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2 Lo scandalo politico

2.1 Watergate

Sul caso Watergate, l’opera più approfondita è sicuramente quella di Stanley Kutler, The Wars of Watergate, libro in cui possiamo trovare sia aspetti personali legati alla figura di Richard Nixon che una ricostruzione accurata dei fatti avvenuti intorno all’ex presidente dal 1972 al 197466. Il Water- gate rappresenta tutt’oggi un importante precedente in materia di scandali, vista la consuetudine ormai generalmente accettata da giornalisti e anche storici di accompagnare il nome di ogni caso scandalistico, o minimamente sensazionalistico, con il suffisso –gate. Su Wikipedia è disponibile un’intera pagina ricca di questi nuovi neologismi67 nonostante di per sé questa particella non abbia alcun significato accostata ad altre parole come Sex-gate o Data-gate. Eppure ognuno di questi

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Kutler, Stanley I. The Wars of Watergate. The last crisis of Richard Nixon, New York - Londra: W.W. Norton & Company, Marzo 1992. Si veda per un approfondimento, oltre alla memorialistica dei testimoni, anche il materiale ri- lasciato dal Federal Bureau of Investigation: FBI Records: Watergate, The Vault, in https://vault.fbi.gov/watergate/, 7 Novembre 2014 (consultato il 21/11/2015).

67 Wikipedia, List of scandals with "-gate" suffix, in https://en.wikipedia.org/wiki/List_of_scandals_with_"-

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fatti fa riferimento ad uno scandalo che a sua volta curiosamente prende nome da un'altra parola di poco valore, un luogo banalissimo come un hotel a cui la storia ha voluto imprimere l’immagine di un evento cruciale per la politica americana. Il Watergate Complex è infatti il complesso edilizio che ospita tutt’oggi il famoso Watergate Hotel, all’interno del quale la notte del 17 giugno 1972 un gruppo di cinque uomini ben vestiti, per la maggior parte di origine cubana, decise di infiltrarsi di soppiatto. Lo scopo degli effrattori era quello di raggiungere gli uffici del sesto piano dell’hotel, dove al tempo era ospitato il quartier generale del Democratic National Committee (DNC), e collo- care delle microspie sotto alcuni apparecchi telefonici. Tale azione bastò ad incuriosire una guardia della sicurezza, allertata per aver trovato socchiusa la porta che dava ai garage dell’hotel e del na- stro adesivo attaccato allo stipite per impedirne la chiusura. L’uomo, Frank Willis, ricordato per aver vestito i panni di se stesso del noto film All the President's Men, pensò in un primo momento che il nastro fosse stato lasciato dalla ditta delle pulizie e quindi lo tolse senza farsi problemi. Pochi minuti dopo ritrovò la porta accostata e del nuovo nastro incollato, quindi decise di chiamare la polizia. In poche ore furono arrestati i cinque responsabili dell’effrazione, noti come Bernard Bar- ker, Virgilio González, Eugenio Martínez, James W. McCord Jr. e Frank Sturgis. Durante la perquisi- zione, gli agenti trovarono nelle rubriche di Barker e Martínez il numero di un consulente della Ca- sa Bianca, E. Howard Hunt, già conosciuto altrove per aver sovrinteso alla squadra cosiddetta dei plumbers. Questa un’unità speciale di investigazione era stata incaricata dalla Casa Bianca per bloccare qualsiasi tentativo della stampa di far trapelare notizie ritenute scomode all’amministrazione. Mansione che si era resa necessaria dopo l’episodio catastrofico dei Pentagon Papers, quando Daniel Ellsberg riuscì a fotocopiare documenti segreti che riguardavano la guerra in Vietnam e a farli pubblicare dal New York Times.

Nel caso del Watergate, i plumbers stavano cercando un modo per monitorare e nel caso neutra- lizzare qualsiasi movimento antagonista contro la guerra e contro il governo che avesse radici sia fuori che all’interno del partito democratico. L’errore del Watergate costò ad Hunt e al suo collega, G. Gordon Liddy, l’incriminazione il 15 settembre. Da quel momento in poi Nixon e i suoi collabo- ratori decisero che la miglior strategia da attuare fosse quella dell’insabbiamento delle prove. No- nostante questo, ad una settimana dal processo, Il Washington Post cominciò ad indagare sulla vi- cenda e grazie all’operato dei reporter Bob Woodward e Carl Bernstein ne nacque una vera e pro- pria inchiesta.

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Il ruolo della stampa in questo episodio risulta evidentemente in contrasto con la politica. Ciò che aveva iniziato il New York Times con Ellsberg, adesso veniva portato avanti da Woodward e Bern- stein, giornalisti di poco conto al tempo che si trovarono ad affrontare un complotto ben più gran- de di quel che avrebbero potuto immaginare all’inizio. L’insabbiamento delle prove lasciava desu- mere quanto dovesse essere rilevante la vicenda agli occhi della Casa Bianca, di contro canto rese il lavoro dei due giornalisti difficoltoso e in certi casi discutibile. L’inchiesta del Washington Post si sviluppò intorno a diverse fonti anonime, tra cui “Gola Profonda”, un ex agente dell’FBI che si era reso disponibile ad aiutare Woodward nelle indagini ma non a rivelargli il suo vero nome. Solo nel 2005 la rivista Vanity Fair rese pubblica l’identità dell’informatore segreto, ovvero Mark Felt, ex di- rettore associato dell’FBI, rivelazione confermata poi anche da Woodward68. Fatto sta, che questa metodologia di non rivelare le fonti venne aspramente criticata dalle altre testate giornalistiche e gettò in cattiva luce sia i reporter del Washington Post che Benjamin Bradlee, il direttore esecuti- vo. Questa ragione fu forse il motivo per cui l’inchiesta non servì ad alimentare la discussione pub- blica intorno alla figura di Richard Nixon, nonostante gli articoli denunciassero chiaramente il pre- sidente di aver tentato di sabotare i suoi avversari politici in vista delle elezioni imminenti.

Secondo il sondaggio Gallup, a inizio ottobre del 1972 il 52% della popolazione sapeva dei fatti del Watergate, ma di questi l’80% non credeva che la vicenda costituisse un motivo per cui non votare Nixon e il suo partito. Possiamo inoltre osservare grazie al grafico del nostro progetto, che a un mese dalle rivelazioni del Washington Post, l’Approval Rate del presidente si aggirava intorno al 60% e crebbe fino al 7 novembre 1972, data in cui vinse le elezioni per il suo secondo mandato presidenziale. Escludendo una breve oscillazione intorno a gennaio, Nixon raggiunse l’apice del gradimento nei suoi confronti (66%) il 23 febbraio 1973, sempre fonte Gallup. Nel frattempo uno dei cinque effrattori, McCord, venne condannato dal giudice John Sirica, divenuto famoso per aver sovrinteso alla maggior parte delle sentenze del Watergate; Patrick Gray, allora facente funzione di direttore dell’FBI, ammise che un collaboratore stretto di Nixon, John Dean, aveva voluto essere coinvolto personalmente nelle indagini; John D. Ehrlichman, consigliere per la politica interna e sovrintendente ai lavori dei plumbers, si dimise lasciando il posto ad Archibald Cox, un procuratore vicino ai democratici. In tutto questo, Nixon negò sempre l’evidenza. È curioso osservare come lo

68 Bob Woodward, The Secret Man: The Story of Watergate's Deep Throat, New York: Simon & Schuster, 2005, pp

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scandalo vero e proprio sia esploso solo ad un anno da questi fatti. Il Washington Post pubblicò in prima pagina tutti gli aggiornamenti del caso fino alle elezioni, eppure come abbiamo visto non ostacolò Nixon dal conquistare la maggioranza dei voti, ovvero ben il 60,7% del consenso popola- re.

McCord era anche membro del Committee to Re-Elect the President (noto agli avversari con l’acronimo Creep: avanzare strisciando), la condanna lo convinse a rivelare a Sirica che alte perso- nalità politiche stavano facendo pressione affinché tenesse la bocca chiusa69. La sua speranza era che il giudice potesse ridurgli la pena.

La testimonianza dette nuova energia al processo, il quale culminò con la condanna dei diretti re- sponsabili dell’effrazione e l’istituzione di un comitato d’inchiesta sul caso Watergate diretto dal senatore democratico Sam J. Ervin. La pista che Ervin decise di seguire era la stessa che i due gior- nalisti del Washington Post avevano già intrapreso grazie alle preziose istruzioni di Gola Profonda, ovvero la pista del denaro. Il libro di Bob Woodward, Follow the money, ripercorre infatti tutti i passaggi dell’indagine condotta con Bernstein tramite la quale arrivarono ad analizzare gli assegni e lo scambio di denaro avvenuto tra i membri della Casa Bianca e il gruppo dei plumbers. Si parla infatti di cifre esorbitanti destinate sia a Gordon Liddy che Howard Hunt, ricavate dai fondi previsti per la campagna di rielezione del presidente. Hugh Sloan, uomo chiave della vicenda nonché teso- riere del Creep, rivelò di essere a conoscenza del passaggio di denaro e di aver pagato personal- mente Gordon Liddy su ordine di Jeb Stuart Magruder, vice-direttore del Creep, e il Segretario del Commercio Maurice Stans. In una registrazione telefonica tra Nixon e John Dean si sente dire che l’ammontare di denaro necessario ad insabbiare le prove, e quindi anche a ripagare i plumbers per il loro silenzio, sarebbe stato pari ad almeno un milione di dollari70. Il coinvolgimento di Dean nell’inchiesta avverrà solo il 25 giugno del 1973. Per tutto questo tempo l’opinione pubblica non fu affatto sconvolta dai fatti del Watergate, nonostante i sondaggi Gallup dichiarassero che il 48% dei cittadini americani riteneva che Nixon fosse implicato nell’effrazione e che la stessa percentuale

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Stefano Luconi, La politica dello scandalo negli Stati Uniti, cit., p 32.

70 La storia siamo noi, Watergate - I segreti della Casa Bianca, in

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approvava comunque il suo operato da presidente71. È lecito domandarci a questo punto quali sono le ragioni per cui il giudizio dato alla vicenda, di fatto ritenuta dalla maggior parte non così scandalosa in un primo tempo, venne stravolto solo dopo l’Agosto del ’73, quando la fiducia nel presidente scese sotto l’asticella del 40%. Sembrerebbe che a determinare il cambio di rotta dell’opinione pubblica non sia stata tanto la notizia riportata a lettere cubitali da giornali e riviste, ma la televisione che si concentrò a parlare del caso particolarmente dopo la costituzione del co- mitato Ervin. Furono infatti le tre principali reti televisive americane, NBC, CBS e ABC a trasmettere in diretta tutte le sedute dell’inchiesta. Gli accorati appelli alla costituzione americana del senatore democratico Sam Ervin e suoi sberleffi derisori ai danni degli imputati entusiasmarono sia il pub- blico da casa che quello presente nelle sale del processo, ormai sempre più numeroso e interessa- to alla vicenda72. La deposizione di John Dean rappresenta forse l’acme di questo processo divenu- to ormai spettacolo televisivo. Egli confermò la responsabilità di Nixon e dei plumbers nell’insabbiamento delle indagini sul caso Watergate e inoltre rivelò importanti dettagli a proposi- to della campagna di sabotaggio ai danni di Ellsberg e degli avversari politici del partito democrati- co. Dean mise a conoscenza il comitato Ervin anche di alcuni suoi presentimenti che riguardavano il fatto che tutte le conversazioni avute col presidente fossero state registrate per proteggere la sua persona. L’esistenza di tali nastri suscitò sgomento sia nella commissione che ovviamente da parte di Nixon. Ad aggravare la situazione del presidente fu la deposizione di H. R. Haldeman, ex capo di gabinetto di Nixon, che con la sua debole difesa non riuscì a sostenere la teoria per cui Ni- xon aveva tutto il diritto di difendersi con ogni mezzo da individui ritenuti una minaccia per il Pae- se. Ehrlichman seguì la stessa strategia fallimentare. Clamorose sono le sue repliche impacciate dopo i ripetuti interventi del senatore Ervin nei quali viene sottolineata l’inesistenza di una clauso- la nella costituzione americana che garantisce al presidente poteri speciali per effettuare un furto con scasso.

La partecipazione all’inchiesta da parte del pubblico abbracciò gran parte del Paese ed è importan- te notare come in questo momento la fiducia in Nixon calò vistosamente fino a raggiungere minimi

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George H. Gallup, The Gallup Poll- Public Opinion, 1972-1977, Wilmington, Del., Scholarly Resources, 1978, p 118.

72 Ronald Garay, Congressional Television: A Legislative History, Westport, Connecticut: Greenwood Press, 1984, pp

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storici mai toccati da nessun presidente (22% il 2 febbraio 1974)73. Le sue azioni misero in crisi il giudizio di quelli che fino a poco tempo prima lo avevano supportato, passando dal 68% al 35% in un anno.

Tanto bastò per incoraggiare i membri della commissione nel chiedere al giudice Sirica l’autorità di prelevare i nastri delle registrazioni private del presidente. Nixon cercò in tutti i modi di evitare la consegna dei nastri, fino addirittura a ordinare la destituzione del procuratore speciale Archibald Cox. Tuttavia coloro che dovevano ottemperare ai suoi ordini, Elliott Richardson e poi il suo vice, si dimisero, scatenando un’enorme polemica che fu placata solo con il rilascio delle registrazioni da parte di Nixon. Come c’era da aspettarsi, la commissione appurò che dai nastri erano stati tagliati diciotto minuti e mezzo di una conversazione tra il presidente e Haldeman, avvenuta precisamente a distanza di tre giorni dall’effrazione del Watergate. Sfortunatamente per Nixon, il materiale con- sentì comunque agli inquirenti di provare l’implicazione del presidente nello scandalo.

Ognuna di queste azioni, forse compiute frettolosamente e senza criteri ponderati, aggravarono sempre di più la posizione di Nixon. Con i suoi ripetuti tentativi di ostacolo alla giustizia, era ormai chiaro che qualsiasi fosse il suo livello di colpevolezza, egli stava commettendo dei grossi sbagli po-

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Frank Newport, Nixon's Image Remains Negative 25 Years After Watergate, Gallup, 7 Agosto 1999 in http://www.gallup.com/poll/3670/nixons-image-remains-negative-years-after-watergate.aspx (consultato il 7/12/2015)

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litici e la sua cerchia di collaboratori alla Casa Bianca non era così tanto astuta e inattaccabile come si era fino ad allora supposto.

Il 24 luglio 1974 la Corte Suprema deliberò all’unanimità che tutte le cassette dovevano essere consegnate alla commissione d’inchiesta, si arrivò quindi a considerare l’effettiva possibilità da parte della Camera dei Rappresentanti di procedere con l’impeachment nei confronti del presiden- te con l’accusa di intralcio alla giustizia, abuso di potere e oltraggio al Congresso. Nixon ebbe il tempo di appurare che non avrebbe ottenuto la maggioranza dei voti per impedire il provvedi- mento, quindi decise di dare le dimissioni l’8 agosto del 1974.

Come abbiamo potuto constatare, il caso Watergate nacque e si sviluppò in seno alla politica di Nixon. Alcune interpretazioni, poco plausibili, attribuiscono allo scandalo una matrice complotti- stica, creata su misura dalla stampa o da qualche oppositore politico per destabilizzare e attenuare il potere di Richard Nixon. Stefano Luconi sottolinea come queste teorie rasentino la fantapolitica visto che ormai è appurata la responsabilità di Nixon nella vicenda, se non altro per quanto riguar- da l’insabbiamento delle prove. Eppure non possiamo ignorare come di fatto lo scandalo Waterga- te abbia causato la destituzione di un presidente grandemente favorito alle ultime elezioni e in- tralciato per quasi due anni del suo secondo mandato qualsiasi sua decisione politica. Il ruolo della stampa, come quello di Gola Profonda o della commissione Ervin, ha rappresentato sicuramente un anticorpo efficace all’interno della democrazia corrotta di quegli anni. Ma è anche vero che ha instaurato un meccanismo contorto tra media, giustizia e potere che ha rallentato l’attività di go- verno nel Paese e che diverrà da allora prassi nella lotta politica tra i partiti.

Nixon ammetterà i suoi errori solo più tardi, in una storica intervista rilasciata al conduttore televi- sivo David Frost il 7 maggio del 1977. Anche in questo episodio, la televisione ebbe la capacità di influenzare il giudizio dell’opinione pubblica sul ruolo di Nixon nella vicenda. Il primo piano dell’ex presidente, ormai messo all’angolo del ring dalle domande finali di David Frost, rivelano un dram- ma umano e interiore dell’uomo Nixon che non era possibile far emergere in un’inchiesta come quella di Woodward e Bernstein. Con la frase “Yes, I let the American people down. And I'll have to carry the burden the rest of my life” viene chiamato in causa un sentimento comune ad ogni citta-

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dino statunitense, che non può non avere ripercussioni gravi sul diretto interessato74. Una vergo- gna che ben è rappresentata dai sondaggi Gallup che, a distanza di trent’anni, testimoniano come quel “popolo Americano” non abbia mai dimenticato i fatti del Watergate e conservi un’opinione ancora negativa dell’ex presidente, considerandolo il peggiore che abbia mai risieduto alla Casa Bianca nella storia degli Stati Uniti d’America75.

Il Watergate è uno scandalo avvenuto all’interno di un preciso quadro politico, durante la guerra in Vietnam, in seguito ai bombardamenti in Cambogia e all’inasprirsi dei movimenti di protesta. Gli errori di Nixon furono errori politici, le colpe vennero e sono tuttora giudicate in modo grave dal popolo Americano perché furono colpe politiche che hanno minacciato direttamente la costituzio- ne americana e che senza l’intervista di Frost, non sarebbero mai state discusse in un processo. Fu infatti il successore di Nixon alla Casa Bianca, Gerald Ford ad impedire qualsiasi procedimento pe- nale nei suoi confronti concedendogli il perdono presidenziale. Prima dell’intervista, l’ex presiden- te aveva da sempre negato le sue colpe, facendo passare l’idea di aver agito correttamente nei confronti della nazione e che l’atto di spiare i suoi oppositori politici era una prassi già avviata e accettata dai suoi predecessori. L’impunità di queste azioni non aveva fatto altro che inasprire il malcontento nella popolazione ed estendere lo sdegno sia sulla politica, giudicata negativamente nel suo insieme, che ovviamente su Gerald Ford, responsabile di quell’epilogo contestato. Da que- sto momento in poi vedremo come la fiducia nelle istituzioni subirà una drastica discesa, inesora- bile anche se con deboli cenni di ripresa qua e là nel tempo. Al contrario, l’alternarsi di uomini di- versi alla presidenza influenzerà in modo completamente differente la fiducia nei loro confronti, superando talvolta record mai registrati, come nel caso di George W. Bush che ottenne ben il 92% sull’ Approval Rating all’indomani dell’11 settembre 200176.

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