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Il viaggio e la scrittura delle donne nella storia

2. VIAGGIATRICI E SCRITTRICI

2.1. Il viaggio e la scrittura delle donne nella storia

2. VIAGGIATRICI E SCRITTRICI

La Nizzoli, la Belgiojoso, la Serao e la Vivanti sono state delle donne straordinarie per la grande forza d’animo e il coraggio attraverso cui sono riuscite ad emergere in un panorama culturale e intellettuale dominato, alla loro epoca, quasi esclusivamente dalla presenza maschile. Costrette a confrontarsi quotidianamente con una società dalla mentalità fortemente conservatrice che guardava con diffidenza e ostilità a qualsiasi tentativo di emancipazione compiuto dalle donne, esse non solo riuscirono ad affermarsi come scrittrici e a godere, con il loro lavoro, di una relativa indipendenza economica, ma, chi per scelta e chi perché costretta dalle circostanze esterne e familiari, furono anche delle grandi viaggiatrici.

2.1. Il viaggio e la scrittura delle donne nella storia

In principio il viaggio era una prerogativa prettamente maschile, poiché era diffusa l’idea secondo cui solo gli spiriti forti e coraggiosi degli uomini avrebbero saputo affrontare tutti i rischi e i pericoli connessi al viaggio. Erano loro infatti a spostarsi e allontanarsi dalla loro terra per i più svariati motivi: per andare a combattere in guerra; per superare delle prove iniziatiche; per procacciarsi il cibo cacciando, spesso lottando in difesa del proprio territorio di caccia. Nell’epica antica il viaggio coincideva con quello dell’eroe ed era imposto dall’esterno, dagli dei o dal fato; l’eroe non poteva sottrarsi ed era destinato ad affrontare molte prove faticose e pericolose, prima di fare ritorno in patria.

Al contrario, da sempre, le donne erano considerate inadatte a viaggiare per le loro caratteristiche psicofisiche; esse dovevano restare a casa ad aspettare i propri mariti lontani e impegnati in qualche ardua impresa. Fin dall’antichità infatti a loro veniva attribuito il ruolo di angelo del focolare: esse cioè dovevano essere delle mogli buone e fedeli, delle madri di famiglia capaci di educare i figli nel migliore dei modi, trasmettendo loro i più onesti ideali e valori, di prendersi cura della casa e assolvere a tutte le mansioni domestiche. Per tale motivo, un loro eventuale

24 allontanamento da casa, per lavorare o per viaggiare in autonomia, si configurava come incompatibile con quei ruoli tradizionalmente affidati alle donne.

L’unico viaggio consentito al sesso femminile era quello di nozze, che ne prevedeva lo spostamento dalla casa paterna a quella del marito. Gli altri viaggi intrapresi da loro, al seguito di altri uomini, le vedevano invece prigioniere di guerra oppure fuggitive per amore; nel primo caso queste donne, essendo bottino di guerra, erano fatalmente destinate a diventare schiave del padrone, costrette a giacere nel letto con lui e a partorirne i figli; nel secondo caso, al contrario, il viaggio era frutto di una scelta volontaria fatta per inseguire l’uomo che amavano (la mitologia è piena di queste storie: si ricordino ad esempio le leggendarie vicende di Elena e Paride, di Medea e Giasone, o di Arianna e Teseo)1.

In epoca rinascimentale, grazie soprattutto alle migliorie apportate ai mezzi di trasporto che facilitarono notevolmente gli spostamenti e la comunicazione tra le diverse parti del mondo, il viaggio venne ad assumere delle connotazioni diverse: si iniziò a viaggiare non più solo per dovere ma anche per piacere; per soddisfare la propria sete di sapere; per scoprire, esplorare e studiare luoghi nuovi, ignoti, inesplorati e sconosciuti, da un punto di vista geografico, ma anche antropologico ed etnografico; per compiere un pellegrinaggio in Terrasanta; per commerciare. Il viaggio iniziò quindi a diventare lo strumento per eccellenza attraverso cui l’uomo poteva ridefinire meglio se stesso e la propria identità, entrando in contatto con culture e contesti diversi dai propri e instaurando un confronto con tali nuove realtà.

Inoltre, dal XVII secolo esso assumerà un ruolo centrale nel processo di educazione e formazione culturale dei giovani rampolli delle famiglie borghesi e altolocate: tappe obbligate per il loro definitivo passaggio all’età adulta e il completamento del percorso di studi erano infatti il Grand Tour dell’Italia e dell’Europa, e la peregrinatio accademica, la quale prevedeva la visita ai maggiori centri del sapere, specialmente Parigi e Bologna. Questi giovani venivano inoltre

1

Sul tema del viaggio delle donne nella storia, cfr. Dinora Corsi (a cura di), Altrove. Viaggi di donne

25 accompagnati, durante l’intero percorso, da un precettore esperto della lingua e del paese da visitare2.

Ben presto però, a partire dal Settecento, questo desiderio di viaggiare e di istruirsi iniziò a serpeggiare anche tra le donne, le quali rivendicarono per sé una maggiore libertà di movimento e di autonomia. Luisa Ricaldone sottolinea il fatto che, mentre nel Settecento le viaggiatrici, rare e per lo più aristocratiche, si spostavano all’interno dell’Italia o al massimo raggiungevano le principali città dell’Europa, a partire dalla metà dell’Ottocento invece, con sempre maggiore frequenza, le italiane iniziarono a muoversi verso le più svariate mete, tra cui anche l’Oriente3.

I motivi che le spingevano a spostarsi erano diversi: alcune viaggiavano per scelta e per piacere; qualcheduna invece per seguire la famiglia (e questo è il caso di Amalia Nizzoli); qualcun’altra per motivi politici (Cristina Trivulzio di Belgiojoso fu difatti più volte costretta all’esilio e a fuggire dall’Italia per le sue idee politiche); altre per compiere un pellegrinaggio in Terrasanta, come quello compiuto da Matilde Serao; altre ancora per motivi professionali o per cercare un lavoro.

Per di più, alcune di loro decisero anche di affidare alla pagina scritta il racconto delle loro esperienze di viaggio, come nel caso delle quattro scrittrici prese in esame, attraverso lettere private agli amici oppure diari. Tuttavia, la letteratura di viaggio al femminile, meno cospicua rispetto a quella maschile ma comunque non trascurabile, non destò particolare interesse presso gli studiosi e gli intellettuali, non perché non ci fossero donne che viaggiavano e scrivevano, bensì perché le loro opere venivano considerate marginali e non degne di nota.

Fortunatamente, negli ultimi anni, anche alle viaggiatrici italiane viene riservato uno spazio nell’ambito degli studi sulla letteratura odeporica.

Relativamente alla scrittura di donne tra Ottocento e Novecento, sono degni di nota gli studi di Mirella Scriboni e di Ricciarda Ricorda, quest’ultima docente di

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Cfr. Ricciarda Ricorda, La letteratura di viaggio in Italia. Dal Settecento a oggi, Brescia, La Scuola, 2012.

3

Luisa Ricaldone, Uscire dall’Occidente. Donne e harem nelle esperienze di viaggio di Amalia Nizzoli,

26 Letteratura italiana contemporanea presso l’università “Ca’ Foscari” di Venezia, la quale ha sottolineato il fatto che, fino ad oggi, «gli scritti delle nostrane voyageuses sono stati piuttosto trascurati», e questo «le ha quasi private di visibilità»; da qui la necessità e «l’esigenza di riproporre all’attenzione testi nascosti e profili sbiaditisi negli anni»4, soprattutto tenendo conto del fatto che queste scrittrici, proprio in qualità di donne, ebbero l’opportunità di entrare nelle case delle donne orientali e di vivere realmente in quel mondo, sperimentandone in prima persona quelle dinamiche domestiche e quotidiane, precluse ai visitatori maschi. È chiara ed evidente quindi l’importanza delle scritture di viaggio di mano femminile, «scritture capaci di far acquisire aspetti nuovi e inediti dei luoghi visitati e comunque sempre portatrici di un’ottica non sovrapponibile a quella maschile»5

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Le Memorie della Nizzoli e Vita intima e vita nomade in Oriente della Belgiojoso sono le prime due opere di autrici italiane ad offrirci una testimonianza al femminile sul viaggio in Oriente e uno spaccato sulla realtà geografica di quei luoghi e sulla popolazione lì residente.

4

Ricciarda Ricorda, Viaggiatrici italiane tra Settecento e Ottocento, Dall’Adriatico all’altrove, Bari, Palomar, 2011, p. 57.

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