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I segni che le utilizzazioni particolaristiche e clientelari hanno lasciato nel sistema di welfare si mostrano oggi con particolare forza e lo caratterizzano, soprattutto nel Mezzogiorno, per la forte centralità dei trasferimenti monetari, per la scarsa qualità dei servizi universalistici e per l’inadeguatezza dei servizi socio-assistenziali. Inoltre, una parte del sistema di welfare pare essere oggetto di attività pericolose sotto il profilo della legalità. Sembra, in effetti, essersi definito un “passaggio, in alcune aree del paese e per alcuni tipi di interventi, da un modello clientelare basato su programmi nazionali ad un modello in parte clientelare in parte criminale” (Ascoli, Pavolini, 2012: 459). Il contesto economico sempre più interconnesso e difficile e gli equilibri politici sempre più complessi ed

86 instabili hanno indotto nuove opportunità e nuovi legami tra politica, clientela e lobbies economiche alla ricerca del consenso, delle risorse, dell’utile. Questi legami trasversali interessano anche ampie zone del centro e del nord Italia30. In altre parole, come numerose inchieste

giudiziarie dimostrano, si è definita una commistione, che pare più spinta, tra clientelismo e corruzione politica, tra reti affaristiche illegali e sistemi criminali, con l’obiettivo di utilizzare risorse di welfare ai propri scopi31.

Nel Mezzogiorno le dinamiche di scambio del vecchio welfare clientelare sembrano, almeno in parte, un residuo del passato e le relazioni clientelari nel welfare, sempre più spesso, appaiono come conseguenti ad azioni illegali integrate in complessi sistemi di frode volti all’ottenimento indebito delle risorse. Il sistema di servizi socio- assistenziali appare meno ‘particolaristico-clientelare’ di ieri, mentre reti

30 Sebbene utile ai fini della chiarezza espositiva, è sempre improprio ragionare come se esistesse

una radicale cesura tra Nord e Sud e come se esistesse un unico Mezzogiorno omogeneo per caratteristiche, problematiche ed identità. È vero che le questioni dell’utilizzo clientelare delle prestazioni di welfare interessano con maggiore pervasività il Mezzogiorno, dove si sono radicate e dove hanno prodotto più visibili effetti negativi, innestandosi su un tessuto sociale, economico e politico problematico. Chiaramente, però, questi fenomeni non erano e non sono certo assenti nel resto del Paese. D’altronde pensarli come fossero esclusivi del Mezzogiorno è ‘cosa priva di buon senso’, un fatto così grave non può essere attribuito solo ad alcune regioni soprattutto se esso si manifesta all’interno di uno stato nazionale ossia di una unità territoriale e politica con un sistema dei partiti comune, leggi ed apparati amministrativi comuni, organizzazioni di rappresentanza comuni. Oggi, sebbene sia nel Mezzogiorno dove alcuni fenomeni sono vissuti con maggiore virulenza (e dove più direttamente producono conseguenze negative in termini di qualità della democrazia), ampie zone del centro e del nord Italia sono interessate da casi di illegale utilizzo delle risorse di welfare, come, per altro, evidenziato da molte indagini giudiziarie.

31 Pensiamo ai recenti scandali legati al caso Mafia Capitale e ai fatti emersi nell’ambito delle

inchieste Mondo di mezzo e Mondo di Mezzo 2 e delle operazioni rispettivamente condotte a dicembre 2014 e a giugno 2015 (i cui sviluppi sono tutt’ora in corso data la prosecuzione delle indagini condotte dei ROS e della Procura Distrettuale Antimafia di Roma). Le indagini hanno accertato l’operatività di una pervasiva struttura mafiosa, “Mafia Capitale” appunto, e di un ramificato sistema corruttivo che era volto a condizionare illecitamente l’esito di svariate gare, appalti e finanziamenti pubblici. In particolare, tramite una rete di cooperative sociali, il gruppo criminale traeva proventi dalla gestione di servizi socio assistenziali nel settore dell’accoglienza a Rom e migranti. A proposito di un’altra recente indagine giudiziaria che ha riguardato, questa volta in Campania, i responsabili locali della Caritas e dell’ONLUS ‘Un’ala di riserva, particolare attenzione meritano le dichiarazioni rese da Raffaele Cantone, attuale presidente dell’Autorità nazionale Anticorruzione. La Procura ha contestato, anche in questo caso, il compimento di illeciti e frodi nella gestione di strutture residenziali per migranti. Cantone, a commento di questi fatti, si è dichiarato pubblicamente: “esterrefatto”, poiché “se anche il mondo dell'impegno sociale fa registrare questi episodi è chiaro che, il livello di diffusione del malaffare, è tale che nessuno da solo ce la può fare nel contrasto alla corruzione”, Fonte:

http://www.ilsettemezzomagazine.it/2015/05/25/napoli-truffa-migranti-procura-indaga-delegato- caritas/

87 affaristiche ed organizzazioni criminali sono ormai entrate nel mondo del welfare. Sembra, in altre parole, in crisi di sostenibilità l’esistenza di un mercato politico assistenziale (Ferrera, 2006) mentre avanzano forme di ‘capitalismo politico criminale’ (Trigilia, 2012). Gli scambi di risorse di welfare contro riconoscimento sociale, elettorale o economico si fanno sempre più illegali, data la maggiore difficoltà, in un contesto complesso, povero di occasioni ma ricco di diseconomie, di conservare potere, consenso e privilegi clientelari mantenendosi nella legalità. Si direbbe definita una trasposizione da forme di ‘legalità debole’ (La Spina, 2005), e di illegalità non palese, di manipolazione e applicazione selettiva delle norme, a forme di ‘illegalità forte’ (ibidem), ossia di violazione esplicita, dolosa, illecita e dunque sanzionabile di norme penali. In entrambi i casi “il posto delle regole è mobile, ricco di zone d'ombra sensibili a manipolazioni o violazioni” (Chiodo, 2013: 13). In passato, l’utilizzazione clientelare del welfare appariva come un modello di “illegalità diffusa e quotidiana” (Scamuzzi, 1996:10). Una manipolazione delle norme difficilmente inquadrabile in una categoria di reato specifica, penalmente o civilmente perseguibile. Queste attività di utilizzo improprio delle prestazioni di welfare coinvolgevano porzioni ampie di popolazione, erano piuttosto tollerate non essendo oggetto di controlli e sanzioni (sociali o istituzionali) e non risultavano appannaggio di una minoranza (più o meno estesa) di devianti. Al contrario, ai nostri giorni, sono state poste nuove condizioni e nuovi vincoli anche agli attori di quelle relazioni clientelari che, specialmente nel Mezzogiorno, utilizzavano come moneta di scambio risorse di welfare.

Alla caduta del vecchio sistema manipolativo è conseguita una situazione di ‘instabilità’ connessa all’indebolimento dell’integrazione sociale, economica e politica che procurava. La minore accessibilità agli scambi ha accelerato processi di marginalizzazione ed esclusione sociale e determinato tentativi di appropriarsi, anche con la violenza e l’azione illecita, dei benefici dai quali ci si è trovati esclusi.

88 Tuttavia, la centralità che le forme di ‘illegalità forte’ hanno acquisito, dipende anche dal tipo stesso di regolazione agita dal sistema clientelare, dai suoi ‘effetti collaterali’, dai suoi costi sommersi, dalle conseguenze che genera nel medio-lungo periodo. Pur essendosi definito come un’opzione efficace per gli individui allo scopo di ottenere risorse e come una strategia di regolazione con una sua logica, il sistema clientelare ha prodotto una forte delegittimazione dei fondamenti di regolazione razional-legali (incentivando quelli extralegali). Il sistematico utilizzo clientelare di beni e risorse pubbliche ha implicato il venir meno di una chiara distinzione tra formale ed informale, privato e pubblico, diritto e favore, legale ed illegale. La manipolazione si è definita come un modus vivendi efficace radicandosi la convinzione che il privilegio è di chi può aggirare la legge. In un contesto particolarmente problematico, come quello del Mezzogiorno, tutto ciò ha contribuito a valorizzare, in quanto utili, le ‘competenze di illegalità’. L'offerta selettiva di prestazioni di welfare, trattate come fossero beni privati, ha impattato sull'organizzazione dei servizi sociali e sui codici cognitivi e simbolici sedimentati, indebolendo la legalità e abbassando il livello di fiducia sistemica. Si è così delineato un circolo vizioso tra clientelismo, utilizzo dei dispositivi di welfare, riduzione della fiducia istituzionale, cattivo funzionamento dei servizi e indebolimento della legalità. Il sistema clientelare, come modalità ricorrente di rapporto con la cosa pubblica, ha definito un processo di erosione della legalità che si è protratto per molti decenni penetrando nel cuore dell’azione istituzionale. In definitiva, il dirottamento dei dispositivi di welfare a fini particolaristici ha prodotto conseguenze negative sia in merito all'applicazione dei princìpi solidaristici che veicolando una pedagogia istituzionale negativa. Questo, in combinazione alla crisi di efficacia distributiva delle istituzioni centrali, ha favorito il definirsi di un ‘allargamento dell'area dell'illegalità nel welfare’(Ascoli, Pavolini, 2012).

89 Il percorso che va dal riconoscimento dei diritti, all’offerta di servizi e prestazioni, al loro godimento può quindi subire notevoli deviazioni e deformazioni. La questione del mezzogiorno d'Italia e delle utilizzazioni distorte della previdenza sociale a tutela del lavoratore agricolo a tempo determinato, all'analisi della quale sarà dedicato il prossimo capitolo, risulta, a questo proposito, particolarmente interessante ed emblematica.

Tali prestazioni previdenziali, ancora più di altre, hanno rappresentato, durante tutti gli anni ‘60, ‘70, ‘80 del secolo scorso, l'occasione di definire un sistema di distribuzione di massa, distorto poiché ripiegato in senso particolaristico e clientelare ed improprio perché definitosi come una forma di sussidiazione mascherata, quasi un reddito minimo non ufficiale eppure normativamente disciplinato come una prestazione di tipo occupazionale-previdenziale. Mentre in tempi di abbondanza di risorse pubbliche disponibili queste prestazioni sono divenute merce di uno scambio clientelare diffuso e popolare, con esiti specifici in termini di regolazione sociale, oggi, in tempi di scarsezza di risorse e di politiche sottrattive, queste indennità sono spesso al centro di complessi sistemi di truffa, organizzati al fine di carpirle del tutto illegalmente. I casi odierni di appropriazione sistematica ed illegale delle indennità a tutela del lavoratore agricolo a tempo determinato hanno destato l'attenzione dell'opinione pubblica e sono stati al centro di indagini giudiziarie tutt’ora in corso. Questi reati sembrano mostrare una ben triste evoluzione: dalla legittima rivendicazione di una tutela sociale si è passati alla politicizzazione dei diritti sociali e poi alla economicizzazione e mercificazione degli stessi, fino a sfociare nella costruzione di un vero e proprio sistema illegale.

Come si vedrà, lo studio dell’utilizzazione impropria delle prestazioni previdenziali agricole in Calabria invita a ragionare su come l’equazione tra affermazione dei diritti sociali, espansione del welfare, uguaglianza e democrazia possa essere, in determinati casi, messa in questione.

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Capitolo 4

Le inchieste ‘Senza Terra’ ed OMNIA. Due casi di studio

4.1 La previdenza sociale agricola, i reati di truffa ed il