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Analisi della dinamica strutturale del banco prova GTFTR

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Academic year: 2021

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Università di Pisa

Dipartimento di Ingegneria civile e industriale

Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria Meccanica

Tesi di Laurea

Analisi della dinamica strutturale

del banco GTFTR

Relatori Candidato

Prof. Ing. Marco Beghini

Luca Le Bone

Dott. Ing. Alessio Artoni

Dott. Ing. Bernardo Disma Monelli

Sessione di Laurea 09/07/2014 Anno accademico 2013/2014

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Abstract

L'oggetto di questa tesi è stato l'analisi della dinamica del banco prova rotismi ae-ronautici GTFTR, Geared Turbo Fan Test Rig, al ne di determinare le pulsazioni naturali e le forme modali del sistema per assicurarne un corretto funzionamento in condizioni operative. Lo studio è stato condotto in due fasi: da prima è stato realizzato un modello a parametri concentrati per la dinamica torsionale del banco, in cui sono stati implementati tutti i componenti con le proprie inerzie e rigidezze. Un modello siatto permette infatti di idencare da quali componenti è governata la dinamica torsionale; successivamente si è realizzato un modello 3D agli elemen-ti nielemen-ti (FEM) per lo studio della dinamica completa, tra cui quella torsionale e essionale, con la possibilità di realizzare analisi di carattere più avanzato, come la dinamica in presenza di eetti giroscopici e struttura deformata. In questo caso il modello a parametri concentrati è stato utilizzato come validazione del modello FEM. Questo modello, per come realizzato, descrive accuratamente la geometria di tutti i componenti e ricrea all'interno del software le medesime condizioni di vincolo tra essi come concepite dal progetto. Validato il modello, è stata condotta l'analisi modale completa del banco e il relativo diagramma di Campbell che hanno messo in evidenza una velocità critica nel campo operativo del banco stesso. Conclude la tesi l'analisi critica del modo proprio all'interno del campo di funzionamento e i suggerimenti per eliminare tale criticità, come l'irrigidimento della struttura o la realizzazione di una nuova tipologia di vincolo. L'eetto di tali modiche è valutabile attraverso il modello FEM messo a punto.

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Abstract

The object of this thesis was to analyze the dynamics of the test rig for aircraft gearboxes GTFTR, Geared Turbo Fan Test Rig, to determine the natural frequen-cies and mode shapes of the system to ensure a properly functioning in operating conditions. The study was conducted in two phases: in the rst one, a lumped model has been realized to study the torsional dynamics of the rig, in this model all components have been implemented with its own inertia and stiness. Such a model makes it possible to identify which components govern the torsional dynamic. Subsequently was realized a 3D nite element model (FEM) for the study of the full dynamic, including the torsional and bending, with the possibility of implement mo-re advanced analysis, as the dynamics in the pmo-resence of gyroscopic eects and the deformed structure. In this case the lumped model was used as a validation of the FEM model. This model has been realized to accurately describe the geometry of all components and recreate within the software the same bond conditions between them, as conceived in the drawing. Once validated the model, a modal analysis of the full rig and the relative diagram of Campbell were conducted which highlighted a critical speed in the operating range of the rig itself. Concluding a critical analy-sis of the modal shape within the operation eld and suggestions to eliminate that critical issues such as the stiening of the structure or construction of a new type of constraint. The eect of these improvements can be evaluated through the model FEM developed.

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Indice

1 Introduzione 5

1.1 Clean sky . . . 5

1.2 Evoluzione della propulsione aeronautica . . . 6

1.3 Riduttore di velocità: Rotismo epicicloidale . . . 10

1.3.1 Analisi cinematica rotismo epicicloidale . . . 11

1.3.2 Vantaggi nell'utilizzo di rotismi epicicloidali . . . 12

1.3.3 Sistemi di testing per le trasmissioni . . . 13

1.3.4 Banchi a ricircolo di potenza meccanica . . . 15

1.3.5 Schema concettuale banco prova a ricircolo di potenza mecca-nico GTFTR . . . 16

2 Specica tecnica del banco: condizioni di prova 19 3 Architettura del banco GTFTR 23 3.1 Gruppo motore . . . 23

3.2 Gruppo linea veloce . . . 23

3.3 Gruppo linea lenta . . . 25

3.4 Gruppo carter lato slave . . . 26

3.5 Gruppo carter lato test article . . . 26

4 Modello torsionale a parametri concentrati 29 4.1 Schema a parametri concentrati: coordinate lagrangiane . . . 32

4.2 Calcolo dei modi di vibrare e delle frequenze naturali torsionali . . . . 36

4.3 Calcolo delle pulsazioni proprie . . . 37

4.4 Calcolo modi propri di vibrare . . . 40

4.4.1 Primo modo proprio di vibrare torsionale . . . 40

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4.4.3 Analisi sensibilità modello analitico della dinamica torsionale . 43

5 Modello agli elementi niti e validazione 45

5.1 Linea motore . . . 45

5.1.1 Motore elettrico . . . 45

5.1.2 Giunto essibile . . . 46

5.1.3 Moltplicatore . . . 46

5.2 Linea veloce . . . 47

5.2.1 Tipologie di accoppiamento utilizzate nel modello FEM . . . . 47

5.2.2 Rig input shaft . . . 51

5.2.3 Quill shaft . . . 53

5.2.4 Sun shaft . . . 54

5.2.5 Ghiera di collegamento . . . 55

5.2.6 Inter shaft bearing . . . 56

5.2.7 Flexible shaft . . . 57 5.2.8 Bendix . . . 58 5.2.9 Supporting shaft . . . 60 5.2.10 Adapter . . . 61 5.3 Linea lenta . . . 62 5.3.1 Output shaft TA . . . 62

5.3.2 Output shaft SLA . . . 62

5.3.3 Ring to ring shaft . . . 63

5.4 Carter . . . 64

5.4.1 Carter lato slave . . . 64

5.4.2 Carter lato test . . . 73

5.5 Validazione . . . 79

6 Analisi dei risultati 83 7 Conclusioni e sviluppi futuri 87 A Risultati analisi di convergenza 89 Bibliograa . . . 95

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Capitolo 1

Introduzione

Il seguente lavoro di tesi rientra in un ampio programma di ricerca denominato Clean Sky. L'obiettivo da raggiungere consiste nel progettare, realizzare e impiega-re un complesso sistema di prova per vericaimpiega-re le caratteristiche di una innovativa trasmissione meccanica sviluppata da Avio Aero per il motore aeronautico Geared Turbo Fan (GTF) di futura generazione. L'applicazione del GTF produrrà un signi-cativo aumento dell'ecienza del propulsore con conseguente vantaggio in termini di riduzione dei consumi e di emissioni degli inquinanti. Al ne di testare questo componente innovativo è stata richiesta all'università di Pisa, in collaborazione con Catarsi e AMTesting, la progettazione del banco prova Geared TurboFan Test Rig (GTFTR). Lo scopo di questa tesi è quello di condurre un analisi del banco dal punto di vista della dinamica strutturale. Lo studio è stato condotto in due fasi: sviluppo e validazione di un modello dinamico agli elementi niti (FEM), analisi critica dei risultati mediante l'approccio di Campbell per identicare le condizioni di funzionamento potenzialmente pericolose per il banco e proporre soluzioni a tali criticità.

1.1 Clean sky

Clean sky è un programma di ricerca aeronautico europeo per lo sviluppo di tecno-logie innovative integrate per aumentare signicativamente le prestazioni ambientali degli aerei e del trasporto aereo, con conseguente diminuzione del consumo di car-burante e del rumore degli aeromobili. Nata nel 2008, fa riferimento al settore aero-nautico, raggruppando 86 organizzazioni di 16 paesi, di cui 54 imprese, 15 centri di

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ricerca e 17 università. Clea sky intende incentrarsi su sei settori tecnici, denomina-ti dimostratori tecnologici integradenomina-ti, che andranno dai motori all'architettura stessa degli aeromobili. Un valutatore tecnologico analizzerà i risultati delle ricerche, della fase sperimentale alle dimostrazioni in volo.

Gli obiettivi di questo programma sono, entro il 2020, di ridurre: ˆ Emissioni di CO2 e del consumo del 50% ;

ˆ Emissioni di NOx dell' 80% ; ˆ Percezione del rumore del 50%;

ˆ Impatto ambientale della produzione, manutenzione e smaltimento dei aero-mobili e relativi prodotti.

Il programma di ricerca aeronautico europeo ha identicato che i principali interventi da eettuare per raggiungere i target sopra citati sono:

ˆ Aumento del 20 ÷ 25% dell'ecienza degli aerei ; ˆ Aumento del 15 ÷ 20% dell'ecienza del motore ; ˆ Miglioramento della gestione del traco aereo.

1.2 Evoluzione della propulsione aeronautica

I primi propulsori aeronautici erano costituiti da sistemi Turbojet i quali sfruttavano il ciclo di Joul-Bryton (gura 1.1) per la generazione della spinta. Il ciclo è costituito da:

ˆ compressione isoentropica; ˆ combustione isobara; ˆ espansione isoentropica; ˆ Cessione di calore isobara.

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Figura 1.1: Ciclo Joule Bryton. T rappresenta la temperatura e S l'entalpia L'aria viene inizialmente compressa per eetto dinamico della presa d'aria (Inlet) e successivamente dal compressore. Il usso attraversa la camere di combustione do-ve l'aria si miscela al combustibile e avviene l'innesco. All'uscita della camera inizia la fase di espansione del uido in turbina: questo stadio permette di estrarre dal-l'aria l'energia necessaria alla movimentazione del compressore e ad altre utenze. Il uido prosegue la sua espansione in un ugello di scarico dove, accelerando, provoca una variazione della quantità di moto la quale genera una spinta necessaria alla pro-pulsione. Nell'immagine seguente viene riportato lo schema del propulsore turbojet rappresentato in gura 1.2

Figura 1.2: Schema propulsore turbojet.

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T = ˙m(vu− vi) (1.1)

Dove:

ˆ ˙m: portata in massa di aria

ˆ vu : velocità del usso in uscita dalla turbina

ˆ vi : velocità del usso in ingresso alla turbina

Nota la spinta, la potenza propulsiva ( PPr) risulta:

PPr = ˙m(vu− vi)vi (1.2)

Il usso all'uscita del sistema possiede energia cinetica non utilizzata, la quale determina una potenza persa (Pp) pari a:

Il rendimento propulsivo (ηp) risulterà essere:

ηp = PPr Pp+ Ppr = 2 1 + vu vi (1.3) La spinta dipende sia dalla portata di uido sia dalla dierenza di velocità tra ingresso e uscita del sistema, mentre ciò che conta ai ni del rendimento propulsivo è il rapporto tra le due velocità. Al ne di aumentare il rendimento propulsivo, a parità di spinta erogata, si rende necessario aumentare la portata e ridurre la dierenza di velocità tra ingresso e uscita dal reattore: nascono così i sistemi Direct Drive Turbofan.

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I sistemi Direct Drive Turbofan (Figura 1.3) prevedono l'introduzione di un Fan posto all'ingresso del sistema; tale architettura genera la maggior parte della spinta richiesta grazie all'aumento della portata di gas a vantaggio della dierenza tra le velocità in ingresso e in uscita la quale risulta essere molto ridotta. Il problema principale dei sistemi Direct Drive è relativo all'accoppiamento diretto tra turbina e Fan; infatti la turbina dovrebbe girare il più rapidamente possibile al ne di estrarre più energia dal usso ma il Fan, per motivi aerodinamici e strutturali, non può superare determinate velocità periferiche. La necessità di riuscire a far ruotare la turbina e il Fan a velocità dierenti porta alla nascita dei sistemi Geared Turbofan (GTF) nei quali è introdotto, per lo scopo, un riduttore di giri.

In Figura 4.5 si illustrano i vantaggi della soluzione Geared Turbofan riassumi-bili in una riduzione degli stadi di compressione ed espansione in turbina e abbatti-mento dei consumi all'aumentare del Bypass Rati. Quest'ultimo è denito come il rapporto tra la portata in massa di usso freddo e la portata relativa al usso caldo attraversante il sistema compressore-combustore-turbina.

(a) (b)

Figura 1.4: Confronto direct drive turbofan vs geared turbofan

In contrapposizione ai propulsori Geared Turbofan, si stanno sviluppando i siste-mi Open Rotor (Figura 1.5). In questi propulsori, per aumentare la portata di uido e mantenere alti i rendimenti propulsivi, si utilizza un Fan non contenuto all'interno di un housing. In questo modo si riesce a ottenere un'alta portata di usso freddo a bassa velocità la quale comporta elevate spinte e bassi gap di velocità tra ingresso e uscita del sistema.

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Figura 1.5: Sistema open rotor

1.3 Riduttore di velocità: Rotismo epicicloidale

Il riduttore di giri utilizzato per questo tipo di applicazione è un rotismo epicicloidale costituito da un solare, 5 satelliti, una corona e un portasatelliti (Vedi Figura 1.6).

Figura 1.6: Schema rotismo epicicloidale Le possibili congurazione del rotismo sono tre:

ˆ Star conguration: il carrier è sso, mentre solare e ring sono liberi;

ˆ Planetary conguration: la corona è ssa mentre il carrier e la ruota solare sono liberi

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1.3.1 Analisi cinematica rotismo epicicloidale

Nella congurazione dierential conguration il rotismo presenta due gradi di li-bertà. Per riportare il sistema ad avere un grado di libertà, come per i rotismi ordinari, è necessario bloccare la rotazione di un componente, ovvero passare a una congurazione star oppure planetary. Per poter calcolare la velocità angolare dei singoli componenti è necessario, essendo il sistema a due gradi di libertà, ssare un ingresso ed una uscita del rotismo. Secondo quanto appena detto, viene considerato il sistema secondo la seguente congurazione:

ˆ Sun gear: Input del sistema avente velocità di rotazione ωse numero di denti

Zs;

ˆ Ring gear: Output del sistema avente velocità di rotazione ωr e numero di

denti Zr;

ˆ Planet gear: Caratterizzata da una velocità di rotazione ωp e numero di denti

Zp;

ˆ Carrier: Caratterizzato da una velocità di rotazione Ωr.

Nella gura seguente vengono denite le velocità angolari dei singoli componenti precedentemente citati:

Figura 1.7: Denizione delle velocità angolari del rotismo

Le velocità relative della ruota solare (ωs0), della corona (ωr0) e dei satelliti

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ωs0 = ωs− Ω (1.4)

ωr0 = ωr− Ω (1.5)

ωp0 = ωp− Ω (1.6)

La velocità relativa dal carrier è nulla. Il rotismo può quindi essere considerato ordinario. Il rapporto di trasmissione viene calcolato, utilizzando le formule di Willis, nel seguente modo:

τsr0 = ωs− Ω ωr− Ω = −Zr Zs (1.7) τps0= ωp − Ω ωs− Ω = −Zs Zp (1.8) Dalla formula 1.7 è possibile ricavare la velocità di rotazione assoluta del carrier:

Ω = ωs 1 − τsr0

− τsr0ωr 1 − τsr0

(1.9) Mentre dalla formula 1.8, utilizzando la 1.10, è possibile calcolarsi la velocità di rotazione dei satelliti:

ωp =

−ωs+ τsp0(ωr− τps0ωr+ τps0ωs)

1 − τsr0

(1.10) Le formule sopra riportate permettono di trovare le velocità delle ruote dentate sia in congurazione planetary, ponendo ωr = 0, sia in congurazione star, ponendo

Ω = 0.

Dalle formule 1.4, 1.5 e 1.6 è possibile calcolarsi le velocità di ciascun componente per qualsiasi scelta dell'input e dell'output del sistema.

1.3.2 Vantaggi nell'utilizzo di rotismi epicicloidali

Ipotizzando che il solare abbia la funzione di ruota motrice e che il rotismo sia di tipo ordinario, la potenza persa nel sistema risulta essere:

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Pp = MmΩs(1 − η) (1.11)

Dove si è indicato con: ˆ Mm : Momento motore;

ˆ η : rendimento.

La potenza persa dal sistema può anche essere espressa in un altro modo, ovvero funzione del rendimento del rotismo reso ordinario:

Pp = Mm(Ωs− Ω)(1 − η0) (1.12)

in cui si è indicato con η0 il rendimento del rotismo ordinario.

dalle formule (1.11) e (1.12) è possibile ricavare il rendimento del rotismo epici-cloidale, la cui espressione è la seguente:

η = 1−ωs− Ω ωs

(1 − η0)



(1.13) I principali vantaggi dall'utilizzo dei rotismi epicicloidali possono essere riassunti in:

ˆ Elevato rendimento;

ˆ Elevati rapporti di trasmissione; ˆ Bassi ingombri.

Gli ingombri contenuti sono di fondamentale importanza per l'applicazione Gea-red Turbofan in quanto permettono di aumentare le dimensioni dei vani, posti tra rotore e statore, per la turbina e il Fan.

1.3.3 Sistemi di testing per le trasmissioni

L'ottimizzazione di una trasmissione passa attraverso la valutazione di alcuni para-metri quali:

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ˆ Ingombri; ˆ Rumorosità; ˆ Economicità;

In aggiunta a questi parametri, durante il dimensionamento, bisogna valutare la resistenza delle ruote soggette a fenomeni quali:

ˆ Pitting; ˆ Micropitting; ˆ Scung; ˆ Bending;

Tali valutazioni non possono prescindere dal campo di impiego della gearbox il quale può richiedere funzionamenti a regimi di coppia e velocità dierenti.

Le esigenze sopra elencate conducono alla necessità di eseguire procedure di prova che prevedano l'implementazione di spettri di carico anche piuttosto complessi ai ni di replicare con esattezza le eettive condizioni di esercizio.

L'idea più semplice di un banco prova (gura 1.8) è costituita da un motore per erogare la potenza necessaria alla gearbox e un freno per caricare il sistema in coppia. In questo meccanismo sono presenti diverse problematiche tra cui gli eccessivi consumi, alti costi di installazione dovuti alle dimensioni del motore e problemi nel rareddamento del sistema frenante.

L'economicità della prova e l'ecienza del banco sono state successivamente garantite da meccanismi di ricircolo di potenza.

In base al meccanismo con cui avviene il ricircolo della potenza, si possono classicare i banchi in due tipologie distinte:

ˆ a ricircolo di potenza elettrica; ˆ a ricircolo di potenza meccanica.

In questo lavoro di tesi verrà analizzato il banco prova a ricircolo di potenza meccanica progettato da Avio Aereo in collaborazione con l'università di Pisa. In particolare l'analisi della dinamica strutturale.

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Figura 1.8: Test rig implementante motore e freno

1.3.4 Banchi a ricircolo di potenza meccanica

La necessità di progettare sistemi per testare trasmissioni a elevate potenze conte-nendo i costi di esercizio ha portato alla diusione dei sistemi a ricircolo di potenza meccanica.

Tale tipo di ricircolo permette di implementare un collegamento back to back tra una trasmissione Test e una Slave identiche: questo consente di poter dimensionare il motore semplicemente basandosi sulla potenza dissipata dai rotismi. Essendo i ren-dimenti di questi sistemi molto elevati non si necessita di motori di taglia notevole e si riescono a contenere i costi di esercizio della fase testing. Lo svantaggio più signi-cativo è la necessità di avere due trasmissioni uguali con conseguente incremento dei costi di installazione.

Una delle necessità maggiori attribuibili alla fase di testing di una gearbox è l'in-troduzione di meccanismi per la variazione della coppia e delle velocità di rotazione applicate al Test Article al ne di simulare condizioni di prova il più possibili similari a quelle realmente agenti.

Il controllo della velocità di trascinamento può avvenire in due modi:

ˆ Mediante l'utilizzo di un motore in corrente continua controllandone la tensione di alimentazione;

ˆ Mediante l'utilizzo di un motore a corrente alternata comandato da un inverter per la variazione della frequenza di alimentazione.

Il meccanismo di applicazione della coppia del test rig FZG (gura 1.9), installato all'università di Monaco, è costituito da un giunto di accoppiamento posto

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sull'albe-Figura 1.9: Schema del test rig FZG

ro di interconnessione tra le due trasmissioni, il quale permette l'applicazione della coppia interponendo una rotazione relativa tra le due ange di quest'ultimo. La ci-nematica chiusa del ricircolo di potenza impedisce tale rotazione caricando in coppia il sistema.

In questa congurazione è presente un torsiometro sull'albero lento per la valu-tazione della coppia applicata e un motore dimensionato, come di consueto, per il reintegro delle perdite e per il trascinamento. Nel caso di due trasmissioni gemelle, le perdite del test article potranno essere valutate semplicemente come la metà delle perdite del banco. Il problema principale di questa soluzione è l'impossibilità di variare la coppia applicata durante il funzionamento del banco.

1.3.5 Schema concettuale banco prova a ricircolo di potenza

meccanico GTFTR

La congurazione del banco prova GTFTR è rappresentata dalla seguente gura:

Figura 1.10: Congurazione del banco GTFTR

il banco è costituito da un motore che fornisce la potenza di reintegro necessaria al banco per compensare le perdite e far raggiungere le velocità imposte da specica.

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Il moltiplicatore mette in comunicazione l'albero motore con la linea veloce del banco (HLS) portando in rotazione i solari del riduttore. nella zona slave gear box (SGB) e in quella test gear box (TGB) saranno installati i rotismi, di cui uno di supporto (zona slave). Nella zona TGB sarà quindi presente un sistema di applicazione della coppia.

Così facendo i due rotismi tenderebbero a ruotare relativamente. Essendo tale rotazione impedita si genererà il ricircolo di potenza meccanica. La rotazione viene ostacolata dall' albero di collegamento (low speed line LSL) tra i ring dei due rotismi. La velocità di rotazione di quest'ultimo sarà pari alla velocità di rotazione della linea veloce moltiplicato per il rapporto di trasmissione del rotismo.

Dovrà inoltre essere previsto un sistema di applicazione di carichi trasversali sulla trasmissione in modo da simulare eventuali condizioni di blade-o. Questa congu-razione viene ottenuta disassando la scatola TGB (Parallel oset (PO)), attraverso appositi sistemi, con la scatola back to back connectione e quella SGB, andando così a generare una forza ortogonale all'asse. Nella Figure 1.11 e ?? vengono riportate le immagini CAD del banco prova GTFTR in cui sono evidenziate le tre sezioni principali del sistema: Telaio, gruppo motore e gruppo banco:

Figura 1.11: Assonometria del banco GTFTR

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Figura 1.12: Sezione longitudinale del banco GTFTR

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Capitolo 2

Specica tecnica del banco:

condizioni di prova

All'interno di questo capitolo verranno presentate quelle che sono le richieste opera-tive del banco, e come queste inuenzano la risposta del sistema nelle condizioni di prova.

Si riechede che il banco possa:

ˆ alloggiare diverse tipologie di gear box;

ˆ eettuare i test sia in congurazione star che planetary; ˆ simulare condizioni operative controllate, in termini di:

 Spostamenti e rotazioni  Regimi di rotazione

Nelle Figure 2.1(a) e 2.1(b) vengono riportati gli inviluppi di prova in cui il banco dovrà operare.

L'inviluppo proposto per il banco (zona blu) è più ampio dell'inviluppo di pro-getto (zona verde) per rispettare la richiesta di poter testare più riduttori e simulare malfunzionamenti del sistema di regolazione del turbofan. I punti di funzionamento del banco sono identicati con la sigla SAGE (Sustainable And Green Engines) e appartengono all'area verde dell'immagine.

All'interno dell'inviluppo di progetto si riconoscono le seguenti condizioni di pro-va: overspeed (CSAGE43), overtorque (CSAGE41) e inne il design point, (CSAGE42).

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(a) (b)

Figura 2.1: Inviluppo di progetto del banco GTFTR Punto

CSAGE4

INGRESSO USCITA

Velocità

rpm CoppiaNm P.O.mm Velocitàrpm CoppiaNm P.O.mm

1 9800 18621 0.11 3200 57027 0.11

2 9800 13301 0.51 3200 40734 0.51

3 12043 13301 0.11 3932 40734 0.11

Tabella 2.1: Tabella relativa ai punti di funzionamento SAGE4 riguardanti ingresso e uscita

Nella Tabella 2.1 vengono riportati i valori numerici di coppia, velocità e di P.O. dei punti di funzionamento del sistema precedentemente descritti.

Una volta deniti i punti di funzionamento del banco si richiede che esso, durante le prove di endurance, della durata di 150 h, non operi in condizioni di risonanza, ovvero che non si stazioni alle sue velocità critiche (sia torsionali che essionali). Questa specica è fondamentale sia per l'integrità strutturale del banco sia per garantire la bontà dei risultati acquisiti, infatti a causa delle sovra sollecitazioni dinamiche i carichi in esercizio non saranno quelli previsti in condizioni statiche di progetto e questo sarà tanto più vero quanto più si è prossimi alle frequenze di risonanza. Si richiede quindi che il banco non lavori alle proprie frequenze di risonanza, sia torsionali che essionali.

Data la complessità del sistema banco, composto dal banco, motore e moltipli-catore e la conseguente impossibilità di cogliere tutti gli aspetti della dinamica me-diante approcci analitici, si è deciso di ricorrere ad una modellazione FEM dell'intero sistema per la determinazione delle sue frequenze naturali.

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validarlo, e per eettuare un'analisi di sensibilià ai principali parametri del sistema, è stato realizzato un modello a parametri concentrati torsionale del banco prova. Il modello FEM verrà poi validato anche dal punto di vista statico andando a con-frontare i valori delle reazioni vincolari calcolate dal FEM e quelle ricavate da un modello a parametri concentrati statico dello stesso. Quest'ultimo modello non farà parte del lavoro di questa tesi.

Nei prossimi capitoli verranno presentati in maniera dettagliata il modello a parametri concentrati torsionale e il modello FEM.

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Capitolo 3

Architettura del banco GTFTR

Nel seguente capitolo verrà presentato più in dettaglio il funzionamento del banco, i relativi componenti e le relative interconnessioni. Possiamo suddividere idealmente il banco il quattro macro gruppi:

ˆ motore ˆ linea veloce ˆ linea lenta

ˆ carter lato slave/test article

3.1 Gruppo motore

Il motore presente consente di fornire la potenza, di reintegro, dissipata dal sistema mettendo in rotazione il sistema. Si ha poi la presenza di due giunti a lamelle e un moltiplicatore. I giunti (exible coupling 1 e 2) hanno la funzione di scollegare essionalmente gli alberi ad essi connessi. Tra i due giunti a lamella è presente il moltiplicatore con ruote a denti dritti.

3.2 Gruppo linea veloce

Nella Figura 3.1 viene mostrata la linea veloce del banco, ovvero quella di input del sistema.

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Figura 3.1: Line veloce del banco GTFTR

ˆ Ring input shaft: è il primo componente del banco. La sue funzione è quella di collegamento con il gruppo motore. A sinistra è presente una angia che collega il giunto essibile numero due; mentre a destra presenta una spline essibile. Esso è supportato da due cuscinetti obliqui con sedi ricavate nel carter lato slave.

ˆ Quill shaft: Presenta alle estremità due proli scanalati essibili. Il loro scopo è quello di funzionare da cerniere sferiche per evitare che errori di mon-taggio possano andare pregiudicare il corretto funzionamento del sistema; nello specico il rotismo lato slave.

ˆ Sun shaft: albero di collegamento con il rotismo lato slave. Esso presenta a sinistra un prolo scanalato essibile, sul diametro interno, che va a collegarsi con il quill shaft. Sul diametro esterno invece è presente un prolo scanalato sso il quale va ad impegnarsi nel solare slave. A destra è presente un disco di spessore sottile. Questo disco ha la funzione di rendere il componente meno rigido essionalmentee e al contempo molto rigido torsionalmente.

ˆ Ghiera femmina femmina (Ferrule): Ghiera di collegamento tra sun shaft e inter shaft bearing. Anche qui il collegamento avviene con due proli scanalati rigidi.

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ˆ Inter shaft bearing: Albero di collegamento tra la zona slave e la zona testa article. Esso è supportato da due cuscinetti obliqui con sedi ricavate nel rig input shaft. Anch'esso presenta due proli scanalati alle estremità per consentire al sistema di trasmettere coppia e collegarsi agli alberi adiacenti. ˆ Flexible shaft test article side: la caratteristica principale di questo albero

è quella di assecondare il parallel oset applicato al sistema, ovvero avere una rigidezza essionale molto bassa per non andare a sovraccaricare i cuscinetti e il rotismo test article. Per ottenere questo sono presenti anche qui due dischi di piccolo spessore. Il primo ricavato direttamente sull'albero; il secondo collegato ad esso attraverso un prolo scanalato rigido. Questo secondo disco prende il nome di Bendix.

ˆ Supporting shaft: è un componente torsionalmente scarico con la funzione di supporto del bendix (quindi di tutta la linea veloce). Esso è supportato da due cuscinetti a rulli che si caricheranno quando al sistema verrà applicato il parallel oset.

ˆ Adapter: è il componente che collega il banco (linea veloce) con il rotismo lato test article. Questi ultimi tre componenti, ovvero bendix, supporting shaft e Adapter sono collegati tra di loro tramite una angia bullonata.

Dal componente Adapter si collega poi l'albero denominato input shaft che metterà in rotazione il solare del test article. Questi componenti non verranno qui descritti perché coperti da segreto industriale.

3.3 Gruppo linea lenta

In Figura 3.2 viene evidenziata la linea lenta del sistema, ovvero quella di output dell'inviluppo precedentemente descritto.

ˆ Output shaft:in questo componente verrà alloggiato il ring del rotismo test article, collegati tra di loro attraverso una angia bullonata. Esso si collegherà al rig input shaft tramite un prolo scanalato rigido ed un collegamento bul-lonato. Le medesime connessioni saranno presente anche sul componente lato slave.

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Figura 3.2: Line lenta del banco GTFTR

ˆ Rig input shaft:Esso è supportato sul diametro esterno da un cuscinetto a tre contatti e da due cuscinetti radiali con sedi ricavata nella colonna centrale, considerata innitamente rigida. all'interno del rig input shaft ci sono due sedi per alloggiare i due cuscinetti obliqui dell'inter shaft bearing che permettono ai due componenti di ruotare a diversa velocità.

3.4 Gruppo carter lato slave

Nella Figura 3.3 vengono riportati i componenti lato slave. All'interno del gruppo è presente un torsiometro per la misurazione della coppia. I vari componenti sono interconnessi tramite ange bullonate.

3.5 Gruppo carter lato test article

Nella Figura 3.4 viene riportato il carter lato test article. Anche in questo i com-ponenti sono interconnessi attraverso ange bullonate. Si può notare inoltre la pre-senza del sistema di messa in coppia. Essa viene applicata attraverso dei martinetti idraulici collegati con il carter tramite due snodi sferici.

Oltre al sistema di messa in coppia è presente anche una ralla la quale permette al sistema carter lato slave, ruotando in maniera eccentrica rispetto all'asse di rotazione del banco, di applicare il parallel oset.

(31)

Figura 3.3: Carter lato slave article del banco GTFTR

(32)
(33)

Capitolo 4

Modello torsionale a parametri

concentrati

Per poter validare il modello FEM dal punto di vista della dinamica torsionale è stato sviluppato un modello analitico per studiare tale fenomeno.

Lo scopo del modello è quello di ottenere le prime pulsazioni proprie (torsionali) del banco, con le relative forme modali e confrontare questi risultati con quelli otte-nuti con il modello agli elementi niti. Nel modello analitico è stata scelta la strada di adottare il minor numero possibile di gradi di libertà per avere un modello facil-mente gestibile, ma adeguatafacil-mente rappresentativo. Questo per avere un modello facilmente gestibile e analizzare l'inuenza che la variazione di questi parametri ha sulla risposta dinamica del banco.

Per per realizzare il suddetto modello sono state fatte le seguenti ipotesi: ˆ Assenza di smorzamento;

ˆ Ruote dentate: Mesh stiness innita, smorzamento nullo e backlash assente; ˆ Rigidezza torsionale degli accoppiamenti secondari innita (spline rigide e

essibili);

ˆ Disaccoppiamento vibrazioni esso-torsionali (rigidezza radiale dei cuscinetti innita);

(34)

ˆ I rotismi sono considerati innitamente rigidi con inerzia di massa dei loro componenti trascurabile, ipotesi che si traduce nel considerare il solo accop-piamento cinematico del riduttore.

Lo smorzamento è stato considerato trascurabile in quanto per la valutazione delle pulsazioni naturali del sistema ne risultano poco inuenzate.

Considerando il sistema rappresentato in gura 4.1 in cui è presente una massa, uno smorzatore e una molla, è possibile capire l'eetto che lo smorzamento ha sulle frequenze naturali del sistema.

Figura 4.1: Sistema massa molla smorzatore L'equazione dinamica del sistema rappresentato in gura è:

m¨x + c ˙x + kx = 0 (4.1)

Considerando il caso con smorzamento nullo (c = 0), dall'equazione dinamica (4.1) del sistema è possibile calcolare la sua pulsazione propria la cui espressione è di seguito riportata:

ωn=

r k

m (4.2)

Dove k rappresenta la rigidezza della molla, mentre m la massa del corpo ad essa collegata.

L'espressione della pulsazione naturale del sistema non smorzato è rappresenta-bile come:

ωs = ωn(1 − ζ2) (4.3)

Dove ζ rappresenta lo smorzamento relativo denito nel seguente modo: ζ = c

ccr

(35)

Dove ccr rappresenta lo smorzamento relativo:

ccr = 2

km (4.5)

Per la maggior parte dei sistemi meccanici la ζ è piuttosto piccola (ζ < 0.1). Per avere un ordine di grandezza dell'eetto che lo smorzamento ha sul valore delle pulsazioni proprie, viene di seguito preso il caso con ζ = 1. La pulsazione propria del sistema smorzato risulta quindi essere:

ωs= ωn0.995 (4.6)

Questo dimostra come i due valori (ωs e ωn) dieriscano di una quantità tale da

rendere lo smorzamento trascurabile.

Il materiale è stato supposto omogeneo , isotropico, elastico e lineare con le seguenti proprietà:

ˆ E = 206GP a (modulo di Young); ˆ ρ = 7850 kg/m3

ˆ ν = 0.29

Per ogni componente è stata calcolata la propria rigidezza torsionale attraverso formule analitiche quando il componente poteva essere considerato trave, ovvero sfruttando un software agli elementi niti (ANSYS) nel caso in cui questa assunzione non poteva venir fatta. Nello specico sono state utilizzate formule analitiche per i seguenti componenti: quill shaft, Inter shaft e exible shaft test article side; per i restanti corpi sono stati utilizzati modelli FEM. Il valore di rigidezza torsionale è stato ottenuto vincolando il componente in maniera tale da potergli applicare una rotazione della sezione di estremità, diretta secondo l'asse longitudinale del corpo, e calcolare la reazione vincolare nella sezione vincolata. Questo valore, diviso per la rotazione data alla sezione rappresenta la rigidezza torsionale del componente. I valori di inerzia sono stati ricavati dal modello cad del banco, mentre quella del motore (parte rotorica) e delle ruote dentate del moltiplicatore di velocità sono state prese da catalogo così come le rigidezze dei giunti a lamelle.

Partendo dall'immagine precedente è stato possibile ricavare uno schema concet-tuale del banco mostrato nella gura seguente:

(36)

Figura 4.2: Cross section del banco GTFTR

Figura 4.3: Schema concettuale modello a parametri concentrati e numerazione componenti

Nella tabella seguente vengono riportati i componenti, i relativi codici con le rispettive inerzie e rigidezze.

inseriretabellaparametriconcentrati

4.1 Schema a parametri concentrati: coordinate

la-grangiane

Per calcolare le frequenze proprie torsionali del sistema ed i relativi modi propri di vibrare sono state utilizzate le equazioni di Lagrange, di seguito riportate:

d dt( ∂L(q, ˙q) ∂ ˙q ) − ∂L(q, ˙q) ∂q = 0 (4.7)

(37)

Dove L(q, ˙q) rappresenta appunto il Lagrangiano del sistema la cui espressione è ottenuta dalla dierenza tra l'energia cinetica del sistema T ( ˙q) e della sua energia potenziale U(q). L'espressione del Lagrangiano è la seguente:

L(q, ˙q) = T ( ˙q) − U (q) (4.8)

Per l'identicazione delle coordinate lagrangiane viene riportato lo schema del modello a parametri concentrati (Figura 4.4) e la tabella 4.1 in cui vengono riportati i componenti a cui esse si riferiscono:

Figura 4.4: Schema concettuale modello a parametri concentrati e numerazione componenti

COMPONENTE COORDINATE LAGRANGIANE

Motore elettrico q1

Primo giunto a lamelle (SX) q2

Primo giunto a lamelle (DX) q3

Corona moltiplicatore q4

Secondo giunto a lamelle (SX) q5

Secondo giunto a lamelle (DX) q6

SGB Solare q7 SGB Portasatellite q8 SGB Albero di uscita q9 Albero di connessione q10 PGB Albero di uscita q11 PGB Solare q12 PGB Portasatellite q13 SGB Supporto statico q14 PGB Supporto statico q15

(38)

Le rigidezze Keq1 e Keq2 rappresentano la serie delle rigidezze degli alberi della

linea veloce.

Per quanto riguarda i componenti che hanno una inerzia non trascurabile è stata utilizzata questa schematizzazione: Figura 4.5

(a) Componente generico (b) Modellazione componente

Figura 4.5: Schematizzazione corpo con inerzia

Nella gura 4.5(a)a si vede il componente caratterizzato da un inerzia torsionale I e una rigidezza torsionale kt calcolata ruotando la sezione B rispetto alla sezione

A.

L'inerzia è stata concentrata nella sezione di mezzeria del componente e collegata al telaio con due molle avente rigidezza pari al due volta kt (k1 = 2kt), uguali per

ragioni di simmetria. Per avere un livello di schematizzazione più accurato è possibile modellare il componente nel seguente modo, ovvero aumentare il numero di gradi di libertà:

Figura 4.6: Schema concettuale modello a parametri concentrati e numerazione componenti

in cui k:

ˆ n: numero di gradi di libertà (numero di inerzie concentrate) ˆ k1 = ki = kn= (n + 1)kt

ˆ I1 = Ii = In= In

Seguendo questa logica i componenti output shaft, rig input shaft e i due carter sono stati schematizzati utilizzando un solo grado di libertà; nello specico:

(39)

ˆ keq4: rappresenta il doppio della rigidezza torsionale del componente output

shaft;

ˆ keq3: rappresenta la serie del doppio delle rigidezze torsionali dell'output shaft

e del ring input shaft.

ˆ keq5: rappresenta il doppio della rigidezza torsionale del componente carter

lato slave;

ˆ keq6: rappresenta il doppio della rigidezza torsionale del componente carter

lato test article;

mentre le inerzie equivaenti che vanno da 1 a 5 sono le inerzie calcolate dal CAD dei componenti sopra citati.

Nel sistema, oltre alle coordinate Lagrangiane, indipendenti, sono presenti anche delle coordinate che dipenderanno da esse. Queste riguardano il moltiplicatore e il rotismo.

Prendendo ad esempio il moltiplicatore e scegliendo come coordinata lagrangiana la rotazione della corona è possibile ottenere la rotazione del pignone dalla seguente relazione:

q20 = −τM LTq4 (4.9)

dove si è indicato con τM LT il rapporto di trasmissione del moltiplicatore.

Per quanto riguarda il rotismo epicicloidale, sono state scelte come coordinate lagrangiane le rotazioni del solare e del portasatellite. Il sistema risulterà quindi completamente denite, dal punto di vista cinematico, dalle seguenti relazioni:

q16= (1 + τ1)q8− τ1q7 (4.10)

q18= (1 + τ1)q13− τ1q12 (4.11)

Questa relazione denisce la rotazione dei satelliti in cui si è indicato con τ1 il

rapporto di trasmissione del rotismo reso ordinario tra la ruota solare e la ruota satellite.

(40)

q19 = τ2(q13− q12) + q13 (4.13)

Questa relazione invece denisce la rotazione della ruota corona in cui è stato indicato con τ2 il rapporto di trasmissione del rotismo reso ordinario tra la ruota

corona e la ruota solare.

4.2 Calcolo dei modi di vibrare e delle frequenze

naturali torsionali

Una volta denito il vettore delle coordinate lagrangiane è stato possibile calcolare l'energia cinetica e potenziale dei singoli componenti e ottenere quindi la matrice di massa modale M e la matrice di rigidezza modale K.

L'espressione di equilibrio dinamica in forma generale può essere espressa nel seguente modo:

M¨θ + C ˙θ + Kθ = F(t) (4.14)

Dove:

ˆ M ∈ Rn: matrice di massa del sistema di dimensione n pari al numero di

coordinate lagrangiane;

ˆ C ∈ Rn: matrice di smorzamento del sistema di dimensione n;

ˆ K ∈ Rn: matrice di rigidezza del sistema di dimensione n;

ˆ θ ∈ Rn: vettore delle coordinate lagrangiane di dimensione n.

In funzione delle ipotesi fatte, la matrice di smorzamento e il vettore delle forzanti possono essere trascurate. L'espressione dell'equilibrio dinamico diventa quindi:

M¨θ + Kθ = 0 (4.15)

Dall'espressione (4.15), utilizzando il software Mathematica, è stato possibile scrivere un algoritmo che fosse in grado di estrarre, dalle equazioni dinamiche, le due matrici di massa e rigidezza.

(41)

Nella tabella 4.2 seguente sono riportati i valori di rigidezza e di inerzia per ogni singolo componente:

Component Code Inerzia Stiness

E. Motor 1 IM T R

-Motor Shaft 2 IM T S kM T R

Flexible Coupling 1 3 IF C1 kF C1

Driving gear wheel shaft 4 - kCRN

Driving gear wheel 5 ICRN

-Driven gear wheel 6 IP N G

-Driven gear wheel shaft 7 - kP N G

Flexible Coupling 2 8 IF C2 kF C2

Rig Input Shaft 1 9 IQS1 kQS1

Quill Shaft 1 10 IQS2 kQS2

Sun Shaft 11 ISS1 kSS1

Inter Shaft Bearing 12 IISB kISB

Input shaft exible TA side 13 ISS2 kSS2

Supporting shaft 14 ILS kLS

Input shaft 15 IIS kIS

Output shaft TA 16 IGCT A kGCT A

Ring shaft 17 IRS kRS

Output shaft SLA 18 IGCLS kGCLS

Carter SLA 19 - kCSLA

20 ICSLA

-Carter TA 21 - kCT A

22 ICT A

-Tabella 4.2: -Tabella nomenclatura componenti

Le caselle contrassegnate con il simbolo  stanno ad indicare che i valori di inerzia e di rigidezza sono o trascurabili o non necessari allo scopo. Ad esempio il componente supporting shaft svolge solo una funzione di supporto dei cuscinetti a rulli per l'albero veloce, quindi la sua rigidezza non rientra nel sistema.

4.3 Calcolo delle pulsazioni proprie

Per poter calcolare le pulsazioni proprie del sistema si parte dall'equazione di equi-librio dinamica scritta in precedenza (4.15). si suppone per esse una soluzione del tipo:

(42)

               θ1 = Θ1eıωt θ2 = Θ2eıωt . . . θn= Θneıωt (4.16)

Dove con Θ1 si è indicata l'ampiezza della risposta del sistema ( in generale un

numero complesso), con ı l'unità immaginaria e con ω la pulsazione naturale. Dal sistema (4.16) è possibile ottenere il vettore delle accelerazioni (¨θ) di seguito riportato:                θ1 = −ω2Θ1eıωt θ2 = −ω2Θ2eıωt . . . θn= −ω2Θneıωt (4.17)

Sostituendo questi vettori nell'equazione della dinamica 4.15 si arriva alla se-guente formulazione della stessa:

−ω2MΘeıωt+ Kθeıωt = 0 (4.18)

Mettendo in evidenza i termini in comune otteniamo:

(K − ω2M)Θeıωt = 0 (4.19)

Considerando che il termine esponenziale risulta essere sempre diverso da 0 l'equazione, in denitiva viene scritta nel seguente modo:

(K − ω2M)Θ = 0 (4.20)

Dove il termine Θ, di dimensioni n, rappresenta il vettore delle ampiezze del sistema.

Perché l'equazione 4.23 dia una soluzione non banale è necessario che il deter-minante della matrice (K − ω2M ) sia nullo. L'equazione così ottenuta (equazione

(43)

(ω2)2+ a1(ω2)n−1+ a2(ω2)n−2+ · · · + an−1ω2+ an = 0 (4.21)

Le cui radici rappresentano le pulsazioni proprie torsionali del sistema:

ω1 ≤ ω2 ≤ ω3 ≤ · · · ≤ ωi ≤ · · · ≤ ωn (4.22)

Sostituendo la i-esima pulsazione propria del sistema nell'equazione 4.23 ottenia-mo:

(K − ω2iM)Θi = 0 (4.23)

Essendo il rango della matrice (K − ω2

iM) pari a n − 1 e il vettore delle incognite

Θi di dimensioni n; esisteranno quindi ∞1 soluzioni. Per indicare il vettore delle

soluzioni verrà utilizzata la seguente nomenclatura:

Θi =       θi1 θi2 . . . θin       (4.24)

Dove la generica componente del vettore Θi ha come primo pedice il numero

della pulsazione propria e come secondo pedice in lumero corrispondente al grado di libertà, ovvero alla coordinata lagrangiana.

Le componenti della forma modale sono note a meno di una costante e rappresen-tano solo la forma modale della deformata e non i valori eettivi degli spostamenti. Il valore da attribuire a questa costante è stato scelto in maniera tale che:

ΘTiΘi = 1 (4.25)

Di seguito vengono riportati i valori delle pulsazioni naturali del sistema, il quale, avendo 15 gradi di libertà, avrà 15 pulsazioni proprie:

Dalla tabella 4.3 sopra esposta si può notare che la prima pulsazione propria sia nulla. Questo deriva dal fatto che il meccanismo considerato ha un grado di libertà cinematico ( da non confondere con le coordinate lagrangiane).

(44)

Modo Frequenza propria [Hz] 1 0 2 36.0 3 89.1 4 194.9 5 239.1 6 245.5 7 331.3 8 492.6 9 552.8 10 693.0 11 730.63 12 982.0 13 1305.4 14 3439.1 15 3485.9

Tabella 4.3: Tabella frequenze proprie torsionali

4.4 Calcolo modi propri di vibrare

I modi propri di vibrare vengono calcolati andando a sostituire nell'espressione della dinamica il valore delle varie pulsazioni proprie. Di seguito, a titolo esemplicativo, vengono riportati i primi due modi di vibrare e le relative forme modali.

4.4.1 Primo modo proprio di vibrare torsionale

Il primo modo proprio di vibrare si manifesta ad una frequenza di 36.0Hz. Il vettore del primo modo proprio viene di seguito riportato:

(45)

Θi =                                  0.388932 0.261936 0.223564 −0.0161144 0.100226 0.127152 0.522651 −0.190552 −0.190995 −0.191122 0.566522 −0.014748 −0.00451759 −0.00163068 −0.000446129                                  (4.26)

Per una più chiara rappresentazione dei modi e dei punti nodali, utilizzati in seguito per validare il modello FEM, viene di seguito riportato in graco, sovrapposto alla cross section del banco, del primo modo proprio. i valori numerici rappresentano le ampiezze (relative) delle rotazioni derivanti dalla normalizzazione eettuata.

Figura 4.7: Primo modo proprio torsionale. I valori in gura rappresentano le rotazioni delle inerzie, ovvero delle coordinate lagrangiane e sono denite a meno di una costante moltiplicativa.

i valori delle rotazioni delle coordinate dipendenti, ovvero della rotazione del pignone, dei satelliti e del ring del riduttore, sia sul lato slave sia su quello test article, sono state ricavate dalle relazioni di congruenza denite precedentemente.

(46)

4.4.2 Secondo modo proprio di vibrare torsionale

Il secondo modo proprio di vibrare si manifesta ad una frequenza di 89.1Hz. Viene di seguito riportato il vettore rappresentativo del modo in questione:

Θi =                                  −0.0324496 0.0324225 0.0502212 0.147886 −0.698818 −0.667458 0.0626048 −0.062411 −0.0632609 −0.0634677 0.150654 −0.0313526 −0.0107311 −0.00407508 −0.00109063                                  (4.27)

Come fatto in precedenza viene riportato il modo proprio di vibrare sulla cross section del banco:

Figura 4.8: Primo modo proprio torsionale. I valori in gura rappresentano le rotazioni delle inerzie, ovvero delle coordinate lagrangiane e sono denite a meno di una costante moltiplicativa.

(47)

4.4.3 Analisi sensibilità modello analitico della dinamica

tor-sionale

Utilizzando il modello analitico è stato possibile implementare una procedura, uti-lizzando il comando manipulate di Mathematica, in grado di far variare i parametri di rigidezza e di inerzia di tutti i componenti e valutare l'eetto che questo ha sui valori delle pulsazioni proprie. Sono stati fatti variare i parametri di più o meno il 25% rispetto alla situazione di partenza, analizzando le variazioni sulle prime tre frequenze proprie. Quest'analisi ha evidenziato che:

ˆ Ia frequenza propria: I parametri che maggiormente inuenzano questa

fre-quenza sono da individuare nella zona lato motore. Infatti variazioni del 25% dell'inerzia del motore hanno fatto registrare una variazione massima di circa 5 Hz sulla frequenza propria; in secondo piano la rigidezza dell'albero motore e dell'albero della corona facendo registrare una variazione di 3 Hz. Tutti gli altri parametri hanno un eetto nullo su tale frequenza, infatti hanno fatto registrare variazioni minori all'Hz;

ˆ IIa frequenza propria : In questo caso i parametri individuati sono il quill

shaft e l'inerzia del giunto a lamelle numero due. Le variazioni registrate sono dell'ordine della decina di Hz. Anche qui gli altri componenti hanno avuto un eetto secondario, infatti hanno fatto registrare variazioni dell'ordine dell'Hz; ˆ IIIa frequenza propria : La terza frequenza propria è invece inuenzata

forte-mente dalla rigidezza del carter lato slave article e dalla sua inerzia. Questi parametri hanno fatto registrare variazioni dell'ordine rispettivamente di 25 Hz e di 15 Hz.

Quest'analisi da la possibilità al progettista di individuare, velocemente, su quali leve può agire per spostare le frequenze torsionali.

(48)
(49)

Capitolo 5

Modello agli elementi niti e

validazione

In questo capitolo verranno descritti in maniera dettagliata tutti i componenti che compongono il banco, come questi sono collegati e la loro modellazione all'interno del software agli elementi niti.

5.1 Linea motore

Figura 5.1: Linea motore

5.1.1 Motore elettrico

Il primo elemento della linea è il motore elettrico, che ha la funzione di trascinare il banco e reintegrare la potenza dissipata con dagli attriti. In Tabella 5.1 sono

(50)

riportate le caratteristiche principali, utilizzate in questa analisi, del motore. Componente Massa [kg] Inerzia parte rotorica [kgm2]

Motore elettrico 150 5.75

Tabella 5.1: Parametri motore elettrico

All'interno del modello FEM il motore è stato schematizzato come una mass211

a cui sono state assegnate le caratteristiche inerziali rispetto agli assi principali; il motore ha una geometria cilindrica con l'asse del cilindro parallelo a quello di rotazione e coincidente con l'asse x del banco. La massa viene collocata a metà di un elemento beam che schematizza l'albero motore.

5.1.2 Giunto essibile

Il motore si collega successivamente al moltiplicatore di giri attraverso un giunto essibile, questo componente permette la trasmissione del moto rotatorio e della coppia, mentre risulta molto cedevole essionalmente, permettendo quindi di risol-vere problemi di disallineamento quali ad esempio errori di montaggio. All'interno del modello FEM questo componente viene schematizzato come un collegamento elastico tra l'albero del motore e quello del corona del moltiplicatore utilizzando gli elementi COMBIN14. Tale collegamento è stato eettuato con 6 molle, una per ogni grado di libertà i cui valori di rigidezza sono stati presi da catalogo.

Componente rigidezza torsionale [M N m

rad ] Inerzia torsionale [kgm 2]

Giunto a lamelle n°1 3.10 0.657

Giunto a lamelle n°2 0.92 0.153

Tabella 5.2: Parametri giunti a lamelle

Un altro giunto viene collocato tra l'uscita del moltiplicatore e l'ingresso al banco propriamente detto.

5.1.3 Moltplicatore

Per coprire tutti i regimi di rotazioni necessari ai test viene utilizzato un molti-plicatore di giri, in particolare un moltimolti-plicatore con ruote a denti dritti e con due

(51)

rapporti di trasmissione, rispettivamente di 3.2 e 4.8. La variazione tra i due rapporti di trasmissione, τ, viene eseguita facendo traslare il blocco motore di 500 mm.

All'interno del modello FEM il moltiplicatore è stato modellato mediante due elementi beam (innitamente rigidi) di lunghezza pari al raggio di base delle due ruote dentate e collegati tra loro mediate una molla di rigidezza pari alla rigidezza di mesh il cui valore è stato ricavato dalla specica tecnica del produttore. In tabella 5.3 vengono riportati i valori utilizzati.

Diametro pignone [mm]

Diametro corona [mm]

Rapporto di

trasmissione ingranamento [Rigidezza diGN m ]

96 460.8 4.8 2

96 307.2 3.2 2

Tabella 5.3: Parametri moltiplicatore

5.2 Linea veloce

Figura 5.2: Linea veloce

5.2.1 Tipologie di accoppiamento utilizzate nel modello FEM

Prima di presentare i modelli dei componenti del banco viene mostrato un dettaglio su come sono state ricreate le connessioni tra i componenti stessi, questo in quanto si hanno essenzialmente cinque tipologie di connessioni:

(52)

ˆ Connessioni con cuscinetti radiali e assiali ˆ Connessioni con cuscinetti obliqui

ˆ Connessioni con proli scanalati rigidi ˆ Connessioni con proli scanalati essibili ˆ Connessioni con ange bullonate

Connessioni con cuscinetti radiali e assiali

Per realizzare questo tipo di connessione vengono selezionati i nodi della maglia del componente che giacciono sulla supercie esterna in contatto con il cuscinetto; gli spostamenti di questi nodi vengono vincolati allo spostamento del nodo master ,po-sto sull'asse di rotazione, attraverso delle constraint equations, in particolare rbe3. Dato che il nodo master può trasmettere solo forze e non può quindi essere vincolato, quest'ultimo viene collegato rigidamente attraverso sei molle ad un secondo nodo, detto pilot, in questo modo è possibile applicare sia forze che spostamenti imposti al componente o all'assieme. In gura 5.3(a) si è denito con Ae e Ai rispettivamen-te l'inrispettivamen-terfaccia con l'anello esrispettivamen-terno e con l'anello inrispettivamen-terno del cuscinetto, inrispettivamen-terfacce appartenenti a componenti diversi.

(a) Modello

di cuscinetto (b) Connessione Master-Pilot

Figura 5.3: Modello dell'interfaccia di collegamento

Il collegamento tra due corpi avviene quindi tra i rispettivi nodi pilot degli rbe3. La connessione tra i nodi pilot può essere di due tipi, rigida attraverso i cp che vincolano gli spostamenti/ rotazioni relative, oppure con delle molle per simulare la rigidezza del cuscinetto nella direzione in cui agisce, assiale o radiale, come mostrato in gura 5.4(a) e 5.4(b).

(53)

(a) Schema di collegamento 1 (b) Schema di collegamento 2

Figura 5.4: Modello FEM della connessione Connessioni con cuscinetti obliqui

Per i cuscinetti obliqui vale quanto detto precedentemente per quelli radiali/assiali salvo per la posizione del nodo master nonché di quello pilot che non si trova centrato rispetto alla supercie del cuscinetto bensì spostato nel centro di spinta del supporto, in base all'angolo α del cusicnetto stesso, gura 5.5. Una medesima congurazione è posta sull'altro componente, successivamente vengono realizzati i collegamenti di gura ??

Figura 5.5: Modello di cuscinetto obliquo

Connessioni con proli scanalati rigidi

I proli scanalati rigidi all'interno del modello sono realizzati mediante tre superci, due cilindriche per il centraggio relativo tra gli alberi e una supercie scanalata per la trasmissione della coppia. Questa connessione viene modellata con tre distinti rbe3, uno per ogni supercie. Gli rbe3 delle superci di centraggio vincolano i componenti ad avere lo stesso spostamento in quel punto, mentre gli rbe3 centrali sono vincolati alla sola torsione, i vincoli relativi tra i due nodi sono schematizzati in gura 5.6. In gura ?? lo schema.

(54)

(a) Modello di prolo

scanala-to rigido (b) Modello della connessione

Figura 5.6: Modello FEM della connessione Connessioni con proli scanalati essibili

Quanto detto per gli scanalati rigidi vale anche per quelli essibili in questo caso viene fatta la connessione solo nella supercie centrale ne risulta che il giunto è privo degli elementi di centraggio. In gura 5.7 lo schema della connessione.

Figura 5.7: Modello di prolo scanalato essibile Connessioni con ange bullonate

Per quanto riguarda tutte le connessioni bullonate sono stati inseriti nelle super-ci in contatto due tipi di elementi, gli elementi CONTA su una supersuper-cie, e quelli TARGET sull'altra, l'accoppiamento viene impostato come bonded ovvero comple-tamente vincolato, in questo modo si realizza una saldatura dei due componenti, come mostrato in gura 5.8 .

(55)

Figura 5.8: Modello di giunzione bullonata

5.2.2 Rig input shaft

Il rig input shaft è il componente di ingesso al banco, ovver quello che si interfaccia con la linea motore.

(a) Modello CAD (b) Modello semplicato

Figura 5.9: Geometria del rig input shaft

In gura 5.9(a) è mostrata la geometria CAD dell'interfaccia alla linea veloce, mentre nella gura 5.9(b) invece si mostra la geometria semplicata che è stata implementata nel modello.

Le semplicazioni introdotte riguardano quegli elementi che avrebbero impedito una mesh di rivoluzione. Sono stati per cui rimossi piccoli forellini di adduzione olio, gole di scarico e scalanature varie. Questi interventi locali non pregiudicano la bontà del modello in quanto lo scopo principale è l'analisi dinamica dell'assimeme; infatti gli eetti sui modi propri del singolo componente si manifestano a frequenze molto più elevata rispetto a quelle di interesse del banco.

(56)

Si fa notare che il riempimento dei fori della angia non rientra nelle semplica-zioni in quanto i fori dei componenti, una volta montati, sono riempiti dallo stelo della vite.

Per la realizzazione del modello è stato utilizzato l'elemento brick a otto nodi, ciascuno con tre gradi di libertà.

(a) Modello FEM (b) Interfacce del modello

Figura 5.10: Modello FEM del rig input shaft

Per la determinazione della dimensione minima dell'elemento è stata eseguita un'analisi di convergenza inttendo la mesh in modo che ogni maglia più tta fosse contenuta nella precedente.

In appendice A viene riportato l'ultimo step dell'analisi di convergenza tra la maglia che garantisce la convergenza ed una piu tta, sia per questo componente che per tutti gli altri. Il criterio di convergenza è denito come:

fi j − f i+1 j fi j ≤ 5% dove con fi

j si intende la frequenza del modo j-esimo, espressa in Hertz, relativa

allo step di inttimento i-esimo della maglia del componente. In componenti ad ele-vato numero di elementi si è ammessa una tolleranza maggiore in quanto l'aumento del numero degli elementi non avrebbe comportato un miglioramento della soluzione a scapito di un aumento notevole del tempo di calcolo.

Il rig input shaft presenta tre interfacce, visibili in gura 5.10(b): la angia con il secondo giunto essibile della linea motore, i cuscinetti e il prolo scanalato essibile con il quill shaft.

(57)

All'interno del modello FEM queste interfacce sono state inserite con la seguente modellazione:

Flangia i nodi della angia vengono connessi ad un nodo piloto con gli rbe3 , questo poi vincolato alla linea motore.

Cuscinetti i cuscinetti vengono modellati come descritto nel paragrafo 5.2.1. Que-sta connessione è con la Part_44

Prolo scanalato la connessione è tra il rig input shaft e il quill shaft, si tratta di un prolo scanalato essibile, la cui modellazione è riportata nel paragrafo 5.2.1.

5.2.3 Quill shaft

Il secondo componente delle linea veloce è il quill shaft, gura 5.11.

(a) Modello CAD (b) Modello semplicato

Figura 5.11: Geometria del Quill shaft

Questo elemento congiunge la linea motore con il ricircolo di potenza, infatti è caricato solo da coppia torcente; in particolare dalla coppia di reintegro.

questo componente ha principalmente due interfacce

Motor ex spline il collegamento con la precedente Part_24, quindi lato motore Rig ex spline che si interfaccia con la Part_647

entrambe le connessioni permettono la sola trasmissione della coppia e il cen-traggio radiale del prolo scanalato nella sua sede.

(58)

(a) Modello FEM (b) Interfacce del modello

Figura 5.12: Modello FEM del quill shaft

5.2.4 Sun shaft

Questo componente presenta principalmente tre interfacce:

(a) Modello CAD (b) Modello semplicato

Figura 5.13: Geometria del sun shaft

Scanalato essibile Precedentemente descritta che connette il sun shaft all quill shaft

Solar ex spline Connessione tra l'albero e la ruota del solare, ralizzata con un prolo scanalato essibile.

Rigid spline Il Sun shfat possiede un prolo scanalato rigido che lo interfaccia con la ghiera femmina-femmina.

(59)

(a) Modello FEM (b) Interfacce del modello

Figura 5.14: Modello FEM del sun shaft

Una caratteristica fondamentale di questo componente è la presenza di un disco sottile, detto bendix, che collega l'albero allo scanalato rigido. Il bendix è una geometria necessaria per introdurre una cedevolezza di tipo essionale. Lo scopo di questo elemento è quello di svincolare l'azione torsionale da quella essionale; è inoltre funzionale alla ridistribuzione dei carichi sui cuscinetti in caso di errori di montaggio.

5.2.5 Ghiera di collegamento

Si riporta la modellazione della ghiera di collegamento tra la Part_647 e Part_644 in gura 5.15.

(a) Modello CAD (b) Modello semplicato

(60)

(a) Modello FEM (b) Interfacce del mo-dello

Figura 5.16: Modello FEM della ghiera

5.2.6 Inter shaft bearing

(a) Modello CAD (b) Modello semplicato

Figura 5.17: Geometria dell'inter shaft bearing

L'inter shaft bearing è il componente che collega i due alberi essibili, da un lato il Sun shaft e dall'altro il exible shaft. Questo componente ha tre interfacce: Scanalato ridigo SLV Collegamento con la ghiera lato slave, ovvero con il sun

shaft

Rigid spline TA collegamento con il exible shaft lato test

Cuscinetti la Part_644 è riferita al ring shaft mediate due cuscinetti obliqui. In gura 5.17 si mostra la modellazione dei vincoli sopracitati.

(61)

(a) Modello FEM (b) Sezione del modello

Figura 5.18: Modello FEM del sun shaft

Figura 5.19: Interfacce del modello

5.2.7 Flexible shaft

(a) Modello CAD (b) Modello semplicato

Figura 5.20: Geometria del exible shaft

Il exible shaft è uno dei componenti chiave di questo banco, la sua funzione è quella di permettere al banco nel lato test di introdurre il carico dovuto al Parallel

(62)

oset. Questa funzione gli è permessa dai due bendix che si trovano alle estremità. Il exible shaft ha due interfacce, entrambe sono proli scanalati rigidi, la cui modellazione è già stata trattata. In gura 5.22 viene riportata la modellazione FEM del componente.

(a) Modello FEM (b)

Sezione del modello

Figura 5.21: Modello FEM del sun shaft

Figura 5.22: Interfacce del modello

5.2.8 Bendix

Il bendix è un componente la cui funzione è quella di inserire una cedevolezza es-sionale per limitare quelli che sono i carichi dovuti al parallel oset2 e/o ad errori

di montaggio, questo disassamento è applicato alla ralla sulla telaio tet. Il bendix ha tre interfacce:

Scanalato rigido Part_762 Realizzata mediante le due superci di centraggio e il prolo scanalato.

(63)

(a) Modello CAD (b) Modello semplicato

Figura 5.23: Geometria dell'inter shaft bearing

Collegamento bullonato Part_23 Questo vincolo collega il bendix al suppor-ting shaft. All'interno del modello FEM questo vincolo viene realizzato con elementi di tipo CONTA in congurazione bonded ovvero una saldatura rigida tra le maglie dei due componenti.

Collegamento bullonato Part_115 Questa interfaccia è stato a sua volta mo-dellata come una saldatura rigida dei due componenti.

In gura 5.24 la maglia del componente e lo schema dei vincoli.

(a) Modello FEM (b) Sezione del

modello (c) Interfacce del mo-dello

(64)

5.2.9 Supporting shaft

(a) Modello CAD (b) Modello semplicato

Figura 5.25: Geometria dell'inter shaft bearing

Il supporting shaft chiude la linea veloce. E' il componente che si interfaccia con i carter del lato test article con due cuscinetti a rulli.

Il supporting shaft ha due interfacce:

Collegamento bullonato Part_114 Essendo questo una angia bullonata sono stati utilizzati, anche in questo caso, gli elementi CONTA;

Cuscinetti a rulli Per quanto riguarda le interfacce dei cuscinetti queste sono state modellate come fatto per gli altri cuscinetti precedentemente descritti.

Di seguito la gura 5.26 in cui viene riportato lo schema della modellazione FEM.

(a) Modello FEM (b) Interfacce del modello

(65)

5.2.10 Adapter

(a) Modello CAD (b) Modello semplicato

Figura 5.27: Geometria dell'inter shaft bearing

Il componente Part_115 realizza l'interfaccia tra la linea veloce e il solare del test article.

Questo componente ha due interfacce:

Collegamento bullonato Part_114 Modellata come saldatura rigida con ele-menti CONTA;

Scanalato rigido lato input shaft Modellata attraverso le tre interfacce rbe3 com-bin master e pilot node.

Di seguito la gura 5.28 in cui viene riportato lo schema della modellazione FEM.

(a) Modello FEM (b) Interfacce del

modello

(66)

5.3 Linea lenta

Figura 5.29: Linea lenta

La linea lenta è composta principalmente da tre componenti i due output shaft e il ring to ring shaft. Il principale compito della line lenta è quello di attuare il ricircolo di potenza nel banco e mettere in comunicazione i due moduli.

5.3.1 Output shaft TA

L'Output shaft connette il ring gear del modulo del rotismo epicicloidale al ring to ring shaft.

Questo componente ha quindi due interfacce:

Connessione al modulo Questa connessione è realizzata mediate elementi CON-TA, modellata come una saldatura rigida tra le maglie dei due componenti. Scanalato rigido lato ring to ring shaft Questa interfaccia vine modellata

co-me nei precedenti esempi per co-mezzo delle tre interfacce con rbe3 combin14 e mass21.

5.3.2 Output shaft SLA

Si presenta anche il modello dell'output shaft lato slave article, che ha le medesime interfacce e il medesimo compito. In gura 5.30 la modellazione del componente.

(67)

(a) Modello CAD (b) Modello semplicato

Figura 5.30: Geometria dell'inter shaft bearing

(a) Modello CAD (b) Modello semplicato

Figura 5.31: Geometria dell'inter shaft bearing

5.3.3 Ring to ring shaft

Il ring to ring shaft è il componente che mette in relazione la linea veloce con la linea lenta, i moduli nel ricircolo di potenza e inne la linea lenta al telaio.

Questo componente ha tre interfacce:

Cuscinetti linea veloce questa interfaccia viene modellata con la stessa metodo-logia descritta per gli stessi cuscinetti lato Part_644 (Inter shaft bearing). Rigid spline Si hanno due connessioni di questa tipologia, una con l'output shaft

(68)

Cuscinetti telaio Il ring to ring shaft è collegato alla colonna centrale attraver-so tre cuscinetti. Uno assiale e due radiali che vincolano completamente il componente alla colonna centrale, la quale funge da telaio. Nel modello FEM la modellazione dei cuscinetti è stata realizzata vincolando allo spostamento assiale il nodo pilot dell'rbe3 del cuscinetto assiale, mentre sono stati vinco-lati nelle altre due direzioni (ortogonali alla precedente) i nodi pilot dei due cuscinetti radiali.

In gura 5.32 la modellazione del componente e dei vincoli.

Figura 5.32: Interfacce del modello

5.4 Carter

I carter possono essere suddivisi in due categorie quelli lato slave e quelli lato test.

5.4.1 Carter lato slave

Di seguito vengono presentati tutti i componenti che formano il carter lato slave article.

Part_44

Questo componente ha due interfacce:

Cuscinetti Part_24 questo componente realizza l'interfaccia dei cuscinetti del rig input shaft;

(69)

Figura 5.33: Carter del banco

(a) Modello CAD (b) Modello semplicato

Figura 5.34: Geometria dell'inter shaft bearing

Collegamento bullonato Part_35 Questa interfaccia viene modellata come una saldatura rigida delle due maglie mediante l'utilizzo di elementi CONTA. In gura 5.35 la modellazione del componete e delle interfacce.

(70)

(a) Modello FEM (b) Sezione del modello

Figura 5.35: Modello FEM del sun shaft

Figura 5.36: Interfacce del modello Part_35

(a) Modello CAD (b) Modello semplicato

Figura 5.37: Geometria dell'inter shaft bearing

Questo carter presenta due connessioni di tipo bullonato, una con la Part_44, e l'alta con la Part_36, entrambe modellate come una saldatura rigida mediante elementi CONTA.

(71)

In gura 5.38 la modellazione del componete e delle interfacce.

(a) Modello FEM (b) Interfacce del

mo-dello

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