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ACQUISIZIONE DI BANCA ANTONVENETA E OPERAZIONI IN DERIVAT

CAPITOLO IV: UN CASO DI BANCA ITALIANA – MONTE DEI PASCHI DI SIENA

IV.II ACQUISIZIONE DI BANCA ANTONVENETA E OPERAZIONI IN DERIVAT

Prima di parlare dell’acquisizione di Banca Antonveneta dobbiamo fare un passo indietro, accennando all’operazione di acquisizione di Banca del Salento (poi Banca 121). A seguito della quotazione in borsa, Montepaschi dette inizio nel Dicembre 1999 all'ampliamento del gruppo, procedendo con l'acquisto di Banca del Salento, meglio conosciuta in seguito come Banca 121. Tale società era particolarmente attiva nell'online banking e nella cd.

OPA: Offerta Pubblica di Acquisto

158

www.mps.it/La Storia/La Banca.

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www.1472.it/banca_monte_dei_paschi_di_siena.

"finanza creativa" e presentava una rete di filiali molto contenuta; queste erano infatti soltanto 94 principalmente diffuse nel sud Italia, più

precisamente nel Salento . L'acquisizione avvenne al prezzo di 2.500 161 miliardi di lire, un prezzo che subito fu considerato particolarmente

eccessivo. La banca salentina era infatti stata valutata per un valore intorno agli 800 miliardi di lire. Montepaschi, prevedeva con l'acquisizione di Banca del Salento di generare un ROE intorno al 20,2% entro i primi due anni (2000-2002), prevedeva inoltre di ridurre fortemente il cost-to-income ratio, ed infine di accrescere il livello di raccolta del gruppo del 10% . Ciò che 162 però MPS non aveva considerato, o non aveva voluto considerare, era il fatto che erano ormai pubbliche le indagini della magistratura concernenti il collocamento di prodotti finanziari, i quali sono stati oggetto di truffa nei confronti della clientela della banca, i quali hanno poi permesso di truccare il bilanci della banca, portando così alla definizione di un livello di redditività quantomeno fittizio e scarsamente realizzabile. I prodotti finanziari in questione erano "My Way", "For You", "Btp-tel" e "Btp-index" . Tutto ciò, 163 come abbiamo detto, non fu considerato da Montepaschi. Pertanto, oltre all'ingente prezzo di acquisto pagato da MPS per acquisire Banca del

Salento, la banca senese dovette accollarsi l'onere del risarcimento del danno nei confronti dei clienti truffati, il quale costò alla banca ulteriori 1.000 miliardi di lire, nonché un danno di immagine, delle reputazione

commerciale, da non sottovalutare. A tutto questo va aggiunta la riduzione del patrimonio di vigilanza di circa 400 milioni di euro nel 2002 quando venne effettuata le fusione per incorporazione di Banca del Salento in MPS . Si dice che tale acquisizione abbia rappresentato l'inizio dei 164 problemi per Montepaschi.

Certamente le perdite derivanti dall'operazione furono ingenti, soprattutto in un periodo dove ci si trovava nel bel mezzo della bolla di internet, ma tuttavia più che l'inizio dei problemi della banca, l'operazione con la banca salentina rappresenta l'inizio di un modus operandi, caratterizzato da adempimenti a direttive politiche, e non a principi economici di sana e prudente gestione della società bancaria.

www.economy.it, Articolo Monte dei Paschi-Banca del Salento.

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www.ilsole24ore.com, Articolo Monte dei Paschi, ROE atteso.

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www.economy.it, Articolo Monte dei Paschi-Banca del Salento.

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www.ilsole24ore.com, MPS: l’acquisto costoso della Banca del Salento.

L’operazione Antonveneta si inserisce nel piano di sviluppo strategico per linee esterne che il Monte dei Paschi aveva intrapreso pochi anni prima (con le acquisizioni di BAM e Banca del Salento) con il fine di diventare il 165 terzo gruppo bancario nazionale . 166

L’acquisizione in questione è stata una delle operazioni M&A più discusse in ambito nazionale, piena di contraddizioni ed oscurità, non tutte riconducibili ad un’unica causa. Infatti il prezzo stratosferico pagato per l’acquisizione non è l’unico punto dolente; ad esso si aggiungono problematiche ed ombre ugualmente, se non addirittura maggiormente, rilevanti negli effetti che questa operazione ha provocato sulla banca senese: queste sono l’imprevista dimensione dei debiti trovati nei conti dell’istituto veneto e la mancanza 167 di fondi per mettere in atto l’operazione che ha costretto Mps a ricorrere ad una serie di operazioni a rischio per mantenere la parola data . 168

Procedendo con ordine, come già accennato in precedenza, l’8 novembre 2007 il Monte dei Paschi di Siena annuncia con una nota di aver raggiunto un accordo con Banco Santander per una cifra di circa 9 mld di euro per l’acquisizione del gruppo Antonveneta al netto della partecipata

Interbanca . Per capire bene quale sia stato poi l’effettivo prezzo pagato 169 durante la rilevazione l’anno successivo, e soprattutto per capire quanto questo sia ben oltre il prezzo reale dell’istituto in questione, è necessario fare un piccolo salto indietro per ripercorrere le recenti vicissitudini che hanno visto protagonista Antonveneta. Nel 2005 la banca veneta fu acquisita da Abn Amro per 8,2 mld di euro, per poi rivenderla nel 2007 a Banco Santander per 6,6 mld, a causa dello smembramento di Abn affossata dal peso dei mutui subprime. Dunque Santantader nel 2007 acquista Banca Antonveneta per 6,6 mld e dopo pochi mesi trova l’accordo con Monte dei Paschi di Siena per rivenderla a 9 mld. Questa differenza di circa 2,5 mld di ipervalutazione trova spiegazione nell’adozione di multipli alquanto sospetti: nelle acquisizioni bancarie dell’epoca i prezzi pagati per ogni sportello si

BAM= Banca Agricola Mantovana.

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Economy 2050, Il sacco del Monte dei Paschi: l’acquisizione di Banca Antonveneta, 2

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febbraio 2013.

Luciano S., Scandalo Mps-Antonveneta, storia di una crisi annunciata, Panorama.it, 28

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gennaio 2013.

Mostallino M., Santander cedette Antonveneta a Monte Paschi prima di acquisirla,

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“l’inciucio” tra Madrid e Siena per l’acquisto della banca, Lettera 43.it, 1 febbraio 2013. Paolucci G., Ruotolo G., L’acquisto suicida di Antonveneta e il gioco delle tre carte a

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aggiravano intorno a 8,8 mln di euro, Mps era a disposta a pagarne 8,9 mln; le banche passavano di mano al multiplo di 23,5 volte dell’utile 2007, Antonveneta sarebbe stata pagata 26,2 volte l’utile; i prezzi medi di quegli anni erano di 2,8 il patrimonio tangibile, Mps avrebbe pagato 3 volte il patrimonio netto tangibile. Risulta quindi chiaro che il prezzo pattuito di 9 mld di euro era molto superiore alla media del mercato; ciò diviene ancora più evidente se si considera che le valutazioni medie appena citate erano riferite ad operazioni carta contro carta (cioè senza pagamenti cash), mentre il Monte dei Paschi avrebbe sostenuto l’intero esborso in contanti, e sarebbe stato quindi logico e naturale attendersi l’applicazione di un ingente sconto. Ma non è tutto: anziché esserci una riduzione del prezzo prestabilito, come logica suggerirebbe per le ragioni appena esposte, al termine delle trattative vi fu invece un notevole incremento della somma da pagare. Alla fine dei giochi il Monte dei Paschi di Siena accettò di pagare ben 10,14 mld di euro per chiudere l’operazione (894 mln per Interbanca, senza acquisirne il controllo, e 230 mln di misteriosi oneri finanziari) . Fu la più grande e 170 rapida rivalutazione di una banca della storia, tutto a vantaggio di Santander che registrò una plusvalenza di 3,6 mld in pochi mesi.

Quello del sovrapprezzo pagato da Monte dei Paschi non fu però l’unico punto oscuro di questa operazione. Un fattore ancora più determinante nel peso che questa operazione ebbe sui conti di Mps fu la grande situazione debitoria in capo ad Antonveneta che la banca senese si trovò tra le mani. Infatti, oltre alla grossa somma esborsata per l’acquisizione, il Monte dei Paschi si dovette accollare anche 7,5 mld di debiti di Antonveneta verso Santander. Quello che poi facevano registrare i conti della banca veneta è molto curioso: premettendo che Banca Antonveneta è stata quotata in Borsa nell’aprile del 2002, e che quindi fino a quel momento era stata gestita come “un pollaio di casa” , il bilancio di quell’anno registra una posizione 171 creditoria verso i propri amministratori, sia come persone fisiche che attraverso società a loro riconducibili, di ben 2,7 mld di euro (ed i miliardi diventano addirittura 3,2 se si sommano quelli erogati dalla controllata Interbanca) . Vista la compresenza dell’elevatissimo prezzo d’acquisto e 172 dell’ingente posizione debitoria, l’acquisizione di Antonveneta da parte di Mps potrebbe essere appieno sintetizzata in poche parole: oltre al danno,

Economy 2050, Il sacco del Monte dei Paschi: l’acquisizione di Banca Antonveneta, 2

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febbraio 2013.

Luciano S., Scandalo Mps-Antonveneta, storia di una crisi annunciata, Panorama.it, 28

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gennaio 2013.

Luciano S., Scandalo Mps-Antonveneta, storia di una crisi annunciata, Panorama.it, 28

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pure la beffa!

Infine, merita attenzione anche un altro punto su cui si è discusso molto negli ultimi anni, le cui conseguenze sono molto evidenti dal 2010 in poi: la presunta mancanza di fondi per completare l’acquisizione e le modalità tramite le quali queste risorse sono state reperite. L’operazione infatti rimase sospesa per molti mesi a causa della mancanza di fondi da parte di Mps (dall’8 novembre 2007, giorno dell’annuncio dell’accordo, fino al 30 maggio 2008, giorno effettivo della rilevazione). Il corrispettivo pattuito sarebbe stato finanziato per il 50% circa attraverso un aumento di capitale offerto in opzione a tutti gli azionisti, per il 20/25% circa tramite la cessione di asset non strategici e per la restante parte attingendo alla liquidità disponibile . 173 Quell’aumento di capitale fu ottenuto attraverso un contratto complesso denominato Fresh, sigla che sta per Floating rate equity-linked subordinated hybrid preferred securities. Il Monte dei Paschi emise nel 2008 questo tipo di obbligazione ibrida per finanziare l’operazione Antonveneta per un valore complessivo di 1 mld di euro. Questa fu una sorta di acrobazia finanziaria, ancora oggi oggetto di indagini, per favorire la fuoriuscita di risorse della banca verso soggetti ancora ignoti. La struttura di tale emissione è molto particolare: dal punto di vista contabile presenta caratteristiche tali da essere considerata un vero e proprio aumento di bilancio (assenza di scadenza, convertibilità in azioni Mps in determinate circostanze critiche per la banca, grado di subordinazione nel rimborso rispetto alle obbligazioni ordinarie, maxicedola a patto che l’istituto conseguisse utili e distribuisse un dividendo di qualsiasi importo). Ma questo in realtà rimaneva un debito vero e proprio. La vicenda nata intorno al Fresh è lunga ed intricata, storia che vede

protagonista anche la Fondazione che acquista titoli Fresh tramite finanziamento da altre banche e per poi incassare direttamente le cedole, pagando poi gli interessi sul prestito alle banche finanziatrici (Credit Suisse, Mediobanca e Banca Leonardo). Nelle indagini sul Monte dei Paschi dopo lo scandalo uscito nel 2012, gli inquirenti hanno attribuito al prestito

obbligazionario Fresh il ruolo di una delle motivazioni principali

dell’occultamento delle perdite di bilancio negli esercizi successivi al 2008: una delle condizioni di questo strumento finanziario, come già citato, era la chiusura dell’esercizio in utile; infatti in caso di perdita d’esercizio, le cedole Fresh non sarebbero state pagate (condizione essenziale per mascherare tale prestito come capitale della banca). Appare molto sospetto quindi quanto accaduto nel 2009: a fronte di dividendi di appena 1 centesimo distribuiti alle sole azioni di risparmio (186.000 euro in tutto), ai detentori di Fresh

Paolucci G., Ruotolo G., L’acquisto suicida di Antonveneta e il gioco delle tre carte a

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vennero pagati interamente i loro interessi (quasi 100 mln di euro). Il sospetto diventa ancora più grande considerando che la metà dei Fresh (490 mln) era in mano all’azionista di maggioranza di Mps dell’epoca: la

Fondazione, che quindi in quell’anno percepì integralmente l’interesse, il quale servì per ripagare i debiti che la Fondazione aveva sottoscritto con altre banche per l’acquisto del bond in questione . 174

Da questa vicenda del Fresh e dell’acquisizione Antonveneta solo una cosa appare chiara: lo stretto legame tra la banca Monte dei Paschi di Siena e il suo azionista di maggioranza, la Fondazione Monte dei Paschi negli anni che precedettero lo scoppio della crisi nel 2011 andava ben oltre il semplice rapporto azionista-società, andando a configurare una situazione in cui l’istituto bancario senese veniva usato come strumento per l’immissione e la fuoriuscita di soldi, a vantaggio di soggetti non del tutto ancora noti, ma di sicuro a svantaggio della più antica banca al mondo ancora in vita, che nel giro di pochi anni ha visto deteriorare il proprio valore, come un grosso castello di carte che crolla su se stesso.

Derivati

Santorini. Nel Maggio 2002, Banca Monte dei Paschi e Deutsche Bank crearono una società veicolo in Scozia chiamata Santorini Investment Ltd. Per "veicolo" si intende una società costituita esclusivamente per

l'esecuzione di un'unica operazione finanziaria. Le partecipazioni erano così suddivise: 329 milioni di euro da MPS (49%) e 342 milioni di euro a Deutsche Bank (51%) . L'operazione finanziaria in questione era un 175 contratto derivato collared equity swap con controparte proprio la stessa 176 Deutsche Bank (DB). Il sottostante del contratto riguardava 143.080.096 azioni di San Paolo IMI, il cui prezzo di riferimento era di 11,742 euro . 177 Pertanto il capitale nozionale del contratto ammontava a 1.680 milioni di euro. Deutsche Bank in tale operazione si impegnava a pagare a Santorini i dividendi derivanti dalle azioni, più il delta, se positivo, tra il market price ed il prezzo di riferimento (cap fissato a 18,905 euro, delta max 7,163 euro). Il

Economy 2050, Il sacco del Monte dei Paschi: l’acquisizione di Banca Antonveneta, 2

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febbraio 2013.

www.mps.it, Relazione Assemblea ordinaria, Analisi operazioni Santorini ed Alexandria.

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Lo swap, nella finanza, appartiene alla categoria degli strumenti derivati, e consiste nello

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scambio di flussi di cassa tra due controparti. Va annoverato come uno dei più moderni strumenti di copertura dei rischi utilizzato prevalentemente dalle banche, dalle imprese e anche dagli enti pubblici.

www.mps.it, Relazione Assemblea ordinaria, Analisi operazioni Santorini ed Alexandria.

costo massimo per Deutsche Bank era quindi di 1.025 milioni di euro. Per Santorini, il costo dell'operazione era invece rappresentato dal pagamento a Deutsche Bank del 4,8125% più uno 0,25% del valore nozionale del contratto. Inoltre a scadenza, avrebbe dovuto corrispondere il delta, se negativo, tra il market price ed il prezzo di riferimento. Il floor era

comunque rappresentato dal prezzo di 8,219 euro (delta max 3,523 euro), per un costo massimo di 504 milioni di euro . Inoltre MPS si impegnava a 178 cedere a Deutsche Bank 70.109.247 azioni San Paolo IMI , al prezzo di 11,20 euro ad azione. In tal modo MPS acquistava 785 milioni di euro di azioni, dei quali 329 milioni dovevano essere versati in Santorini come quota di partecipazione al capitale. Tuttavia MPS perdeva i diritti di voto, e si assumeva il rischio di riduzioni del dividendo o del titolo . Alcune 179 modifiche vennero fatte nel tempo. Nel 2004 fu ridotto il tasso corrisposto da Santorini a Deutsche Bank dal 4,80125% a 3,0502%, ed inoltre il cap fu ridotto da 19,905 a 14,01 euro. Nel 2006 avvenne il recesso di DB da Santorini, quindi il capitale versato rimaneva soltanto quello di MPS. A scadenza, il 29 Maggio 2009 Santorini dovette liquidare la differenza tra il prezzo di riferimento ed il floor. Intanto, i parametri furono modificati in virtù dell'acquisto per incorporazione di San Paolo IMI da parte di Banca Intesa. Il floor, fu a seguito di ciò posto a 2,639 euro. Il prezzo di mercato dell'azione a scadenza era di 2,4 euro, addirittura al di sotto del floor . 180 Risulta quindi chiara la perdita per Santorini, e quindi per MPS

nell'operazione. Al fine di "spalmare" le perdite negli anni, il derivato venne ristrutturato con contratti total return swap in cui DB riceveva BTP sia da Santorini che da MPS, si impegnava a pagare le cedole al 4,5%. MPS e Santorini invece sostenevano pagamenti periodici i quali dipendevano da indici di mercato definiti nei giorni successivi alla stipula del contratto ma antecedenti all'entrata in vigore dello stesso. Pertanto, Santorini pagava interessi particolarmente favorevoli (sotto il 4,50%), con obiettivo di ripianare le perdite derivanti dalla sopra citata operazione, mentre MPS corrispondeva a DB interessi particolarmente elevati (sopra il 4,50%) . Il 181 VAN di tale operazione per MPS sin dall'inizio era di -429 milioni di euro. Le operazioni non furono contabilizzate in bilancio.

www.mps.it, Relazione Assemblea ordinaria, Analisi operazioni Santorini ed Alexandria.

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www.mps.it, Relazione Assemblea ordinaria, Analisi operazioni Santorini ed Alexandria.

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www.mps.it, Relazione Assemblea ordinaria, Analisi operazioni Santorini ed Alexandria.

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www.mps.it, Relazione Assemblea ordinaria, Analisi operazioni Santorini ed Alexandria.

Alexandria. Nel Novembre del 2005, MPS sottoscrive una contratto collateralized debt obbligation con Dresdner Bank. Vengono emesse

obbligazioni con valore facciale di 400 milioni di euro da parte della società veicolo Alexandria Capital Ltd. Le obbligazioni erano del tipo "liquidity linked", con cedola legata all'Euribor a tre mesi, più 80 punti base . La 182 scadenza prevista era per il 20 Dicembre 2012. L'operazione si strutturava come segue : 183

• L'ammontare raccolto da parte di Alexandria Capital tramite l'emissione delle Alexandria Notes veniva depositato presso due banche

• Alexandria emette una linea di credito nei confronti di Alchemy Capital Plc., una società veicolo di secondo livello, la quale investe prettamente nei CDO ed ABS. Tale linea di credito emessa, prevede un costo per il Alchemy che si struttura in una commissione di 80 punti base più Euribor a tre mesi, • Alchemy a sua volta investe le somme messe a disposizione tramite la linea di credito in un Madison Class A Secured Floating Rate Credit Linked Notes emesse dalla società veicolo di terzo livello Skylark Ltd con cedola pari all'Euribor a tre mesi più 90 punti base

• Questi strumenti emessi sono esposti al rischio di credito derivante da un portafoglio composto da ABS e CDS

• Le Madison Notes sono utilizzate per da Alchemy per porre garanzia su contratti pronti contro termine, principali strumenti di finanziamento per la suddetta società.

Quindi, la società veicolo Alchemy non faceva nient'altro che utilizzare una linea di credito, concessale da Alexandria Capital Ltd attraverso l'emissione delle Alexandria Notes, la quale a sua volta era finanziata da Banca MPS. Le perdite su tale linea di credito si sarebbero pertanto ripercosse direttamente su Montepaschi. Come abbiamo visto, l'attivo di Alchemy era composto da Madison Notes, legate ad un portafoglio CDO non certo trasparente, scarsamente liquido e molto vulnerabile (crisi finanziaria 2007/08). Tali strumenti avevano la funzione di garanzia del credito nei confronti di Alexandria. Nell'estate 2009 la perdita ammontava a circa 220 milioni di euro. Tale perdita era principalmente relativa a titoli detenuti in portafoglio ed alle notes Alexandria. Ancora una volta MPS con l'obiettivo di spalmare le perdite nel tempo, procede alla ristrutturazione dell'operazione attraverso un nuovo negozio con la Banca Nomura. Questo consiste nell'acquisto di BTP con scadenza nell'anno 2034 per un valore di 3 miliardi di euro.

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www.mps.it, Relazione Assemblea ordinaria, Analisi operazioni Santorini ed Alexandria.

Vengono poi sottoscritti due Repurchase Transaction tramite i quali si definisce la traslazione delle Notes Alexandria nel tempo. Tramite tale operazione, la minusvalenza presente di 220 milioni registrata al 22

Settembre 2009 venne assorbita da Nomura, e contestualmente venne creata una perdita fuori bilancio di 308 milioni. Tutte queste operazioni erano inoltre soggette ad un obbligo di collateralization, obbligo per cui si devono versare giornalmente in margini di garanzia secondo quelli che sono gli andamenti del mark to market. Al 31 Dicembre 2012 i margini versati da MPS ammontavano a circa 1,6 miliardi di euro. In conclusione, le perdite relative al derivato Alexandria ammontavano a 308 milioni di euro per MPS . 184

Nota Italia. Terzo ma meno influente contratto derivato effettuato da MPS è Nota Italia. Questa operazione, molto meno strutturata rispetto alle due precedenti, venne realizzata nel corso dell'anno 2006 con controparte JP Morgan. Il contratto si sostanzia nella vendita da parte di MPS di un Credit Default Swap sull'Italia nei confronti della banca statunitense. Tutto questo avveniva in un momento antecedente allo scoppio della crisi dei debiti sovrani nei paesi del Mediterraneo. Pertanto, all'epoca il valore dei CDS era piuttosto basso e la banca senese "scommetteva" sulla stabilità dell'Italia. Al manifestarsi della crisi, il valore del contratto salì poderosamente, causando così anche in questo caso perdite rilevanti in bilancio per MPS.

Tuttavia, Nota Italia, tra i tre derivati analizzati, è quello che presenta minori problematiche per la banca. Infatti, ha causato perdite inferiori alle altre ed è