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3. IL MERCATO DEL VINO IN VENETO

3.2. La viticoltura biologica in Veneto

3.2.1. Le superfici e le aziende di vino biologico

Le superfici vitate biologiche del Veneto sono aumentate del 231% in dieci anni, passando da 1.428 ettari nel 2008 a 4.728 ettari nel 201752, con un’incidenza del 6% rispetto alla superficie vitata totale veneta e del 4,5% rispetto a quella nazionale.

Con questi numeri il Veneto si colloca al quinto posto in Italia per superfici vitate, ma rimane ancora distante rispetto alle prime tre regioni italiane (Sicilia, Puglia e Toscana). Per quanto riguarda le quantità di uva raccolte, nel 2017 l’Avepa, l’Agenzia Veneta per i Pagamenti in Agricoltura, ha stimato 787.743 quintali raccolti, la maggior parte dei quali provenienti dalle province di Verona e Treviso, come mostrano i dati nella Tabella 3.2.

Tab. 3.2: Superficie vitata, quantità di uva raccolta e numero di aziende del vino biologico in Veneto nel 2017

Fonte: dati Avepa, 2017

Anche nella provincia di Venezia i quantitativi raccolti sono stati positivi, mentre Belluno e Rovigo sono risultate le province peggiori sia in termini di superfici vitate sia in termini di quantità raccolte.

52 Pietromarchi A., FIRAB, Veneto bio, un successo a cominciare dal vino: +231% in dieci anni!. Territori

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Infatti, secondo i dati dell’Avepa, nella provincia di Belluno ci sono 4 aziende nel comparto del vino biologico, mentre in quella di Rovigo sono 11.

Nel complesso le aziende che producono vino biologico in Veneto nel 2017 sono risultate 739, e più della metà si trovano nelle province di Verona e Treviso.

3.2.2. La SWOT Analysis del settore: l’indagine di Veneto Agricoltura53

Visto l’importante sviluppo che sta vivendo il settore vitivinicolo biologico, nel 2018 Veneto Agricoltura, in collaborazione con AVEPA e la Regione Veneto, ha svolto un’indagine utilizzando la metodologia della SWOT Analysis, che ha permesso di individuare quali sono i punti di forza (Strenghts), i punti di debolezza (Weaknesses), le opportunità (Opportunities) e le minacce (Threats) che caratterizzano il comparto vitivinicolo biologico veneto. Il punto di vista è quello degli operatori del settore, suddivisi tra produttori di uva biologica e trasformatori, quindi produttori di vino. La ricerca è stata svolta somministrando dei questionari ad un campione di 263 aziende venete composte da produttori per il 73% e da trasformatori per il restante 27%.

Partendo dai punti di forza, i risultati hanno mostrato che più della metà dei produttori di uva ha considerato il minor impatto ambientale un fattore vincente rispetto al metodo convenzionale. Oltre a ciò, la viticoltura biologica favorisce il mantenimento della biodiversità e garantisce ai coltivatori migliori condizioni lavorative. Anche i trasformatori hanno confermato queste osservazioni, ritenendo che il metodo biologico sia garanzia di un prodotto più sano, ecosostenibile e in grado di cogliere le esigenze salutistiche dei consumatori.

Tuttavia gli attori del settore vitivinicolo veneto hanno riscontrato anche dei punti di debolezza: più della metà dei produttori ha sottolineato la necessità di avere più forza lavoro ed una maggior professionalità per ottenere risultati migliori, mentre una quota superiore al 30% ha evidenziato l’eccessiva burocrazia legata al rispetto del disciplinare di produzione.

Gli altri punti critici riguardano la scarsità di competenze tecniche e la mancanza di assistenza specialistica.

53 Veneto Agricoltura, in collaborazione con AVEPA e Regione Veneto, Il vino biologico in Veneto. Aprile

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Riguardo a quest’ultimo aspetto, dall’analisi è emerso che le aziende di dimensioni maggiori e che hanno scelto la strada della certificazione biologica da più tempo hanno maggiori competenze interne e sono più autonome, mentre le piccole aziende e quelle che hanno adottato da poco la certificazione hanno bisogno di un maggior supporto esterno.

Un altro aspetto che può creare delle difficoltà non solo ai produttori veneti, ma in generale a tutti gli attori che operano nel comparto biologico nazionale ed internazionale riguarda le rese inferiori ottenute con il metodo biologico e la complessa legislazione a cui i viticoltori devono far fronte.

Per quanto riguarda i trasformatori, circa il 60% ritiene che l’ostacolo principale sia la mancanza di consapevolezza dei consumatori, in quanto poco informati sul valore aggiunto della produzione biologica.

Gli altri punti deboli rilevati dai trasformatori concernono la scarsità di prodotto commercializzabile, che si lega alle basse rese lamentate dai produttori, e i prezzi del vino troppo elevati se confrontati con le qualità organolettiche percepite dai consumatori. Tuttavia il 95% dei produttori continua a sostenere la propria scelta e si dimostra favorevole ad investire in questo settore nei prossimi anni. Infatti quasi la metà degli intervistati ha affermato che se ne avesse la possibilità aumenterebbe l’estensione dei vigneti biologici.

Inoltre, una buona parte degli investimenti sarebbero destinati all’acquisto di attrezzature per la gestione dei vigneti in modo da migliorare la qualità dei vini e aumentare la produttività, mentre altri sarebbero dedicati alla coltivazione di nuove varietà per far fronte alle diverse richieste dei consumatori.

Anche i trasformatori si sono dimostrati favorevoli ad investire nella viticoltura biologica nei prossimi anni e come i produttori ritengono che l’acquisto di nuovi macchinari per le loro cantine possa migliorare la produttività. A questi investimenti però dev’essere affiancata la presenza di nuova forza lavoro e una maggior formazione professionale, al fine di sfruttare al meglio le attrezzature acquisite.

Più della metà dei trasformatori ritiene importante aumentare gli investimenti anche nell’area Marketing e Comunicazione sia per migliorare la visibilità dell’azienda e dei propri prodotti in un mercato in evoluzione e sempre più competitivo, sia per far conoscere ai consumatori le pratiche e i benefici della produzione biologica.

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Data la maggior richiesta di vino biologico proveniente da altri Paesi, anche le esportazioni diventano delle ottime opportunità di crescita per le aziende venete; infatti l’indagine mostra che non tutte esportano i propri vini all’estero e tra quelle che lo fanno i volumi sono ancora bassi, meno del 20% delle vendite complessive.

I mercati più attraenti per gli operatori intervistati sono risultati gli Stati Uniti, il Canada e la Germania.

Oltre alle opportunità, vi sono anche delle minacce che preoccupano i produttori del Veneto, prima fra tutte la mancanza di investimenti nell’ambito della ricerca e dello sviluppo in quanto il settore vitivinicolo biologico è ritenuto ancora marginale e quindi poco remunerativo. Inoltre più della metà ha sottolineato la mancanza di nuove tecniche di difesa e di una soluzione per ridurre l’utilizzo del rame e dello zolfo. Secondo alcuni produttori anche i cambiamenti climatici che si stanno verificando a livello globale potrebbero richiedere nuovi adattamenti.

I trasformatori ritengono che una delle principali minacce sia l’eccessiva e complessa burocrazia necessaria per la commercializzazione del vino biologico all’estero, oltre alla presenza di dazi e dogane che influiscono sui costi sostenuti dalle aziende.

Questi elementi pesano maggiormente sulle aziende di piccole dimensioni, le quali commercializzano quantità minori, hanno meno personale che si occupa della gestione dell’azienda e dispongono di limitate risorse finanziarie per aumentare la propria notorietà ed espandersi nei mercati più grandi e competitivi.

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