La storia delle corporazioni, dal loro sorgere nel Medioevo fino alla soppressione sotto la spinta delle idee liberalizzatrici e degli eventi rivolu-zionari del XVIII secolo, è contrassegnata da un fitto intrecciarsi delle fun-zioni economiche con la partecipazione alla vita pubblica, più o meno intensa e rilevante in rapporto alle varie situazioni politico-istituzionali in cui tali organizzazioni si trovano ad operare.
La tradizionale compattezza degli organismi corporativi, soprattutto per la conquista e la difesa dei propri privilegi, ha fatto sì che sovente gli stessi partecipassero o si affiliassero ad organizzazioni militari: tale presenza armata, pur sopita o inattiva, rimane una potenzialità che le Arti possono in qualsia-si momento utilizzare. Ove qualsia-si impongono strutture statuali ‘moderne’, che significano anche un’organizzazione dell’esercito centralizzata e tendenzial-mente professionale, le caratteristiche militari delle Arti tendono a scompa-rire, ma in contesti istituzionali che per molti versi possono considerarsi organizzazioni cittadine adattate ai tempi nuovi, come Genova, hanno la possibilità di riemergere, soprattutto in momenti politici di particolare crisi.
Certo, come è stato osservato 1, il fenomeno dell’organizzazione militare delle Arti meriterebbe di essere approfondito soprattutto in relazione al pe-riodo medievale, ma riteniamo che possa egualmente essere interessante ed utile proporre l’esperienza del riemergere di tale particolarità della vita delle Arti nel 1793, quasi alla vigilia della loro soppressione: è un riallacciarsi ad origini lontanissime, in condizioni assolutamente incomparabili, nel tentativo, che si rivelerà vano per la classe dirigente genovese, di ritrovare consenso e fedeltà in categorie economiche che, per paura del nuovo, dovrebbero soli-darizzare con i vecchi reggitori e puntellarne, anche militarmente, il potere.
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* Pubblicato in: Studi in onore di Gino Barbieri. Problemi e metodi di storia economica, Pisa 1983, II, pp. 1011-1031. Anche in Lineamenti di organizzazione economica in uno Stato preindustriale. La Repubblica di Genova, Genova 1995, pp. 169-189.
1 FANFANI 1959, p. 202.
La documentazione che sta alla base della ricostruzione di questo epi-sodio ha ancora un ulteriore motivo di interesse: il censimento degli iscritti alle varie Arti che viene redatto in quella occasione e che consente alcune riflessioni sulla storia interna delle corporazioni genovesi e sulla loro evolu-zione quantitativa nel corso del XVIII secolo. Pur concepita per altri scopi, la statistica degli artigiani assume rilievo anche per la storia economica, dal momento che gli organi dello Stato non si mostrano in grado di censire al-trimenti in modo soddisfacente queste forze produttive.
Arti e istituzioni politiche a Genova
Il tema dei rapporti tra ‘arti’ e ‘armi’, soprattutto per l’esempio di Bolo-gna e per i secoli XIII e XIV è stato oggetto di alcuni studi che hanno dimo-strato come le due organizzazioni tendano a convergere sugli stessi obbiettivi, contribuendo alla nascita del ‘popolo’ come soggetto predominante della vita politica comunale: gli artigiani sono, di norma, contemporaneamente mem-bri dell’Arte e di una «societas armorum», e sono quindi gli appartenenti alla corporazione che si assumono compiti di difesa armata sia dell’ordine pubblico interno, sia nei confronti di nemici esterni 2.
Il fenomeno nel Medioevo è molto esteso, e non solo in Italia 3, ma dal XIV secolo in poi, con l’avvento della Signoria, tende a decrescere 4: si sa che a Bologna la difesa armata della città è affidata, ancora nel 1502, alle Ar-ti, e che a Verona si organizzano, sempre da parte delle ArAr-ti, truppe ausilia-rie dei primi corpi d’artiglieria 5, ma la regola è il rifluire delle corporazioni nelle loro naturali funzioni economiche e produttive.
A Genova questo ridimensionamento delle Arti da parte dei pubblici poteri è certo agevolato dalla particolare evoluzione che tali organizzazioni hanno avuto all’interno della città. Rispetto ad altri comuni italiani, gli organi-smi corporativi si sono costituiti abbastanza tardivamente e non hanno mai avuto la forza di opporsi agli intrecci di interessi politici e commerciali
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2 Per l’esempio bolognese, vedi DE VERGOTTINI 1943, p. 32 e passim, e FASOLI 1933;
FASOLI 1935-1936. Più in generale, ma con particolare attenzione al caso bolognese, RUTENBURG
1973, pp. 628-629; da ultimo, con ricco apparato bibliografico, PINI 1986.
3 PIERI 1952, pp. 216-217; FANFANI 1968, p. 360; THRUPP 1977, pp. 265 e sgg., 273 e 283.
4 ANCONA 1973, pp. 653-656.
5 FANFANI 1959, pp. 201-202.
suti dai fortissimi gruppi parentali che detengono e amministrano, servendosi anche della struttura dello Stato, il monopolio dei traffici e della finanza 6.
Al momento dell’imporsi, nel 1339, del Dogato popolare nella persona di Simone Boccanegra, le Arti sembrano avere grande rilievo ed essere le forze che maggiormente lo appoggiano: esiste, infatti, un Consiglio straordinario, formato dai capi dei quartieri e dai rappresentanti delle Arti, che si riunisce per affari di grande importanza 7. Ma i ceti dirigenti tradizionali tornano presto al potere e nella grande riorganizzazione del maresciallo Boucicault, all’inizio del Quattrocento, le Arti appaiono regolamentate dall’alto e senza alcun potere politico 8.
Il loro maggiore momento di gloria politica e militare le Arti lo hanno a Genova nel 1506-1507, quando, per uscire dall’emarginazione, si fanno promotrici di un rivolgimento che porta addirittura un loro rappresentante, il tintore Paolo da Novi, alla carica di Doge 9. L’esperienza è esaltante ma breve: le armi del re di Francia si preoccupano di por fine ad una situazione considerata abnorme e, circa vent’anni dopo, Andrea Doria dà solide fonda-menta ad una repubblica aristocratica che non lascia alcuno spazio politico agli artigiani 10. Nel 1576 si giunge, anche per Genova, ad una definizione delle arti ‘meccaniche’ che significa l’esclusione giuridica dalla possibilità di salire al patriziato per una larga serie di categorie produttive 11.
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6 VITALE 1955, I, pp. 74, 97-98, 151-152, 203.
7 VITALE 1955, I, p. 131.
8 PIERGIOVANNI 1980, p. 142 e sgg. Più in generale sulla scarsa importanza politica e mi-litare delle corporazioni a Genova nel Quattrocento, vedi HEERS 1961, p. 563 e sgg.
9 PANDIANI 1905. In occasione della sua investitura il nuovo Doge giura tra l’altro di
«osservare i capitoli e le consuetudini degli artefici di Genova». SENAREGA 1911, II, p. 114 nota 6. Da ultimo, vedi PACINI 1992, p. 100 e sgg.
10 PIERGIOVANNI 1965. Nelle leggi del 1528 si fa riferimento alle arti in un solo capitolo (Che coloro che sono per habitare in Genova, et per avervi stanza, gioiscano delli privilegi come cittadini; et che le arti siano libere) a significarne la poca rilevanza politica. Solo in due aggiunte successive vengono sancite alcune norme che concernono però esclusivamente l’Arte della la-na e quella della seta (Leggi 1625, cc. 21v-22r e cc. 30v-32r). Sulla particolare posizione politi-ca ed economipoliti-ca dell’arte della seta all’interno della Repubblipoliti-ca, vedi da ultimo MASSA 1981, spec. pp. 9-16.
11 SAVELLI 1981, spec. pp. 214-217; PACINI 1990.
Le milizie corporative del 1746-1747
La situazione generale delle Arti a Genova nel Settecento è coerente con la profonda decadenza economica della città, a cui l’ordinamento corporati-vo contribuisce con la strenua difesa di privilegi e monopoli tradizionali:
all’interno si impedisce il ricambio di soggetti, favorendo una sostanziale ereditarietà dei mestieri, e verso l’esterno si pongono ostacoli alle innova-zioni tecniche 12. Se a questo quadro si aggiunge l’esclusione dalla partecipa-zione attiva alla vita politica della Repubblica, puntigliosamente perseguita dal patriziato al potere, ci si rende conto che solo contingenze straordinarie possono consentire alle organizzazioni di mestiere genovesi di tornare a re-citare, anche se per lassi di tempo limitati, un ruolo politico di primo piano:
deve esserci per lo Stato la necessità di appoggiarsi, per compiti di governo e militari, a strutture omogenee, tendenzialmente monolitiche e collaudate quanto a fedeltà e senso di gerarchia.
Nel corso del XVIII secolo queste contingenze straordinarie si pre-sentano per ben due volte, ma mentre la prima, nel 1746, ha avuto risonanza ed attenzione storiografica notevoli 13, la seconda è molto meno nota.
Tra la fine del 1746 e l’inizio del 1747 una crisi alimentare divenuta ormai insostenibile sta alla base di un sommovimento che scaccia l’esercito austro-sardo e riporta alla ribalta della vita politica genovese il popolo minuto 14. Ancora una volta il timore degli eccessi della plebe consiglia il ricorso a quegli elementi del popolo, come i Capitani delle Arti, che si presentano come in-terlocutori più ragionevoli e che danno maggiore affidamento di contribuire a risolvere disciplinatamente i problemi di difesa militare e di mantenimento dell’ordine pubblico 15. Così dalle squadriglie plebee, costituite in un primo tempo, si passa alla mobilitazione delle Arti, attraverso due fasi successive.
Nella prima, durante la quale il reclutamento della milizia urbana di 15.000 uomini, divisi in 150 compagnie, è effettuato prendendo come base le
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12 Cfr. MASSA 1982.
13 VENTURI 1969, pp. 198-271, a cui si rimanda anche per l’ampia bibliografia generale e di storia locale. Più di recente, vedi COSTANTINI 1978, pp. 435-437.
14 ACCINELLI 1851, p. 97 e sgg. La storiografia più recente ha progressivamente sottratto questo periodo alla eccessiva esaltazione in termini patriottici effettuata dai contemporanei. In questo senso vedi VENTURI 1969, p. 198 e sgg. e COSTANTINI 1978, pp. 435-437.
15 VENTURI 1969, pp. 204-217; COSTANTINI 1978, p. 437.
rocchie 16, sono i Consoli delle novantatré Arti che vengono direttamente responsabilizzati: è loro affidata, a turno, la guardia della città, mentre dodi-ci di essi entrano a far parte dell’organo dedodi-cisionale di emergenza, il Quar-tier generale del popolo 17.
Nella seconda fase si ha una vera e propria riorganizzazione della milizia su base corporativa, anche se la coesistenza di vari tipi di squadriglie, guardie e compagnie finisce spesso per causare intralci e ostacoli, in particolar modo quando si tratta di dare un assetto unitario ai gruppi mobilitati dalle parroc-chie e a quelli organizzati dalle Arti 18. A queste ultime, comunque, il 1o feb-braio 1747 è ingiunto di «... formare ognuna la loro rispettiva compagnia per la conservazione e difesa di questa città ...» 19.
Secondo l’Accinelli, tuttavia, dallo sfaldamento dei corpi parrocchiali solo 21 sono le compagnie «... o di arti o di oneste persone» che si formano con una identità precisa 20.
Le quattro più importanti, o ‘di castello’ (comprendenti nobili, notai, dottori e procuratori), vestono di bianco con guarnizioni di velluto nero ed hanno come colonnello il Doge e cappellano l’Arcivescovo 21; la «gente assai delicata» che le compone veste certo elegantemente ma dà scarso affida-mento militare, suscitando derisione tra il popolo.
Abbastanza singolare è anche quella dei ‘mercanti’, mai riunitisi a Ge-nova in una corporazione specifica; altre tre (i granatieri di Portoria, i ca-detti di San Vincenzo e i capitani delle parrocchie) sono formate con criteri diversi, personali o topografici 22.
Tredici sono quelle più propriamente composte dagli iscritti a singole corporazioni, mentre «... le altre Arti facevano le loro compagnie alla
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16 ACCINELLI 1851, pp. 104-105; VENTURI 1969, pp. 204 e 227-233.
17 ACCINELLI 1851, p. 102 e sgg.; VENTURI 1969, p. 227.
18 VENTURI 1969, pp. 239-245. Una testimonianza coeva su queste difficoltà in Archivio di Stato di Genova (da ora A.S.G.), Archivio Segreto, Militarium, filza 2962.
19 A.S.G., Archivio Segreto, Militarium, Assemblea Generale del Popolo, filza 2960 doc.
1 febbraio 1747.
20 ACCINELLI 1851, pp. 107-108.
21 Ibidem, pp. 108-109.
22 Ibidem, pp 108-109.
sa ...» 23. All’interno di quella «de’ cadetti», raggruppante i «primi artisti benestanti della città», che si segnala per il valore, oltre che per l’eleganza della divisa («... turchina, paramani e sottoveste di velluto nero») 24, pos-siamo ritenere che fossero rappresentate alcune categorie di mercanti im-prenditori (come lanaioli e seateri) che, come vedremo, non partecipano alle milizie corporative comuni neppure nel 1793, quando viene nuovamente mobilitato un folto gruppo di categorie di artefici.
Le compagnie di artefici del 1793
I rivolgimenti politici, le reazioni militari, la forza delle idee scatenate dagli avvenimenti francesi hanno riflessi molteplici e contrastanti nella Repubblica di Genova. Agli inizi dell’ultimo decennio del secolo emergono le contraddi-zioni tra una conclamata posizione di neutralità ed una invincibile tentazione, tra curiosità e timore, di considerare gli aspetti positivi degli esperimenti poli-tici ed economici intrapresi al di là delle Alpi 25. Le idee circolano ed hanno già dato luogo a timidi tentativi riformatori in campo economico 26, ma certo con non minore interesse vengono considerate le potenzialità della situazione in-ternazionale per il commercio ed il fruttuoso impiego di capitali 27. Se a questo si aggiunge che la nuova situazione politica crea gravi difficoltà ai temuti vicini piemontesi e ne smorza qualsiasi velleità espansionistica, si può comprendere come fosse vivo e montante a Genova il sentimento filofrancese.
L’evolversi del contesto internazionale, con la presenza ormai continua, spesso a fianco di navi francesi, della flotta inglese nel porto di Genova e la guerra franco-piemontese che ormai si espande a Nizza ed Oneglia e incombe quindi ai confini della Repubblica 28, fanno aumentare i timori che la neutralità non possa essere a lungo uno scudo dietro cui trovare riparo e sicurezza. Si avverte la gravità e l’eccezionalità degli eventi e nel Minor Consiglio si fa
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23 Gli artisti interessati sono: farmacisti e speziali, merciari e pattieri, legnamai, orefici, repezzini, farinotti, pizzicaroli, barbitonsori e parrucchieri sartori, facchini da vino, oltre ai
‘giovani de’ mercanti’ ed ai ‘servitori e camerieri’. ACCINELLI 1851, p. 108.
24 Ibidem, pp. 108-109.
25 NURRA 1933, p. 42 e sgg.; VITALE 1955, I, pp. 456-462, e da ultimo COSTANTINI 1978, p. 495, con bibliografia.
26 CALEGARI 1969, pp. 5-12 e, più in generale GIACCHERO 1973, p. 335 e sgg.
27 GAGGIERO 1851, pp. 83-84; BULFERETTI - COSTANTINI 1966, p. 267 e sgg.
28 GAGGIERO 1851, pp. 84-85.
corso alle esperienze passate che possano essere confrontate al clima attuale: la memoria corre ad un periodo non molto lontano e si afferma con pessimismo che la situazione del momento è «forse peggiore di quella del 1746» 29.
La similitudine è in realtà abbastanza forzata: non esistono infatti l’oc-cupazione straniera e neppure le conseguenze di ordine pubblico interno successive al sommovimento popolare che ha liberato la città cinquant’anni prima. Si tratta, al momento, più che altro di uno stato di tensione preventi-va, nel timore che il degenerare della situazione internazionale possa coin-volgere la Repubblica. Ed ancora una volta, in situazione di emergenza, si ricercano, come nel 1746, possibili supporti militari: le Arti e la loro orga-nizzazione vengono ritenute l’interlocutore più affidabile a cui lo Stato pos-sa rivolgersi per la formazione di una milizia urbana.
Si ripercorre la strada già adottata nel 1746: i Serenissimi Collegi, mas-simo organo di governo della Repubblica, nel mese di novembre, mentre da un lato deliberano «... la formazione di 40 Compagnie delle Parochie ... ad oggetto di assicurare la tranquillità e sicurezza della presente città ...» 30, dall’altro iniziano cauti sondaggi presso i Padri del Comune, a cui spetta il controllo delle Arti 31. L’incarico è di «prendere l’opportune informazioni per rifferire al più presto quante compagnie e di quanti individui potessero formarsi dalle rispettive arti, unendo ancora qualchedona delle medesime che fosse all’altra confacente ...» poiché «... pensano che per maggiormente riuscire all’adempimento del suddetto oggetto potrebbe contribuirvi la for-mazione delle Compagnie di artiggiani ...» 32. Una milizia urbana è certo la più rapida da allestire, ma non è omogenea e motivata nella difesa della si-tuazione contingente come possono esserlo le Arti.
L’attività informativa dei Padri del Comune dura dal 7 gennaio al 1o febbraio 1793, ed a quella data viene predisposta una relazione per i Collegi.
Del mese di aprile sono i «Decreti de’ Serenissimi Collegi per la formazione
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29 COSTANTINI 1978, p. 494, dai verbali del Minor Consiglio del novembre 1792.
30 Archivio Storico del Comune di Genova (da ora A.S.C.G.), fondo Arti, filza n. 636, Compagnie delle Arti, 1793, docc. 6 novembre e 31 dicembre 1792.
31 Su questa competenza dei Padri del Comune, v. BOSCASSI 1912, pp. 4-6.
32 A.S.C.G., Compagnie delle Arti, cit., doc. 31 dicembre 1792. Vedi anche GAGGIERO
1851, pp. 78 e 85, che ricorda come già nel 1791 fossero stati istituiti «vari battaglioni di cit-tadini sotto la sorveglianza dei collegi», tra i quali uno di Merciai e quello dei Cadetti, che già nel 1746 aveva raggruppato i più ricchi tra gli iscritti alle Arti.
di 30 Compagnie di 80 uomini per ogniuna da formarsi dalle arti ...» 33, e nei tre-quattro mesi successivi queste vengono quasi tutte effettivamente co-stituite.
La misura si rivela preveggente: dall’agosto i rapporti con gli Inglesi si deteriorano progressivamente e portano al blocco delle coste liguri. Con il 1794 inizia la successione degli eventi bellici che determinano la Repubblica ad uscire di fatto dalla condizione di neutralità (ottobre 1796) e fanno ma-turare e scoppiare i moti popolari di ispirazione giacobina che sanciscono la fine del governo aristocratico 34.
L’incertezza e il pericolo inducono più di un membro della classe diri-gente a richiedere l’allargamento della base del consenso su cui il regime ari-stocratico si poggia, e quindi il coinvolgimento nelle decisioni governative delle categorie produttive organizzate: in questi mesi sovente nel Minor Consiglio si ode infatti la voce di chi invita a «rivolgersi al popolo e ad in-formare i Capi delle Arti» 35.
Sul piano operativo, pur assolvendo ai compiti di pattuglia e di presi-dio, non sembra che questa volta le milizie delle Arti si dedichino incisiva-mente al compito di mantenere l’ordine pubblico: ne è prova la frequente e dichiarata tentazione di ricorrere agli ‘Scelti’, cioè alle truppe regolari che tradizionalmente operano fuori dalle mura cittadine 36.
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33 A.S.C.G., Compagnie delle Arti, cit., docc. 17 e 27 aprile 1793.
34 COSTANTINI 1978, pp. 495-503.
35 SERRA 1930, pp. 28-30; NURRA 1933, p. 41 e sgg. e spec. p. 45.
36 Il problema è dibattuto a tutti i livelli fin dal mese di aprile 1792. Nel dicembre di quell’anno un «soggetto dell’Illustrissimo Magistrato degli Inquisitori di Stato» ammette in confidenza come le compagnie urbane siano ritenute «... non adatte a custodire la città e te-nerla tranquilla»; per questa ragione i Padri del Comune sono stati incaricati «... di far sentire ai Consoli delle Arti ... la confidenza che il Serenissimo Governo ripone negli individui delle loro Arti e Corpi de’ qual intanto non si vale per adesso perché non ve ne è precisa urgenza e per non distraerli da rispettivi loro mestieri: questa misura la praticherebbe assolutamente per calmare il fermento che par vada risvegliandosi ...». Egli nota però come vi sia un certo movi-mento per far entrare in città gli Scelti che «... sono stati sempre la vera diffesa di questa città e del Dominio. Essi se non altro sono buoni genovesi, non ânno idee democratiche e non leg-gono le Gazzette ...», ma la loro utilizzazione urta contro un preesistente «Piano del Gover-no», secondo il quale «... ogni compagnia di detti Scelti non deve entrare in città che una sol volta l’anno e per pochi giorni ...». A.S.G., Archivio Segreto, Militarium, filza 2917, Giunta di Esecuzione, doc. 12 dicembre 1792.
Una documentazione dettagliata 37 permette di seguire da vicino sia i cri-teri e le cautele con cui i Padri del Comune provvedono all’attuazione del com-pito loro assegnato, sia i problemi e le difficoltà che si trovano ad affrontare.
Prima cura del Magistrato è quella di compilare, sulla base dei dati forniti dai Consoli delle varie corporazioni, un elenco «degli individui tutti delle ri-spettive Arti Lui soggette» 38. Comprendendo insieme maestri e lavoranti (8.681 persone), il numero delle Arti censite è di 76 (cioè assai minore delle 93 indicate nel 1746) 39, con la precisazione inoltre che non sono stati presi in con-siderazione gli artigiani delle tre podesterie, inquadrati negli ‘Scelti’, né quelli che per lunga consuetudine appartengono alla ricca Compagnia dei Cadetti 40.
Prima di procedere alla effettiva costituzione delle trenta compagnie, i Padri del Comune ritengono di dover ancora chiedere ai Collegi alcune pre-cisazioni, poiché la loro esperienza li indurrebbe ad escludere dalle stesse una serie di categorie di artisti ed a fare «una scelta di quelle soltanto gli in-dividui delle quali avessero un maggior motivo di guardare e difendere le proprie sostanze» 41. Allo spirito militare e patriottico sembra cioè utile ac-costare più concreti interessi economici.
Con due decreti, del 17 e del 27 aprile 42, i Collegi abrogano l’istituzione delle milizie urbane su base parrocchiale deliberate l’anno precedente e defini-scono le caratteristiche generali delle compagnie degli artisti: devono essere trenta, di ottanta uomini ciascuna, possibilmente appartenenti allo stesso mestiere; non devono però essere inquadrati «i giornalieri indigenti, affin-ché essi e le loro famiglie non risentano la perdita della mercede della loro giornata ...» 43.
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37 A.S.C.G., Compagnie delle Arti, cit. Nella filza sono conservati i rolli di tutte le com-pagnie, con i nomi degli artigiani arruolati.
38 Ibidem, 1o febbraio 1793.
39 Vedi nota 19.
40 Vedi nota 32.
41 A.S.C.G., Compagnie delle Arti, cit., 1o febbraio 1793: «... con escludere per esempio i Straccieri, gli Ortolani, i Neggiari, Calafatti, Maestri d’Ascia e simili, i quali poco o nulla ànno a perdere, come pure i Peruchieri, i quali, sebben in gran numero, non si sa se possano essere della confidenza del Serenissimo Governo ...».
42 Ibidem.
43 «... con avvertenza che in quelle arti nelle quali possa formarsi una Compagnia debba ciò eseguirsi nella stessa arte, e quando fossero numerose a segno di poterne formare più di una,