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CAPITOLO I: Una ri-concettualizzazione del bene salute: l’assistenza sanitaria

1.4 Verso una “New Health Governance” italiana

La dottrina non è tuttora pervenuta a una definizione univoca del concetto di “Public Governance”, per quanto le diverse prospettive dalle quali tale costrutto sia stato indagato non confliggano in maniera inconciliabile tra di loro (Robichau, 2011). Il dibattito accademico in materia ha assunto una portata tale da spingere alcuni studiosi ad affermare ironicamente che l’abbondanza dei tentativi di fornire un’interpretazione autentica del significato di governance abbia indotto ad associare a esso una quantità di accezioni di gran lunga superiore rispetto a quella fornita dai più rinomati vocabolari in circolazione (Hughes, 2010).

In ultima analisi, è possibile intendere la Public Governance quale risultato di un lento processo evolutivo, che si connota per il superamento del tradizionale approccio stato-centrico nel governo della cosa pubblica. Esso trova espressione in una logica di gestione che riconosce nella società organizzata il proprio fulcro, valorizzando l’apporto che quest’ultima è in grado di esprimere ai fini della creazione di valore pubblico. Infatti, se in accordo al tradizionale modello di Public Administration l’unico attore protagonista nell’esercizio delle funzioni di governo è l’ente pubblico, la Public Governance prevede uno svuotamento quasi totale di quest’ultimo dalle sue competenze direzionali e gestionali. Esso, infatti, è sollevato dal suo ruolo di “comando e controllo” ad esito di un processo di decentramento e devoluzione di tipo sia verticale che orizzontale che caratterizza tutte le sfere di azione pubblica (Rhodes, 1994). In altri termini, l’amministrazione pubblica riconosce la natura plurale e pluralista dei processi in cui essa è quotidianamente coinvolta: si assume che le attività di governo richiedano l’intervento di una gamma eterogenea di attori – non riconducibili esclusivamente alla sfera pubblica – ciascuno con compiti e responsabilità peculiari (Osborne, 2010).

Seguendo la falsariga tracciata dalla letteratura internazionale, la dottrina italiana ha preso parte, seppure con un certo ritardo, al dibattito accademico in tema di Public

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questo nuovo paradigma manageriale sulle dinamiche gestionali e organizzative delle aziende e delle amministrazioni pubbliche (Mercurio & Martinez, 2010; Adinolfi, 2005; Cepiku, 2005). La centralità delle interazioni tra gli attori che, direttamente o indirettamente, sono coinvolti nelle dinamiche di governo pubblico, il ruolo di coordinamento e di indirizzo di complessi sistemi sociali attribuito alle amministrazioni pubbliche e l’adozione di una configurazione organizzativa “aperta” da parte di queste ultime sono solo alcuni dei caratteri distintivi che la letteratura italiana ha associato alla

Public Governance (Meneguzzo, 1995). In questa prospettiva, è possibile evidenziare

agevolmente le peculiarità che caratterizzano quest’ultima rispetto al precedente modello di gestione del settore pubblico, cui è tipicamente attribuito l’appellativo di government (Jordan, Wurzel, & Zito, 2005).

La governance sconfessa il postulato secondo cui compito prioritario degli enti pubblici sia quello di “dirigere”, attraverso un approccio verticistico, l’apparato amministrativo; essa afferma, piuttosto, che l’intento primario della pubblica amministrazione debba essere individuato nella creazione di consenso attorno alle scelte intraprese (Borgonovi, 2002), creando le opportune condizioni e gli adeguati incentivi affinché tutte le entità coinvolte all’interno del suo sistema istituzionale di riferimento compiano decisioni che siano in linea con gli indirizzi formulati in sede di policy making (Rebora, 1999). In questi termini, gli attributi del poli-centrismo e della poli-razionalità, la valorizzazione della dimensione inter-organizzativa e l’attenzione ai valori sociali ed extra- economici sintetizzano efficacemente i tratti distintivi della Public Governance (Adinolfi, 2005).

L’amministrazione pubblica si propone come uno dei numerosi attori coinvolti nelle attività di creazione del valore pubblico: essa non dispone né della possibilità né degli strumenti per governare in maniera gerarchica, sulla base di criteri di gestione universali, le dinamiche sociali, economiche e ambientali del suo contesto di riferimento. In questa prospettiva, l’organo di governo pubblico è chiamato a puntare sulle relazioni inter- istituzionali e inter-organizzative nel perseguimento dei propri fini istituzionali, allo scopo di promuovere l’implementazione di interventi che siano quanto più efficaci, tempestivi e coerenti possibile rispetto alle eterogenee e mutevoli aspettative della collettività.

In linea con quanto argomentato nel paragrafo precedente, le logiche di governo del sistema sanitario manifestano una significativa tensione verso un approccio di Public

Governance, soprattutto in considerazione dei risultati poco lusinghieri che il tentativo di

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Management, ha generato all’indomani delle riforme managerialiste degli anni novanta.

Gli organi di governo centrale sono gradualmente svuotati delle loro competenze operative, acquisendo un ruolo di senior partnership: essi non intervengono, quanto meno non in maniera diretta, sulle scelte strategiche e sulle leve gestionali delle aziende e delle organizzazioni sanitarie, limitandosi a dettare i principi e le linee guida cui queste ultime sono tenute ad attenersi.

Invero, l’attore centrale adempie a funzioni di coordinamento del sistema socio- sanitario nazionale, in primo luogo attraverso la definizione dei livelli essenziali di assistenza da garantire alla popolazione servita; in termini generali, esso persegue l’obiettivo di garantire a tutti i cittadini condizioni di equità, qualità, efficienza e trasparenza nell’accesso al sistema di assistenza, promuovendo l’attenuazione delle disuguaglianze territoriali. A tal pro, questi si interfaccia costantemente con le Regioni e con le Aziende Sanitarie Locali, nell’intento di valutare oggettivamente le condizioni delle singole realtà territoriali, di evidenziare le disomogeneità e le iniquità presenti tra queste ultime, di promuovere azioni correttive e migliorative del funzionamento del sistema socio-sanitario nazionale, nonché di tracciare le linee di innovazione e cambiamento allo scopo di stimolarne l’efficacia e l’efficienza26.

All’ente regionale spetta un ruolo di meta-governance del sistema socio-sanitario (Peters, 2010): esso assume la responsabilità di indirizzare e supportare gli attori che agiscono a livello locale, coordinando un sub-sistema sanitario indipendente, che opera in un rapporto di “quasi competizione” con le altre realtà di pari livello. Ne consegue la graduale emersione di un articolato sistema di offerta che, nel suo complesso, dovrebbe essere in grado di rispondere agli eterogenei bisogni della collettività di riferimento, garantendo un livello minimo ed essenziale di assistenza a tutti i membri della popolazione servita, in assenza di discriminazioni. L’amministrazione regionale, in questi termini, assolve prevalentemente a funzioni di garanzia, proponendosi di salvaguardare l’efficace, efficiente ed equo funzionamento del sistema sanitario regionale. Tale compito si rivela particolarmente importante, in considerazione del maggior ricorso a formule di collaborazione con organizzazioni che appartengono al settore privato: se, da un lato, l’istituzione di partnership di tipo misto potrebbe determinare una perdita in termini di democraticità nelle dinamiche di governo della salute, dall’altro, il riconoscimento di un

26 Tali obiettivi possono essere desunti dalle informazioni contenute nel sito web istituzionale del Ministero della Salute (http://www.salute.gov.it/ministero/sezMinistero.jsp?label=fin); l’ultimo accesso è stato effettuato il 9 settembre 2011).

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ruolo di garanzia e di indirizzo strategico alla Regione attenua tale criticità, in ragione della sua natura di ente rappresentativo della collettività di riferimento27.

La responsabilità di gestione del sistema socio-sanitario è completamente delegata a livello territoriale, vale a dire ai soggetti che operano a diretto contatto con l’utenza: sono le Aziende Sanitarie Locali (ASL), infatti, a svolgere le funzioni di programmazione, organizzazione e gestione delle attività finalizzate al buon andamento del sistema di assistenza alla persona, nel rispetto degli indirizzi strategici dettati dalla Regione di appartenenza e delle linee guida formulate dal Ministero della Salute. Le ASL, in particolare, hanno il compito di coordinare gli attori – sia pubblici che privati – inseriti nel sistema di erogazione dei servizi; esse, in aggiunta, sono parzialmente coinvolte nell’erogazione dei servizi di assistenza a favore della collettività, con il precipuo compito di canalizzare gli sforzi profusi dagli altri attori che fanno parte del sistema socio-sanitario territoriale verso i migliori risultati possibili sotto il profilo sanitario, economico e sociale.

Le ASL esercitano la loro funzione di indirizzo principalmente nei confronti dei distretti, loro diramazioni interne, cui è conferita una responsabilità territorialmente definita. Essi si occupano delle attività basilari di promozione e tutela della salute a favore dei residenti nella propria circoscrizione territoriale di competenza28; a tal fine, dispongono di una propria capacità produttiva, partecipando direttamente all’erogazione dei servizi. Ovviamente, i distretti possono operare in un’ottica di rete, allacciando relazioni e interagendo con le altre organizzazioni sanitarie presenti sul territorio, in accordo alle indicazioni e alle direttive emanate dall’azienda sanitaria locale di riferimento.

27 Le funzioni principali attribuite dalla letteratura (Bell & Hindmoor, 2009) agli organi di metagovernance sono l’indirizzo strategico (steering), la garanzia di efficacia (effectiveness), l’allocazione delle risorse (resources), il rispetto del principio di democraticità (democracy), la rendicontazione a terzi dell’attività complessiva del sistema (accountability) e la tutela della legittimità (legitimacy).

28 Le aziende sanitarie possono adottare diversi modelli organizzativi e gestionali, in accordo alle linee guida e alla regolamentazione dettata dalla Regione di riferimento; in particolare, è possibile prospettare tre diversi approcci di gestione: il modello dell’azienda “erogatrice” prevede l’assunzione di compiti di produzione diretta di servizi da parte dell’ASL, la quale tende a creare un sistema interno di offerta autonomo e non dipendente da attori esterni; il modello dell’azienda “pagatrice” è diametralmente opposto al primo: l’ASL adempie esclusivamente a funzioni di committenza e non si impegna nelle attività di gestione ed erogazione di servizi. Infine, l’azienda “sponsor” si colloca a metà strada tra le due soluzioni precedenti: l’ASL coordina un ampio network interorganizzativo, che coinvolge sia partner pubblici che privati; questi ultimi concorrono nella configurazione di un sistema di offerta in grado di rispondere efficacemente ai bisogni di assistenza espressi dalla collettività.

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Tanto le ASL quanto i distretti operano in un regime di contestuale competizione e cooperazione, definito dalla letteratura di “coopetizione” (Mascia, 2009). Da un lato, essi sono incentivati a massimizzare la propria efficienza ed efficacia, in quanto i finanziamenti sono associati all’appropriata prestazione dei servizi di assistenza alla persona: un eventuale utente insoddisfatto, che maturi l’intenzione di rivolgersi a una struttura diversa rispetto a quella di appartenenza, porterebbe con sé le risorse associate alla prestazione richiesta, distogliendo queste ultime dall’azienda di afferenza. In questa prospettiva, nell’intento di accrescere la propria capacità erogativa, le articolazioni territoriali del sistema sanitario sono incentivate a stringere rapporti di cooperazione e collaborazione, aderendo ad una logica di network nella produzione dei servizi sanitari: in tal modo, esse hanno la possibilità di sfruttare i vantaggi derivanti dalla specializzazione, evitando ridondanze o duplicazioni, minimizzando i costi di struttura e sviluppando una capacità di risposta tanto articolata quanto tempestiva nei confronti delle specifiche esigenze dell’utenza.

Il lavoro in rete consente alle aziende partner di conseguire consistenti vantaggi, sintetizzati dalla dottrina nella possibilità di scambiare dati e informazioni utili al miglioramento continuo della qualità dei servizi, di condividere risorse e, infine, di pervenire a condizioni di adeguato governo della domanda, riducendo i rischi di inappropriatezza che derivano dalla frammentazione dell’offerta e dalla duplicazione delle strutture a disposizione (Provan & Milward, 1995)29. La collaborazione, inoltre,

rappresenta un volano per l’apprendimento organizzativo, in quanto costituisce una piattaforma a partire dalla quale è possibile avviare processi di fertilizzazione incrociata delle conoscenze e delle competenze sedimentate in seno alle singole organizzazioni

partner.

L’interazione, dunque, favorisce la generazione di nuove fonti di vantaggio competitivo, su cui incentrare le future strategie organizzative. Il coinvolgimento degli attori privati in tali rapporti di collaborazione amplia il sentiero di apprendimento organizzativo: essi, infatti, sono portatori di prospettive aliene rispetto a quelle radicatesi in ambito pubblico, le quali consentono di generare le energie necessarie a rompere gli approcci organizzativi e gestionali tradizionali dietro cui le organizzazioni pubbliche tendono a trincerarsi, malgrado l’inadeguatezza di questi ultimi a rispondere alle rinnovate esigenze della collettività.

29 La letteratura ha fornito numerosissimi contributi con riferimento al concetto di rete; tra essi, si ritiene utile rinviare, ai fini del presente lavoro, agli articoli di Head (2008) e di Mandell, et al. (2008).

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Con specifico riferimento ai rapporti collaborativi, è opportuno precisare che il distretto non rappresenta semplicemente il contesto all’interno del quale è possibile promuovere la nascita e lo sviluppo di relazioni inter-organizzative tra le diverse entità che concorrono alle attività di assistenza sanitaria; esso costituisce, allo stesso tempo, l’ambito ottimale per il governo integrato dei determinanti della salute. Non è un caso se l’integrazione socio-sanitaria trova il suo ideale ambito di implementazione proprio a livello distrettuale, in una prospettiva di ricomposizione degli interventi mirati al miglioramento delle condizioni di buona salute della persona.

Nel prosieguo, l’attenzione sarà concentrata sulle caratteristiche discriminanti dell’integrazione socio-sanitaria, intesa come una particolare formula di relazione inter- organizzativa che lega reciprocamente le organizzazioni che operano al servizio della tutela e della promozione della salute, afferendo nella maggior parte dei casi a sfere istituzionali, professionali e culturali distanti tra di loro. Nell’intento di impostare un

framework teorico che sostenga la trattazione dell’oggetto della presente ricerca, nel

prossimo capitolo si propone una review della letteratura internazionale in materia di relazioni inter-organizzative (inter-organizational relationships – IOR – ricorrendo alla loro denominazione anglosassone): in particolare, si tenterà di pervenire a una puntuale descrizione di queste ultime sotto il profilo concettuale, per poi giungere all’identificazione dei fattori che concorrono alla loro nascita e al loro sviluppo.

Il framework teorico in tal modo costruito sarà utilizzato per pervenire a una migliore comprensione delle caratteristiche di fondo dell’integrazione socio-sanitaria, nonché per formulare ipotesi sugli aspetti strutturali, organizzativi e operativi interpretabili quali fattori agevolanti od ostativi al radicamento di relazioni simbiotiche tra le organizzazioni coinvolte – sia in ambito sanitario che sociale – nelle attività di tutela e promozione della salute. Nella parte conclusiva del lavoro di tesi, il caso dei budget di salute sarà impiegato quale approccio empirico per la traduzione in implicazioni pratiche delle argomentazioni teoriche esposte nel corpo della tesi: tale esperienza, in particolare, sarà indagata alla luce degli approcci più comuni in ambito europeo per l’implementazione dell’integrazione socio-sanitaria, generando utili spunti sia per il dibattito accademico che per ulteriori sviluppi futuri.