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Il Turnaround nel settore bancario in Italia: il caso Monte dei Paschi di Siena

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DI PISA

Dipartimento di Economia e Management

Corso di Laurea Magistrale in

STRATEGIA MANAGEMENT E CONTROLLO

TESI DI LAUREA

IL TURNAROUND NEL SETTORE BANCARIO IN

ITALIA: IL CASO MONTE DEI PASCHI DI SIENA

Relatore Candidato

Prof. Nannini Luca Francesco Lapucci

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INDICE

Introduzione

Capitolo I: Definizione e cause della crisi nelle imprese

I.I Concetto di crisi

I.II Le cause della crisi

I.II Gli stadi della crisi nelle imprese

I.IV Alcuni strumenti di previsione e gestione della crisi

Capitolo II: La strategia di Risanamento

II.I Riposizionamento competitivo

II.II Ristrutturazione organizzativa

II.III Ridefinizione della struttura finanziaria

II.IV Pianificazione della strategia di risanamento

Capitolo III: Risanamento delle Banche in Italia

III.I Crisi della banca

III.II Amministrazione straordinaria

III.III La gestione provvisoria e provvedimenti straordinari

III.IV La liquidazione coatta amministrativa

III.V Direttiva sul risanamento e risoluzione degli enti creditizi e

delle imprese di investimento (2014/59/UE)

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III.VI Basilea II

III.VII Basilea III e impatto su gli istituti di credito

Capitolo IV: Un caso di Banca Italiana - Monte dei Paschi di Siena

IV.I Breve storia della banca

IV.II Acquisizione di Banca Antonveneta e operazioni in derivati

IV.III Crisi della Banca

IV.IV Il Turnaround

IV.V Attuale situazione in MPS

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INTRODUZIONE

Lo scenario economico, sociale e politico è attualmente colpito da una forte crisi economica, a decorrere dalla seconda metà del 2008, che, seppur con intensità differenti, si ripercuote in modo negativo su tutti i comparti industriali, sia a livello nazionale italiano, che europeo, che mondiale. La difficile situazione economica ha avuto gravi ripercussioni sugli andamenti delle aziende ed in particolar modo su quelle di medio-piccole dimensioni, con la conseguenza che il ricorso alle procedure concorsuali e il risanamento delle stesse tramite “turnaround” è diventato un accadimento sempre più frequente.

Il presente lavoro si articola in quattro capitoli e si propone di analizzare in prima battuta la crisi delle aziende, passando poi agli istituti di credito e alla loro ristrutturazione prendendo in esame il caso di Monte dei Paschi di Siena, banca di antichissima origine e tradizione, altamente radicata nel territorio di provenienza, e al contempo balzata sulle headlines della stampa nazionale ed estera in conseguenza delle recenti vicissitudini che hanno rischiato di comprometterne l’esistenza.

In particolare il primo capitolo presenta inizialmente un quadro teorico dottrinale del concetto di crisi, ripercorrendo l’evoluzione storica dello stesso e le varie definizioni formulate nel corso del tempo dalla dottrina, con particolare focus anche sulle principali cause che possono generare le crisi aziendali. Successivamente vengono analizzati alcuni possibili strumenti di prevenzione delle crisi: analisi di bilancio, analisi per flussi, analisi per indici e budget.

Nel secondo capitolo, invece, l' attenzione viene rivolta alle strategie di risanamento esaminando, nello specifico, il al ruolo svolto dal soggetto economico, ed i presupposti necessari al rilancio aziendale nonché presentando l’innovativa prospettiva/visione strategica al risanamento che vede nella crisi l’opportunità di crescita e successo futuri e che si presuppone

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di affrontare il rilancio aziendale, non tanto partendo dalla risoluzione delle problematiche createsi, ma piuttosto dal perseguimento e raggiungimento di un nuovo vantaggio competitivo. Tale “visione” viene descritta e presentata analizzando le tre direttrici principali, ovvero il contesto competitivo, il contesto organizzativo e le ristrutturazioni finanziarie.

Il terzo capitolo è dedicato all' analisi della crisi degi istituti di credito, passando dalle procedure concorsuali fino alle novità introdotte da Basilea 2, prima, e Basilea 3, dopo, di cui vengono tracciate le linee fondamentali, e la successiva Direttiva sul risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento (2014/59/UE).

Il quarto ed ultimo capitolo, infine, si concentra sulla vicenda di Monte dei Paschi di Siena, dalla sua nascita fino ai giorni d’oggi, mettendo in luce gli aspetti salienti delle operazioni sui derivati nominati Alexandria, Santorini e Nota Italia nonché quelli relativi all’acquisizione di Banca del Salento e Antonveneta, con l’analisi degli effetti economici e contabili di tali operazioni sui Bilanci della MPS.

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Capitolo I: DEFINIZIONE E CAUSE DELLA CRISI

NELLE IMPRESE

I.I CONCETTO DI CRISI

Lo stato di crisi di un'impresa è parametrato allo stato di insolvenza come una situazione connotata da minore gravità e riguarda tutte quelle situazioni degenerative economico-finanziarie dell’impresa potenzialmente idonee a sfociare nell’insolvenza medesima . 1

La crisi si identifica come il venir meno delle condizioni di equilibrio economico e finanziario dell’impresa capaci di compromettere la prospettiva di continuità aziendale.

La crisi è quindi la fase antecedente e passaggio ineludibile per la successiva insolvenza della azienda salvo che non vengano effettuati interventi strutturali e risolutori. Questa è intesa come lo stato soggettivo di incapacità di chi, sovra indebitato, non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni. Precisamente, il termine insolvenza può avere due significati: indicando l'incapacità di fronteggiare le obbligazioni se riferito ai flussi; e l’eccessivo indebitamento se riferito alla struttura finanziaria. La crisi viene definita come "la manifestazione di una grave disfunzionalità operativa dovuta, in ultima analisi e per la gran parte dei casi, alla carenza di valori e di idee, alla squilibrata combinazione degli elementi del governo-imprenditorialità e managerialità" . 2

Negli ultimi anni si è assistito al passaggio da ambienti stabili ad ambienti dinamici, turbolenti caratterizzati da incertezza e mutevolezza; il sistema aziendale può invece essere contraddistinto da elementi di rigidità (la struttura aziendale) che ne impediscono adattamenti continui e rapidi: da ciò trae origine il sistema dei rischi d' azienda .3

Nell’accettazione prettamente aziendale, la crisi è una manifestazione di tipo

Ai sensi dell’art. 160 l.f. 1

S. Garzella, Gestione della crisi e dei processi di risanamento, Milano, Ipsoa, 2008 2

S. Garzella, Il sistema d' azienda e la valorizzazione delle potenzialitàinespresse, 3

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patologico che può svilupparsi su più stadi . I fenomeni di declino e di 4 5 6

crisi nella vita di tutte le imprese sono di solito preceduti dai sintomi che 7

possono essere detti di decadenza, di tipo qualitativo e di squilibrio, o di tipo quantitativo e quindi misurabili. I primi segnali si hanno in seguito alla manifestazione di fenomeni di squilibrio e inefficienza che possono avere natura ed origine molto diverse. Una crisi affrontata al primo stadio ha un impatto che può essere fronteggiato, mentre man mano che crisi (data la sua natura interfunzionale) si propaga gli interventi diventano sempre più diffcili. La fase propedeutica del processo di risanamento è rappresentata dall’individuazione delle cause della crisi e la predisposizione in tempi adeguati delle opportune azioni per evitare di compromettere l’economicità stessa dell’azienda in modo permanente. Quando e nel momento in cui si presentano, la mancanza di economicità erode gradualmente, e con varia velocità, le risorse aziendali . 8

In particolare questa erosione si concretizza in manifestazioni sostanziali quali la riduzione della liquidità, la crescita dell’esposizione debitoria, ed ingenerale la riduzione delle risorse destinate a funzioni essenziali per garantire la continuità aziendale, quali R&S, marketing, formazione, comunicazione. L’arresto della crisi nel secondo stadio è sicuramente più complesso. Oltre la crisi degenera nell’insolvenza, che ne è la manifestazione evidente. A questo punto genera una serie di effetti palesi e non temporanei che vanno dall’incapacità a fronteggiare le scadenze, alla perdita di fiducia e di credito, dallo sfaldamento della struttura organizzativa, alla perdita progressiva della clientela. Il sistema aziendale ne viene profondamente coinvolto, a tal punto che qualsiasi azione di risanamento

L. Guatri, Crisi e risanamento delle imprese, Milano, Giuffrè, 1986. 4

In particolare distinguono lo stadio di declino da quello di crisi, L. Guatri, Turnaround, 5

Declino, Crisi e ritorno al valore, Egea, Milano, 1995 e G. Bertoli, Crisi d’impresa, ristrutturazione e ritorno al valore, Egea, Milano, 2000.

“(...)Si ha una situazione di declino quando l’impresa distrugge valore con una intensità e 6

una tendenza tali nel tempo da compromettere la stessa sopravvivenza dell’impresa in assenza di azioni correttive. In una situazione di declino si può decidere di intraprendere un processo di turnaround evitando la crisi”.S.Sciarelli, La crisi d’impresa. Il percorso gestionale di risanamento delle piccole e medie imprese, CEDAM, Padova, 1995.

Con il termine crisi si indica un particolare momento della vita d’impresa in cui “si crea uno 7

squilibrio economico-finanziario, destinato a perdurare e a portare all’insolvenza ed al dissesto in assenza di opportuni interventi di risanamento ” S.Sciarelli, La crisi d’impresa. Il percorso gestionale di risanamento delle piccole e medie imprese.

L. Guatri, Crisi e risanamento delle imprese, Milano, Giuffrè. 8

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appare problematico e con probabilità di successo assai ridotte. In ogni caso sono necessari interventi strategici che investano innanzitutto la struttura imprenditoriale e del management . 9

La storia dei dissesti aziendali è spesso contrassegnata da tardivi riconoscimenti dei sintomi di crisi, dall’illusione che spinge ad escludere lo stato di crisi o a minimizzarne la portata, dal timore di apportare misure idonee perché inevitabilmente dolorose.

I.II LE CAUSE DELLA CRISI

La corretta individuazione delle cause e la valutazione delle condizioni necessarie per il turnaround rappresentano i due passaggi preliminari e fondamentali per il fronteggiamento della crisi. Queste due fasi costituiscono i momenti essenziali in termini di assunzioni di informazioni necessarie per la decisione da assumere in merito alla convenienza di intraprendere il risanamento o la liquidazione dell’impresa.

Opportuno è valutare adeguatamente le cause delle crisi aziendali se interne od esterne per poter distinguere le inefficienze gestionali dagli squilibri di mercato. Di solito le cause esterne non sono il solo motivo principale di una crisi ma contribuiscono ad accelerare e aggravare un declino che trova quasi sempre all’interno dell’azienda la causa principale. D’altro canto, non si può però non considerare il ruolo svolto dai fenomeni e da tutte quelle forza che spesso sfuggono al dominio degli uomini d’impresa; cause interne e fenomeni esterni sono quindi strettamente concatenati tra loro . 10

L. Guatri, Crisi e risanamento delle imprese, Milano, Giuffrè 9

L. Guatri, Crisi e risanamento delle imprese, Milano, Giuffrè 10

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Tra le cause di crisi ad origine esterna possiamo distinguere : 11

Crisi economiche: debolezza dei mercati finanziari, calo della domanda, incremento della disoccupazione e incremento del prezzo delle materie prime;

Crisi ecologiche: tutti quei fenomeni che danneggiano l’ambiente e di conseguenza le imprese che vi operano all’interno;

Crisi catastrofiche: eventi accidentali che danneggiano l’apparato economico della zona coinvolta.

Per quanto riguarda le cause interne rilevante è l’approccio soggettivo. Mediante tale approccio vengono individuate cause di natura soggettiva, cioè riconducibili alle risorse umane (intese in senso lato e ricomprendenti nelle stesse anche le decisioni dell’imprenditore e l’attuazione del management), visti come gli unici protagonisti del successo e dell’insuccesso aziendale. In questo contesto viene valutato il management, dalla cui non adeguata capacità dipende, in larga parte, il risultato dell’azienda. Vengono rivolte critiche anche ai soci (come soggetti partecipanti alla definizione della strategia), dalle cui decisioni la crisi può trarre origine od oppure mancata azione per impedirne l’intensificazione; ne sono alcuni esempi eccessive distribuzioni di dividendi, timore del rischio, indisponibilità a fornire garanzie ai creditori o non adeguata scelta dei soggetti parte del management. Altre critiche possono investire gli addetti alla produzione, alla vendite e alle altre funzioni aziendali, in relazione a constatate loro inefficienze . Tra le situazioni di crisi prettamente a matrice interna si 12

individuano:

Errori strategici nella definizione del mix di portafoglio di investimenti;

Al riguardo si precisa che, se in letteratura sono presenti diversi contributi che classificano 11

le cause della crisi, maggiormente raro è trovare articoli che classificano le crisi stesse. Tra questi si menziona il contributo di Marcus e Goodman, i quali suddividono la crisi in base a due parametri: gli effetti sulle vittime e le cause all’origine (A.A.Marcus, R.S. Goodman, “Victims and shareholders: the dilemmas of presenting corporate policy during a crisis” Academy of Management journal 1991), ed il contributo di Miller, il quale suddivide le crisi in “financial crisis”, quali le crisi dovute alla scarsa liquidità o alla distruzione di capitale; le “psycological or interpersonal crisis”, riguardanti il clima organizzativo e lavorativo all’interno dell’impresa; le “societal/enviroment crisis”, derivanti da problematiche di carattere macroeconomico, quali l’inquinamento, i disastri ambientali o il crollo dei prezzi. E’ interessante sottolineare come l’Autore suddivida le imprese in cinque diverse tipologie, descrivendole ed associando a ciascuna di esse, in funzione della tripartizione della crisi descritta, quali fattori di crisi che possono maggiormente soffrire, D.Miller “Organization alpathology and industrial crisis” 2006, in D.Smith, D.Elliot, “Key Reading in Crisis Management. Systems and structures for prevention and recovery”, Routledge, London, New York.

L.Guatri, 1985, in merito all’approccio soggettivo ritiene, infatti, che quasi sempre 12

all’origine della crisi vi sono i soggetti protagonisti della vita aziendale; le loro insufficienze, i loro errati comportamenti, le loro incapacità non sono mai del tutto estranei ai processi della crisi, anzi spesso ne sono la causa prevalente.

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Crisi di posizionamento, errori nella scelta dei segmenti di mercato da servire;

Crisi dimensionali dovute, ad esempio, sia a situazioni di sottodimensionamento sia di sovradimensionamento;

Crisi da inefficienze nel caso in cui vi sia squilibrio tra costi sostenuti e i ricavi ottenuti.

Questo tipo di approccio, non si rivela, però, il più adatto a descrivere la complessa realtà della crisi; in quanto come evidenziato precedentemente, in molti casi, è errato far ricadere la responsabilità di una crisi esclusivamente su fenomeni esterni o interni. Per tali ragioni, in dottrina, nella descrizione e nell’analisi delle cause della crisi, si preferisce adottare uno schema di tipo obiettivo. Sotto tale ottica Guatri13‑ distingue cinque tipologie fondamentali

di crisi in funzione delle cause che le provocano. E’ opportuno precisare fin da subito che le cinque tipologie di crisi che andremo ad analizzare, si presentano spesso in combinazione, ovvero con una pluralità di concause. Inoltre, nel considerare tale approccio obiettivo, non si devono perdere di vista le componenti soggettive della crisi che di volta in volta devono essere evidenziate e discusse, al fine di poter determinare quali cause è possibile eliminare intervenendo sui soggetti.

Le cinque tipologie di crisi sono:

Crisi da inefficienza

La crisi è determinata da motivi di inefficienza quando vi sono uno o più aree strategiche di affari che operano con rendimenti non in linea con quelli dei concorrenti. Frequentemente questa situazione è presente nell’area della produzione; l’utilizzo di impianti produttivi obsoleti, tecnologie non aggiornate e scarsa produttività della mano d’opera, sono alcune delle possibili cause. La diagnosi può essere effettuata prendendo in considerazione i costi dei prodotti e/o gli indici di efficienza. Per quanto riguarda i costi dei prodotti, la configurazione di costo che dovrebbe essere valutata in termini di competitività è il costo industriale ; l’obiettivo della 14

verifica è il confronto, per ciascun prodotto, con i costi delle principali aziende concorrenti. Qualora invece la valutazione riguardasse la valutazione interna sull’opportunità di mantenere in essere alcune produzioni oppure ASA, dovrebbe riguardare le sinergie esistenti tra linee produttive ed il margine maggiormente utilizzato è quello di contribuzione.

Sebbene si sia detto che l’area produttiva è spesso l’area maggiormente ! L. Guatri, Crisi e risanamento delle imprese, Milano, Giuffrè.

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Calcolato escludendo i costi amministrativi, commerciali e finanziari. 14

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coinvolta, lo stato di inefficienza può investire oppure essere generato anche altre funzioni. Si può, infatti, parlare di inefficienza commerciale determinata da incapacità di efficiente penetrazione commerciale; nell’area amministrativa si potrebbero verificare situazioni di inefficienza dovute a eccessiva burocratizzazione dei processi, gravi carenze del sistema informativo oppure un’operatività insoddisfacente in uno o più settori amministrativi, vi può essere, ad esempio, una carenza di efficienza dovuta all’assenza di adeguati strumenti di programmazione e controllo e di pianificazione a medio/lungo termine. Infine, nell’area finanziaria, le condizioni di inefficienza sono la conseguenza di costi più elevati, rispetto alla concorrenza, dei mezzi a disposizione. Si possono distinguere due cause all’origine di tale fenomeno: scarsa forza contrattuale dell’azienda e incapacità degli addetti operanti nell’area finanziaria.

Crisi da sovraccapacità/rigidità

Le crisi da sovraccapacità/rigidità sono determinate da un eccesso di capacità produttiva collegato al raggiungimento di non adeguati margini di contribuzione sulle attività svolte e rigidità nella riduzione della stessa struttura. Tra questi costi troviamo, ad esempio, i costi delle immobilizzazioni tecniche, della struttura aziendale e della manodopera, e che non sono pertanto impiegati produttivamente. Si possono distinguere quattro diverse situazioni:

1. Riduzione del volume della domanda per l’azienda originata da fenomeni e sovraccapacità produttiva a livello dell’intero settore, con conseguente diminuzione dei ricavi.

2. Riduzione del volume della domanda connessa alla perdita di quote di mercato. In questo caso, a differenze del caso esposto al punto 1, la riduzione del volume riguarda unicamente l’azienda interessata e non si hanno manifestazioni del fenomeno a livello settoriale.

3. Ricavi inferiori alle attese, a fronte di investimenti fissi realizzati per maggiori dimensioni.

4. Variazioni all’aumento dei costi non controbilanciati da corrispondenti variazioni dei prezzi soggetti a controlli pubblici. Quest’ultima situazione rappresenta un caso particolare di crisi di rigidità, non connessa a casi di sovraccapacità.

Crisi da decadimento dei prodotti

Quando un prodotto non incontra l’interesse dei consumatori, si ha una conseguente perdita di quote di mercato e ricavi complessivi. In casi estremi l’impresa è spinta a ridurre i prezzi di vendita per incentivare gli acquisti e ciò potrebbe causare una riduzione del margine di contribuzione facendolo

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risultare anche negativo. Il mancato conseguimento di marginalità e la mancata copertura, seppure in parte, dei costi fissi porta l’azienda nelle fasi preliminari della crisi.

Crisi da carenze di programmazione/innovazione

L’incapacità di programmare, dovrebbe essere intesa come incapacità di adattare il contesto della gestione ai cambiamenti ambientali e di predisporre programmi a medio/lungo termine individuando con precisione gli obiettivi da raggiungere. Le aziende, sotto questo punto di vista, possono sottovalutare la necessità della programmazione avendo una visione orientata esclusivamente all’immediato; avendo, cioè, come obiettivo il solo raggiungimento di risultati a breve termine finendo per trascurare le condizioni indispensabili per garantire un equilibrio economico per il futuro. La conseguenza è un continuo peggioramento delle capacità di reddito e quindi, si minano le condizioni di sopravvivenza sul mercato. La carenza di innovazione è riferita all’incapacità di sviluppare nuove idee che permettano all’azienda di essere profittevole in maniera continuativa e, conseguentemente, di porre le basi per lo sviluppo e la sopravvivenza nel lungo periodo. Per ogni impresa, affinché persegua nel tempo risultati positivi, è necessario sviluppare nuove idee; quest’ultime si traducono nell’individuazione di nuovi prodotti, nuovi mercati, nuovi approcci alla produzione, nuove iniziative per accrescere la fedeltà dei clienti e così via.

Crisi da squilibrio finanziario /patrimoniale

Quando si parla di squilibri finanziari, ci si riferisce a situazione caratterizzate dai seguenti eventi o da alcuni di essi:

1. Grave carenza di mezzi propri e prevalenza di mezzi a titolo di debito; 2. Prevalenza di debiti a breve termine rispetto ai debiti di medio /lungo periodo (anche se dipende dalla composizione degli impieghi);

3. Squilibri tra investimenti duraturi e finanziamenti a medio-lungo termine; 4. Liquidità ridotta rispetto alle passività da fronteggiare nel breve termine; 5. Scarsa capacità dell’azienda a contrattare le condizioni di credito;

6. Nei casi più gravi, difficoltà nel rispettare i pagamenti alle scadenze predefinite.

A causa dell’entità degli oneri finanziari provocati dall’ingente indebitamento e dal suo elevato costo, lo squilibrio finanziario può aggravare perdite economiche. Non è però da escludere che un’azienda risulti finanziariamente indebolita anche dalle precedenti cause analizzate; lo squilibrio finanziario può, infatti, essere causato da altri profondi fattori di crisi quali inefficienze, rigidità, decadimento dei prodotti e carenze di programmazione e innovazione.

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Lo squilibrio finanziario si traduce in uno squilibrio patrimoniale. Quest’ultimo è rappresentato da un margine primario di struttura negativo e consiste soprattutto nella scarsità di mezzi propri rispetto agli impieghi duraturi. Si verifica così, che aziende patrimonialmente squilibrate passano, in modo rapido dallo stadio delle crisi finanziarie a quello dell’insolvenza e del dissesto . 15

I.III GLI STADI DELLA CRISI NELLE IMPRESE

La crisi è uno stato patologico che si può manifestare in più stadi i quali necessitano di differenti risposte . 16

Gli stadi della crisi vengono così divisi: squilibri e inefficienza, perdite economiche (crisi finanziaria), insolvenza, dissesto.

La risposta dell’impresa alla crisi è evidentemente diversa in relazione allo stadio in cui si affronta, benchè non sia facile identificare il confine tra le varie fasi.

La fase denominata “squilibri e inefficienze” è caratterizzata dalla difficoltà dell’azienda di mantenere una situazione di equilibrio generale che 17

essenzialmente si sostanzia nel raggiungimento di combinate condizioni di equilibrio, ovvero:

Equilibrio economico: capacità dell’azienda di ottenere dalla vendita di beni e servizi un volume di ricavi con marginalità sufficiente alla copertura dei costi, variabili e fissi e alla remunerazione di tutti i fattori della produzione. L’indicatore di sintesi dell’equilibrio economico è il reddito operativo netto che rappresenta la capacità degli investimenti di produrre reddito dalla gestione tipica. D'altronde, altri tipi di ricavi, quali quelli provenienti dalla gestione finanziaria o dalla gestione straordinaria, nulla dicono sulla capacità dell’impresa di produrre reddito per mezzo della

Si rivedano a tal proposito i quattro stadi della crisi individuati con riferimento al modello 15

proposto da L. Guatri precedentemente trattato. Guatri L., Crisi e risanamento delle imprese, 1995. 16

Per Giannessi l’azienda è un sistema organizzato e finalizzato a conseguire un equilibrio 17

economico e finanziario a valere nel tempo, cioè a creare e ad accrescere valore. Infatti egli sostiene che “l’azienda ha un solo fine: il conseguimento, la conservazione e lo sviluppo di un determinato equilibrio economico a valere nel tempo, e, in quanto tale, deve costantemente operare in maniera economica”. E.Giannessi, “Interpretazione del concetto di azienda pubblica”, Colombo Curzi, 1961.

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propria attività ; 18

Equilibrio finanziario: rappresenta la capacità dell’azienda di fronteggiare, con i flussi finanziari in entrata, le necessità finanziarie e soddisfare con regolarità le passività correnti. La valutazione della capacità dell’azienda di raggiungere questo equilibrio può essere così svolta:

1) individuazione del fabbisogno (durevole o variabile);

2) comprensione della dinamica finanziaria (andamento dei fabbisogni); 3) ricerca della copertura con l’acquisizione di risorse esterne;

L’aspetto fondamentale è rappresentato dalla capacità dell’azienda di reperire mezzi finanziari adeguati sia per quantità che per qualità, al fabbisogno generato dalla gestione, a condizioni di onerosità compatibili con l’equilibrio economico, evitando eccedenze impiegate e assicurando la continua disponibilità per l’estinzione delle scadenze debitorie ; 19

Equilibrio patrimoniale : indica il corretto rapporto tra impieghi e fonti di finanziamento, fra capitale proprio e capitale di terzi, tra attivo immobilizzato e attivo circolante ed è strettamente dipendente dall’equilibrio della struttura finanziaria a sua derivante dall’innesto del circuito finanziario con quella della produzione . 20

Affrontare una crisi nel momento in cui sorgono squilibri che non hanno ancora generato perdite economiche è certamente l’ideale anche se è obiettivamente difficile riconoscere una situazione di crisi quando non ha ancora manifestato tutti i sintomi. In questa fase non sono ancora state erose le risorse aziendali e riconoscendo per tempo l’esistenza di uno squilibrio in atto o potenziale si ha il tempo di porvi rimedio senza che gli effetti diventino palesi ai creditori e agli investitori.

Ferrero ricorda che “per essere autosufficiente e vitale, l’impresa dovrebbe poter contare, 18

fra le proprie condizioni di svolgimento, anche le seguenti: 1. nel lungo andare, la gestione dell’impresa stessa deve conseguire l’equilibrio economico tra costi e ricavi, in modo che tutti i fattori produttivi, capitale compreso, trovino costantemente una congrua remunerazione; 2. nel medio e nel breve andare, l’esercizio aziendale deve presentare andamenti economico-finanziari compatibili con le concrete possibilità di conveniente finanziamento dell’azienda”, Analisi di bilancio. Paganelli sottolinea che “l’equilibrio economico e l’equilibrio finanziario costituiscono due aspetti (se si preferisce due momenti) dell’unitario equilibrio aziendale. Inteso questo in senso dinamico ed evolutivo, così come dinamico ed evolutivo risulta il sistema di operazioni cui si riferisce”, Analisi di bilancio.

Sul concetto di equilibrio finanziario, si veda E.Pavarani, Equilibrio finanziario. 19

Realizzare l'equilibrio patrimoniale significa fare in modo che gli impieghi a lungo siano 20

opportunamente finanziati dalle fonti a lungo, capitale di proprietà, e finanziamenti di terzi a lungo e che l'attivo circolante sia superiore al passivo corrente in modo da realizzare l'equilibrio patrimoniale nel breve periodo.


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Di maggiore rilevanza è la fase successiva in quanto gli effetti della crisi si manifestano generando perdite economiche che erodono le risorse aziendali e generano anche la crisi finanziaria, diminuendo la capacità di investimento e riflettendo in un secondo momento sulla struttura e sull’equilibrio patrimoniale e finanziario dell’impresa. Le perdite economiche rendono inoltre palese la situazione di crisi all’esterno e possono comportare difficoltà nei rapporti con i creditori, finanziatori e investitori. Fronteggiare la crisi in questo stadio è sicuramente arduo ma le difficoltà dipendono dalle caratteristiche della perdita.

La perdita può essere esaminata in relazione ai seguenti aspetti:

Intensità: si tratta di un primo indice della possibilità di recupero dell’impresa. Nel caso di perdite molto rilevanti in proporzione ai ricavi e non generate da eventi straordinari è estremamente difficile ipotizzare il recupero della redditività o comunque si rileveranno necessari interventi di ristrutturazione e riconfigurazione dell’impresa;

Persistenza e tendenza: la perdita di un singolo esercizio può non essere rilevante, mentre risulta preoccupante la ripetizione e la tendenza crescente;

Struttura: è importante verificare a che livello sia generata la perdita. In particolare un risultato positivo prima dei ammortamenti, oneri finanziari e componenti straordinari e quindi a livello di margine operativo lordo può fare ipotizzare possibilità di recupero dal momento che la gestione caratteristica e operativa dell’impresa è ancora in grado di generare redditività e le perdite dipendono essenzialmente da:

Ammortamenti e quindi spese già sopportate dalla gestione aziendale;

Oneri finanziari dipendenti da scelte in materia di struttura patrimoniale e finanziaria;

Eventi straordinari e come tali non destinati a ripetersi;

Un’impresa che presenta una perdita a livello di MOL ha ridotte capacità di recupero se non attraverso rilevanti interventi di ristrutturazione operativa (in caso di una sola ASA);

Effetti contabili: l’analisi della perdita deve prescindere dalle eventuali politiche di bilancio;

Conseguenze finanziarie: le perdite che sono al di sotto della capacità di autofinanziamento dell’impresa non destano particolari problemi in quanto non comportano immediate emorragie finanziarie. Nella maggior parte dei casi però le perdite comportano flussi di cassa negativi senza considerare, che spesso, l’uscita da una situazione di crisi comporta l’assoluta necessità di non interrompere gli investimenti.

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In presenza di perdite, la priorità nella gestione della crisi è rappresentata da una rapida azione di loro contenimento e riduzione e quindi in un comportamento volto, sia a ridurre i costi di gestione, sia ad aumentare i ricavi con maggior margine, prima che gli effetti siano tali da fare precipitare la situazione verso l’insolvenza e il dissesto.

In una situazione in cui le perdite assumono una rilevanza tale da impedirle di fronteggiare i propri impegni, essa può avere difficoltà a porre in essere condotte riparatorie senza il coinvolgimento di creditori e finanziatori e molto spesso l’uscita dalla crisi comporta l’investimento di risorse economiche e la necessità di pesanti interventi di ristrutturazione. L’insolvenza può essere esaminata dal punto di vista finanziario e quindi consistere nell’incapacità di onorare gli impegni assunti; oppure da punto di vista patrimoniale e quindi nella valutazione della capienza dell’attivo rispetto al passivo. All’insolvenza può seguire il dissesto che è una condizione permanete di squilibrio patrimoniale. Anche in questa situazione sono possibili interventi volti al recupero e al salvataggio di progetti imprenditoriali che presentano delle potenzialità strategiche, ma si tratta di operazioni difficilmente attuabili se non nell’ambito di procedure concorsuali, con conseguenze spesso traumatiche.

I.IV ALCUNI STRUMENTI DI PREVISIONE E GESTIONE

DELLA CRISI

La differenza tra piccole o medie imprese ed una grande risiede, dal punto di vista manageriale, nella complessità delle decisioni organizzative e nei comportamenti che il soggetto economico, di una piccola azienda, pone in essere in situazioni di insolvenza/crisi. Solitamente nelle piccole imprese vi è una maggiore difficoltà a riconoscere uno stato di crisi dato che solitamente vi è un forte legame tra azienda e famiglia sia da un punto di vista dei risultati sia delle responsabilità.

Il primo atteggiamento degli imprenditori consiste quindi nella ricerca di soluzioni che consentano la prosecuzione della gestione ordinaria ritenendo che la crisi si possa risolvere autonomamente che pertanto viene ritenuta (dagli stessi interessati) transitoria.

Solo in un secondo momento e quando la situazione si è, nel frattempo aggravata spesso in modo irreparabile, ovvero quando si riscontra una carenza di liquidità o di credito o, nei casi più gravi, il valore delle attività risulta inferiore al valore facciale del debito, sorge la necessità di

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fronteggiare le criticità, che nel frattempo sono emerse, ricorrendo anche ad advisor con competenze specifiche.

Le tecniche di accertamento

Per l’accertamento delle condizioni di operatività prima e di crisi in seguito dell’impresa vengono utilizzati strumenti tecnici a supporto dell’analisi delle cause e condizione attuale della crisi. Tali strumenti devono possedere tre parametri fondamentali:

L’attendibilità;

La tempestività;

La sostenibilità;

Gli strumenti per l’accertamento dello stato di crisi possono essere molteplici e il sistema informativo che essi configurano deve possedere necessariamente una serie di requisiti tra cui : 21

Elevata integrazione delle fonti e dei dati informativi, per cogliere le interdipendenze dei fenomeni gestionali e possibili concause di patologie, con possibilità di sintesi informative rivelatrici degli effetti cumulativi di tali correlazioni ;

Flessibilità, per operare con metodi di simulazione volti a testare determinate ipotesi interpretative e determinati indizi;

Elevata articolazione, molteplici possibilità di analisi di diverse segmentazioni gestionali e organizzative dell’azienda, specie se questa si presenta con una notevole complessità strutturale;

Tempestività, necessaria per disporre di informazioni aggiornate in presenza di provvedimenti spesso urgenti da avviare per l’immediato salvataggio dell’impresa;

Profondità di orientamento temporale, sia verso il passato che verso il futuro, per sviluppare più penetranti analisi di trend,

Multidimensionalità, intesa come varietà di aspetti e contenuti informativi di tipo qualitativo oltre che quantitativo in quanto i segnali di crisi più efficace sono spesso non rappresentabili da grandezze misurabili; Le tecniche di accertamento più significative, utilizzate dagli analisti per formulare previsioni, sono: tecniche soggettive, tecniche miste e tecniche oggettive.

Le analisi di bilancio

Rientrano nella categoria delle metodologie miste in quanto rappresentano la risultanza tra l’elaborazione formale dei dati e l’interpretazione dei valori conseguiti, limitando il contributo personale dell’analista all’interpretazione

P.Bastia, Pianificazione e controllo dei risanamenti aziendali, Giappichelli, Torino, 1996. 21

(20)

dei risultati.

Le due principali tecniche adottate sono l’analisi per indici e l’analisi per flussi.

Il primo tipo di analisi permette, attraverso il calcolo e l’interpretazione di alcuni indicatori contabili, presenti in numero maggiore nel bilancio d’esercizio e nella nota integrativa, di pervenire ad un giudizio sulla gestione nei suoi aspetti fondamentali: economico-finanziario e patrimoniale.

L’analisi per flussi, che vedremo successivamente, invece, prende in esame prevalentemente la dinamica degli impieghi e delle fonti di finanziamento allo scopo di valutare la continuità delle risorse finanziarie occorrenti per fronteggiare lo sfasamento temporale tra il ciclo economico e quello finanziario.

Dalla lettura di un bilancio d’esercizio e dei suoi documenti collegati è possibile trarre una serie di importanti indicazioni che permettono all’analista non solo di capire le ragioni che hanno determinato uno specifico risultato d’esercizio, ma anche di formulare delle efficaci e attendibili previsioni.

Si parla di falso in bilancio, e di tutte quelle politiche poste in essere allo scopo di non fornire a terzi, soprattutto banche e creditori, una rappresentazione troppo pessimistica dell’azienda in questione. Alcuni esempi possono riguardare, la carenza di accantonamenti per rischi e oneri diversi, anche futuri, alla valutazione ottimistica delle merci presenti in magazzino, all’iscrizione di ammortamenti che artificiosamente prolungano la vita utile del cespite, alla capitalizzazione di costi anche quando questi non hanno vera natura pluriennale.

Eventuali scelte di “contabilità creativa” spesso determinano solo l’insorgere di crisi più gravi del futuro . 22

Analisi per flussi

L’analisi deve essere condotta con riferimento ad una risorsa finanziaria definita. Le principali risorse che vengono assunte alla base dell’analisi, ad esempio, sono:

Liquidità immediate, ossia le disponibilità monetarie prontamente liquidabili presenti in azienda o presso istituti di credito;

Liquidità immediate e differite, vale a dire la somma tra la liquidità

Le politiche di bilancio possono attuarsi attraverso la costituzione di riserve patrimoniali 22

occulte o con annacquamenti di patrimonio. Per approfondimenti sulle principali politiche di bilancio e sui relativi effetti contabili si può consultare: G. Severino, Politiche di bilancio, Milano, EBC, 1992; T. Smith, Contabilità creativa, Il Sole 24 Ore, Milano 1995; R. Verona, Le politiche di bilancio. Motivazioni e riflessi economico aziendali, Milano, Giuffrè, 2006.

(21)

immediatamente disponibile presso l’azienda e gli istituti di credito e altre attività numerarie a breve termine;

Liquidità nette, date dalla differenza tra le liquidità differite e immediate e le passività a breve scadenza;

Capitale circolante lordo, somma delle liquidità immediate, delle liquidità differite e delle scorte;

Capitale circolante netto, ottenuto dalla differenza tra attività e passività correnti;

La tecnica dei flussi evidenzia i movimenti in entrata e in uscita chiarendone le motivazioni. Tecnicamente si definisce fondo la misura della grandezza in un determinato momento e flusso la variazione in aumento o in diminuzione della grandezza in un determinato periodo. Le variazioni positive possono essere originate:

Dai ricavi derivanti dalla gestione reddituale;

Dalla dismissione degli investimenti durevoli;

Dal conferimento di capitale di rischio;

Dal ricorso all’indebitamento di terzi;

Per contro i mutamenti decrementativi possono aversi in corrispondenza di:

Costi derivanti dalla gestione reddituale;

Investimento in attivo fisso;

Riduzioni di capitale di rischio o per la corresponsione dei dividendi;

Rimborso di capitale di terzi;

Sommando algebricamente i flussi in entrata e in uscita si ottiene la variazione del periodo che viene riepilogata nel rendiconto finanziario che consente di individuare se l’azienda versa in condizioni di disequilibrio finanziario e le motivazioni che lo hanno prodotto.

Analisi per indici

L’analisi per indici applicata al bilancio consente di ottenere degli 23

indicatori che permettono di valutare le condizioni di solidità, liquidità e redditività dell’impresa. Occorre tenere in debito conto che un indicatore osservato non ha nessun significato se, considerato autonomamente, può apportare solo un contributo marginale all’analisi ma, raffrontano con gli stessi indici applicati ad anni diversi può fornire interessanti indicazioni

Per maggiori approfondimenti in merito all’analisi per indici si veda E.Sartori, Bilancio 23

IAS/IFRS e analisi per indici, Milano, Franco Angeli, 2012. A.Montrone, Il sistema delle analisi di bilancio per la valutazione dell’impresa, Franco Angeli, Milano, 2005. L.Puddu – G.Ferrero – F.Dezzani – P.Pisoni, Le analisi di bilancio. Indici e flussi, Giuffrè, Milano, 2003. A.Quagli – M.Froli – K.Giusepponi, Analisi di bilancio indici e flussi finanziari, Ancona, Clua, 1994.


(22)

sull’evoluzione dello stato di salute dell’azienda. Inoltre lo stesso indice permette una valutazione se inserito in un contesto con altri indicatori. La solidità dell’impresa rappresenta la capacità di mantenere in equilibrio gli impieghi e le fonti permanenti, per valutarne la correlazione e quindi la capacità dell’azienda di fronteggiarne il rimborso.

Tra i principali indici atti ad evidenziare le posizioni di solidità della combinazione economica vale la pena di menzionare:

Il margine e il quoziente di struttura primario, definito dal rapporto tra il capitale proprio e attivo immobilizzato netto. Misura la capacità di coprire l’attivo immobilizzato con i mezzi propri e cioè quanto l’impresa ha finanziato le proprie immobilizzazioni con i mezzi propri. Rapporti inferiori all’unità dovrebbero essere compensai con il reperimento di altre fonti di finanziamento a medio-lungo termine.

Il margine e il quoziente di struttura secondario, definito dal rapporto tra le fonti consolidate e l’attivo immobilizzato netto. Viene calcolato allo scopo di valutare se l’azienda ha coperto in modo corretto le proprie immobilizzazioni, ovvero gli investimenti realizzati. Se l’indice è inferiore a 1 l’azienda deve senz’altro attivarsi per accendere nuovi finanziamenti a medio/lungo termine, anche in funzione prospettica (tenuto conto delle previsioni di nuovi investimenti, ammortamenti previsti sui cespiti, ammortamento di debiti già in essere). La necessità di avere un indice superiore a 1 dipende dalla previsione o meno di nuovi investimenti, oppure dalla consistenza del magazzino.

Il quoziente di indebitamento

L’indice di autonomia finanziaria, definito dal rapporto tra il capitale proprio e il totale

dell’attivo. Esso misura il grado di solidità patrimoniale dell’azienda in termini di finanziamento del totale del cespite investito con mezzi propri. Maggiore è il rapporto, minore sarà la dipendenza dell’impresa dai terzi creditori e maggiore sarà la tranquillità, da parte della stessa, nell’affrontare nuovi investimenti. Rapporti ottimali possono essere considerati quelli del 30%, dove un terzo del capitale investito è finanziato dai mezzi propri.

L’indice di dipendenza finanziaria

La liquidità aziendale indica l’esistenza di condizioni di equilibrio finanziario nel breve termine e si ottiene dallo studio delle componenti patrimoniali correnti finalizzato all’accertamento dell’idoneità delle liquidità esistenti e di quelle attese a breve scadenza a fronteggiare adeguatamente le passività breve termine. Tra i principali indici di liquidità si ritiene utile citare:

Il margine e il quoziente di disponibilità

Il margine e il quoziente di tesoreria

(23)

Gli indici di rotazione (del magazzino, dei crediti commerciali, dei debiti dei fornitori, ecc)

Per quanto riguarda gli indici di redditività tra i più importanti e comunemente utilizzati si possono citare i seguenti: ROE, ROI, ROS, MOL, Oneri finanziari sul fatturato.

Budget

La sola analisi di bilancio porta a considerare l’azienda come un’entità statica, in quanto da essa non scaturisce il potenziale futuro dell’impresa. Questo tipo di analisi rappresenta dunque un punto di partenza

fondamentale, da integrare comunque con altri strumenti quali, simulazioni, budget, previsioni di flussi di cassa e altri ancora in quanto adeguati a porre in evidenza criticità di gestione attuali e future dell’impresa in crisi. La strumentazione più efficace per cogliere la gravità di una crisi e il suo possibile evolversi, è infatti quella tipica dei meccanismi di programmazione e controllo: la contabilità analitica, il budget e il reporting. Questi strumenti consentono di approfondire l’esame delle disfunzioni, sia di natura

reddituale , sia patrimoniale e finanziaria. La contabilità analitica è di fatto un’analisi solo reddituale, mentre i sistemi di budgeting e reporting hanno delle potenzialità di previsione e di monitoraggio sull’intera sfera

economica. Altri aspetti che portano a considerare gli strumenti di programmazione e controllo particolarmente adatti a supportare

l’accertamento dello stato di crisi riguardano la tempestività, l’orientamento al futuro, la multidimensionalità e l’ampiezza di tipologie di dati che possono rientrare nel sistema informativo di un moderno sistema di controllo. Inoltre, poiché le cause delle crisi aziendali possono avere anche natura soggettiva, vale a dire essere legate a errori decisionali e a

comportamenti opportunistici da parte di coloro che hanno il governo dell’impresa, il sistema di controllo contribuirebbe a diffondere accountability e responsability tra gli stessi. In condizioni normali gli strumenti di programmazione e controllo privilegiano la funzione di guida e di autocontrollo dei singoli responsabili. In situazioni di crisi è opportuno che gli stessi vengano utilizzati enfatizzando il loro impiego a fini valutativi, dal momento che è in gioco l’equilibrio economico o addirittura la

sopravvivenza dell’intero sistema aziendale. Inoltre, questi contesti

straordinari di gestione, richiedono un maggior accentramento decisionale al vertice e uno stile di leadership più autoritario.

(24)

analitica, di budgeting e di reporting, possono dare in fase di accertamento della crisi è così sintetizzabili. La contabilità analitica consente di accertare l’esistenza di inefficienze attraverso:

a. una classificazione dei costi a livello elementare, per natura e di tipo analitico, che aiuta ad individuare le tipologie di fattori produttivi fonte dei maggiori sprechi;

b. una localizzazione dei costi, che permette di individuare le unità organizzative maggiormente responsabili delle inefficienze;

c. un’imputazione dei costi alle produzioni che, consente di individuare le inefficienze lungo l’intero processo di una particolare produzione. Nell’accertamento dello stato di crisi è molto utile anche l’analisi differenziale che consente di attuare valutazioni e di esprimere giudizi di convenienza economica comparata in merito a differenti e alternativi corsi d’azione. Le cause della crisi possono così emergere con maggior chiarezza proprio attraverso confronti, comparazioni, specie con opportunità e alternative note e non perseguite per scelta. L’analisi differenziale è particolarmente rilevante quando le scelte errate non sono irreversibili e le opportunità o le alternative di gestione risultano ancora percorribili. In tal modo la diagnosi manifesta tutta la sua utilità per impostare adeguati interventi di risanamento.

Per quanto concerne il budget e il reporting, nelle situazioni di accertamento della crisi, esse non servono a supportare una gestione per obiettivi, come tradizionalmente avviene in condizioni di normalità, ma piuttosto per conseguire scopi molto singolari.

Il processo di budgeting, ove è stato realizzato, consente nello specifico di: a. valutare criticamente le strategie, i piani e i programmi che l’impresa ha posto in essere nel passato e indagare sulle condizioni di incongruenza che hanno contribuito a determinare la situazioni di crisi;

b. disporre di un insieme di valori parametrici, fondamentali per accertare le cause degli scostamenti tra valori previsti e valori effettivi, fra cui

individuare anche quelle direttamente connesse alla crisi. Il sistema di reporting, ove disponibile, consente, in modo complementare a quello di budgeting di:

a. apprezzare il grado di diffusione delle informazioni economiche rilevanti per una consapevolezza delle conseguenze connesse alle decisione prese dai diversi responsabili aziendali;

b. accertare il grado di responsabilità dei singoli attori nell’avere contribuito a determinare a la crisi o a non averla evitata.

(25)

Oltre a queste funzioni, budget e report sono e rimangono strumenti fondamentali per supportare processi di definizione degli obiettivi e di formulazione dei piani da porre in essere per riorientare le azione del management e creare le premesse per il superamento della crisi. In particolare, i budget finanziari, articolati su base mensile, sono efficaci strumenti di governo della liquidità e di salvaguardia della solvibilità aziendale.

(26)

Capitolo II: LA STRATEGIA DI RISANAMENTO

Le strategie di risanamento devono essere finalizzate a riposizionare

l’azienda verso obiettivi di crescita e di creazione di valore e devono, quindi, riattivare le risorse che non risultano adeguatamente sfruttate e, di

conseguenza, finalizzate al cambiamento ed al successo. Per attuare il processo di turnaround è necessario ripensare le strategie, le dinamiche e le scelte gestionali ed i processi produttivi


. In particolare tale ripensamento riguarda l’analisi ed il rinnovamento delle tre aree principali dell’azienda, ovvero il sistema competitivo, il sistema organizzativo e l’area economico–finanziaria , individuando, in 24

quest’ultima area, le risorse distintive a disposizione della stessa azienda e quelle da sviluppare, per rafforzare la spinta competitiva definendo le modalità di loro impiego nel realizzare l’offerta finanziaria . 25

In questo

senso sarà necessario individuare quelle risorse e competenze

distintive da cui ripartire e su cui fondare le basi del rilancio; per

essere definite tali, esse devono presentare alcune specifiche

caratteristiche: valore per il mercato, unicità, durevolezza,

estensibilità .

26

L’azienda è per definizione un sistema e la conseguente strategia aziendale 27 è la modalità combinatoria delle risorse da impiegare e alle azioni da intraprendere a livello produttivo, commerciale, organizzativo e finanziario affinchè l’azienda possa raggiungere i suoi obiettivi. In altri termini la strategia è il percorso per conseguire gli obiettivi aziendali. I comportamenti di tipo strategico si qualificano non solo per l’orientamento di modifica

La configurazione strutturale di un settore viene a dipendere dal contemporaneo disporsi di

24

cinque forze competitive, costituite dalla rivalità tra imprese concorrenti, dalle minacce portate dai prodotti sostitutivi, dalle minacce derivanti dai potenziali e dal potere contrattuale di fornitori e clienti. L’insieme delle cinque forze viene comunemente definito sistema competitivo. Ciò determina la redditività strutturale di un settore, misurata a livello di redditività operativa. E. Porter, Competitive advantage, creating and sustaining superior performance, New York, 1987; S. Garzella, Il Sistema d’azienda.

Governo strategico dell’azienda, S. Garzella, M. Galeotti, Giappichelli Editore, Torino,

25

2016.

Il sistema d’azienda, S. Garzella.

26

“complesso di beni organizzati dall’imprenditore per la produzione o lo scambio di beni o

27

(27)

profonda che apportano alla vita aziendale, ma anche per lo scopo di modificare il preesistente equilibrio aziendale in modo da portare l’impresa su livelli di efficienza organizzativa e di efficacia competitiva più

soddisfacente e quindi su nuove posizioni di equilibrio economico 28

sostenibili; ogni cambiamento che si verifica in una delle tre aree si ha delle conseguenze . 29

II.I RIPOSIZIONAMENTO COMPETITIVO

Dal punto di vista competitivo l’azienda, come detto, deve cercare, nella fase di risanamento, di creare nuove basi per il raggiungimento del vantaggio competitivo, tuttavia questo obiettivo può essere perseguito solo attraverso il radicale cambiamento della formula strategica, stante che quella precedente non si è dimostrata più in grado di condurre l’impresa verso sentieri di equilibrio e verso il successo.


In particolare il vantaggio competitivo si traduce in una situazione di superiorità qualitativa, nelle condizioni operative di gestione, che si traspone in una superiorità quantitativa misurabile in termini economico-finanziari. In un’azienda in crisi, per riuscire a ricreare tale condizione, è necessario ridefinire il business ed in particolare comprendere ed individuare precisamente a quali clienti l’azienda intende rivolgersi, quali bisogni intende soddisfare e come soddisfare i bisogni individuati. Nel definire la propria strategia, ogni impresa deve scegliere su quali classi di clienti focalizzarsi, e su quali specifiche tipologie di prodotti concentrarsi; deve inoltre prendere decisioni in relazione all’assetto produttivo, alla struttura commerciale e agli investimenti in ricerca e sviluppo da farsi per rispondere ai propri clienti con i propri prodotti . 30

Migliorando la strategia competitiva si riuscirà a rafforzare il

riposizionamento competitivo presentandosi ai mercati di sbocco con prodotti superiori rispetto a quelli offerti dai competitors, laddove per superiorità sia possibile intendere sia una maggiore qualità/unicità del sistema di prodotto, ed una maggiore economicità dello


S. Sciarelli, Economia e gestione delle imprese, CEDAM, Padova, 2001

28

E. Giannesi, Appunti di economia aziendale.

29

Abell Derek F., Defining the business: The starting point of strategic planning, 1980.

(28)

stesso . In effetti il vantaggio competitivo che si traduce in risultati 31 economico finanziari sostenibili e migliori dei competitor, può svilupparsi attraverso alcuni approcci, ovvero: strategia di differenziazione , strategia di 32 leadership di costo e strategia di nicchia . 33 34

Su quest’ultima, il quadro che emerge dallo studio sui contenuti delle scelte imprenditoriali adottate dalle PMI di successo rivela una forte convergenza verso un comportamento imprenditoriale dai chiari contenuti, ovvero teso al posizionamento in nicchie globali. Una nicchia di mercato si caratterizza per:

- clienti con un set specifico di fabbisogni;

- clienti propensi a pagare un premium price per prodotti/servizi capaci di soddisfare adeguatamente i loro bisogni;

- bassa attrattività del segmento agli occhi di nuovi concorrenti; - forti economie di specializzazione;

- potenzialità di crescita in termini dimensionali e di profitto. Una strategia di nicchia presenta due grandi vantaggi: - alta redditività;

- concorrenza relativamente scarsa.

La nicchia presenta alcuni problemi, derivati anch’essi dalle sue

caratteristiche: le dimensioni limitate del mercato pongono limiti vincolanti alle possibilità di crescita del business, mentre la specializzazione necessaria impone alle aziende investimenti elevati in tecnologia, servizio o costruzione dell’immagine . 35

M. Porter, Il vantaggio competitivo, Einaudi, Milano, 2004

31

“Nella strategia di differenziazione l’azienda mira a essere unica nel proprio settore

32

industriale in rapporto ad alcune variabili ritenute molto importanti dai clienti. Essa sceglie una o più caratteristiche che sono percepite come importanti da molti clienti in un settore, e si mette nelle condizioni di soddisfare quei bisogni in modo ineguagliabile. Tale unicità viene compensata con prezzi superiori alla media” From Competitive Advantage to Corporate Strategy, Porter, 1987.

“La leadership di costo è forse la più chiara delle tre strategie di base. Con essa, un’impresa

33

si propone di diventare il produttore a più basso costo nel proprio settore industriale. L’azienda ha un vasto campo d’azione, serve molti segmenti del settore e può anche operare in settori collegati: l’ampiezza di operatività è spesso importante per il suo vantaggio di costo. Le fonti del vantaggio di costo sono varie e dipendono dalla struttura del settore industriale. Tra queste fonti si possono includere il perseguimento di economie di scale, tecnologie esclusive, accesso preferenziale alle materie prime, la disponibilità di personale a bassi stipendi, l’automazione, l’eliminazione di servizi ritenuti marginali dal cliente…” From Competitive Advantage to Corporate Strategy, Porter, 1987.

“Le strategie di nicchia sono spesso seguite con successo da imprese di piccole e medie

34

dimensioni che puntano a servire una specifica suddivisione nell'ambito di un certo segmento”.

F. Visconti, Scelte strategiche e posizionamento delle PMI, Milano, 2008.

(29)

Il vantaggio competitivo di differenziazione presuppone :36

- una redditività del capitale investito superiore alla media del settore nel medio- lungo periodo;


- prezzi di vendita superiori rispetto al prezzo medio dei concorrenti. Si dice che l'azienda in vantaggio gode di un premium price, ovvero di un prezzo più alto della media;


- che i costi di produzione non presentino, rispetto a quello dei concorrenti, una differenza tale da compensare il premio ottenuto nei prezzi di vendita;


- che il prodotto sia percepito e apprezzato come unico;


- che le attività aziendali presentino elementi di unicità rispetto a quelle dei concorrenti;


- che le attività svolte siano coerenti dal punto di vista economico-finanziario.

Il vantaggio competitivo di costo, differentemente, implica:


- una redditività del capitale investito superiore alla media del settore nel medio-lungo periodo;


- che i costi unitari di produzione siano inferiori ai costi unitari a quelli di tutti i concorrenti di riferimento;


- che i prezzi di vendita non presentino, rispetto a quello dei concorrenti, una differenza tale da compensare lo scarto ottenuto nei costi di produzione;


- che le attività aziendali presentino elementi di unicità rispetto a quelle dei concorrenti;


- che le attività svolte siano coerenti dal punto di vista economico-finanziario . 37

Quest' ultimo si diversifica, dunque, da quello di differenziazione, per due fondamentali aspetti: la condizione di vantaggio è definita rispetto a tutti i concorrenti e non rispetto alla media (essere second leader può dare origine a

G. Invernizzi, Strategia aziendale e vantaggio competitivo, Mc Graw-Hill, Milano, 2008

36

U. Bertini, Scritti di politica aziendale, Giappichelli, Torino, 1995

(30)

condizioni scomode e vulnerabili; il settore non è mai abbastanza grande per assicurare una posizione redditizia e difendibile a due cost leader) e non presuppone l’unicità del prodotto (sviluppandosi tipicamente nelle attività di volume).


Di solito, la scelta tra i vantaggi è indispensabile . Rinunciare a scegliere 38 vuol dire trovarsi bloccati a metà del guado, ovvero in capaci di ottenere qualsiasi vantaggio; per le imprese, il futuro prossimo sarà caratterizzato da un nuovo scenario competitivo composto da velocità, intuizione, coraggio e decisione .39

Tuttavia i momenti di crisi costituiscono stati non ordinari della vita dell’azienda e per tali ragioni l’attuazione delle due strategie, che

presumibilmente è venuta meno considerando la situazione, può risultare difficile da riattivare. Infatti, la strategia di differenziazione implica ingenti investimenti in ricerca e sviluppo, in comunicazione, promozione e

marketing, in tecnologia, così come anche nel processo produttivo; l’azienda in crisi avrebbe notevoli difficoltà nel reperire le risorse necessarie al riposizionamento. Dall’altro verso, la strategia di costo presuppone che a costi di produzione inferiori. Premesso che comunque l’azienda deve essere in grado di offrire prodotti graditi al mercato con costi di produzione ridotti (e conseguentemente si presuppone una struttura produttiva adeguata) vi è l’ulteriore rischio che l’abbassamento di prezzi potrebbe essere percepito dal mercato come la riduzione della qualità degli stessi, compromettendo così definitivamente l'immagine e la reputazione aziendale . 40

Stante tale delicata situazione, una via alternativa potrebbe essere

rappresentata dalle innovazioni radicali: un progetto aziendale che sconvolga i caratteri attuali delle combinazioni produttive, lungo molteplici

dimensioni . 41

Infatti, presentarsi sul mercato con un prodotto, o addirittura con un marchio, completamente nuovo ed innovativo, potrebbe consentire una più rapida conquista di quote di mercato e generazione di risorse; il nuovo bene,

G. Invernizzi, Strategia aziendale e vantaggio competitive, Mc Graw-Hill, Milano, 2008

38

G. Invernizzi, Strategia aziendale e vantaggio competitive, Mc Graw-Hill, Milano, 2008

39

L’immagine può essere definita come l’insieme delle esperienze, cognizioni, impressioni ed

40

opinioni che gli individui o le organizzazioni hanno di un’azienda e che essa ha suscitato, direttamente o indirettamente, coscientemente o meno. G. Di Stefano, Il sistema delle comunicazioni economico finanziarie nella realtà aziendale moderna, Milano, Giuffrè, 1990.

Si possono identificare due componenti della capacità di innovazione radicale: l' abilità nell'

41

individuare le nuove opportunità; l' abilità di realizzare le nuove iniziative approvate. F. Buttignon, Le competenze aziendali. Profili, valutazione e controllo, Utet, Torino, 1996.

(31)

completamente diverso e di rottura rispetto a quelli presenti sul mercato, consentirebbe all' azienda di godere, per un determinato periodo di tempo, di una posizione (e una rendita) di monopolio. Più l’innovazione è di rottura, maggiore sarà il tempo impiegato dai concorrenti per imitarla e, di

conseguenza, più ampio sarà l’arco temporale durante il quale l’azienda godrà della rendita monopolistica .42

Il prodotto potrebbe, per esempio, soddisfare un bisogno latente, ancora non apertamente manifestatosi; in tal direzione, dovrebbero attivarsi meccanismi volti ad individuarlo, moltiplicarlo, amplificarlo, e soddisfarlo prima della concorrenza e, addirittura prima che il cliente stesso ne percepisca

l'esistenza . Tutto ciò porterebbe l’azienda in una situazione di vantaggio 43 competitivo ed a recuperare non solo risorse economico-finanziarie, peraltro importantissime negli stati di crisi, ma anche la fiducia e la reputazione dei propri stakeholder.

Il risanamento, inoltre, non può prescindere dalla ridefinizione del rapporto azienda-fornitori. La qualità di un prodotto non dipende esclusivamente dal contributo del singolo anello della filiera produttiva, ma incarna l'apporto di tutti gli attori coinvolti nel processo produttivo ; in situazioni di crisi, le 44 difficoltà di soddisfare i debiti commerciali, potrebbe sfociare in un blocco delle forniture, il peggioramento dei rapporti con i fornitori è uno dei sintomi più pesanti .
45

È necessario prospettare un'offerta credibile ai propri fornitori, al fine di riconquistarne la fiducia e proseguire la politica degli approvvigionamenti. I fornitori a differenza delle banche, non hanno generalmente, i crediti garantiti, per cui, appena si evidenziano tensioni, potrebbero interrompere le forniture e richiedere il rientro dei crediti. Tuttavia è proprio l’assenza di tutela che gli spinge spesso a sostenere la via della ripresa nell’intento di 46 recuperare le esposizioni pregresse e mantenere il rapporto con il cliente;

Più l' innovazione è di rottura, maggiore sarà il tempo impiegato dai concorrenti per imitarla

42

e, di conseguenza, più ampio sarà l' arco temporale durante il quale l' azienda godrà della rendita monopolistica.

C. Markides, Strategic innovation.

43

Il Sistema del valore è un insieme di attività che co-partecipano alla creazione del valore e

44

si traducono in attività di consumo per l’utente finale. M. Draebye – P. Dubini, The electronic publishing industry in Italy, 1996.

L. Guatri, Turnaround.

45

G. Bertoli, Crisi di impresa e ristrutturazione.

(32)

l'azienda deve dimostrare di avere le potenzialità in termini di risorse, competenze, accesso al mercato per risollevarsi, mirando a rafforzare il rapporto con gli stessi fornitori.

Coinvolgendoli nella realizzazione di un progetto innovativo, la logica azienda - fornitore si veste di nuovi e diversi connotati ed il rapporto viene a fondarsi su uno scambio di risorse-competenze, che trascende le dinamiche attuali per proiettarsi in un futuro caratterizzato da un nuovo contesto competitivo, dove tutti gli attori coinvolti si collocano in una migliore posizione economico-finanziaria . 47

Attraverso il coinvolgimento del fornitore alla progettazione del piano e dalle innovazioni di prodotto/processo, che si rendono necessarie, è possibile aprire le porte ad una circolazione di conoscenze e competenze da cui potrebbero scaturire rilevanti vantaggi economico-competitivo per le parti coinvolte .
48

Appare fondamentale che l'azienda si caratterizzi ancora per il possesso di risorse e competenze critiche, strategicamente rilevanti, sebbene inespresse, tali da renderla partner preziosa per quei fornitori che cercano un rapporto durevole e che intravedono prospettive di sviluppo di lungo periodo.

L' azione di risanamento assume connotati altamente strategici fondandosi su nuove configurazioni della catena del valore e sulla realizzazione di prodotti realmente innovativi . 49

Per definire il sistema dei fornitori da coinvolgere maggiormente nella strategia di risanamento, è necessaria un'analisi accurata. È infatti possibile distinguerli in comuni, integrati e partner.


Nella prima circostanza, l'azienda offre flussi economico-finanziari attuali in cambio esclusivamente di beni e servizi indifferenziati; nella seconda e terza, invece, con legami sempre più stringenti, si propone di offrire anche

conoscenze, competenze, opzioni reali di sviluppo in grado di assicurare anche flussi economico-finanziari futuri e nuove opportunità strategiche . 50

S. Garzella, Il Sistema d’azienda.

47

Sembra opportuna l’instaurazione di un rapporto fiduciario e di reciproca conoscenza, A.

48

Quagli, Introduzione allo studio della conoscenza in economia aziendale, Giuffrè, Milano, 1993

Porter distingue le attività primarie, secondarie, e infrastrutturali. Le singole attività sono

49

collegate l’una con l’altra, ragion per cui, il modo in cui una di esse è svolta, esercita un impatto notevole sul costo o sul valore del prodotto. E. Porter, Competitive advantage.

Nell’ottica delle strategie di risanamento assumono notevole importanza piani poliennali. G.

50

(33)

È opportuno, attraverso lo studio della catena del valore nella sua interezza e complessità, creare valore per i fornitori, senza pregiudicare quello della stessa azienda; l'obiettivo non sarà più soltanto ridurre i propri costi, ma quelli dell'intera catena del valore; non sarà più favorire il proprio sviluppo, ma quello di tutti gli attori disposti ad investire sul risanamento. In tal modo sarà possibile offrire al mercato finale un prodotto a costi più bassi, pur mantenendo i margini inalterati, o a margini più alti pur mantenendo stabili i prezzi . 51

Il recupero dell'economicità passa inevitabilmente dalla partecipazione e dal consenso di tutti i creditori e si fonda sul possesso di risorse critiche in grado di riavviare il processo di creazione del valore.

II.II RISTRUTTURAZIONE ORGANIZZATIVA

Il riposizionamento competitivo ed il rinnovamento della strategia

competitiva e del sistema di prodotto, devono realizzarsi anche attraverso il ripensamento del sistema e delle strategie organizzative; in effetti il sistema di prodotto è il risultato di una complessa serie di attività che si incarnano nel modello organizzativo, ossia la risultanza delle forze manageriali e imprenditoriali dell’azienda, combinate assieme al fine di realizzare le migliori condizioni operative della gestione .52

In particolare, il cambiamento organizzativo può essere analizzato con riferimento alle modifiche che avvengono nella cultura, nella struttura e nel sistema delle risorse umane .53

Il principale riflesso della crisi nel sistema organizzativo è rappresentato dal diffondersi all’interno dell’azienda di sentimenti di pessimismo, angoscia per un futuro incerto, demoralizzazione e perdita di entusiasmo e motivazione, con la conseguenza che le risorse migliori tendono a muoversi verso altre organizzazioni, mentre le risorse che rimangono in azienda sono soggette

E. Valdani, L’impresa pro-attiva per gestire il presente e progettare il futuro, Finanza,

51

Marketing e Produzione, 1994.

U. Bertini, Dissesti aziendali e sistemi di controllo interno, 2009.

52

Il cambiamento di una di queste dimensioni comporta in diverso ordine combinatorio degli

53

elementi tali da modificarne le potenzialità, il cambiamento degli uomini chiave finisce per modificare la cultura, oppure, la modificazione delle relazioni di potere-autorità tra i ruoli ed i cambiamenti nella struttura formale sono in grado di modificare la produttività delle risorse umane presenti in azienda ed incidere anche sulla cultura organizzativa. S. Garzella, Il Sistema d’azienda.

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