriveva, come già si è visto e che è utile qui richiamare, di una famiglia unita «in un unico punto caldo»83, di un

«ambiente chiuso, isolato dal resto»84.

Il secondo aspetto, quella dello scontro tra persuasione e rettorica, è interpretabile a partire da un ulteriore testimonianza che sarà oggetto del prossimo capitolo, nel

80 «Il passo censurato da Alberto Michelstaedter sarà reintegrato soltanto nell'edizione Sansoni del 1958, quasi mezzo secolo più tardi» (F. Meroi, Persuasione ed esistenza: filosofia e vita in Carlo Michelstaedter, op. cit., p. 146 nota 36).

81 Archivio Editoriale Formiggini, Arangio-Ruiz, Vladimiro, n. 40, lettera autografa del 23 febbraio 1913 (cit. F. Meroi, Persuasione ed esistenza: filosofia e vita in Carlo Michelstaedter, op. cit., p. 146).

82 F. Meroi, Persuasione ed esistenza: filosofia e vita in Carlo Michelstaedter, op. cit., p. 146. 83 C. Michelstaedter, Epistolario, op. cit., p. 353.

quale si prenderà in analisi una conferenza tenuta dal padre Alberto. Ciò che urge fin d'ora metter in rilievo è il ruolo della menzogna nella weltanschauung del padre che sta a fondamento del suo pensiero. Per l'assicuratore goriziano è proprio questa che caratterizza il grado d'intelligenza dell'uomo, distinguendolo dagli altri animali; ovvero, è proprio grazie alla capacità di mentire che si può comprendere a che grado di civilizzazione sia giunto un popolo. Egli afferma: «L’intelligenza non indica un’attitudine al mentire, ma il mentire è prova di un raffinamento dello spirito»85. Qui si pone il luogo massimo di vicinanza della

riflessione del padre e del figlio e, al tempo stesso, di massima distanza per la deriva che tale riflessione assume nei rispettivi contesti etici. Commenta David Micheletti: «La menzogna, quindi, non solo è habitus specifico dell’uomo, ma la carne psichica della sua identità e della sua storia. Di questo hanno saputo render ragione le analisi della moderna psicologia che, discernendo tra le spinte naturali e i movimenti artificiali della psiche, ci mostrano come ogni anima – che sia quella di un ebreo o quella di un gentile - sia anima di menzogna, non per bassezza morale o ipocrisia, ma perché complicata dalle contraddizioni che la caratterizzano come organismo in conflitto con se stesso»86. Per Carlo però la

potenza della menzogna dell'uomo, del grasso signore o del padre si contrae su questi stessi e sul loro mondo, rendendola non più una “prova di raffinamento” ma una cavillo retorico e insipido.

Dunque, per certi versi, i temi della parola persuasa e della menzogna sono assolutamente solidali; in entrambi, secondo una certa diversità etica e di linguaggio, si coltiva, in ultima istanza, la possibilità di una riconciliazione tra padre e figlio, tra linguaggio retorico e persuasione ma secondo prospettive diametralmente opposte e disgiuntive: quella del padre o del figlio, della

85 A. Michelstaedter, La Menzogna, Conferenza tenuta al Gabinetto di Minerva di Trieste la sera del 13 aprile 1894, Tipografia Del Bianco, Udine 1895, p. 13.

86 David Micheletti, Il razionalismo delle menti ebraiche. Nuove prospettive su Carlo Michelstaedter e l'Ebraismo, pp. 49-50. (AA. VV., E sotto avverso ciel luce più chiara. Michelstedter tra nichlismo, Ebraismo e Cristianesimo, a cura di Sergio Sorrentino e Angela Michelis, Città Aperta, Enna 2009, pp. 39-60).

persuasione o della rettorica. In questa disequazione originaria, e in certo senso permanente, si annida la molla stessa del sapere michelstaedteriano; in altre parole, questa contraddizione è la rappresentazione speculativa e biografica di un pensiero che deve trascendersi, elevando il suo contenuto alla forma dell'assolutezza. Dalle pastoie di questa contraddizione, però, si produce e s'esprime l'impronta inequivocabile tanto della condizione esistenziale quanto della riflessione del giovane goriziano. Una contraddizione e una tensione che duellano al suo interno; esse sono subite come fondo stabile e faticoso dell'uomo Michelstaedter; ma sono anche oggetto di un progetto “impossibile” a cui rivolgersi attivamente, che segue la via iperbolica del tentativo di disvelamento del volto dell'essere: tentazione permanente che sembra sempre destinata allo scacco.