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2.1 – Verso la crisi del turismo balneare di massa e la nascita di un nuovo paradigma

L’industria del turismo così come eravamo abituati a conoscerla è in crisi. Le modifiche intervenute nei comportamenti di consumo dei turisti, le nuove tecnologie, la globalizzazione, nonché i limiti imposti dall’ambiente alla crescita e allo sviluppo turistico, sono solo alcuni degli elementi che l’industria turistica intesa in senso lato, dagli operatori alle destinazioni, si trova a dover fronteggiare e che si traduce in particolare nella crisi del cosiddetto turismo di massa (Borghi, Celata, 2009). Per avere però, una chiara idea circa la direzione verso la quale il turismo si sta evolvendo, staccandosi completamente da quella che viene definita come vecchia best

practice rappresentata appunto dal turismo di massa, verso una nuova forma

di turismo che meglio risponda alle congiunture economiche e sociali attuali, diventa importante capire le condizioni che hanno portato al suo sviluppo e le caratteristiche che lo contraddistinguono (Poon, 1993).

Lo sviluppo del turismo di massa ha infatti una precisa collocazione storica, rappresentando la naturale conseguenza di una particolare condizione sociale, politica, economica e tecnologica afferente al periodo post bellico. Questa serie di condizioni ed andamenti dell’economia mondiale, che singolarmente non avrebbero potuto generare tale fenomeno, in compresenza e in interrelazione hanno saputo ricreare una situazione tale da contraddistinguerne l’evoluzione e relativo sviluppo. Questo fenomeno ha conosciuto la massima diffusione soprattutto tra gli anni ’60 ed ’80 (Rocca, 2013), caratterizzandosi per alcuni elementi fondamentali che ne contraddistinguono l’essenza e che sono riassumibili sostanzialmente in un paio di punti molto esplicativi, ovvero: omologazione e standardizzazione della vacanza, common sense nella sua diffusione (Francesconi, 2011).

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Il turismo di massa ha trovato nella forma del turismo balneare il suo più importante esempio attraverso il classico mare-spiaggia-sole, che ha connotato l’evoluzione del turismo costiero nel Mediterraneo, ivi compresa l’Italia, dove il mare rappresenta un’attrattiva cardine assieme alla spiaggia. Considerate risorse ed elementi d’attrazione sufficienti a richiamare flussi turistici importanti nelle zone costiere, rappresentavano quanto di più ambito si potesse trovare e si volesse ricercare nel mercato (ONT, 2009); la vacanza al mare permetteva infatti di assolvere a diversi bisogni ed esigenze dei potenziali turisti, riconoscendo nella destinazione balneare il luogo ideale per combinare riposo e relax, attività di intrattenimento, ma soprattutto per garantire un determinato status sociale all’individuo che si integra, si unisce alla massa.

Gli stessi elementi che hanno contraddistinto la diffusione del turismo balneare di massa sono però anche quelli che in un certo senso ne hanno decretato la crisi. Il turista che vuole rivolgersi alle destinazioni costiere per trascorrere il suo tempo libero, le sue vacanze, non è più lo stesso, è maturato e meglio informato, ed ha bisogno di andare oltre il semplice concetto di vacanza al mare intesa come ozio sulla spiaggia, magari affollata; necessita di entrare più a contatto con le destinazioni, pretende di più, ha bisogno di essere attivo, di vivere esperienze diverse e di poter svolgere diverse attività (Butler, 1993). Vuole entrare in contatto con l’intero contesto territoriale alla scoperta dell’entroterra e non più semplicemente con l’ambiente costiero e le correlate attività all’aperto, ma includendo anche altri elementi, quali la conoscenza della storia e cultura locale attraverso il patrimonio storico-artistico, nonché la ricerca della tipicità attraverso l’enogastronomia, alla scoperta delle tradizioni locali (Giansanti, 2014).

Questo cambio di direzione è già evidente a partire dagli anni ’80 ed in particolare, per quanto riguarda l’Italia e specificatamente l’ambito costiero dell’Adriatico (inclusi ovviamente anche i territori ed i litorali interessati dal presente progetto), è possibile individuare un preciso momento in cui si prende reale coscienza circa i cambiamenti intervenuti nel mondo turistico ed in particolare nel contesto del turismo balneare. Ci stiamo riferendo

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soprattutto al 1989 l’anno in cui, come abbiamo già precedentemente visto, esplode in tutta la sua forza il problema dell’eutrofizzazione e della presenza delle mucillaggini che hanno afflitto le coste dell’Adriatico, causando numerose perdite economiche (Callini, Govi, 1993).

La crisi del turismo balneare divenne infatti il mezzo fondamentale attraverso il quale emerse in tutta la sua forza il problema delle conflittualità d’uso del tratto costiero e dell’importanza del fattore turistico nell’economia locale, mettendo in luce la situazione critica del contesto Adriatico ed il complesso sistema di relazioni economiche che ivi sussistono (Soriani, 2003). Confermò così prepotentemente anche la necessità di una strutturazione diversa dell’offerta turistica di concerto con le altre attività economiche coinvolte, a tutela delle risorse e tenendo in debito conto l’evoluzione e la modifica nei comportamenti di consumo, nonché nelle motivazioni e nei bisogni da soddisfare.

L’industria turistica è indubbiamente un settore fondamentale nell’economia del paese che, nonostante la crisi, gode di enormi potenzialità e prospettive di crescita; si tratta però, in un certo senso, di cambiare punto di vista e passare da una vecchia best practice descritta perfettamente dalla produzione di massa, ad un nuovo concetto, ad una nuova best practice, basata sull’esatto opposto e quindi su di una produzione flessibile, che si rivolge a diversi segmenti, a particolari nicchie di mercato o comunque basata su una certa varietà di proposte alternative fra di loro e dedicate, personalizzate a seconda del proprio segmento di riferimento (Poon, 1993). Un nuovo modo di fare turismo quindi, che meglio risponde alla situazione attuale profondamente diversa rispetto a quella che aveva permesso l’evoluzione del turismo di massa; sono cambiate, si sono evolute le condizioni e le situazioni, è innanzitutto profondamente cambiato il turista, l’utente finale, radicalmente diverso rispetto al turista di massa, è più maturo ed informato; il fattore ‘sole’ è ancora un elemento fondamentale, ma non più sufficiente; la vacanza non è più un obiettivo, ma un mezzo, uno strumento per imparare cose nuove e per fare nuove esperienze; il “nuovo” turista ha bisogno di affermare la propria individualità, distinguendosi dalla massa ed è

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inoltre più consapevole e responsabile nei confronti dell’ambiente (Ruozi, 2002).

Di fronte a questo nuovo turista è evidente come sia necessario, da parte della destinazione, prendere atto di tale evoluzione e lavorare di conseguenza per potersi mantenere competitiva sul mercato, senza limitarsi o meglio adagiarsi sul prodotto tradizionale, ma puntando al contrario sulla capacità di diversificare, di saper identificare scrupolosamente i vari segmenti di mercato e rivolgersi in modo corretto agli stessi puntando sull’innovazione, sulla ricerca, sulla qualità e specializzazione (Goffi, 2010).

Sicuramente nonostante la crisi, il vecchio turismo di massa, così come il classico prodotto balneare sono destinati comunque a persistere. Ciò che diventa importante e fondamentale comprendere è come questi modelli siano ormai datati e non più in grado di rappresentare adeguatamente la situazione attuale. È quindi necessario prendere coscienza dei nuovi meccanismi che regolano il mercato, adattandosi e lavorando sulla base di queste stesse nuove esigenze per poter continuare ad essere competitivi in un settore come quello turistico, estremamente importante per l’economia di un paese dove la concorrenza è su scala mondiale, e le potenzialità di crescita sono molto interessanti.

2.2 – Il ciclo di vita di una destinazione turistica e